Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 5059 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1   Num. 5059  Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 20/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a SIRACUSA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 11/05/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di SASSARI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Presidente del Tribunal sorveglianza di Sassari ha dichiarato inammissibile – sul rilievo dell’ormai avv esaurimento del relativo titolo esecutivo – la richiesta di ottemperanza pr da NOME COGNOME.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME, per il tramite dell’AVV_NOTAIO, deducendo violazione di legge ex art. 606, comma 1, lett. b) proc. pen., in relazione agli artt. 591 e 666, comma 2 cod. proc. pen. In luogo, non trattasi di statuizione adottabile de plano con provvedimento presidenziale. Errata è, inoltre, la tesi secondo la quale una ordinanza che accertato la violazione – in danno di urli condanNOME – di diritti so costituzionalmente garantiti possa divenire inefficace, allorquando tale det finisca di espiare la pena, pur rimanendo in stato di detenzione per diverso osta a tale impostazione, infatti, il dettato dell’art. 69 legge 26 luglio 197
Il Procuratore generale ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.  Il ricorso è inammissibile.
L’art. 35-bis Ord. Pen. – introdotto nell’ordinamento dall’art. 3, comma 1, lett. b), decreto legge n. 146 del 2013, convertito dalla legge n. 10 d al fine di colmare il deficit di tutela nei confronti degli atti dell’Amministrazion ib e penitenziaria lesivi dei diritti dei detenuti e internati, stigmatizzato dall costituzionale n. 26 del 1999 – istituisce e regola, allo scopo, un procedim natura giurisdizionale, che si svolge in contraddittorio dinanzi’ alla magistr sorveglianza, in duplice grado di merito, destiNOME a concludersi, in c accertata fondatezza delle ragioni dell’interessato, con l’adozione di provvedi idonei a conformare l’operato dell’Amministrazione stessa.
2.1. Trattandosi di provvedimenti costituenti esercizio della funz giurisdizionale e al fine ulteriore di assicurare l’effettività della tutela, eventuali condotte dell’Autorità amministrativa inerti, elusive o, addirit aperto contrasto, i commi 5 ss. del menzioNOME art. 35-bis struttura procedimento ulteriore, diretto a garantire, se del caso, l’ottemperanza precedente decisione, una volta che questa sia divenuta definitiva per esaurim dei mezzi d’impugnazione. 2. L’art. 35-bis Ord. Pen. – introdotto nell’ordinamento
dall’art. 3, comma 1, lett. b), decreto legge n. 146 del 2013, convertito dalla legge n. 10 del 2014, al fine di colmare il deficit di tutela nei confronti degli atti dell’Amministrazione penitenziaria lesivi dei diritti dei detenuti e interna stigmatizzato dalla sentenza costituzionale n. 26 del 1999 – istituisce e regola, allo scopo, un procedimento di natura giurisdizionale, che si svolge in contraddittorio dinanzi alla magistratura di sorveglianza, in duplice grado di merito, destiNOME a concludersi, in caso di accertata fondatezza delle ragioni dell’interessato, con l’adozione di provvedimenti idonei a conformare l’operato dell’Amministrazione stessa.
2.2. Viene poi richiamata espressamente la disciplina processuale di cui agli artt. 666 e 678 cod. proc. pen., che governa il procedimenl:o di sorveglianza ed impone l’attivazione del contraddittorio tra le parti, esteso anche all’amministrazione penitenziaria interessata, nonché la fissazione dell’udienza in camera di consiglio, onde consentire alle parti stesse di partecipare ed interloquire innanzi al giudice.
