Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 5060 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1   Num. 5060  Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 20/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a SIRACUSA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 11/05/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di SASSARI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso
RITENUTO IN FATTO
 Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Presidente del Tribunale di sorveglianza di Sassari ha dichiarato inammissibile – sul rilievo dell’ormai avvenuto esaurimento del relativo titolo esecutivo – la richiesta di ottemperanza proposta da NOME COGNOME.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME, per il tramite dell’AVV_NOTAIO, deducendo violazione di legge ex art. 606, comma 1, lett. b) cod. proc. pen., in relazione agli artt. 591 e 666, comma 2 cod. proc. pen. In primo luogo, non trattasi di statuizione adottabile de plano mediante provvedimento presidenziale. Errata, inoltre, è la tesi secondo la quale una ordinanza che abbia accertato la violazione – in danno di un condanNOME – di diritti soggettiv costituzionalmente garantiti possa divenire inefficace, nel momento in cui tale detenuto finisca di espiare la pena, pur rimanendo in stato di detenzione per diverso titolo; osta a tale interpretazione, infatti, il dettato dell’art. 69 leg luglio 1975, n. 354.
Il Procuratore generale ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.  Il ricorso è inammissibile.
2. L’art. 35-bis Ord. Pen. – introdotto nell’ordinamento dall’art. 3, comma 1, lett. b), decreto legge n. 146 del 2013, convertito dalla legge n. 10 del 2014, al fine di colmare il deficit di tutela nei confronti degli atti dell’Amministrazione penitenziaria lesivi dei diritti dei detenuti &internati, stigmatizzato dalla sente costituzionale n. 26 del 1999 – istituisce e regola, allo scopo, un procedimento di natura giurisdizionale, che si svolge in contraddittorio dinanzi alla magistratura di sorveglianza, in duplice grado di merito, destiNOME a concludersi, in caso di accertata fondatezza delle ragioni dell’interessato, con l’adozione di provvedimenti idonei a conformare l’operato dell’Amministrazione stessa. Trattandosi di provvedimenti costituenti esercizio della funzione giurisdizionale e al fine ulteriore di assicurare l’effettività della tutela, rispetto ad eventuali condotte dell’Auto amministrativa inerti, elusive o, addirittura, di aperto contrasto, i commi 5 ss. d menzioNOME art. 35-bis Ord. pen. strutturano un procedimento ulteriore, diretto a garantire, se del caso, l’ottemperanza della precedente decisione, una volta che questa sia divenuta definitiva per esaurimento dei mezzi d’impugnazione. 2. L’art.
35-bis Ord. Pen. – introdotto nell’ordinamento dall’art. 3, comma 1, lett. b) decreto legge n. 146 del 2013, convertito dalla legge n. 10 del 2014, al fine di colmare il deficit di tutela nei confronti degli atti dell’Amministrazione penitenziaria lesivi dei diritti dei detenuti e internati, stigmatizzato dalla sentenza costituzion n. 26 del 1999 – istituisce e regola, allo scopo, un procedimento di natura giurisdizionale, che si svolge in contraddittorio dinanzi alla magistratura d sorveglianza, in duplice grado di merito, destiNOME a concludersi, in caso di accertata fondatezza delle ragioni dell’interessato, con l’adozione di provvedimenti idonei a conformare l’operato dell’Amministrazione stessa.
2.1. Trattandosi di provvedimenti costituenti esercizio della funzione giurisdizionale e al fine ulteriore di assicurare l’effettività della tutela, rispet eventuali condotte dell’Autorità amministrativa inerti, elusive o, addirittura, aperto contrasto, i commi 5 ss. del menzioNOME art. 35-bis strutturano un procedimento ulteriore, diretto a garantire, se del caso, l’ottemperanza della precedente decisione, una volta che questa sia divenuta definitiva per esaurimento dei mezzi d’impugnazione. Viene poi richiamata espressamente la disciplina processuale di cui agli artt. 666 e 678 cod. proc. pen., che governa il procedimento di sorveglianza ed impone l’attivazione del contraddittorio tra le parti, estes anche all’amministrazione penitenziaria interessata, nonché la fissazione dell’udienza in camera di consiglio, onde consentire alle parti stesse di partecipare ed interloquire innanzi al giudice.
