Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 8320 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 8320 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NATO A NAPOLI IL DATA_NASCITA avverso la sentenza del 05/04/2023 della CORTE DI APPELLO DI NAPOLI visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO COGNOME; lette le conclusioni del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto che il ricorso veng dichiarato inammissibile; udite le conclusioni del difensore AVV_NOTAIO, che ha insistito nei motivi di ricors chiedendone l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Napoli, per quanto qui di interesse, ha parzialmente riformato la sentenza del Gip presso il Tribunale di Napoli Nord del 11/03/2022 ad esito di rito abbreviato, appellata dal Pubblico Ministero e dagli imputati COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, dichiarando COGNOME NOME responsabile anche del delitto di cui al capo c) della rubrica rideterminando la pena per i delitti allo stesso ascritti in anni 11 di reclusione ed euro 3900 di multa (per capi ulteriori a)b)d) ed e)).
NOME COGNOME, per mezzo del proprio difensore, ha presentato ricorso per cassazione con motivi che qui si riportano nei limiti strettamente necessari per la motivazione ai sensi dell’art. 173 disp.att. cod. proc. pen
2.1. GLYPH Violazione di legge e vizio della motivazione in relazione agli artt. 192 cod. proc. pen. e art. 56, 628, 416 cod. pen., nonché artt. 10,12,14 della I. n. 497 del 1974 per avere la Corte di appello ampiamente valorizzato ai fini della decisione il materiale captativo, pur in mancanza di alcun elemento certo di riscontro; la Corte di appello ha affidato la valutazione della posizione del ricorrente ad argomentazioni illogiche che sconfinano in mere petizioni di principio, con mancanza di un percorso motivazionale finalizzato a sostenere il giudizio di colpevolezza, in assenza di reale esame dei motivi di appello. Le conclusioni raggiunte in ordine al capo b) sono del tutto apodittiche, con particolare riferimento all’essere il NOME e quanto alla identificazione effettuata sulla base delle riprese di video sorveglianza, corroborate da una consulenza antropometrica del tutto atecnica ed ampiamente contestata sin dal primo grado, ritenendo tra l’altro l’arma vera in assenza di qualsiasi effettivo riscontro. Quanto al capo d) la Corte di appello ha motivato in modo del tutto anomalo quanto al dato intercettivo, con illogica interpretazione del dato conseguente, ritenuto elemento centrale per affermare la responsabilità del NOME. Lo stesso errore valutativo ricorre in relazione al capo e) della rubrica, con particolare riferimento alla potenzialità lesiva delle armi detenute in occasione delle due rapine ai capi b) e d). La difesa ha ampiamente contestato che le armi (una pistola Glock, un fucile a pompa ed un TARGA_VEICOLO), riprese dalle telecamere e oggel:to di conversazioni captate, fossero effettivamente armi reali, non essendo mai cadute in sequestro, non apparendo sufficiente la considerazione secondo la quale gli operanti non notavano nessun segno che potesse far ritenere le armi delle repliche. La sentenza è affetta da vizio di legge per la sua estrema sinteticità e per la “pura immaginazione” che connota il percorso motivazionale. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
2.2. GLYPH Violazione di legge in relazione agli artt. 581 e 591 cod. proc. pen. per avere ritenuto ammissibile il ricorso del Pubblico Ministero, caratterizzato da assoluta genericità argomentativa, in assenza di confronto con la sentenza impugnata, con riferimento al capo c) della rubrica. La sentenza impugnata aveva correttamente riconosciuto, in applicazione del principio del favor rei, l’esistenza della esimente della desistenza volontaria. Le argomentazioni spese nel ricorso del pubblico ministero sono del tutto generiche, limitandosi a riprodurre la motivazione assolutoria con richiesta di riforma, non apparendo sufficiente il mero richiamo alle sit dell’COGNOME.
