Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 30383 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 30383 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOMECOGNOME nato a Melito Porto Salvo il 08/09/1997
avverso la ordinanza del 27/02/2025 del Tribunale di Catanzaro visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso; udito il difensore, Avv. NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del ricors
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di Catanzaro ha confermato la ordinanza cautelare emessa in data 17 gennaio 2025 dal Giudice per le indagini preliminari dello stesso Tribunale con la quale a NOME COGNOME è stata applicata la misura degli arresti domiciliari in relazione alla ritenuta gravità indiziaria ordine al delitto di cui agli artt. 390, 416-bis.1 cod. pen. / per aver favorito la latitanza di NOME COGNOME.
Avverso la ordinanza hanno proposto ricorso per cassazione i difensori di NOME COGNOME che con unico atto di ricorso deducono i seguenti motivi.
2.1. Con il primo motivo, violazione e falsa applicazione degli artt. 390 cod. pen., 178 lett. c), 292, comma 2, lett. c) cod. proc. pen. e vizio cumulativo della motivazione.
L’ordinanza impugnata ha rigettato la censura difensiva sulla illegittimità della motivazione della ordinanza restrittiva in ordine alle modalità di apprensione delle chat e delle chiavi di cifratura ad esse associate, assumendo che le doglianze difensive non riguardavano il dato probatorio e la sua valenza indiziaria ma le modalità tecniche di estrazione e decriptazione, esulanti dal vizio dedotto.
Invece, incombe al Giudice la verifica delle modalità di acquisizione della prova che, per completezza, non è assorbitgdalla presunzione di legittimità che è propria degli atti compiuti all’estero, posto che – secondo S.U. COGNOME – le prove acquisite mediante procedura OEI possono essere utilizzate solo quando l’OEI è stato legittimamente emesso, ovvero quando siano state rispettate le condizioni previste dall’art. 6 della Direttiva 2014/41/UE. Il giudizio sulla ammissibilità dell’at richiesto alle stesse condizioni in un caso interno analogo presuppone l’individuazione del tipo di atto oggetto di OEI e, quindi, per poter ravvisare i quadro di gravità indiziaria, fondato esclusivamente sulle chat sopraggiunte in Italia a mezzo OEI, il Giudice emittente avrebbe dovuto verificare la legittimità dell’OEI nei termini anzidetti.
2.2.Con il secondo, motivo violazione e falsa applicazione degli artt. 390 cod. pen., 24, 27, comma 2, 111 Cost., 6 CEDU, 178 e 191 cod. proc. pen. e omessa motivazione.
La ordinanza impugnata ha negato che vi sia stata violazione del diritto di difesa derivante dall’omessa trasmissione del provvedimento autorizzativo e del verbale di esecuzione di estrazione di copia della memoria e dei dischi rigidi dei server di Roubaix, senza che alcuna certezza risulta esservi sulla giacenza delle chat RAGIONE_SOCIALE all’interno dei server di Roubaix, non desumendosi essa neanche dalla nota Eurojust del 17.1.2024 allegata al ricorso.
2.3. Con il terzo motivo, violazione e falsa applicazione degli artt. 15 Cost., 270, 271, 273 e 191 cod. proc. pen., 390 cod. pen. e vizio cumulativo della motivazione.
Sul rilievo difensivo secondo il quale l’accusa non aveva fornito la prova della sussistenza delle chat SKY ECC nella memoria e nei dischi rigidi del server di Roubaix, è stato devoluto il tema in ordine alla verifica della legittimità dell’attiv captativa condotta dalla AG francese su un miliardo di messaggi scambiati nell’arco di circa due anni tra 170.000 dispositivi criptati, di cui 12.000/15.000 attivi Italia.
Il richiamo operato dalla ordinanza impugnata a RAGIONE_SOCIALE sulla fonte indiziante a carico dei singoli utenti, costituita dalle caratteristiche del sistema RAGIONE_SOCIALE, è smentito dal provvedimento del 2 dicembre 2024 con il quale la Corte di appello di Parigi ha dichiarato inammissibile l’atto di gravame interposto dall’odierno ricorrente, sull’assunto che costui non era mai stato indagato nell’ambito del procedimento base transalpino (v. all. 9 all’atto di ricorso).
Così la pronuncia di S.U. COGNOME appare viziata, non potendosi affermare che la disponibilità di un criptofonino possa da sola integrare la grave fonte indiziante, tale da legittimare il ricorso alle intercettazioni.
Si manifesta pertanto – in relazione alla necessaria verifica da parte del giudice del procedimento derivato – la mancanza di presupposti nei provvedimenti francesi di Lille e di Parigi, nel disporre le intercettazioni, anche a mezzo t -ojan, , sui server di Roubaix sottesi al funzionamento della piattaforma Sky Ecc, cosi autorizzando la captazione massiva e indiscriminata di 170.000 utenze nell’arco di circa due anni, così integrandosi la violazione dell’art. 15 Cost. e la conseguente inutilizzabilità dei risultati delle intercettazioni, autorizzate dall’autorità france trasmigrate in Italia attraverso la procedura OEI.
2.4. Con il quarto motivo, violazione e falsa applicazione degli artt. 390 cod. pen., 273 cod. proc. pen., 24, 111 Cost., 6 CEDU, 47 CDFUE, 14 Direttiva 2014/41/UE e vizio cumulativo della motivazione.
L’assunto di S.U. COGNOME in ordine alla proponibilità delle questioni concernenti la fase di esecuzione e, quindi, anche quelle concernenti la scelta di riconoscere ed eseguire l’OEI esclusivamente nello Stato di esecuzione è documentalmente contraddetto dal provvedimento emesso dalla Corte di appello di Parigi (v. allegato al ricorso) in base al quale il ricorso è precluso ad un soggetto che non abbia mai assunto la veste di indagato in Francia, così realizzandosi la violazione del diritto di difesa, impossibilitata a verificare la correttezza dell’attività investigativa svo in Francia.
