Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 4796 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 4796 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 08/01/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME
CC – 08/01/2025
R.G.N. 37355/2024
NOME COGNOME
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a SAN LUCA il 04/04/1962 avverso l’ordinanza del 02/07/2024 del GIUD. RAGIONE_SOCIALE di Sassari visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso
RITENUTO IN FATTO
Il Magistrato di sorveglianza di Sassari, con ordinanza del 12/01/2021, in accoglimento del reclamo presentato da NOME COGNOME – soggetto detenuto presso la locale Casa Circondariale e sottoposto al regime differenziato ex art. 41bis legge 26 luglio 1975, n. 354 – ha ordinato alla Direzione del suddetto istituto di consentire al reclamante l’effettuazione di videocolloqui con i familiari, in tutti i casi di mancato svolgimento del colloquio visivo, ‘non solo ascrivibile alle ragioni dell’emergenza sanitaria’.
1.1. Con ordinanza divenuta definitiva per mancata impugnazione il 24/06/2021, il Tribunale di sorveglianza ha respinto il reclamo dell’Amministrazione penitenziaria, disponendo che – in caso di impossibilità dimostrata e di gravi difficoltà a svolgere il colloquio in presenza – dovesse essere garantito al detenuto il diritto di svolgere, in via sostitutiva, un colloquio mediante collegamento audiovisivo.
1.2. La Direzione dell’istituto penitenziario, in seguito, ha disatteso la richiesta presentata da NOME COGNOME avente ad oggetto l’autorizzazione ad effettuare colloqui con il figlio NOME, a sua volta detenuto presso la Casa circondariale di Santa Maria Capua Vetere.
L’istante aveva posto a fondamento della propria domanda il fatto che lo stato detentivo del figlio costituisse motivo ostativo, rispetto all’effettuazione del colloquio in presenza; in base a tale argomentazione, aveva domandato l’ottemperanza rispetto alla sopra citata ordinanza del 12/01/2021. La Direzione dell’istituto penitenziario ha rappresentato, invece, come si fosse data corretta attuazione alla decisione di cui sopra, a fronte della presentazione di istanza di colloquio telefonico. In particolare, la Direzione ha segnalato come si fosse predisposto un programma
attuativo, finalizzato proprio all’esecuzione di tale provvedimento, grazie al quale Pelle aveva potuto intrattenere già numerosi colloqui con i familiari.
1.3. Con il provvedimento indicato in epigrafe, il Magistrato di sorveglianza di Sassari ha respinto il reclamo ex art. 35bis Ord. pen., presentato da NOME COGNOME il quale aveva insistito per la sopra detta ottemperanza; in tale provvedimento, Ł stato rimarcato come:
il reclamante avesse già effettuato videocolloqui e colloqui con i familiari, in nove occasioni, svolgendo anche – in data 12/04/2024 – un videocolloquio con il sopra nominato figlio NOME, detenuto presso altro istituto penitenziario;
l’ordinanza della quale veniva chiesta l’ottemperanza, riferita in generale ai colloqui del Pelle con i familiari, fosse da ritenersi ormai superata – riguardo ai videocolloqui da eseguirsi con il figlio, attualmente detenuto in regime di alta sicurezza a Voghera – a causa del successivo intervento di altra decisione, assunta dal Magistrato di sorveglianza di Sassari in data 28/05/2024, che – in accoglimento del reclamo proposto dall’interessato – aveva autorizzato le modalità di svolgimento del colloquio tramite videocollegamento, così determinando una carenza sopravvenuta di interesse, rispetto alla originaria domanda di ottemperanza, riferita alla sopra descritta ordinanza del 2021.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME a mezzo dell’avv. NOME COGNOME deducendo violazione di legge ex art. 606, comma 1, lett. b) cod. proc. pen., in relazione agli artt. 1 comma 6, 15, 18 comma 3, 28, 41bis comma 2quater lett. b) Ord. pen., 61 comma 1 lett. a) e 73 comma 3 d.P.R. 30 giugno 2000, n. 230, 125 comma 3 cod. proc. pen., 29, 30 e 31 Cost., 8 CEDU, nonchØ violazione e/o erronea applicazione dell’art. 35bis Ord. pen., in relazione all’art. 666 cod. proc. pen.
