Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 5017 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 5017 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOMECOGNOME nato a Locri (Rc) il 15 maggio 1983;
avverso la ordinanza n. 418-P/23RTL del Tribunale di Reggio Calabria del 15 giugno 2023;
letti gli atti di causa, la ordinanza impugnata e il ricorso introduttivo;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
sentito il Pm, in persona del Sostituto Procuratore generale dott. NOME COGNOME il quale ha concluso per il rigetto del ricorso;
sentito altresì, per il ricorrente, l’avv. NOME COGNOME del foro di Reggio Cal che ha insistito per raccoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza ora impugnata, emessa in data 15 giugno 2023, il Tribunale di Reggio Calabria, operando quale giudice del riesame cautelare personale, ha rigettato la richiesta di riesame presentata dalla difesa COGNOME COGNOME avverso il provvedimento con il quale questi era stato posto in istato di custodia cautelare in carcere in forza di ordinanza del Gup de Tribunale di Reggio Calabria del 7 marzo 2023, essendo, secondo l’accusa, gravato da pesanti indizi di colpevolezza in ordine ad una serie di reati, anch associativi, connessi al traffico degli stupefacenti (nonchè in ragione di alt titoli di reato, collegati ai precedente, sebbene di diversa natura).
Si premette che buona parte del materiale investigativo, sebbene non nella sua integralità, che ha condotto alla adozione della misura cautelare disposta a carico del COGNOME e, quindi, alla sua conferma da parte del Tribunale del riesame è derivante dal contenuto di conversazioni telefoniche che, sebbene intrattenute tramite sistemi telefonici criptati, sono sta oggetto di intercettazione da parte di Autorità giudiziarie straniere, nel specie francesi, ed i cui contenuti sono stati trasmessi alla Autorità giudiziar italiana in esecuzione di un Ordine europeo di indagine emesso da questa ed indirizzato a quella transalpina.
Avverso il provvedimento emesso dal Tribunale reggino ha presentato un articolato riscorso per cassazione la difesa fiduciaria del COGNOME.
Con esso la detta difesa ha, in estrema sintesi, contestato la utilizzabilit della documentazione acquisita dalla Autorità giudiziaria italiana sia per il cas che la stessa sia considerata come il frutto della intercettazione conversazioni sia per il caso in cui la stessa venga considerata come la mera documentazione di attività investigativa culminata in un provvedimento si sequestro documentale.
Tali rilievi sono stati ulteriormente illustrati nel ricorso introduttivo presente giudizio avendo evidenziato la difesa del COGNOME come già di fronte al Tribunale del riesame fossero state per un verso segnalate le molteplici disposizioni processuali che sarebbero state violate in occasione della acquisizione degli atti in questione tramite l’Ordine europeo di indagine e come, per altro verso, fosse stata dedotta la inutilizzabilità delle risulta rivenienti da tali atti, e ciò anche alla luce di talune precedenti pronun giurisdizionali di questa stessa Corte di cassazione.
La difesa del ricorrente ha, in particolare, evidenziato come fosse viziato il procedimento nell’ambito del quale le intercettazioni di conversazioni telefoniche e di messaggistica telefonica erano state acquisite, con le derivant conseguenze negative in relazione alla utilizzabilità di esse di fronte al Autorità giudiziaria italiana.
Ha ancora osservato la ricorrente difesa come il Tribunale del riesame non avesse risposto al rilievo avente ad oggetto l’avvenuta verifica della legittimità del provvedimento con il quale l’Autorità giudiziaria francese ha disposto le intercettazioni.
Infine, la difesa ricorrente ha contestato la possibilità di ritenere che elementi istruttori sulla base dei quali la misura a carico del COGNOME era stat disposta siano considerati documenti e non intercettazioni in senso stretto.
Con un successivo atto depositato in previsione della celebrazione del presente giudizio alla udienza che si è tenuta il 28 novembre 2023 la difesa del COGNOME ha depositato una memoria illustrativa contenente motivi aggiunti; con questa essa ha contestato prioritariamente il fatto che l ordinanza impugnata fosse motivata con ampio riferimento ad un precedente giurisprudenziale che non era idoneo a costituire un vincolo per la decisione che il Tribunale del riesame era chiamato a prendere; fra l’altro, siffat precedente presentava dei profili in fatto tali da non essere pertinente rispet al caso ora in esame.
Ha, quindi, insistito sulla inutilizzabilità dei dati istruttori acqu tramite l’Ordine europeo di indagine con modalità costituenti violazione dei diritti primari tutelati dalla Costituzione.
La difesa del ricorrente si è quindi appellata alla autorità di alcun precedenti giurisprudenziali, anche molto recenti (tali almeno al momento della emissione della misura cautelare a carico del ricorrente) in base ai qual la disciplina che si sarebbe dovuta applicare alle captazioni acquisite tramite Ordine europeo di indagine sarebbe dovuta essere rigorosamente quella che regola la attività di intercettazione della comunicazioni e, pertanto, la s applicazione avrebbe consentito la sindacabilità dell’Ordine di indagine ove si fosse pervenuti ai risultati da esso derivanti con modalità non in linea con l disciplina nazionale regolante la materia in questione.
Ragionamenti analoghi, cioè relativi alla illegittimità della acquisizione tramite lo strumento di cooperazione giudiziaria delle risultanze che hanno
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condotto alla adozione della misura cautelare a carico del COGNOME, sono stati sviluppati nella citata memoria depositata dalla difesa di questo, essendo stata, appunto, contestata la legittimità dell’Ordine emesso dalla Procura di Reggio Calabria.
Infine, il ricorrente aveva segnalato la esistenza di un contrasto giurisprudenziale in seno a questa stessa Corte di cassazione, in relazione al quale era, allora, in corso, la procedura di rimessione della questione al Sezioni unite penali della Corte.
In relazione a tale aspetto, si osserva conclusivamente, la trattazione del presente giudizio, già fissata per il 28 novembre 2023, è stato, una prima volta, differita al successivo 12 aprile 2024 e, quindi, alla odierna udienza, attesa del deposito dei motivi delle sentenze emesse in punto di utilizzabilità delle risultanze documentali delle intercettazioni acquisite, così come avvenuto nella presente fattispecie, tramite Ordine europeo di indagine.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso proposto da COGNOME COGNOME deve essere rigettato.
Deve, infatti, essere rilevato che le numerose questioni sollevate con il ricorso introduttivo del presente giudizio – riguardanti la complessa problematica avente ad oggetto sia la possibilità di acquisire, tramite l strumento dell’Ordine europeo di indagine, al procedimento penale nazionale dati intercettivi già acquisiti da altra Autorità giudiziaria straniera, sebb appartenente all’ambito eurounitario, sia la qualificazione di tale attività s infine il regime applicativo da attribuire al materiale in tale modo acquisito gli eventuali limiti alla sua utilizzabilità processuale – hanno trovato composizione di un nascente contrasto giurisprudenziale, una loro esauriente (e – sia pure nei termini sanciti dall’art. 618, comma 1-bis, cod. proc. pen come introdotto, a seguito della entrata in vigore della legge n. 103 del 2017, dall’art. 1, comma 66 della medesima legge – definitiva) soluzione a seguito della adozione da parte della Sezioni unite penali di questa Corte delle pronunzie n. 23755 e n. 23756 entrambe del 29 febbraio 2024 (i cui motivi sono stati, peraltro, resi pubblici, tramite il deposito delle sentenz successivo 14 giugno 2024).
Riprendendo, pertanto, i fili conduttori di tali pronunzie, si rileva quanto segue: in materia di ordine europeo di indagine, la trasmissione del contenuto di comunicazioni scambiate mediante “criptofonini”, già acquisite e decrittate
dalla Autorità giudiziaria estera in un procedimento penale pendente di fronte ad essa, non rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 234-bis cod. pro pen., disposizione questa il cui spazio operativo si colloca al di fuori de ipotesi di collaborazione tra autorità giudiziarie, trovando invece la present fattispecie la sua sedes materiae nella disciplina relativa alla circolazione delle prove tra procedimenti penali, quale è desumibile dal combinato disposto degli artt. 238 e 270 cod. proc. pen. e 78 disp. att. cod. proc. pen. (Corte cassazione, Sezione unite penali, 14 giugno 2024, nn. 23755 e 23756).
Disposizioni, queste ultime, che trovano sicura applicazione quanto al caso in esame, atteso che le contestazioni che sono state provvisoriamente elevate a carico del COGNOME ed in ragione delle quali lo stesso è stat sottoposto alla misura cautelare di cui trattasi, oltre ad essere rilevanti indispensabili ai fini dell’accertamento dei fatti, sono riferite ad illeciti p per i quali è previsto l’arresto in flagranza di reato.
Come è stato segnalato da questa stessa Corte in altra fattispecie giudiziaria caratterizzata da profili morfologici non dissimili da quelli ch caratterizzano la presente, allorché ci si trovi in presenza di un ordine europe di indagine le prove che sono già nella materiale disponibilità dello Stato d esecuzione dell’ordine (così come si è verificato nella presente occasione, in relazione alla quale l’ordine europeo di indagine ha avuto ad oggetto i risultat di un’attività di intercettazione e decrittazione già in precedenza posta essere dall’Autorità giudiziaria francese) possono essere legittimamente richieste ed acquisite dal pubblico ministero italiano, senza la necessità dell preventiva autorizzazione rilasciata da parte del giudice del procedimento nel quale le si intende utilizzare (Corte dì cassazione, Sezione III penale, 2 ottobre 2024, n. 39156).
Deve, infatti, rilevarsi come l’emissione da parte del Pubblico ministero nazionale di un ordine europeo di indagine diretto ad ottenere i risultati intercettzioni disposte da un’autorità giudiziaria straniera nel corso di procedimento penale pendente dinanzi ad essa, ed eseguite tramite l’inserimento di un captatore informatico sul server di una piattaforma criptata, sia pienamente ammissibile in quanto essa ha ad oggetto esiti investigativi conseguiti tramite mezzi e con modalità compatibili – in quanto anche in esso praticabili – con l’ordinamento italiano e la stessa non dev essere preceduta da alcuna autorizzazione promanante dalla Autorità giurisdizionale italiana posto che la medesima, in quanto tale – cioè in quanto interpretata non come svolgimento di attività propriamente intercettiva ma
come acquisizione di elementi probatori assunti nel corso di altro procedimento penale – non sarebbe stata assoggettata, ricorrendone le condizioni legate alla rilevanza ed alla tipologia di reato per il quale procede, alla preventiva autorizzazione del giudí ce nell’ambito dell’ordinamento nazionale interno.
Va altresì soggiunto che la concreta utilizzabilità processuale (e prima ancora procedimentale) dei risultati delle intercettazioni disposte dall Autorità giudiziaria straniera nell’ambito di un procedimento pendente innanzi ad essa, ed eseguite attraverso la penetrazione su di una piattaforma informatica criptata e sui “criptofonini” che su di essa si appoggiano, deve essere esclusa solamente laddove il giudice del procedimento nazionale nell’ambito del quale siffatte risultanze istruttorie sono state acquisite ri che, in relazione ad esse, si sia verificata la violazione di taluno dei di fondamentali dei soggetti convolti da tali intercettazioni (in sostanza, nelle su varie sfaccettature, ci si riferisce alla violazione della concreta possibilit esercitare il diritto alla difesa); non va, tuttavia, trascurato che l’onere solo allegare ma anche, di provare í fatti sulla base dei quali dedurre una tal violazione grava sulla parte interessata.
Né, va immediatamente chiarito, una tale violazione è ravvisabile nella circostanza che alla difesa dell’indagato non sia consentito di accedere al meccanismo di decrittazione – basato su sistemi numerico-matematici utilizzato nell’ambito di un sistema di comunicazione per, prima, codificare e, poi, decodificare, un testo, atteso che, una volta intervenuta una coerente decodifica, non vi è necessità di compiere la verifica della correttezza de sistema di decrittazione; invero, non è dato ipotizzare, in assenza di diverse prospettazioni che non siano meramente congetturali ed ipotetiche, il pericolo di alterazione dei dati, atteso che il reale contenuto di ciascun messaggio inscindibilmente legato alla sua chiave di codifica, di tal che, ove la chiave d cifratura utilizzata per la decrittazione del messaggio non fosse quella corretta, non sarebbe possibile attribuire al contenuto del messaggio, una volta decodificato, un significato intellegibile secondo gli ordinari criteri comunicazione fra persone (cfr. Corte di cassazione, Sezione III penale, 25 ottobre 2024, n. 39156).