2.5. Con il quinto motivo, violazione degli artt. 390 cod. pen., 273 cod. proc. pen., 2 lett. c), 31 e 6 par. 1 Direttiva 2014/41/UE e omessa motivazione in
relazione alla dedotta incompetenza del Pubblico ministero interno nella emissione dell’OEI teso ad ottenere i risultati delle intercettazioni disposte all’estero, m incidenti pure su utenze ubicate in territorio italiano.
La procedura di notifica, prevista dall’art. 31 della Direttiva e implementata dall’art. 24 del d. legs. N. 108/2017 impone l’intervento infungibile del Giudice per le indagini preliminari per assentire la prosecuzione dell’attività captativa, disposta dalla Autorità Giudiziaria straniera, ma suscettiva di insidiare utenze insistenti sul territorio italiano.
2.6. Con il sesto motivo, violazione e falsa applicazione degli artt. 11, 117, 24 Cost., 6 CEDU, 8 e 11 Dir. 2016/680/UE, 5 e 8 D. Leg.vo n. 51/2018, 8 e 20 CDFUE, 178 lett. c) cod. proc. pen. e omessa motivazione in ordine all’eccepito diritto del prevenuto di poter ottenere l’intervento umano nella verifica della bontà del processo decisionale automatizzato operato dal motore di ricerca Hasken sui suoi dati personali.
2.7. Sono stati proposti motivi aggiunti con atto trasmesso in data 10.7.2025.
2.7.1. Con il primo motivo, a sostegno del secondo motivo del ricorso principale, si allegano la domande d’assistance tecnique del 12 marzo 2021, attraverso cui il Giudice istruttore presso il Tribunale di Parigi aveva richiesto all autorità inquirenti e di polizia olandesi di estrarre copia della memoria e dei dischi rigidi dei server di Roubaix effettivamente posti sotto sequestro in data 9.3.2021 e il process verbal del 15 novembre 2022fda cui si evince che la polizia olandese, dopo aver già estratto copia della memoria e dei dischi rigidi dei predetti server, ne avrebbe poi condiviso le risultanze nell’ambito della squadra investigativa comune.
Assume il ricorrente che i predetti atti successivamente acquisiti documentano la necessità delle informazioni sugli atti procedimentali attinenti alla inchiesta francese e non la esauriscono, in pendenza di richiesta alla A.G. francese rimasta ancora inevasa.
2.7.2. Con il secondo motivo, a sostegno del sesto motivo del ricorso principale, si evidenzia che, alla data della rimessione delle questioni alle S.U., era dato conoscere solo le modalità, attraverso le quali gli organi inquirenti francesi, in coordinamento con gli omologhi belgi e olandesi, erano riusciti ad intercettare le chat in formato criptato e le chiavi di cifratura ad esse associate, mentre nessun dettaglio era noto circa le operazioni di decifrazione dei messaggi captati in formato cifrato. Solo successivamente, attraverso le acquisizioni della Direzione Distrettuale di Milano, si acquisivano informazioni sulla decifrazione delle chat intercettate mediante software Toolbox e archiviazione dei messaggi sul motore di ricerca Hansken 1 . 7
Ebbene, in relazione al processo decisionale automatizzato eseguito da NOME COGNOME si pongono due questioni in relazione ai dati personali dell’usuario del criptofonino associato a NOME:
GLYPH – nessuna norma di procedura penale interna regolamenta ·espressamente il trattamento dei dati personali e meglio il processo decisionale automatizzato e il pertanto i files excel, confezionati da NOME, in cui sono compendiate le chat scambiate sul criptofonino associato a NOME debbono essere dichiarati inutilizzabili, perché si tratta del risultato di un atto di indagine atipico, come t incapace di soddisfare la riserva di legge a tutela di un diritto fondamentale quale l’art. 8 della Carta di Nizza;
IS GLYPH 15 – fin quando non sarà garantito alle difese l’accesso ad COGNOME, i Nes excel confezionati non potranno essere in alcun modo utilizzati.
2.8. E’ pervenuta, inoltre, memoria difensiva con allegati, trasmessa in pari data.
Si prospetta che la prima ricostruzione in ordine alle acquisizioni attraverso gli OEI riguardanti le chat, individuate quali prove già disponibili presso l’Autorità francese in quanto acquisite con il sequestro dei server di Roubaix, risulti insufficiente rispetto al dato emergente dalle autorizzazioni del Giudice Istruttore del Tribunale di Parigi iche aveva autorizzato la installazione di due diversi tojan, che sarebbero dovuti rimanere in funzione per un periodo di quattro mesi, a partire dalla data della loro attivazione, così dando luogo ad una attività di intercettazione. Si illustra, poi, quanto emerso a proposito della precedente indagine belga e olandese sulla piattaforma crittografata di RAGIONE_SOCIALE e dei successivi rapporti con l’A.G. francese che determinavano tale Autorità alla indagine sui server di Roubaix, con l’acquisizione degli algoritmi memorizzati nei singoli dispositivi criptati, tramit utilizzo di tojan e la selezione dei dati intercettati tramite il motore di ricerca Hansken.
Si censura, inoltre, la versione data dagli Uffici di Procura italiani in ordine all chat incriminatrici, secondo la quale era escluso che quelle apprese a mezzo OEI, fossero il prodotto dell’attività captativa transalpina, nulla emergendo a riguardo dal process verbal del 9.3.2021, rimanendo così valide le diverse informazioni secondo le quali i server di Roubaix non avrebbero serbato in memoria le chat 45 incriminatrici SKY Ecc. In ogni caso, tali messaggi criptati sarebbero stati probatoriamente inservibili, nella indisponibilità delle chiavi di cifratura ad es associati la cui acquisizione non può che essere qualificata nell’ambito di una attività di intercettazione della Autorità giudiziaria francese.
Alla stregua di tali considerazioni, quindi, non può escludersi il rilievo dell’ar 270 cod. proc. pen. e deve essere esclusa la rilevanza della ipotesi regolata dall’art. 254 cod. proc. pen.