Il ricorrente ha ancora interesse all’ottemperanza, sebbene il Magistrato di sorveglianza gli abbia accordato, con provvedimento del 28/05/2024, la possibilità di svolgere colloqui, con la modalità del videocollegamento, con il figlio detenuto NOME; ciò dipende, anzitutto, dal fatto che detta ordinanza non Ł definitiva e, poi, dal fatto che tale provvedimento Ł stato sospeso ex art. 666 comma 7 cod. proc. pen., appunto sulla base della costante effettuazione, ad opera del Pelle, di colloqui visivi con il figlio. Il Magistrato di sorveglianza, a fronte di una richiesta di ottemperanza, si sarebbe dovuto allora limitare ad accertare l’inadempimento.
Il Procuratore generale ha chiesto dichiararsi inammissibile l’istanza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł inammissibile.
Come dettagliatamente sintetizzato in parte espositiva, NOME COGNOME Ł un detenuto sottoposto alle restrizioni ex art. 41bis Ord. pen., il cui figlio NOME si trova attualmente ristretto in diverso istituto penitenziario ed Ł, a sua volta, assoggettato al regime detentivo di ‘alta sicurezza’. Nell’anno 2021, COGNOME ha ottenuto l’autorizzazione allo svolgimento di videocolloqui con i familiari; divenuta definitiva tale ordinanza, il condannato ne ha domandato l’ottemperanza, ricevendo però un diniego. Parimenti disatteso Ł stato il relativo reclamo, ora oggetto di ricorso dinanzi a questa Corte.
Secondo quanto sussunto nell’impugnato provvedimento, però, COGNOME ha anzitutto svolto numerosi colloqui con i familiari, sia in presenza che a distanza. Per quanto piø specificamente attiene ai videocolloqui con il figlio detenuto NOME, l’ordinanza che li autorizzava, risalente al 2021, risulta superata da una successiva autorizzazione, accordata ad NOME COGNOME il 28/05/02024. Tale dato risulta dirimente, posto che l’ordinanza del 2024 ha ormai privato di qualsivoglia valenza quella precedente, della quale non Ł piø possibile pretendere l’esecuzione.
La difesa, nulla argomentando in ordine allo svolgimento dei colloqui in genere con i familiari, oppone – per ciò che attiene ai videocolloqui con NOME COGNOME – come l’efficacia di tale ultima ordinanza sia stata sospesa, secondo il disposto dell’art. 666 comma 7 cod. proc. pen. Trattasi di un dato del tutto neutro, però, laddove riferito alla invocata ottemperanza rispetto all’ordinanza del 2021: una eventuale esecuzione dell’ordinanza del 2021, nella attuale situazione di fatto venutasi a creare – finirebbe per rendere praticamente priva di effetti pratici, infatti, la sospensione ex art. 666 cod. proc. pen. del successivo provvedimento.
¨ appena il caso di sottolineare, del resto, come ci si trovi al cospetto di una nuova istanza di fatto, del tutto distinta rispetto alla prima statuizione, oggetto ora di una sorta di ‘recupero’ e, consequenzialmente, di richiesta di ottemperanza. Il principio di diritto al quale rifarsi, come noto, Ł nel senso che il procedimento di ottemperanza ai sensi dell’art. 35bis , comma 5, Ord. pen. postula la mancata esecuzione – da parte dell’Amministrazione penitenziaria – del provvedimento del magistrato di sorveglianza, che abbia accolto un reclamo giurisdizionale proposto dal detenuto, rappresenta esso una prosecuzione funzionale del giudizio di cognizione, rispetto al quale non possono trovare ingresso domande aventi carattere di novità e non può essere rivalutato il contenuto delle statuizioni emesse (Sez. 1, n. 39142 del 13/4/2017, Basco, Rv. 270996-01).
Una volta effettuata la scelta di chiedere (e ottenere) una nuova ordinanza autorizzativa, di contenuto analogo rispetto alla precedente, dunque, resta evidentemente precluso il ricorso alla via alternativa, costituita dalla originaria facoltà di domandare l’ottemperanza, rispetto al provvedimento precedente.
Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; segue ex lege la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, oltre che di una somma – che si stima equo fissare in euro tremila – in favore della Cassa delle ammende (non ravvisandosi elementi per ritenere il ricorrente esente da colpe, nella determinazione della causa di inammissibilità, conformemente a quanto indicato da Corte cost., sentenza n. 186 del 2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così Ł deciso, 08/01/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME