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Ordine Indagine Europeo: prove da chat criptate valide

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato contro una misura di custodia cautelare basata su messaggi di una chat criptata. Tali prove erano state acquisite da uno Stato estero tramite un Ordine Indagine Europeo. La Corte chiarisce che per l’utilizzabilità di tali dati non è necessario produrre il provvedimento autorizzativo straniero, e spetta alla difesa l’onere di dimostrare un’eventuale violazione dei diritti fondamentali.

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Pubblicato il 2 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ordine Indagine Europeo e Chat Criptate: La Cassazione fa Chiarezza

L’utilizzo di prove digitali provenienti da altri paesi è una sfida costante per la giustizia penale. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato un caso emblematico, relativo all’uso di messaggi da chat criptate ottenuti tramite un Ordine Indagine Europeo. Questa decisione consolida importanti principi sulla circolazione delle prove nell’Unione Europea e sui diritti della difesa.

I Fatti del Caso: Un’Ordinanza Cautelare Basata su Dati Esteri

Il caso ha origine da un’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari che disponeva la custodia in carcere per un soggetto, accusato di gravi reati legati al traffico di stupefacenti. L’intero impianto accusatorio si fondava quasi esclusivamente sul contenuto di conversazioni avvenute su una nota piattaforma di messaggistica criptata. Questi dati non erano stati intercettati direttamente dalle autorità italiane, ma erano stati acquisiti da un altro Stato membro dell’Unione Europea nel corso di una loro indagine e, successivamente, trasmessi alla Procura italiana tramite un Ordine Indagine Europeo.

La difesa dell’indagato ha proposto ricorso immediato in Cassazione (cosiddetto ricorso per saltum), sostenendo l’inutilizzabilità di tali prove. Secondo il ricorrente, l’acquisizione delle chat violava le norme del codice di procedura penale italiano, in particolare quelle che regolano l’uso di intercettazioni provenienti da altri procedimenti (art. 270 c.p.p.). La difesa lamentava la mancata produzione, da parte del Pubblico Ministero, della documentazione relativa all’attività investigativa svolta all’estero, inclusi i decreti autorizzativi del giudice straniero.

La Decisione della Corte di Cassazione: Ricorso Inammissibile

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo su tutta la linea le argomentazioni difensive. La decisione si fonda su due pilastri principali: i limiti del ricorso per saltum e la corretta interpretazione delle norme sulla cooperazione giudiziaria europea.

In primo luogo, i giudici hanno chiarito che il ricorso immediato in Cassazione è consentito solo per denunciare violazioni di legge e non per contestare la valutazione dei fatti o la logicità della motivazione del giudice di merito. Nel caso specifico, le doglianze, sebbene formalmente presentate come violazioni di norme, miravano in realtà a ottenere una diversa valutazione del quadro probatorio, attività preclusa in sede di legittimità.

Le Motivazioni: Regole e Principi sull’Ordine Indagine Europeo

Il cuore della sentenza risiede nell’analisi della disciplina relativa all’Ordine Indagine Europeo e alla circolazione delle prove. La Corte ha richiamato i principi fondamentali stabiliti dalle sue Sezioni Unite in sentenze gemelle del febbraio 2024 (note come sentenze Gjuzi e Giorgi), che hanno fatto da spartiacque in questa materia.

La Circolazione della Prova tra Stati Membri

Le Sezioni Unite hanno stabilito che la trasmissione di comunicazioni già acquisite e decifrate da un’autorità estera non è un’attività di intercettazione in corso, ma rientra nella più ampia categoria della circolazione di prove già formate. Di conseguenza, non si applicano le norme più stringenti previste per le intercettazioni in tempo reale, ma quelle relative all’acquisizione di atti da altri procedimenti (art. 238 c.p.p. e 78 disp. att. c.p.p.). In questo contesto, non è richiesta una preventiva autorizzazione del giudice italiano per l’emissione dell’Ordine Indagine Europeo da parte del Pubblico Ministero.

L’Inapplicabilità delle Norme sulle Intercettazioni “Pure”

La Corte ha ribadito che non è necessario acquisire e depositare i provvedimenti autorizzativi dell’autorità giudiziaria straniera. La normativa italiana, anche nel caso di prove provenienti da un altro procedimento nazionale (art. 270 c.p.p.), richiede il deposito dei verbali e delle registrazioni, ma non del decreto che le ha autorizzate. A maggior ragione, tale requisito non può essere imposto per prove acquisite all’estero secondo un sistema giuridico diverso, nel rispetto del principio di mutuo riconoscimento.

L’Onere della Prova in Capo alla Difesa

Un punto cruciale sottolineato dalla Cassazione è quello relativo alla tutela dei diritti fondamentali. Sebbene il giudice italiano debba sempre vigilare affinché l’uso di prove straniere non comporti una violazione dei principi costituzionali o della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (come il diritto di difesa), spetta alla parte che eccepisce tale violazione fornire elementi concreti a sostegno della propria tesi. Non è sufficiente una generica lamentela, ma occorre allegare e provare i fatti specifici da cui deriverebbe la lesione. Nel caso in esame, il ricorrente non ha adempiuto a tale onere.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Pronuncia

Questa sentenza consolida un orientamento giurisprudenziale di fondamentale importanza per la lotta alla criminalità organizzata transnazionale. Stabilisce un punto di equilibrio tra l’efficienza della cooperazione giudiziaria europea, garantita da strumenti come l’Ordine Indagine Europeo, e la salvaguardia dei diritti individuali. La decisione chiarisce che il sistema di circolazione probatoria si basa sulla fiducia reciproca tra gli Stati membri, e che il controllo del giudice nazionale si attiva non in via preventiva e generalizzata, ma su specifica e provata allegazione di una violazione dei diritti fondamentali da parte della difesa. Si tratta, quindi, di un’ulteriore conferma della validità e dell’ampia utilizzabilità, nel processo penale italiano, delle prove digitali legalmente acquisite in altri paesi dell’Unione Europea.

È necessario acquisire il decreto di autorizzazione straniero quando si utilizzano in Italia prove ottenute tramite un Ordine di Indagine Europeo?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito, richiamando le Sezioni Unite, che non è necessaria l’acquisizione né il deposito dei provvedimenti con cui l’autorità giudiziaria straniera ha autorizzato l’attività di indagine i cui risultati sono poi trasmessi in Italia.

A chi spetta l’onere di provare che l’acquisizione di prove all’estero ha violato i diritti fondamentali della difesa?
L’onere di allegare e provare i fatti specifici da cui si desumerebbe una violazione dei diritti fondamentali (come il diritto di difesa o a un giusto processo) grava sulla parte che solleva l’eccezione, ovvero sulla difesa. Una censura generica non è sufficiente.

È possibile impugnare direttamente in Cassazione un’ordinanza cautelare lamentando una valutazione errata delle prove da parte del giudice?
No. Il ricorso immediato per cassazione (cosiddetto per saltum) contro un’ordinanza applicativa di una misura cautelare è consentito solo per violazioni di legge. Non può essere utilizzato per contestare l’apprezzamento dei fatti, la valutazione degli indizi o la logicità della motivazione, che attengono al merito della decisione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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