Si evidenzia, inoltre, quale quid novi sopravvenuto alla sentenza NOME COGNOME la circostanza secondo la quale i COGNOME non risultano essere stati indagati in Francia, il mancato esito della richiesta di rilascio di copia della fase esecutiva del sequestro informatico del 9.03.2021 presso i server di Roubaix, le vicende defla attività investigativa RAGIONE_SOCIALE nella inchiesta RAGIONE_SOCIALE che avrebbero escluso l’art. 31 della Direttiva 2014/41 UE, la interpretazione dei giudici tedeschi sulla portata applicativa degli artt. 6 1 par. 1,lett. b) e 14,par. 7,e 31 della direttiva 2014/41/UE.
Si passa poi ad illustrare il secondo e quarto motivo di ricorso e il primo motivo aggiunto in relazione alle plurime violazioni del diritto di difesa e del principio d contraddittorio verificatisi. Ancora, quanto al terzo motivo di ricorso, si censura l’errato presupposto assunto da NOME COGNOME in ordine alla qualità di ogni usuario di un dispositivo criptato di soggetto gravemente indiziato per il reato di associazione per delinquere finalizzato al traffico di stupefacenti e, quindi, di soggett intercettabile, cosicché i provvedimenti autorizzativi francesi risultano del tutto privi di motivazione a riguardo con conseguente inutilizzabilità delle intercettazioni a riguardo per violazione dell’art. 15 Cost.
Quanto, infine, al quinto motivo di ricorso, risulta evidente la necessità, per l’acquisizione dell’attività captativa disposta da autorità giudiziaria straniera ma eseguita sul territorio italiano, di intervento di controllo da parte del Giudice per indagini preliminari, con conseguente declaratoria di inutilizzabilità dei risulta probatori sopraggiunti in Italia, tramite OEI emessi da autorità incompetente quale il Pubblico Ministero, alternativamente sollecitando la proposizione di un rinvio pregiudiziale in ordine alla interpretazione dell’art. 2 lett. c) della direttiva 2014/41/UE.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è complessivamente infondato e deve essere respinto.
Il primo motivo è infondato.
Correttamente il Tribunale ha escluso dal vizio di motivazione sanzionato a pena di nullità, ai sensi dell’art. 292, comma 2, lett. c),cod. proc. pen. l’esame delle modalità di acquisizione dei dati probatori posti a base della gravità indiziaria. Invero, la sanzione processuale di nullità prevista dall’art. 292, comma 2, lett. c) / cod. proc. pen. riguarda “l’esposizione e l’autonoma valutazione delle specifiche esigenze cautelari e degli indizi che giustificano in concreto la misura disposta, con l’indicazione degli elementi di fatto da cui sono desunti e dei motivi per i quali essi assumono rilevanza”, imponendo al giudice di trarre dagli atti di indagine le proprie valutazioni che esplicitino il concreto esame della fattispecie oggetto della richiesta
di misura cautelare. La natura tassativa e di stretta interpretazione della previsione, volta ad assicurare la predetta finalità, ai fini dell’effet contraddittorio, esclude che essa ricomprenda il profilo riguardante la utilizzabilità delle fonti di prova considerate, soggetta ad altri e diversi parametri di legittimità
Il secondo motivo è infondato,avendo il Tribunale dato correttamente conto della natura meramente esplorativa della deduzione difensiva volta a censurare l’attività investigativa svolta dalla Autorità Giudiziaria straniera, rispetto presunzione di legittimità di questa.
SJ COGNOME ha già affermato che «l’art. 78 disp. att. cod. proc. pen., nel disciplinare l’acquisizione di atti di un procedimento penale compiuti da autorità giudiziaria straniera, non richiede anche l’acquisizione dei provvedimenti giudiziari in forza dei quali tali atti sono stati compiuti. La medesima conclusione si evince anche dalla disciplina paradigmatica nel sistema processuale penale italiano per l’acquisizione di atti compiuti o formati in altro procedimento sulla base di un provvedimento dell’autorità giudiziaria, ossia quella relativa ai risultati intercettazioni di conversazioni o di comunicazioni, dettata dall’art. 270 cod. proc. pen. Questa disposizione, infatti, prevede il deposito dei verbali e delle registrazioni relativi alle intercettazioni effettuate in altri procedimenti, ma n anche il deposito dei relativi provvedimenti autorizzativi».
La censura, inoltre, è generica rispetto al rilievo della ordinanza secondo il quale, al momento dell’emissione del primo o.e.i. (novembre 2021) le prove trasmesse – in quanto aventi ad oggetto i flussi di conversazioni tra gli utenti relativi al periodo marzo/2019/marzo 2021 – costituivano “prove già in possesso dell’autorità di esecuzione”, c.d. dati freddi.