2.3. GLYPH Violazione di legge in relazione alla mancata assunzione di prova decisiva in relazione all’art. 603, comma 3-bis, cod. proc. pen. per mancata
rinnovazione della istruttoria dibattimentale; la stessa impugnazione del Pubblico ministero formulava richiesta di rinnovo dell’istruttoria dibattimentale, che in questo caso si doveva ritenere obbligatoria, attesa la decisività della prova. Le conclusioni valutative raggiunte dalla Corte di appello quanto al contributo conoscitivo fornito dall’COGNOME e dal COGNOME sono “aberranti”. I coimputati ammettevano l’addebito solo per ottenere uno sconto di pena.
2.4. GLYPH Violazione di legge e vizio della motivazione in reazione agli artt. 62bis, 132, 133 cod. pen.; le circostanze attenuanti generiche erano state negate senza alcun percorso argomentativo.
Il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO ha concluso chiedendo che il ricorso venga dichiarato inammissibile.
CONSIDERATO IN DIRITTO
È fondato il terzo motivo, mentre nel resto il ricorso deve essere dichiarato inammissibile perché proposto con motivi non consentiti, generici e manifestamente infondati.
Il primo motivo di ricorso non è consentito, atteso che il ricorrente in presenza di una doppia affermazione conforme di responsabilità quanto ai fatti ascritti ai capi b) e d) della rubrica, si limita a proporre una propria lettura alternativa d merito, non consentita in questa sede. La difesa si è, dunque, limitata a proporre una lettura alternativa dell’insieme degli elementi acquisiti in giudizio, sebbene questa Corte abbia ripetutamente affermato che è preclusa la possibilità di una nuova valutazione delle risultanze acquisite da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito attraverso una diversa ed alternativa lettura, sia pure anch’essa logica, dei dati processuali o una diversa ricostruzione storica dei fatti o un diverso giudizio di rilevanza o, comunque, di attendibilità delle fonti di prova (Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, COGNOME, Rv. 273217-01, Sez. 5, n. 15041 del 24/10/2018, COGNOME, Rv. 275100-01, Sez. 4, 1219 del 14/09/2017, COGNOME, Rv. 271702-01, Sez. 5, n. 48050 del 02/07/2019, COGNOME, Rv. 277758-01, Sez. 2, n. 7986 del 18/11/2016, dep. 2017, La Gumina, Rv. 269217-01; Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, COGNOME, Rv. 265482-01; Sez. 5, n. 15041 del 24/10/2018, Battaglia, Rv. 275100-01).
Sono, dunque, inammissibili nel giudizio di liegittimità, tutte quelle censure che attengono a vizi diversi dalla mancanza di motivazione, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo. Da ciò consegue l’inammissibilità di tutte le doglianze che criticano la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano
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ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, d credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento, rappresentando tutto ciò una non ammissibile interferenza con la valutazione del fatto riservata al giudice del merito (Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, COGNOME, Rv. 280747-01, Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, 0., Rv. 262965-01). La Corte di appello ha puntualmente considerato i motivi di appello proposti quanto all’accertamento di responsabilità per i capi predetti, con motivazione logica ed articolata, che non si presta a censure in questa sede. È stato considerato l’esito univoco delle risultanze istruttorie, i numerosi elementi di riscontro emergenti dalle video riprese e dagli accertamenti tecnici espletati, rendendo specifica risposta alle critiche difensive anche quanto alla portata degli elementi di riscontro così acquisiti, così come quanto alla responsabilità del ricorrente, in presenza di inequivoci elementi individualizzanti.
