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Ottemperanza provvedimento: quando decade il diritto

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un detenuto che chiedeva l’ottemperanza di un provvedimento del 2021 per effettuare video-colloqui con il figlio, anch’egli detenuto. La decisione si basa sul fatto che il ricorrente aveva nel frattempo ottenuto una nuova ordinanza nel 2024 sullo stesso identico oggetto. Secondo la Corte, la richiesta e l’ottenimento di un nuovo provvedimento superano e sostituiscono quello precedente, rendendo impossibile richiederne l’esecuzione forzata. La scelta di percorrere una nuova via giudiziaria preclude la possibilità di insistere sull’ottemperanza del provvedimento più datato.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ottemperanza provvedimento: quando un nuovo ordine del giudice annulla il precedente

Il diritto a mantenere i legami familiari è fondamentale anche per chi si trova in stato di detenzione, ma le modalità con cui questo diritto viene esercitato sono spesso oggetto di complessi iter giudiziari. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha chiarito un importante principio in materia di ottemperanza provvedimento del magistrato di sorveglianza, stabilendo che la richiesta di una nuova autorizzazione su un determinato oggetto fa venir meno la possibilità di pretendere l’esecuzione di un ordine precedente. Analizziamo insieme i dettagli di questa pronuncia.

I Fatti del Caso

Un detenuto, sottoposto al regime carcerario speciale previsto dall’art. 41-bis, aveva ottenuto nel 2021 un’ordinanza dal Magistrato di sorveglianza che lo autorizzava a effettuare video-colloqui con i familiari qualora fosse stato impossibile svolgerli in presenza. Successivamente, il detenuto presentava una richiesta specifica per svolgere colloqui audiovisivi con il figlio, a sua volta recluso in un altro istituto penitenziario, interpretando lo stato di detenzione del figlio come un impedimento al colloquio in presenza.

L’amministrazione penitenziaria non dava seguito a questa richiesta, ritenendo di aver già attuato l’ordinanza del 2021 attraverso altre forme di comunicazione. Di fronte a questo diniego, il detenuto insisteva per l’ottemperanza, ma il suo reclamo veniva respinto. La questione si complicava ulteriormente quando, nel 2024, il detenuto otteneva una nuova e specifica ordinanza che lo autorizzava ai video-colloqui con il figlio. Nonostante ciò, il detenuto ricorreva in Cassazione per ottenere l’ottemperanza del primo provvedimento, quello del 2021.

La questione sull’ottemperanza provvedimento

Il nodo centrale della questione era se il detenuto avesse ancora interesse a richiedere l’esecuzione forzata dell’ordinanza del 2021, dopo averne ottenuta una nuova e più specifica nel 2024. La difesa sosteneva che l’interesse permaneva, anche perché l’efficacia del secondo provvedimento era stata sospesa.

La Corte di Cassazione, tuttavia, ha sposato una linea interpretativa differente, dichiarando il ricorso inammissibile. Il ragionamento dei giudici supremi si è concentrato sulla natura stessa del procedimento di ottemperanza e sulle scelte processuali del ricorrente.

Le Motivazioni

La Corte ha stabilito un principio di diritto chiaro: aver scelto di chiedere (e ottenere) una nuova ordinanza autorizzativa, di contenuto analogo a una precedente, preclude la possibilità di ricorrere alla via alternativa dell’ottemperanza rispetto al provvedimento più vecchio. La nuova ordinanza del 2024, infatti, ha di fatto ‘superato’ e privato di valenza quella del 2021, sulla quale si fondava la richiesta di esecuzione.

Secondo gli Ermellini, il procedimento di ottemperanza è una prosecuzione funzionale del giudizio che ha generato il provvedimento da eseguire. Non può, quindi, diventare la sede per introdurre ‘domande nuove’ o per ‘recuperare’ statuizioni ormai superate da eventi processuali successivi. La scelta di intraprendere un nuovo percorso giudiziario per ottenere un’autorizzazione specifica ha reso il provvedimento precedente obsoleto, privando il ricorrente dell’interesse ad agire per la sua esecuzione.

Anche l’argomento della sospensione dell’efficacia del nuovo provvedimento (quello del 2024) è stato ritenuto irrilevante. Anzi, i giudici hanno sottolineato che dare esecuzione al vecchio provvedimento del 2021 avrebbe vanificato gli effetti della sospensione del nuovo, creando una contraddizione nel sistema.

Conclusioni

La sentenza ribadisce che le scelte processuali hanno conseguenze definitive. Non è possibile percorrere due strade giudiziarie contemporaneamente per lo stesso obiettivo. L’ottenimento di un nuovo provvedimento su una materia già decisa in precedenza assorbe e sostituisce il titolo precedente, rendendo inammissibile qualsiasi richiesta di ottemperanza basata su quest’ultimo. Questa decisione serve a garantire coerenza e certezza nell’esecuzione dei provvedimenti giudiziari, evitando che questioni già definite possano essere riaperte attraverso strumenti processuali impropri.

È possibile chiedere l’ottemperanza di un provvedimento del magistrato di sorveglianza se nel frattempo se ne è ottenuto uno nuovo sullo stesso argomento?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che ottenere una nuova ordinanza autorizzativa, di contenuto analogo alla precedente, preclude la possibilità di chiedere l’ottemperanza del provvedimento originario, in quanto quest’ultimo risulta ormai superato dalla nuova decisione.

Cosa succede se l’efficacia del nuovo provvedimento viene sospesa?
Secondo la sentenza, la sospensione dell’efficacia del nuovo provvedimento è un dato irrilevante rispetto alla richiesta di ottemperanza del vecchio. Anzi, dare esecuzione al vecchio provvedimento finirebbe per rendere priva di effetti pratici la sospensione del nuovo, andando contro la logica del sistema.

Qual è lo scopo del procedimento di ottemperanza secondo la Corte?
Il procedimento di ottemperanza è una prosecuzione funzionale del giudizio di cognizione che ha generato il provvedimento da eseguire. Serve a garantire l’esecuzione di una decisione già presa e non può essere utilizzato per introdurre domande nuove o per rivalutare il contenuto di statuizioni che sono state superate da successivi sviluppi processuali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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