Del resto, è stato autorevolmente affermato dalla stessa NOME COGNOME che, in materia di ordine europeo di indagine, l’utilizzabilità dei risultati di intercettazi disposte da un’autorità giudiziaria straniera in un procedimento penale pendente davanti ad essa, ed effettuate su una piattaforma informatica criptata e su criptofonini, deve essere esclusa se il giudice del procedimento nel quale dette risultanze istruttorie vengono acquisite rileva che, in relazione ad esse, si è verificata la violazione dei diritti fondamentali riconosciuti dalla Costituzione e dall Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, e, tra questi, del diritto di difes e della garanzia di un giusto processo, fermo restando che l’onere di allegare e provare i fatti da cui inferire tale violazione grava sulla parte interessata/(Sez. U, n. 23756 del 29/02/2024, COGNOME, Rv. 286589 – 04), essendosi spiegato che «Ai fini dell’accertamento del rispetto dei diritti fondamentali, assumono rilievo i principi della presunzione relativa di conformità ai diritti fondamentali dell’attivi svolta dall’autorità giudiziaria estera nell’ambito di rapporti di collaborazione ai fin dell’acquisizione di prove, e dell’onere per la difesa di allegare e provare il fatto
dal quale dipende la violazione denunciata. Il principio della presunzione di legittimità dell’attività compiuta all’estero ai fini dell’acquisizione di eleme istruttori è oggetto di costante e generale enunciazione da parte della giurisprudenza di questa Corte (cfr., ex plurimis: Sez. 6, n. 44882 del 04/10/2023, COGNOME, Rv. 285386 – 01; Sez. 3, n. 1396 del 12/10/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282886 – 01; Sez. 4, n. 19216 del 06/11/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 279246 01). Nel sistema della Direttiva 2014/41/UE, poi, è espressamente riconosciuto il principio della «presunzione relativa che gli altri Stati membri rispettino il diri dell’Unione e, in particolare, i diritti fondamentali» (Corte giustizia, 11/11/2021 Gavanozov, C-852/19, § 54; cfr., nello stesso senso, Corte giustizia, 08/12/2020, RAGIONE_SOCIALE Wien, C-584/19, § 40). Tale principio, del resto, trova una precisa base testuale nel Considerando (19) della Direttiva cit., il quale afferma: «La creazione di uno spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia nell’Unione si fonda 32 sulla fiducia reciproca e su una presunzione di conformità, da parte di tutti gli Stati membri, al diritto dell’Unione e, in particolare, ai diritti fondamenta Tuttavia, tale presunzione è relativa. Di conseguenza, se sussistono seri motivi per ritenere che l’esecuzione di un atto di indagine richiesto in un o.e.i. comporti la violazione di un diritto fondamentale e che lo Stato di esecuzione venga meno ai suoi obblighi in materia di protezione dei diritti fondamentali riconosciuti nella Carta, l’esecuzione dell’o.e.i. dovrebbe essere rifiutata». Anche il principio secondo cui grava sulla difesa l’onere di allegare e provare il fatto dal quale dipende una causa di nullità o inutilizzabilità da essa eccepita è ripetutamente e generalmente ribadito dalla giurisprudenza di legittimità. Le Sezioni Unite, in particolare, hanno affermato che, nel caso in cui una parte deduca il verificarsi di cause di nullità o inutilizzabilità collegate ad atti non rinvenibili nel fascicolo processuale (perché appartenenti ad altro procedimento o anche – qualora si proceda con le forme del dibattimento – al fascicolo del pubblico ministero), al generale onere di precisa indicazione che incombe su chi solleva l’eccezione si accompagna l’ulteriore onere di formale produzione delle risultanze documentali – positive o negative – addotte a fondamento del vizio processuale (così Sez. U, n. 39061 del 16/07/2009, COGNOME, Rv. 244329 – 01, e, in termini analoghi, Sez. U, n. 45189 del 17/11/2004, COGNOME, Rv. 229245 – 01; tra le tante successive conformi, cfr. Sez. 5, 23015 del 19/04/2023, COGNOME, Rv. 284519 – 01, e Sez. 6, n. 18187 del 14/12/2017, deo. 2018, Nunziato, Rv. 273007 – 01). A fondamento di questa affermazione, si osserva che, «per i fatti processuali, a differenza di quanto avviene per i fatti penali, ciascuna parte ha l’onere di provare quelli che adduce, quando essi non risultino documentati nel fascicolo degli atti di cui il giudice dispone» (così Sez. U, n. 45189 del 2004, COGNOME, cit., nonché Sez. 5, n. 1915 del 18/11/2010, dep. 2011, COGNOME, Rv. 249048 – 01, e Sez. 5, n. 600 del 17/12/2008, dep. 2009; Corte di Cassazione – copia non ufficiale
COGNOME, Rv. 242551 – 01). E l’osservazione deve essere ribadita perché l’art. 187, comma 2, cod. proc. pen. prevede che i fatti dai quali dipende l’applicazione di norme processuali sono oggetto di prova, né vi sono dati normativi da cui inferire l’inversione, in questo specifico ambito, della regola generale secondo cui chi afferma l’esistenza di un fatto è gravato dell’onere della relativa prova. Muovendo dai principi appena esposti, quindi, appare ragionevole concludere che l’onere di allegare e provare i fatti da cui inferire la violazione di diritti fondamentali gra sulla difesa, quando è questa a dedurre l’inutilizzabilità o l’invalidità di atti istru acquisiti dall’autorità giudiziaria italiana mediante o.e.i.».
Da ultimo, è stato condivisibilnnente affermato – in linea con il richiamato autorevole orientamento – che è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 270, comma 2, cod. proc. pen., anche in riferimento all’art. 268, comma 5, cod. proc. pen., per contrasto con gli artt. 3, 24 e 111 Cost., nella parte in cui non prevede il divieto di utilizzabilità dei risultat intercettazioni già disposte in procedimento penale estero e acquisite con ordine europeo d’indagine, correlato all’inadempimento dell’obbligo di deposito dei verbali e delle registrazioni, trattandosi di scelta legislativa non irragionevole, derivant dall’influenza delle risultanze captative del procedimento “a quo” sulle autorizzazioni del procedimento “ad quem” come mero presupposto di fatto ai fini della verifica dei gravi indizi di reato ex art. 267, comma 1, cod. proc. pen.(Sez. 3, n. 44047 del 26/09/2024, COGNOME, Rv. 287351). E’ stato a riguardo spiegato che la non necessarietà di alcun deposito ex art. 270 cod. proc. pen., invero, discende dalla circostanza che le risultanze dell’intercettazione del procedimento a quo influiscono sulle autorizzazioni del procedimento ad quem come mero presupposto di fatto, incidente sulla motivazione dei successivi, autonomi provvedimenti autorizzativi solo sotto il profilo della loro rilevanza ai fin della verifica dei gravi indizi di reato, richiesta dall’art. 267, comma 1, dello stess codice, così costituendo una scelta legislativa non manifestamente irragionevole, pienamente conforme, non solo al diritto di difesa, ma anche ai principi di uguaglianza formale e sostanziale e del giusto processo. Sul punto, del resto, si è già chiarito che, in tema di intercettazioni disposte in altro procedimento l’omesso deposito degli atti relativi presso l’autorità competente per il diverso procedimento, non ne determina l’inutilizzabilità, in quanto detta sanzione non è prevista dall’art. 270 cod. proc. pen. e non rientra nel novero di quelle di cui all’ar 271 cod. proc. pen. aventi carattere tassativo: principio che conserva la propria validità anche a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 336 del 2008 che – dichiarando l’illegittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 24, comm secondo, e 111 Cost., dell’art. 268 cod. proc. pen., nella parte in cui non prevede che, dopo la notificazione o l’esecuzione dell’ordinanza che dispone una misura Corte di Cassazione – copia non ufficiale
cautelare personale, il difensore possa ottenere la trasposizione su nastro magnetico delle registrazioni di conversazioni o comunicazione intercettate, utilizzate ai fini dell’adozione del provvedimento cautelare, anche se non depositate – amplia i diritti della difesa, incidendo sulle forme e sulle modalità d deposito delle bobine, ma senza incidere sul regime delle sanzioni processuali in materia di inutilizzabilità delle intercettazioni di cui all’art. 271 cod. proc. (Sez. 5, n. 14783 del 13/03/2009, Rv. 243609).