Il secondo motivo di ricorso, oltre che del tutto reiterativo, è generico ed aspecifico, avendo il ricorrente omesso del tutto il confronto con a motivazione della Corte di appello, che ha enucleato puntualmente le caratteristiche dell’impugnazione del Pubblico ministero, ritenendola ammissibile. Con tale motivazione il ricorrente non si confronta (pag.8). È ormai pacifica acquisizione della giurisprudenza di questa Suprema Corte come debba essere ritenuto inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che riproducono le medesime ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici. La mancanza di specificità del motivo, infatti, va valutata e ritenuta non solo per la sua genericità, intesa come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, dal momento che quest’ultima non può ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità che conduce, a norma dell’art. 591, comma 1, lett. c) cod. proc. pen., alla inammissibilità dell impugnazione (in tal senso, Sez. 2, n. 29108 del 15/07/2011, COGNOME, non mass.; Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013, COGNOME, Rv. 255568; Sez. 4, n. 18826 del 09/02/2012, COGNOME, Rv. 253849; Sez. 2, n. 19951 del 15/05/2008, COGNOME, Rv. 240109; Sez. 4, n. 34270 del 03/07/2007, COGNOME, Rv. 236945; Sez. 1, n. 39598 del 30/09/2004, COGNOME, Rv. 230634; Sez. 4, n. 15497 del 22/02/2002, COGNOME, Rv. 221693). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Il quarto motivo di ricorso è manifestamente infondato, oltre che totalmente generico nella sua articolazione. La difesa ha contestato la scelta della Corte di appello in tema di dosimetria della pena, con particolare riferimento alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, senza tuttavia neanche allegare od esporre alcun elemento in considerazione del quale riscontrare la dedotta violazione di legge e il genericamente evocato vizio della motivazione. La Corte di appello ha specificamente motivato sul punto, richiamando la gravità della condotta
e la particolare pervicacia criminale, con richiamo alla articolata organizzazione di mezzi e persone a tal fine (pag. 12), con tale motivazione il ricorrente non si confronta. La Corte di appello ha, dunque, correttamente applicato il principio di diritto, che qui si intende ribadire, secondo il quale il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche può essere legittimamente motivato dal giudice con l’assenza di elementi o circostanze di segno positivo, a maggior ragione dopo la riforma dell’art. 62-bis, disposta con il d.l. 23 maggio 2008, n. 92, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 125, per effetto della quale, ai fini del concessione della diminuente, non è più sufficiente il solo stato di incensuratezza dell’imputato. (Sez. 4, n. 32872 del 08/06/2022, COGNOME, Rv. 283489-01).
È invece fondato il terzo motivo di ricorso, in relazione alla omessa rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, in considerazione dell’oggettivo overtuming della decisione della Corte di appello rispetto alla decisione di assoluzione di primo grado quanto al capo c) della rubrica. In tal senso, occorre considerare come la motivazione della Corte di appello, su questo specifico tema, si presenti confusa e sostanzialmente elusiva dell’obbligo di rinnovazione previsto in correlazione con la necessaria articolazione di una motivazione rafforzata (pag. 9 e seguenti). Nonostante il richiamo ad una serie di precedenti giurisprudenziali, non del tutto pertinenti, la Corte di appello ha omesso di valutare la posizione del ricorrente in relazione al capo c) della rubrica in applicazione del disposto di cui all’art. 603, comma 3-bis, cod. proc.pen., che ha, come noto, recepito l’elaborazione in materia della giurisprudenza di legittimità.