2.2. È però anche contemplata, quale eccezione alla regola generale, la possibilità di un epilogo decisorio anticipato del reclamo, nei termini dell inammissibilità ai sensi del secondo comma dell’art. 666 cod. proc. pen., mediante pronuncia di decreto reso con procedura “de plano” ed in assenza di contraddittorio, quando l’istanza sia stata “già rigettata (perché, n.d.r.), basa sui medesimi elementi”, ovvero sia “manifestamente infondata per difetto delle condizioni di legge”. In tali situazioni, il difetto dei presupposti richiesti dalla deve essere oggetto di immediata constatazione, senza richiedere sforzi interpretativi o valutazioni discrezionali, basate su articolate ed approfondit verifiche circa la situazione di fatto posta a base della richiesta, suscettibil condurre ad esiti opinabili e diversificati: l’eventuale adozione anticipata decisione espressa in termini di inammissibilità, ma che nella sostanza investe il merito della domanda, si porrebbe in contrasto col principio del contraddittorio, che nei procedimenti di esecuzione e di sorveglianza è funzionale ad assicurare la partecipazione e l’interlocuzione dell’interessato nell’ambito del confronto dialettico tra le parti.
2.3. Alcun dubbio può allora suss istere – contrariamente agli auspici difensivi – circa la legittimità formale della procedura de plano adottata mediane l’impugNOME provvedimento.
Nel caso di specie, COGNOME ha chiesto l’ottemperanza rispetto a precedente ordinanza del Tribunale di sorveglianza di Sassari, relativa ad accertata lesione di diritti soggettivi del condanNOME.
3.1. La regola ermeneutica che governa la materia è nel senso della sussistenza di un inscindibile nesso ontologico e funzionale, tra i provvedimenti di ottemperanza e la relativa situazione detentiva concernente il soggetto interessato. L’avvenuta scarcerazione – o, comunque, l’esaurimento del titolo esecutivo nell’ambito del quale era intervenuto l’accertamento oggetto di istanza di ottemperanza – determina dunque la sopravvenuta inefficacia delle determinazioni eventualmente assunte e oggetto di reclamo a fini di ottemperanza.
3.2. In ossequio a tale principio di diritto, il Tribunale di sorveglianza Sassari ha giustamente ritenuto inammissibile l’istanza; ciò in quanto il provvedimento del quale COGNOME domandava l’applicazione, secondo lo strumento dell’ottemperanza ex art. 35-bis, comma 5, Cird. pen., era stato adottato sotto l’impero di un titolo detentivo ormai esaurito. Non vi è chi non rilevi quindi, come tale titolo non possa dunque estendere la propria efficacia, rispetto a successivi titoli di detenzione di differente tipologia e che peraltro, ne fattispecie concreta, trovano scaturigine in sede cautelare e non esecutiva. Esclusivamente il giudice al quale spetta la gestione del titolo cautelare, quindi, può essere individuato quale funzionalmente competente, in sede di vaglio in ordine alla possibile adozione di provvedimenti aventi contenuto sovrapponibile, rispetto a quelli invocati in sede di ottemperanza.
3.3. La cesura fra i diversi periodi di detenzione, in sostanza, esplica un effetto preclusivo, quanto alla possibilità di attribuire valenza ultrattiv provvedimenti del Tribunale di sorveglianza, che sono strettamente connessi all’esecuzione della pena in espiazione in un determiNOME momento storico. Una difforme impostazione concettuale, infatti, porterebbe addirittura ad attribuire al condanNOME istante una sorta di “credito”, spendibile persino in relazione a condotte di rilevanza penale non ancora poste in essere, con un risultato interpretativo complessivo che potrebbe sortire finanche effetti criminogeni. La separazione fra periodi di detenzione è, in questo caso, ancora più evidente, dato che il nuovo ingresso in carcere del ricorrente è stato determiNOME dall’emissione di un’ordinanza cautelare, nell’ambito di una fase del tutto distinta da quella
dell’esecuzione della pena; spetta allora all’autorità procedente – e non al Tr di sorveglianza – assumere eventuali determinazioni.
Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve es dichiarato inammissibile; segue ex lege la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, oltre che di una somma, che si stima equo fissare in tremila, in favore della Cassa delle ammende (non ricorrendo elementi per riten il ricorrente esente da colpe, nella determinazione della causa di inammissib conformemente a quanto indicato da Corte cost., sentenza n. 186 del 2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento de spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa d ammende.
Così deciso in Roma, il 20 dicembre 2023.