Il correlato primo motivo aggiunto è genericamente proposto in via ipotetica in relazione alla pendente istanza difensiva di accesso agli atti del procedimento francese.
4. Il terzo motivo è infondato.
Richiamato quanto sopra detto in ordine alla presunzione di legittimità dell’attività di indagine straniera e ricordato il convergente giudizio di legittimità costituzionalità emesso dallerti francesi, in relazione alla acquisizione delle chat H GLYPH 11 GLYPH 11 GLYPH 11 e alle intercettazioni su piattaforme SKY ECC e Encrochat, la censura è generica rispetto al rilievo della ordinanza secondo il quale i dati probatori trasmessi originano da attività di indagine transfontaliera per gravi delitti associativi e materia di narcotraffico (nonché fornitura di servizi crittografici senza autorizzazione), così rispettando il disposto dell’art. 6 1 par. 1,lett. b) idella direttiva 2014/41/UE, trattandosi di esiti di un’attività che avrebbe potuto essere svolta nell’ordinamento italiano alle stesse condizioni.
A tal riguardo deve tenersi conto, rispetto alla analoga censura, di quanto affermato da NOME COGNOME isecondo cui «Né può dirsi che, nel presente procedimento, sia stata accertata la violazione di «diritti fondamentali» Innanzitutto, i d probatori trasmessi dall’autorità giudiziaria francese sono stati acquisiti in un procedimento penale pendente davanti ad essa sulla base di provvedimenti autorizzativi adottati da un giudice in relazione ad indagini per gravi reati, ed ampiamente motivati in ordine all’esistenza in concreto dei presupposti ritenuti necessari dalla giurisprudenza della Corte EDU. Invero, dall’esame alle ordinanze emesse dal Giudice Istruttore del Tribunale di Parigi, allegate dalla difesa alla richiesta di riesame, e prodotte in questa sede, si evince che i reati per i quali le operazioni sono state disposte sono quelli di associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, di traffico di sostanze stupefacenti, di fornitur di prestazioni di crittografia non autorizzate, e di fornitura e importazione di mezzi di crittografia non autorizzati. Il ricorso al sistema RAGIONE_SOCIALE, inoltre, per le modalit di accesso, per la impenetrabilità dall’esterno, e per l’utilizzo che risulta esserne stato fatto, costituisce una concreta e specifica fonte indiziante a carico dei singoli utenti proprio con riguardo a tali reati. Si può preliminarmente osservare che il sistema RAGIONE_SOCIALE, per le garanzie di anonimato assicurate agli utenti, non è
certamente compatibile con la disciplina italiana, che richiede l’identificazione degli stessi, mediante l’acquisizione di dati anagrafici riportati su un documento di identità, prima dell’attivazione anche di singole componenti di servizi di telefonia mobile (cfr. art. 98-undetricies d.lgs. 1 agosto 2003, n. 259): Ma, soprattutto, estremamente significative sono le circostanze esposte nelle già indicate ordinanze emesse dal Giudice Istruttore del Tribunale di Parigi. I provvedimenti dell’autorità giudiziaria francese, infatti, evidenziano che: a) l’acquisto del singolo dispositiv richiedeva il versamento di parecchie migliaia di euro in funzione di una utilizzazione limitata ad alcuni mesi e, quindi, lasciava presupporre la percezione di elevati «redditi conseguenti»; b) la vendita dei singoli dispositivi avveniva i condizioni di clandestinità, tali da garantire l’anonimato del venditore e dell’acquirente, anche perché effettuata dietro pagamenti in contanti, con conseguente esclusione della tracciabilità delle operazioni; c) il gestore del sistema di crittografia garantiva il massimo anonimato delle comunicazioni, in quanto precisava esplicitamente sul sito internet di non conservare alcun dato diverso da quello concernente l’apertura del rapporto e da quello della sua ultima utilizzazione; d) il sistema di crittografia era estremamente sofisticato, in quanto caratterizzato da ben quattro chiavi di cifratura, memorizzate in luoghi diversi. Le medesime ordinanze, poi, anche facendo richiamo ad episodi specifici, rappresentano che il sistema RAGIONE_SOCIALE è stato utilizzato da organizzazioni criminali operanti in Francia, in Belgio, nei Paesi Bassi e a livello internazionale, proprio in materia di traffico di sostanze stupefacenti. Espongono, ancora, che l’inserimento del captatore informatico sui server della piattaforma della società RAGIONE_SOCIALE è da ritenere indispensabile perché unico mezzo per decifrare i messaggi individuali degli utilizzatori del sistema di crittografia in questione, determinare il livell utilizzazione criminale dello stesso, identificare i dirigenti della società “RAGIONE_SOCIALE che lo gestisce e conoscere i legami di costoro con le organizzazioni criminali. Le motivazioni esposte nelle ordinanze emesse dal Giudice Istruttore del Tribunale di Parigi escludono anche la plausibilità della prospettazione secondo cui le autorità francesi avrebbero effettuato intercettazioni generalizzate ed indiscriminate. Dette ordinanze, infatti, come precisato , evidenziano specifici elementi indiziant anche nei confronti dei singoli utenti del sistema RAGIONE_SOCIALE in ordine al coinvolgimento dei medesimi nella commissione di gravi reati, in particolare in materia di traffico di sostanze stupefacenti. Invero, non può ritenersi abnorme il riferimento alle onerosissime condizioni economiche sostenute dai singoli utenti per fruire di un servizio caratterizzato da elevatissimi livelli di anonimato e d impenetrabilità; e questo a maggior ragione se si considera che, sempre alla luce di quanto indicato nelle precisate ordinanze, il sistema risulta essere stato ripetutamente utilizzato da organizzazioni criminali insediate in vari Stati e dedite Corte di Cassazione – copia non ufficiale
al traffico anche internazionale di sostanze stupefacenti. Non va trascurato, inoltre, che, come precisato dal Giudice Istruttore del Tribunale di Parigi, le indagini miravano anche ad individuare i dirigenti della società preposta alla gestione del sistema RAGIONE_SOCIALE e a precisare il loro livello di coinvolgimento nelle attività illecite degli utenti».
