Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 15792 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 15792 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 19/02/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: la parte civile NOME nato a SULMONA il 26/06/1951 e da NOME COGNOME NOME nato a SAN GIUSEPPE VESUVIANO il 03/02/1968 COGNOME NOME nato a NAPOLI il 02/08/1977 nel procedimento a carico di questi ultimi in cui sono parti civili altresì NOME e COGNOME NOME
avverso la sentenza del 12/06/2024 della CORTE d’APPELLO di L’AQUILA
udito il Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento della sentenza con rinvio, per i ricorsi depositati da NOME COGNOME e NOME COGNOME e l’inammissibilità del ricorso depositato da NOME COGNOME
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME uditi i difensori:
l’Avvocato NOME COGNOME per la parte civile NOME COGNOME e NOME COGNOME deposita conclusioni scritte e nota spese alle quali si è riportata; per la parte civile NOME COGNOME rinunciante al ricorso, ha chiesto il rigetto dei ricorsi depositati da NOME COGNOME e NOME COGNOME con conseguente conferma della sentenza impugnata sulle statuizioni civili, depositando altresì conclusioni scritte e nota spese.
L’Avv. NOME COGNOME in difesa di NOME COGNOME e l’Avv. NOME COGNOME in difesa di NOME COGNOME hanno insistito per l’accoglimento dei rispettivi ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnato provvedimento, la Corte d’appello di L’Aquila, in riforma della sentenza pronunciata il 30 novembre 2021 dal Tribunale di Sulmona, che aveva mandato assolti gli imputati, ha dichiarato NOME COGNOME e NOME COGNOME responsabili di due distinti episodi di usura ai danni di NOME COGNOME condannando gli imputati alla pena di giustizia.
Avverso la predetta sentenza ha presentato il ricorso per Cassazione la parte civile , ai soli effetti della responsabilità civile e per i capi riguardanti l’a civile, evidenziando che la sentenza, pur condannando gli imputati per i reati loro ascritti, nulla pronunciava in merito alle richieste formulate dalla parte civil COGNOME con apposita memoria depositata in udienza il 16 giugno 2024. Nel ricorso si deduceva pertanto nullità della sentenza per inosservanza della legge processuale e per vizio di motivazione.
Con memoria inviata in limine, la difesa della parte civile COGNOME ha rinunciato al ricorso avendo ottenuto, a seguito di istanza di correzione di errore materiale della sentenza, l’integrazione del dispositivo con la clausola di condanna degli imputati al risarcimento dei danni.
Entrambi gli imputati hanno presentato ricorso per Cassazione avverso la sentenza di condanna.
3.1 In particolare, NOME COGNOME formula i seguenti motivi:
vizio di motivazione per assenza della motivazione rafforzata (art. 606 lett. e, cod. proc. pen.). Secondo la giurisprudenza consolidata della Corte di Cassazione il ‘ribaltamento’ di una sentenza di assoluzione richiede un particolare impegno motivazionale che nel caso concreto non si riscontra in riferimento (i) al primo ed (li) al secondo prestito asseritamente concesso a COGNOME, nonché (iii) alla sussistenza del delitto di usura;
vizio di motivazione (art. 606 lett. e, cod. proc. pen.) per travisamento per soppressione delle prove assunte nel dibattimento di primo grado in relazione all’acquisto dell’immobile in Montesilvano;
violazione di legge (art. 606 lett. c, cod. proc. pen. in relazione all’art. 603 comma 3 bis, cod. proc. pen.) per mancata riassunzione della prova decisiva (esame dell’imputato);
violazione di legge (art. 81 cod. pen.) in relazione al computo della pena: COGNOME ha subito un aumento di sei mesi di reclusione ed C 300,00 di multa per una ipotesi di continuazione mai contestata all’imputato, nemmeno nella forma della continuazione interna;
violazione di legge (art. 606, lett. b, cod. proc. pen., in relazione agli art 539 e 541 cod. proc. pen.) in ordine alla legittimazione attiva di NOME COGNOME e NOME COGNOME a costituirsi parti civili: la condanna al risarcimento del danno a favore delle sopraindicate parti civili (oltre a NOME COGNOME presuppone rigetto dell’eccezione sollevata fin dal primo grado (e non decisa in quella sede alla luce dell’assoluzione dell’imputato) della legittimazione delle due citate parti civil al processo. Il dibattimento ne ha dimostrato la totale estraneità ai fatti; le due sentenze non ne fanno menzione; la condanna dell’imputato al risarcimento del danno risulta pertanto incomprensibile.
