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Ordine Indagine Europeo: Prove Estere e Difesa

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso di un imputato in custodia cautelare per favoreggiamento, la cui accusa si basava su chat criptate ottenute dalla Francia tramite un Ordine Indagine Europeo. La difesa contestava la legittimità dell’acquisizione originaria delle prove e la violazione del diritto di difesa. La Corte ha ribadito la piena utilizzabilità delle prove, fondandosi sul principio della presunzione di legittimità degli atti giudiziari esteri e sul fatto che spetta alla difesa l’onere di provare una concreta violazione dei diritti fondamentali, non essendo sufficiente una generica contestazione.

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Pubblicato il 1 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ordine Indagine Europeo: La Cassazione Sulle Prove da Chat Criptate Estere

Introduzione

L’utilizzo di prove digitali provenienti dall’estero è un tema sempre più centrale nei processi penali moderni. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha offerto importanti chiarimenti sull’impiego dell’Ordine Indagine Europeo (OEI) per acquisire dati, come le chat di servizi criptati, raccolti da autorità giudiziarie di altri Stati membri. La decisione analizza il delicato equilibrio tra la cooperazione giudiziaria europea e la tutela dei diritti fondamentali della difesa, stabilendo principi chiari sull’onere della prova e sulla presunzione di legittimità degli atti stranieri.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da un’ordinanza di custodia cautelare emessa nei confronti di un individuo, accusato di aver favorito la latitanza di un ricercato. L’elemento probatorio principale a suo carico era costituito da conversazioni scambiate tramite un noto servizio di comunicazione criptata. Tali conversazioni non erano state intercettate direttamente dalle autorità italiane, ma erano state acquisite dall’autorità giudiziaria francese nel corso di una vasta indagine su quel servizio di comunicazione e successivamente trasmesse all’Italia attraverso un Ordine Indagine Europeo.

Le Doglianze del Ricorrente e l’Ordine Indagine Europeo

La difesa del ricorrente ha presentato ricorso in Cassazione, sollevando diverse questioni sulla legittimità dell’utilizzo di tali prove. I motivi principali del ricorso si concentravano su:
1. Illegittimità dell’acquisizione originaria: Si sosteneva che l’attività di captazione massiva condotta in Francia fosse illegittima e che il giudice italiano avrebbe dovuto verificarne la conformità ai principi del nostro ordinamento prima di utilizzarla.
2. Violazione del diritto di difesa: La difesa lamentava l’impossibilità di accedere agli atti del procedimento francese, inclusi i provvedimenti autorizzativi e i verbali di estrazione dei dati, per verificare la correttezza dell’attività investigativa svolta all’estero. Si contestava, inoltre, l’inammissibilità di un ricorso presentato in Francia, poiché l’imputato non era formalmente indagato in quel procedimento.
3. Incompetenza del Pubblico Ministero: Si eccepiva che l’OEI, essendo finalizzato a ottenere risultati di intercettazioni, avrebbe richiesto l’intervento del Giudice per le indagini preliminari e non poteva essere emesso direttamente dal Pubblico Ministero.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, ritenendolo infondato in ogni sua parte. Le motivazioni della Corte si basano su alcuni principi cardine della cooperazione giudiziaria europea.

La Presunzione di Legittimità e l’Onere della Prova

Il punto centrale della decisione è il principio della presunzione di legittimità dell’attività compiuta dall’autorità giudiziaria straniera. La Corte, richiamando la giurisprudenza delle Sezioni Unite e della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, ha affermato che nel sistema dell’Ordine Indagine Europeo vige una fiducia reciproca tra gli Stati membri. Non spetta al giudice dello Stato di emissione (l’Italia) controllare la regolarità del procedimento con cui lo Stato di esecuzione (la Francia) ha raccolto le prove.
Di conseguenza, l’onere di dimostrare un’eventuale violazione dei diritti fondamentali non grava sull’accusa, ma sulla difesa. Non è sufficiente una generica contestazione: la parte interessata deve allegare e provare concretamente i fatti da cui deriverebbe la violazione, producendo la documentazione necessaria. La Corte ha definito l’assunto difensivo come meramente esplorativo e non supportato da elementi concreti.

Dati Freddi e Competenza del PM

La Corte ha inoltre chiarito che le prove acquisite erano “dati freddi”, ovvero prove già esistenti e in possesso dell’autorità francese al momento dell’emissione dell’OEI. Non si trattava di disporre nuove intercettazioni sul territorio italiano. Per l’acquisizione di prove già formate, la legge consente che l’OEI sia emesso direttamente dal Pubblico Ministero, senza la preventiva autorizzazione del GIP. Tale attività è infatti compatibile con l’ordinamento italiano, che consente l’acquisizione di risultati di intercettazioni da altri procedimenti.

Diritto di Difesa e Rimedi nello Stato di Esecuzione

Infine, riguardo alla presunta violazione del diritto di difesa, la Corte ha osservato che la normativa europea e quella francese prevedono dei rimedi per contestare l’esecuzione di un OEI nello Stato di esecuzione. Sebbene il ricorso presentato in Francia fosse stato dichiarato inammissibile, la Corte EDU ha chiarito che esistono strumenti procedurali a disposizione della “persona interessata” per opporsi alla raccolta e trasmissione dei dati. La difesa, secondo la Corte, avrebbe dovuto attivare tali rimedi in Francia, sede naturale per la verifica della legittimità dell’operato delle autorità locali.

Conclusioni: Le Implicazioni della Sentenza

Questa sentenza consolida un orientamento fondamentale per il futuro della cooperazione giudiziaria in materia penale. Rafforza l’efficacia dell’Ordine Indagine Europeo come strumento investigativo, basandolo solidamente sulla fiducia reciproca e sulla presunzione di legittimità delle attività svolte dagli altri Stati membri. Allo stesso tempo, non nega in assoluto la possibilità per la difesa di contestare le prove estere, ma la circoscrive a casi specifici in cui sia fornita la prova concreta di una violazione dei diritti fondamentali riconosciuti dalla Costituzione e dalle Carte europee. La decisione sottolinea, in definitiva, che il processo italiano non è la sede per un riesame generalizzato dei procedimenti stranieri, ma un luogo dove si valuta l’impatto di tali prove nel rispetto delle garanzie fondamentali.

È possibile utilizzare in un processo italiano prove come chat criptate raccolte all’estero da un’autorità straniera?
Sì, è possibile. La Corte di Cassazione ha confermato che le prove raccolte da un’autorità giudiziaria di un altro Stato membro dell’UE e trasmesse tramite Ordine di Indagine Europeo (OEI) sono utilizzabili, in base al principio di reciproco riconoscimento e fiducia tra gli Stati.

Chi ha l’onere di dimostrare che le prove raccolte all’estero sono illegittime?
L’onere grava sulla difesa. Non spetta all’accusa dimostrare la legittimità dell’attività svolta all’estero, ma è la parte che eccepisce l’inutilizzabilità a dover allegare e provare in modo specifico i fatti che costituirebbero una violazione dei diritti fondamentali.

Il giudice italiano deve riesaminare tutti gli atti del procedimento straniero per poter utilizzare le prove?
No. Il giudice italiano non è autorizzato a controllare la regolarità del distinto procedimento estero. Il suo controllo è limitato a verificare se l’esecuzione dell’atto di indagine comporti una violazione di un diritto fondamentale della persona, ma solo sulla base di elementi concreti forniti dalla difesa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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