Quanto alla intercettazione massiva delle utenze, è stato, altresì, affermato che «Il giudizio sulla sussistenza della prima condizione (necessità e proporzionalità) deve essere compiuto avendo riguardo al procedimento nel cui ambito è emesso l’ordine europeo di indagine. In questo senso, univoche sono le indicazioni fornite sia dall’art. 4 Direttiva cit., sia dal Considerando (11) del medesima Direttiva. Invero, l’art. 4 Direttiva cit., espressamente richiamato dall’art. 6, fa riferimento al procedimento nel quale è emesso l’o.e.i. Il Considerando (11) della Direttiva cit., poi, precisa che «nautorità di emissione dovrebbe pertanto accertare se le prove che si intende acquisire sono necessarie e proporzionate ai fini del procedimento, se l’atto di indagine scelto è necessario e proporzionato per l’acquisizione di tali prove, e se è opportuno emettere un o.e.i. affinché un altro Stato membro partecipi all’acquisizione di tali prove».
In ogni caso, le S.U. hanno affermato che non emerge un divieto di effettuare intercettazioni di vaste proporzioni, purché siano previste efficaci garanzie contro rischi di abusi e di arbitri nelle fasi dell’adozione della misura, della sua esecuzione e del controllo successivo (cfr. Corte EDU, Grande Camera, 25/05/2021, RAGIONE_SOCIALE ed altri c. Regno Unito, e Corte EDU, Grande Camera, 25/05/2021, Centrum fiir Ràttvisa c. Svezia, le quali, sebbene con riguardo ad intercettazioni effettuate dai servizi segreti e non nell’ambito di un procedimento penale, hanno escluso che, in generale, le c.d. “intercettazioni di massa”, anche quando disposte per contrastare attività delittuose concernenti il traffico di sostanze illecit integrino una violazione degli artt. 8 e 10 CEDU, se effettuate nel rispetto di “dovute” garanzie).
Va rilevato infine che, dopo le richiamate decisioni delle Sezioni Unite, sui temi in esame si è pronunciata la Corte di giustizia dell’Unione europea (Corte giust. UE, Grande Sezione, 30 aprile 2024, C-670/22, M.N., EncroChat), affermando il principio secondo cui l’art. 6, par. 1, lett. b) , della direttiva 2014/41 non richiede – neppure in una situazione come quella in cui i dati in questione sono stati raccolti dalle autorità competenti dello Stato di esecuzione nel territorio dello Stato di emissione e nell’interesse di quest’ultimo – che l’emissione di un ordine europeo di indagine diretto alla trasmissione di prove già in possesso delle autorità competenti dello Stato di esecuzione sia soggetta alle stesse condizioni sostanziali applicabili, nello Stato di emissione, in materia di raccolta di tali prove. Infatti, a luce del principio del riconoscimento reciproco delle sentenze e delle decisioni
giudiziarie, che è alla base della cooperazione giudiziaria in materia penale, l’autorità di emissione non è autorizzata a controllare la regolarità del procedimento distinto mediante il quale lo Stato membro di esecuzione ha raccolto le prove già in possesso di quest’ultimo e di cui l’autorità di emissione chiede la trasmissione. Sotto altro, ma connesso profilo, occorre tuttavia considerare che la disposizione di cui all’art. 6, par. 1, lett. a), della citata direttiva 2014/41 consente l’emissione di un ordine europeo di indagine anche nell’ipotesi in cui l’integrità dei dati intercettati non possa essere verificata in tale fase della procedura a causa della riservatezza delle basi tecniche dell’intercettazione, purché il diritto ad un processo equo venga garantito nel corso del successivo procedimento penale. Infatti, l’integrità delle prove trasmesse può, in linea di principio, essere valuta solo nel momento in cui le autorità competenti dispongono effettivamente delle prove di cui trattasi. Per tale ragione la Corte di Lussemburgo ha altresì precisato che l’art. 14, par. 7, della richiamata direttiva 2014/41 impone agli Stati membri di assicurare, senza pregiudizio dell’applicazione delle norme processuali nazionali, che nel procedimento penale avviato nello Stato di emissione siano rispettati i diritti della difesa e sia garantito un giusto processo nell’ambito della valutazione delle prove acquisite tramite l’ordine europeo di indagine. Di conseguenza, quando un organo giurisdizionale nazionale considera che una parte non è in grado di svolgere efficacemente le proprie osservazioni su un tale elemento di prova che sia idoneo ad influire in modo preponderante sulla valutazione dei fatti, tale organo giurisdizionale deve constatare una violazione del diritto a un processo equo ed espungere tale elemento di prova.