Contrariamente a quanto affermato dal giudice di secondo grado, l’operazione ermeneutica effettuata, ritenuta una mera opera di emenda rispetto alla motivazione del giudice di primo grado perché ritenuta intrinsecamente contraddittoria, si traduce invece ed effettivamente in una rivalutazione della prova dichiarativa, in una sua diversa interpretazione, che si discosta da quella effettuata dal giudice di primo grado. In tal senso, occorre considerare che la prova che è stata valutata dal secondo giudice per ribaltare la sentenza di primo grado è per la gran parte dichiarativa e ad essa si fa riferimento ampiamente nella motivazione della pronuncia impugnata. Ciò posto, occorre considerare che la verifica di legittimità del provvedimento che riformi in secondo grado una prima pronuncia assolutoria attiene a due aspetti paralleli, ma collegati tra loro: « a) la tenuta della motivazione co cui si ribalti la pronuncia di assoluzione, dal punto di vista della sua capacità d superare le argomentazioni di quest’ultima e di proporre una soluzione logica maggiormente coerente con il quadro probatorio e convincente dal punto di vista del test, obbligato, di accertamento della colpevolezza oltre ogni ragionevole dubbio, secondo il canone previsto dall’art. 533 cod. proc. pen.; b) la necessità di rinnovare la prova dichiarativa che sia valsa, in un primo momento, a fondare la sentenza
liberatoria ed in un secondo momento abbia costituito il fondamento della pronuncia di condanna. Sotto il primo profilo di verifica – e cioè la tenuta della motivazione deve rammentarsi che già nel 2005, le Sezioni Unite ebbero ad affermare che la sentenza che riformi totalmente, sia in senso assolutorio che in chiave di condanna, la decisione di primo grado ha l’obbligo di delineare le linee portanti del proprio, alternativo, ragionamento probatorio e di confutare specificamente i più rilevanti argomenti della motivazione della prima sentenza, dando conto delle ragioni della relativa incompletezza o incoerenza, tali da giustificare la riforma del provvedimento impugnato (Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, COGNOME, Rv. 231679; Sez. 5, n. 8361 del 17/01/2013, COGNOME, Rv. 254638). Il massimo collegio nomofilattico ha, dunque, da molti anni puntato l’attenzione sull’obbligo – per il giudici dell’overtuming in appello – di dimostrare specificamente l’insostenibilità sul piano logico e giuridico degli argomenti più rilevanti della sentenza del primo giudice, attraverso una puntuale ed approfondita verifica critica cui consegua una differente, completa e più persuasiva motivazione che, sovrapponendosi complessivamente alle ragioni della sentenza di primo grado, dia conto degli esiti difformi ai quali si giunge e della maggiore o diversa valenza conferita a ciascun elemento di prova che faccia parte della piattaforma istruttoria. E’ stato, perciò, affermato, successivamente alla sentenza COGNOME, che sussiste per il giudice della riforma in appello la necessità di comporre una motivazione c.d. rafforzata, più convincente rispetto a quella ribaltata e dotata di maggior forza persuasiva, tale da far venir meno ogni ragionevole dubbio in caso di overturning di condanna (ex multis Sez. 4, n. 42868 del 26/9/2019, COGNOME, Rv. 277624; Sez. 6, n. 51898 del 11/7/2019, P., Rv. 278056; Sez. 5, n. 54300 del 14/9/2017, COGNOME, Rv. 272082; Sez. 3, n. 6817 del 27/11/2014, dep. 2015, S., Rv. 262524; Sez. 1, n. 12273 del 15/12/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 262261; Sez. 6, n. 49755 del 21/11/2012, G., Rv. 253909). L’obbligo di esprimere, da parte del giudice del ribaltamento in appello, non soltanto una propria, alternativa ricostruzione della vicenda conclusasi in primo grado con un diverso esito, bensì una motivazione maggiormente dotata di capacità persuasiva e idonea a scalfire le argomentazioni del primo giudice in modo analitico è stato sottolineato, altresì, con ampie argomentazioni motivazionali, dalle decisioni delle Sezioni Unite che, dal 2016 al 2019, sono intervenute sul tema, parallelo e al tempo stesso strettamente collegato, della necessità di rinnovare la prova dichiarativa decisiva: Sez. U, n. 27620 del 28/4/2016, COGNOME, Rv. 267492; in Sez. U’ n. 18620 del 19/1/2017, COGNOME, Rv. 269785; Sez. U, n. 14800 del 21/12/2017, dep. 2018, Troise, Rv. 272430, nonché, da ultimo, anche in parte in Sez. U, n. 14426 del 28/1/2019, COGNOME, Rv. 275112. 