3.2 NOME COGNOME ha proposto ricorso per Cassazione deducendo violazione di legge e vizio di motivazione per travisamento della prova (art. 606, lett. b ed e, cod. proc. pen.) e per mancanza di congrua e adeguata motivazione.
Si afferma che l’assoluzione pronunciata in primo grado era la logica conseguenza della mancata emersione di elementi che superassero la soglia del ragionevole dubbio, non essendovi la prova dei prestiti e del tasso usuraio da parte dell’imputato. Espletata l’istruttoria, in secondo grado, lo stesso procuratore generale, resosi conto della mancanza di elementi in grado di affermare la penale responsabilità di NOME COGNOME aveva chiesto la assoluzione di costui ma la Corte d’appello lo aveva condannato. La decisione di condanna tuttavia fornisce una motivazione apodittica, basata su mere intuizioni e mere supposizioni, travisando il dato dichiarativo emerso dal rinnovo dell’istruttoria dibattimentale. In sostanza è mancata da parte nella Corte d’appello, lo sforzo conformativo ai parametri giurisprudenziali che richiedono, nel caso di ‘ribaltamento’ in appello della assoluzione, una motivazione rafforzata, avendo posto a base del sovvertimento della decisione in primo grado una motivazione priva dei caratteri di completezza, coerenza logica e rigore argomentativo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso di NOME COGNOME rinunciante, è inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse.
Quanto ai ricorsi dei due imputati, assolti in primo grado ma condannati in appello, essi meritano di essere accolti, con conseguente annullamento della sentenza di appello e rinvio per nuovo giudizio. Essi possono essere trattati unitariamente, trattando, in parallelo, dello stesso tema, rilevante ai fini della decisione.
Alla base della decisione di annullamento vi è, infatti, il mancato rispetto della regola aurea in materia di overturning di condanna, cioè del ribaltamento in appello della decisione assolutoria di cui gli imputati avevano beneficiato in primo grado.
Si tratta, naturalmente, della regola di conio giurisprudenziale che, oramai da diversi lustri, impone la motivazione ‘rafforzata’ alla decisione della Corte d’appello. E se tale regola è oramai troppo diffusamente conosciuta da richiedere un’ampia esposizione in questa sede, appare pur sempre utile ricordare che l’onere motivazionale rafforzato è destinato a soddisfare lo standard dell’oltre ogni ragionevole dubbio a fronte di una sentenza assolutoria di primo grado, delineando le linee portanti dell’alternativo ragionamento probatorio seguito in appello e confutando specificamente i più rilevanti argomenti della motivazione della prima sentenza, dando conto delle ragioni della relativa incompletezza o incoerenza, tali da giustificarne la riforma (S.U., n.33748 del 12 luglio 2005, COGNOME, Rv.231679 – 01; il principio è stato poi ribadito in innumerevoli occasioni, ad esempio, da ultimo Sez. 3, n. 16131 del 20/12/2022, imp. P, Rv. 284493 – 03).
I 4. Di tale regola, la Corte d’appello délpquila si è sostanzialmente disinteressata, rendendo una sentenza frettolosa e carente, senza curarsi di un reale confronto con la motivazione del primo giudice, al fine di superarla.
Infatti, ben aveva evidenziato la sentenza del Tribunale di Sulmona quali fossero le criticità del quadro probatorio, nella prospettiva accusatoria. Esse non si risolvevano semplicisticamente, come ha ritenuto la Corte d’appello, nella insufficienza delle dichiarazioni del COGNOME la cui riassunzione quale testimone, è l’unica novità istruttoria che il giudice di secondo grado ha ritenuto necessario (ma anche sufficiente) disporre. In realtà, il giudice di primo grado aveva evidenziato (pg. 4) come mancasse la prova della stessa natura usuraria delle somme corrisposte in restituzione dal COGNOME. Ciò per il deserto probatorio che accompagnava l’indagine, basata sostanzialmente solamente sulle non univoche dichiarazioni della persona offesa e sulle circostanze che avevano preceduto l’arresto dei due imputati.
Ma un conto sono le necessità investigative che connotano l’attività in continenti, cioè nell’immediatezza, diretta ad interrompere una condotta illecita in itinere, altra cosa è il riflesso processuale della vicenda che, come indicato dal primo giudice, avrebbe richiesto quanto meno la verifica delle dichiarazioni accusatorie a mezzo della acquisizione di informazioni bancarie o comunque documentali (vengono menzionate le matrici degli assegni post-datati utilizzati nel tempo per garantire i pagamenti differiti), accompagnata dalla ricostruzione, in base agli elementi così eventualmente emersi, dei “prelievi eseguiti nell’arco temporale relativo al periodo in considerazione” (pg. 4, sent. Tribunale Sulmona). Ed è appena il caso di sottolineare che, rispetto a tali carenze istruttorie e probatorie, indicate nella decisione di assoluzione, come causa di rigetto della tesi accusatoria, non è affatto sufficiente la ritenuta (in appello) attendibilità precisione del teste di accusa, né, tanto meno, la acquisizione dei quattro prospetti di pagamenti effettuati, allegati dal COGNOME alla integrazione della denuncia (come si legge a pg. 5 della sentenza di appello). Tali documenti, infatti, possono costituire la premessa, ma non la conclusione, di un processo gnoseologico confutativo della assoluzione. Essi sono, il punto di partenza, non l’arrivo del percorso motivazionale che avrebbe dovuto fondare la sentenza di overtuming, che su di essi si sarebbe con maggiore impegno dovuta soffermare al fine di spiegarne la valenza dimostrativa della tesi accusatoria, pur in assenza di verifiche documentali (trattandosi di prospetti autoprodotti dalla stessa fonte ritenuta insufficiente).
In secondo luogo, il Tribunale aveva manifestato dubbi anche in ordine alla seconda ‘operazione finanziaria’ descritta dalla persona offesa, esitata nella cessione di un immobile ma connotata dalla sottovalutazione, se non del diretto fraintendimento, dei reali termini economici, come osservato dal giudice di prime cure nella analisi di pg. 4 (in fondo) e 5. Di tal che, anche su tali profili la senten si sarebbe dovuta maggiormente impegnare da un lato a confutare la tesi assolutoria, e dall’altro, al fine di superare il ragionevole dubbio che essa aveva generato, a motivare approfonditamente la ragione per cui doveva escludersi la funzione di garanzia della cessione dell’immobile.
5. Il carattere pregiudiziale della pronuncia sulla responsabilità degli imputati, per le ragioni sopra esposte, comporta l’assorbimento di ogni altro motivo formulato nei ricorsi degli imputati, incluso quello di natura procedurale relativo alla presenza nel giudizio di due parti civili (COGNOME e COGNOME) che, mai menzionate nella sentenza di appello e sostanzialmente ignote all’intero processo, hanno visto accolta la domanda di condanna degli imputati al pagamento delle
spese dei due gradi di giudizio e successivamente (a seguito della procedura di correzione di errore materiale ex art. 130 cod. proc. pen.) al risarcimento del
danno.
L’annullamento con rinvio è disposto a favore della Corte d’appello di Perugia, che si atterrà ai criteri sopra indicati.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di COGNOME NOME e COGNOME con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Perugia. Dichiara
inammissibile il ricorso di COGNOME NOME per sopravvenuta carenza di interesse.
Così deciso il 19 febbraio 2025
Il Cosigliere estensore
La Presidente