In applicazione di tali principi risulta destituito di fondamento l’assunto difensivo della mancanza di presupposti in ordine alla attività di indagine svolta dalla A.G. francese, non valendo a sostenerlo la mancata acquisizione, nell’ambito di tale procedimento, della qualità di imputato o di indagato del COGNOME.
4. Il quarto motivo è inammissibile.
Correttamente la ordinanza ha rilevato che la pertinente deduzione difensiva circa la violazione del diritto di difesa dipendente dall’impossibilità di adire Giudice dello Stato di esecuzione omette di considerare che l’impugnazione consentita dalla disciplina di cui all’art. 14 direttiva 2014/41/UE attiene a presupposti e alle modalità esecutive dell’o.i.e. e non anche al merito dell’attività investigativa compiuta all’estero, rispetto alla quale vige la presunzione di legittimità e il controllo della quale viene in rilievo nello Stato di emissio esclusivamente sotto il profilo della violazione dei diritti fondamentali.
Secondo NOME COGNOME non sono proponibili davanti al giudice italiano le questioni riguardanti l’acquisizione della prova all’estero (§ 18.4), che sono di competenza dello Stato di esecuzione dell’o.i.e., secondo un principio tradizionale della
cooperazione giudiziaria che fa salva soltanto la rilevanza di violazioni di diritt fondamentali che si ripercuotano sulla utilizzabilità della prova in Italia. Tal aspetto è stato chiarito dalla Corte di giustizia con la sentenza della Grande Sezione . del 30 aprile 2024 . (C-670/22, M.N.), che ha indicato come venga a declinarsi tra le due giurisdizioni interessate la tutela dei diritti della perso interessata, assicurata dall’art. 14 della Direttiva 0.I.E.: (§ 100) “qualora mediante un ordine europeo di indagine l’autorità di emissione intenda ottenere la trasmissione di prove già in possesso delle autorità competenti dello Stato di esecuzione, tale autorità non è autorizzata a controllare la regolarità del distinto procedimento con il quale lo Stato membro di esecuzione ha raccolto le prove di cui essa chiede la trasmissione”. Di particolare rilievo è sul punto anche la decisione della Corte EDU del 24 settembre 2024 (n. 44715/20 e 47930/21, A.L. e E.J. c. Francia). I ricorrenti, arrestati nel Regno Unito sulla base di prove trasmesse mediante o.i.e. dalla Francia, lamentavano nei confronti di quest’ultimo Stato le modalità contrarie alla CEDU con cui le autorità erano pervenute .8 GLYPH il all’acquisizione di chat dalla rete criptata RAGIONE_SOCIALE. La Corte, nel ricordare il principio sopra affermato dalla Corte di giustizia, ha rilevato che era a disposizione degli imputati in Francia un sistema di garanzie “effettivo” per ottenere la tutela avverso la decisione di trasmettere le prove all’estero in base all’o.i.e. analogo a quello previsto per i procedimenti nazionali e che tuttavia i ricorrenti non avevano perseguito la possibilità di contestare la legalità e la proporzionalità della raccolta dei dati e la loro trasmissione allo Stato estero a fini di prova. In definitiva quin / GLYPH / anche nel caso in esame / può sostenersi che la difesa aveva la possibilità di proporre un rimedio effettivo in Francia, opponendosi alla trasmissione della prova in Italia, verificando in quella sede la documentazione processuale francese (procedimento del cui esito, anche se postumo alla trasmissione delle prove, lo Stato di emissione deve necessariamente tener conto, art. 14, ult. paragrafo, direttiva 0.I.E.). Come affermato da Sez. 6 n. 24344 del 10/04/2025, COGNOME, n. m., «questa possibilità offerta alla difesa di accesso diretto alla prova raccolta all’estero giustifica quindi quell’onere di allegazione e di prova in ordine ai fatti da cui desumere la violazione dei «diritti fondamentali» che le Sezioni Unite hanno fatto gravare sulla parte interessata (§ 15.5.1) e che la difesa contesta come “probatio diabolica”. Quanto sopra indicato vale anche per le operazioni di decriptazione, operazione compiuta in Francia, secondo modalità previste da quell’ordinamento. Quindi le ipotesi ricostruttive della difesa evidentemente generiche – su ciò che sia avvenuto nel procedimento francese e sulla affidabilità delle prove trasmesse in Italia non possono trovare ingresso in questa sede». Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Ritiene questa Corte che, a tal riguardo, non giustifica la dedotta violazione del diritto di difesa la inammissibilità del ricorso inoltrato alla Camera d’istruzion della Corte di appello di Parigi, tra gli altri, dall’attuale ricorrente, volto – sec la traduzione offerta dalla allegazione difensiva – alla declaratoria di nullità di “a procedimentali adottati in conseguenza del loro arresto e succesiva custodia cautelare, il 3 maggio 2023 in seno al procedimento avviato presso il Tribunale di Reggio Calabria con l’accusa di traffico di stupefacenti e associazione a delinquere, mediante l’utilizzo di civersi accounti Sky Ecc.”
Il provvedimento del 2/3 dicembre 2024 del Presidente della Camera d’istruzione risulta reso in base all’art. 173 del codice di procedura penale francese, essendo la inammissibilità giustificata dalla mancata qualità di indagato, imputato, parte civile o testimoni assistiti dei ricorrenti nell’ambito del “procediment informativo NUMERO_DOCUMENTO“.