3.2. Quanto al secondo profilo di verifica – e cioè la necessità di disporre la rinnovazione della prova dichiarativa che faccia parte del bagaglio cognitivo dei due giudizi di merito chiusi da esiti contrapposti – l’elaborazione interna ha subito una Corte di Cassazione – copia non ufficiale
forte spinta in avanti per l’interazione e le ricadute della giurisprudenza delle Cort europee, ed in particolare della Corte EDU, di seguito soprattutto alla decisione Dan c. Moldavia del 05/11/2011 (che in realtà è stata preceduta da altre pronunce, a partire dal caso COGNOME c. Belgio del 07/07/1989, e poi, tra le tante, COGNOME c. Romania del 27/06/2000; NOME COGNOME c. Islanda del 15/07/2003; COGNOME c. Francia del 18/05/2004; COGNOME c. Spagna del 21/01/2006), secondo cui l’affermazione nel giudizio di appello della responsabilità dell’imputato prosciolto in primo grado sulla base di prove dichiarative è consentita solo previa nuova assunzione diretta dei testimoni nel giudizio di impugnazione, a pena di violazione dell’art. 6 CEDU e in particolare del comma 3, lett. d), che assicura il diritt dell’imputato di «esaminare o fare esaminare i testimoni a carico e ottenere la convocazione e l’esame dei testimoni a discarico» (più recentemente, cfr. Manolachi c. Romania del 05/03/2013; COGNOME c. Romania del 09/04/2013; COGNOME c. Moldavia del 28/02/2017; COGNOME c. Italia del 29/06/2017). Nella scia di tale giurisprudenza, e soprattutto della citata sentenza Dan c. Moldavia, le Sezioni Unite hanno stabilito che il giudice di appello, investito della impugnazione del pubblico ministero avverso la sentenza di assoluzione di primo grado (anche se emessa all’esito del giudizio abbreviato) con cui si adduca una erronea valutazione delle prove dichiarative, non può riformare la sentenza impugnata, affermando la responsabilità penale dell’imputato, senza avere proceduto, anche d’ufficio, ai sensi dell’art. 603, comma terzo, cod. proc. pen., a rinnovare l’istruzione dibattimentale attraverso l’esame dei soggetti che abbiano reso dichiarazioni sui fatti del processo, ritenute decisive ai fin del giudizio assolutorio di primo grado (Sez. U, n. 27620 del 28 1 ‘4/2016, COGNOME, Rv. 267487). La sentenza di condanna emessa in violazione di tale obbligo di rinnovazione è affetta da vizio di motivazione per violazione del canone di giudizio dell’oltre ogni ragionevole dubbio (Sez. U, n. 27620 del 28/4/2016, COGNOME, Rv. 267492; Sez. U, n. 18620 del 19/1/2017, COGNOME, Rv. 269785), ciò perché la presunzione di innocenza costituzionalmente tutelata impone, al fine di giungere alla riforma in senso di condanna, la scelta del metodo di acquisizione probatoria epistemologicamente più affidabile per l’apprezzamento della prova dichiarativa, e cioè quello che si basa sui principi di oralità e immediatezza» (Sez. 5, n. 15259 del 18/02/2020, COGNOME, Rv. 279255-01). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
7. Si è quindi precisato, con orientamento ormai consolidato nella giurisprudenza di legittimità, che: « Costituiscono prove orali decisive quelle che, sulla base della sentenza di primo grado, hanno determinato, o anche soltanto contribuito a determinare, l’assoluzione e che, pur in presenza di altre fonti probatorie di diversa natura, se espunte dal complesso materiale probatorio, si rivelano potenzialmente idonee ad incidere sull’esito del giudizio, nonché quelle che, pur ritenute dal primo giudice di scarso o nullo valore, siano, invece, nella prospettiva
dell’appellante, rilevanti – da sole o insieme ad altri elementi di prova – ai fini dell’e della condanna (Sez. U COGNOME, Rv. 267491). La riforma in appello di una pronuncia assolutoria, pertanto, nel proporre un giudizio di colpevolezza conforme al canone dell’oltre ogni ragionevole dubbio, deve corrispondere a due regulae iuris, entrambe necessarie: quella della costruzione di una motivazione rafforzata (ovvero maggiormente persuasiva); quella della rinnovazione della prova dichiarativa decisiva, qualora la decisione scaturisca da una diversa valutazione di tale prova (cfr. Sez. 6, n. 51898 del 2019, cit.). Le Sezioni Unite, con la citata sentenza Troise (Sez. U, n. 14800 del 21/12/2017, dep. 2018, Troise,, Rv. 272430), infine, hanno ribadito l’obbligo di motivazione rafforzata, ridefinendolo attraverso alcuni caratteri peculiari anche quando ad essere ribaltata sia una sentenza di condanna, ribadendo l’esclusione, tuttavia, in tal caso, come avevano fatto anche nella sentenza COGNOME, della necessità di rinnovazione della prova dichiarativa decisiva (che rimane in tal caso prerogativa discrezionale del giudice lasciata al suo apprezzamento): il giudice d’appello, in caso di overturning assolutorio, deve offrire una motivazione “puntuale e adeguata” che fornisca una razionale giustificazione della difforme conclusione adottata. Il massimo collegio nomofilattico ha disegnato un percorso entro il quale la presunzione di innocenza costituisce il sostrato valoriale del canone dell’oltre ogni ragionevole dubbio, posto a presidio soltanto dell’affermazione di colpevolezza mediante condanna, mentre per giungere ad una sentenza assolutoria vale un canone opposto: non già la certezza dell’innocenza bensì la mera non certezza della colpevolezza. Il giudice deve pronunciare assoluzione, cioè, in tutti i casi in cui un dubbio sussiste e non può essere superato, il che equivale a descrivere, dalla prospettiva dell’assoluzione, il mancato soddisfacimento della regola del ragionevole dubbio.» (Sez. 5, n. 15259 del 18/02/2020, COGNOME, Rv. 279255-01). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Il caso di specie deve essere letto nel prisma dei principi sinora sintetizzati, tenendo conto del fatto, invero analizzato anche dalle Sezioni Unite nella pronuncia Troise, a sostegno del rafforzamento delle conclusioni alle quali giunge, che il legislatore, nel 2017, con la novella rappresentata dalla legge n. 103 del 23 giugno 2017, ha introdotto l’obbligo di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale in caso d appello proposto dal pubblico ministero, mediante l’aggiunta del comma 3-bis all’art. 603 cod. proc. pen.
La Corte non ha fatto corretta applicazione di tali principi. A fronte dei molteplici specifici dubbi avanzati dal giudice di primo grado in ordine alle prove acquisite ed alla valutazione datane dal giudice di primo grado, la Corte di appello, ha reso una motivazione obiettivamente generica e non rafforzata, quasi assertiva, tutta tesa a censurare il percorso logico del giudice di primo grado, a livello teorico, ma di fatto concentrata su una diversa considerazione della prova dichiarativa, risultando omessa proprio quella cautela valutativa che deve caratterizzare il giudizio
in caso di overturning del giudizio assolutorio, che deve essere necessariamente caratterizzato da attenzione specifica sul punto della motivazione della sen oggetto di riforma. La sentenza deve essere conseguentemente annullata sul punt il Giudice del rinvio, applicati i principi indicati, verificherà se ed in che t possibile pervenire ad un giudizio di responsabilità penale per l’imputato in ord capo c) della rubrica, non apparendo tra l’altro a tal fine sufficiente il mero r alle dichiarazioni spontanee rese dai coimputati in sede di appello, nell’ambito rito del tutto diverso da quello prescelto dal ricorrente e riferite alla responsabilità dei coimputati che hanno concordato la pena in appello, piuttosto direttamente al COGNOME, ma ben potendo rientrare in una nuova valutazi complessiva proprio in considerazione del disposto di cui all’art. 603 cod. proc.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al capo c) con rinvio per nuov giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Napoli. Dic irrevocabile l’affermazione di responsabilità in relazione agli altri capi di imput Così deciso il 12 gennaio 2024.