Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 2045 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 2045 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di
NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 13/09/2023 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le richieste del PG COGNOME, che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata e la declaratoria di estinzione del reato per prescrizione.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Bologna, con l’ordinanza impugnata, ha dichiarato inammissibile l’appello presentato da NOME COGNOME avverso la sentenza del Tribunale di Modena in data 22 settembre 2010, in relazione ai reati di cui agli artt. 648, 640, 485-491 cod. pen.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME, a mezzo del proprio difensore, articolando tre motivi di ricorso, che qui si riassumono nei termini di cui all’art 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo, si deduce la manifesta illogicità dell’ordinanza di inammissibilità, in quanto fondata su una superficiale valutazione dell’atto di gravame, da cui invece emergevano con accettabile precisione i punti oggetto di doglianza (l’attendibilità della persona offesa, l’eccessività della pena inflitta) e l ragioni che sorreggono l’impugnazione.
2.2. Con il secondo motivo, la difesa censura l’irragionevole durata del processo, protrattosi in grado di appello per oltre undici anni.
2.3. Il terzo motivo è diretto a eccepire la violazione di legge, per essere stata l’ordinanza impugnata notificata solo al difensore, e non all’imputato contumace.
Si è proceduto con rito camerale cartolare, ai sensi dell’art. 611, cod. proc. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso è fondato.
La Corte di appello ha motivato la propria declaratoria di inammissibilità evidenziando la mancanza di un’adeguata confutazione della «specifica ed ampia motivazione (si consideri il richiamo alle dichiarazioni rese in istruttoria dal test NOME COGNOME, nonché alle dichiarazioni a firma “COGNOME NOME” non disconosciute dall’imputato)» nell’atto di gravame che «si limita a una doglianza generica e assertiva».
Le considerazioni, astrattamente corrette, applicano nondimeno a un’impugnazione presentata 1’11 gennaio 2012, un principio di diritto – quello secondo il quale l’appello, al pari del ricorso per cassazione, è inammissibile per difetto di specificità dei motivi quando non risultano esplicitamente enunciati e argomentati i rilievi critici rispetto alle ragioni di fatto o di diritto p fondamento della decisione impugnata, fermo restando che tale onere di specificità, a carico dell’impugnante, è direttamente proporzionale alla specificità con cui le predette ragioni sono state esposte nel provvedimento impugnato consolidatosi solo in un momento significativamente successivo all’attività processuale espletata dalla parte (ovvero a partire da Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 22/02/2017, COGNOME, Rv. 268822).
In tema di successione di leggi penali nel tempo, l’art. 7 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, così come interpretato dalla giurisprudenza della Corte EDU, non consente l’applicazione retroattiva dell’interpretazione giurisprudenziale più sfavorevole di una norma penale – cosiddetto overruling solo quando il risultato interpretativo non fosse ragionevolmente prevedibile al momento della commissione del fatto (Sez. 3, n. 46184 del 23/11/2021, M., Rv. 282238; Sez. 5, n. 37857 del 24/04/2018, COGNOME, Rv. 273876; Sez. 5, n. 47510 del 09/07/2018, Dilaghi, Rv. 274406).
Nel caso di specie, sussiste la violazione dei principi convenzionali di irretroattività del mutamento giurisprudenziale sfavorevole in relazione al ribaltamento imprevedibile di un quadro giurisprudenziale consolidato, a fronte di un atto di appello che comunque deduceva alla Corte territoriale censure stringate, ma non avulse dallo svolgimento procedimentale e consistenti in una critica non astrusa del percorso giustificativo del primo giudice.
I reati di ricettazione non sono ancora prescritti, data la contestazione della recidiva ai sensi dell’art. 99, comma 2, n. 2, cod. pen., ritenuta nella sentenza di condanna.
Occorre dunque procedere all’annullamento dell’ordinanza impugnata senza rinvio, con trasmissione degli atti alla Corte di appello per un nuovo giudizio.
I restanti motivi di ricorso restano assorbiti.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata e dispone la trasmissione degli atti alla Corte di appello di Bologna per nuovo giudizio.
Così deciso il 21 dicembre 2023
nsigli re estensore Il
‘Il Presidente