, Y1 // 1- 0 rispettate le :1 1′;11114 Ebbene, secondo la richiamata sentenza della Corte EDU (par. 131 e ss.), l’ordinamento francese, all’art. 694-41 del cod. proc. pen. /prevede che una misura adottata sul territorio francese in esecuzione di un OIE possa essere oggetto di una contestazione, di una richiesta di nullità o di qualsiasi altra forma di ricorso / dal momento che una tale misura avrebbe potuto essere oggetto di un ricorso se fosse stata eseguita in una procedura nazionale. Se del caso, la misura presa in considerazione di un OIE può essere impugnata alle stesse condizioni e secondo le stesse modalità in cui avrebbe potuto esserlo in una situazione puramente interna. La Corte ha osservato che le disposizioni di questo articolo consentono a qualsiasi “persona interessata” di esercitare i ricorsi che gli sarebbero ~I in Francia se la misura effettuata in esecuzione di un OIE fosse stata eseguita nell’ambito di una procedura interna. Esse consentono quindi ai ricorrenti di avvalersi dei diritti procedurali che un tale status conferirebbe loro t* una situazione puramente interna. Cosicché – conclude la Corte EDU – i ricorrenti potevano chiedere l’annullamento della misura di esecuzione dell’OIE alle stesse condizioni e secondo le stesse modalità che avrebbe potuto farlo una persona incriminata in Francia, sostenendo che si trovavano in una situazione procedurale comparabile e che le misure di raccolta controverse erano contrarie ai requisiti dell’art. 8 della Convenzione. Una domanda di nullità poteva, quindi essere presentata davanti alla Camera d’istruzione, a condizione che condizioni di forma e di termine previste dal diritto interno. La Corte, infine, h constatato che l’attuazione di questo ricorso non richiedeva ai ricorrenti di autoincriminarsi, la giurisprudenza interna ammettendo l’ammissibilità di tale richiesta di nullità dal momento che il suo autore viene rimproverato dell’uso di I I GLYPH SI Encrochat nel procedimento avviato contro di lui.
Ritiene, pertanto, questo Collegio che l’allegazione difensiva – nei termini sopra ricordati – non individua l’adozione della iniziativa difensiva nell’ambito d quella volta alla verifica dell’o.i.e. prevista dall’ art. 694-41 del cod. proc. p francese e, pertanto, alcuna concludenza assume la sua allegazione rispetto alla dedotta violazione del diritto di difesa e alla pretesa fallace indicazione proveniente da NOME COGNOME.
5. Il quinto motivo è infondato.
La ordinanza ha correttamente rilevato che la pertinente deduzione difensiva non era sorretta da alcun concreto interesse in relazione alla posizione sottoposta all’odierno scrutinio in quanto prospettata solo in via di principio, al fine censurare i princip i alla base del recente arresto di legittimità, essendo rispettati – quanto al reato per il quale è ammessa la intercettazione – i parametri di cui all’art. 266 cod. proc. pen.
A tal riguardo, deve essere ribadito il principio secondo il quale /in materia di ordine europeo di indagine, le prove già in possesso delle autorità competenti dello Stato di esecuzione possono essere legittimamente richieste ed acquisite con un ordine europeo di indagine emesso dal pubblico ministero italiano, senza la necessità della preventiva autorizzazione da parte del giudice del procedimento nel quale si intende utilizzarle. (Sez. U, n. 23756 del 29/02/2024, COGNOME, Rv. 286589 – 02); ancora, in materia di ordine europeo di indagine, la sua emissione da parte del pubblico ministero con la richiesta di acquisizione dei risultati di intercettazioni disposte da un’autorità giudiziaria straniera in un procedimento penale pendente davanti ad essa, ed effettuate attraverso l’inserimento di un I, GLYPH il captatore informatico sui server di una piattaforma criptata, è ammissibile perché attiene ad esiti investigativi ottenuti con modalità compatibili con l’ordinamento giuridico italiano, senza necessità di una preventiva autorizzazione del giudice italiano, non essendo ciò previsto dalla disciplina nazionale e non risultando come condizione necessaria ai sensi dell’art.6 Direttiva 2014/41/UE. (Sez. U, n. 23756 del 29/02/2024, COGNOME Rv. 286589 – 03).
Come affermato da NOME COGNOME «nell’ordinamento italiano, sulla base della disciplina di cui all’art. 31 Direttiva 2014/41/UE, l’inutilizzabilità dei risult intercettazioni disposte da autorità di altro Stato ed effettuate nei confronti d persone il cui «indirizzo di comunicazione» è attivato in Italia sussiste solo se l’autorità giudiziaria italiana rileva che le captazioni non sarebbero state consentite «in un caso interno analogo», perché disposte per un reato per il quale la legge nazionale non prevede la possibilità di ricorrere a tale mezzo di ricerca della prova», ipotesi – come detto – pacificamente non ricorrente nel caso di specie.
Quanto sopra detto, non giustifica, pertanto, la necessità del prospettato rinvio pregiudiziale.
6. Il sesto motivo e il correlato motivo nuovo sono genericamente proposti, avendo la ordinanza correttamente considerato la inconferenza della deduzione
difensiva in considerazione del successivo accesso al motore di ricerca, rispetto al momento della decriptazione rsenza che alcuna specifica inferenza sia stata dedotta
dalla difesa rispetto alle chat
poste a base della gravità indiziaria.
Del resto, in relazione ad analoga doglianza e a quanto esposto nella memoria difensiva in relazione alla indisponibilità delle chiavi di cifratura, è st
autorevolmente affermato che in materia di intercettazioni telematiche, l’impossibilità per la difesa di accedere all’algoritmo, utilizzato nell’ambito di u
sistema di comunicazioni per criptare il testo delle stesse, non determina una violazione dei diritti fondamentali di difesa, dovendo escludersi, salvo specifiche
allegazioni di segno contrario, il pericolo di alterazione dei dati in quanto i contenuto di ciascun messaggio è inscindibilmente abbinato alla sua chiave di
cifratura, e l’utilizzo di una chiave errata non ha alcuna possibilità di decriptarl anche solo parzialmente. (Sez. U, n. 23756 del 29/02/2024, COGNOME Rv. 286589 –
05).
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 14/07/2025.