2.3. È però anche contemplata, quale eccezione alla regola generale, la possibilità di un epilogo decisorio anticipato del reclamo, nei termini dell inammissibilità ai sensi del secondo comma dell’art. 666 cod. proc. pen., mediante pronuncia di decreto reso con procedura “de plano” ed in assenza di contraddittorio, quando l’istanza sia stata “già rigettata (perché, n.d.r.), basa sui medesimi elementi”, ovvero sia “manifestamente infondata per difetto delle condizioni di legge”. In tali situazioni, il difetto dei presupposi:i richiesti dalla deve essere oggetto di immediata constatazione, senza richiedere sforzi interpretativi o valutazioni discrezionali, basate su articolate ed approfondit verifiche circa la situazione di fatto posta a base della richiesta, suscettibil condurre ad esiti opinabili e diversificati: l’eventuale adozione anticipata decisione espressa in termini di inammissibilità, ma che nella sostanza investe il merito della domanda, si porrebbe in contrasto col principio del contraddittorio, che nei procedimenti di esecuzione e di sorveglianza è funzionale ad assicurare la partecipazione e l’interlocuzione dell’interessato nell’ambito del confronto dialettico tra le parti.
2.4. Alcun dubbio può allora sussistere – contrariamente agli auspici difensivi – circa la legittimità formale della procedura de plano adottata mediane l’impugNOME provvedimento.
Nel caso di specie, COGNOME ha chiesto l’ottemperanza rispetto a precedente ordinanza del Tribunale di sorveglianza di Sassari, relativa ad accertata lesione di diritti soggettivi del condanNOME.
3.1. La regola ermeneutica che governa la materia è nel senso della sussistenza di un inscindibile nesso ontologico e funzionale, tra i provvedimenti di ottemperanza e la relativa situazione detentiva concernente il soggetto interessato. L’avvenuta scarcerazione – o, comunque, l’esaurimento del titolo esecutivo, nell’ambito del quale era intervenuto l’accertamento oggetto di istanza di ottemperanza – determina dunque la sopravvenuta inefficacia delle determinazioni eventualmente assunte, poi divenute oggetto di reclamo a fini di ottemperanza.
3.2. In ossequio a tale principio di diritto, il Tribunale di sorveglianza Sassari ha giustamente ritenuto inammissibile l’istanza suddetta; ciò in quanto il provvedimento del quale COGNOME domandava l’applicazione, secondo lo strumento dell’ottemperanza ex art. 35-bis, comma 5, Ord. pen., era stato adottato sotto l’impero di un titolo detentivo ormai esaurito. Non vi è chi non rilevi quindi, come tale titolo non possa dunque estendere la propria efficacia, rispetto a successivi titoli di detenzione di differente tipologia e che peraltro, ne fattispecie concreta, trovano scaturigine in sede cautelare e non esecutiva. Esclusivamente il giudice al quale spetta la gestione del titolo cautelare, in definitiva, può essere individuato quale funzionalmente competente, in sede di vaglio in ordine alla possibile adozione di provvedimenti aventi contenuto in qualche modo sovrapponibile, rispetto a quelli invocati in sede di ottemperanza.
3.3. La cesura fra i diversi periodi di detenzione, in sostanza, esplica un effetto preclusivo, quanto alla possibilità di attribuire valenza ultrattiv provvedimenti del Tribunale di sorveglianza, che sono strettamente connessi all’esecuzione della pena in espiazione in un determiNOME momento storico. Una difforme impostazione concettuale, infatti, porterebbe addirittura ad attribuire al condanNOME istante una sorta di “credito”, spendibile persino in relazione a condotte di rilevanza penale non ancora poste in essere, con un risultato interpretativo complessivo che potrebbe sortire finanche effetti crinninogeni. La separazione fra periodi di detenzione è, in questo caso, ancora più evidente, dato che il nuovo ingresso in carcere del ricorrente è stato determiNOME dall’emissione di un’ordinanza cautelare, nell’ambito di una fase del tutto distinta da quella dell’esecuzione della pena; spetta allora all’autorità procedente – e non al Tribunale di sorveglianza – assumere eventuali determinazioni.
Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; segue ex lege la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, oltre che di una somma, che si stima equo fissare in euro tremila, in favore della Cassa delle ammende (non ricorrendo elementi per ritenere
il ricorrente esente da colpe, nella determinazione della caus,a di inammissib conformemente a quanto indicato da Corte c:ost., sentenza n, 186 del 2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente , al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa d ammende.
Così deciso in Roma, il 20 dicembre 2023.