Va, ancora, precisato, sempre seguendo le linee ermeneutiche ed applicative tracciate dalle Sezioni unite penali di questa Corte con le sentenze nn. 23755 e 23756, che nessuna lesione ai diritti fondamentali è derivante dal fatto che non siano stati acquisiti nell’ambito del procedimento giudiziario
svolto di fronte alla Autorità giudiziaria nazionale i provvedimenti emessi da quella straniera aventi ad oggetto l’autorizzazione della attività di indagine d fronte ad essa svolta e dei cui esiti è stata chiesta, successivamente, come appunto verificatosi nel caso che ora interessa, alla esecuzione della attività questione, la trasmissione alla Autorità nazionale tramite lo strumento dell’Ordine europeo di indagine.
Infatti, come è stato di recente ribadito da questa Corte, l’art. 78 disp att. cod. proc. pen., nel disciplinare l’acquisizione di atti di un procedimen penale compiuti da Autorità giudiziaria straniera, non richiede l’acquisizione anche dei provvedimenti giudiziari in forza dei quali si sono compiuti tali atti.
Cosa ancor più confermato dal fatto che ciò avviene non diversamente da quanto è dato ricavare dall’esame della disciplina contenuta nel sistema del processo penale in ordine alle modalità esecutive della acquisizione di atti compiuti o formati in altro procedimento pendente di fronte ad un giudice dello Stato, anche se riguardanti i risultati di attività di captazion conversazione.
Infatti, l’art. 270 cod. proc. pen. prevede il deposito dei verbali e del registrazioni relativi alle intercettazioni effettuate in altri procedimenti, non anche il deposito dei relativi provvedimenti di autorizzazione (in tale senso, con specifico riferimento alla problematica ora in esame: Corte di cassazione, Sezìone III penale, 5 novembre 2024, n. 40562).
Una tale ermeneusi è, d’altra parte confermata dalla consolidata prassi giudiziaria, secondo la quale: ai fini della utilizzabilità degli esiti d intercettazioni di conversazioni o comunicazioni in procedimento diverso da quello nel quale esse furono disposte, non occorre la produzione del relativo decreto autorizzativo, essendo sufficiente il deposito, presso l’Autorità giudiziaria competente per il procedimento attributario degli esiti investigativ di cui si parla, dei verbali e delle registrazioni delle intercettazioni medesi (cfr. Corte di cassazione, Sezione I penale, 13 dicembre 2023, n. 49627, rv 285579; Corte di cassazione, Sezione I penale, 13 maggio 2015, n. 19791, rv 263571), ed essendo, eventualmente, onere della parte che eccepisca la mancanza ovvero la illegittimità del provvedimento con il quale, in seno al diverso presupposto procedimento penale, l’attività captativa è stata accertata quello di produrre nell’ambito del procedimento di attuale interesse il decreto autorizzativo nonché di evidenziarne le prospettate illegittimità, in modo da consentire al giudice del secondo procedimento di verificare l’esistenza nel procedimento a quo delle ipotizzate violazioni al principio fondamentale
afferente alla inviolabilità delle comunicazioni sancito, quanto all’ordinamento interno dall’art. 15 della Costituzione (si veda, al riguardo: Corte di cassazione, Sezione II penale, 21 febbraio 2020, n. 6947, rv 278246).
Nel caso la difesa del COGNOME non risulta avere efficacemente contestato di fronte al giudice del riesame la legittimità, nell’ordinamento francese (riguardo al quale giova ricordare per un verso che, trattandosi di ordinamento normativo straniero non vale la regola secondo la quale jura novit curia atteggiandosi, invece, la esistenza di una legge di altro Stato, rilevante ai fini del decidere, come un fatto della cui sussistenza deve dare prova colui il quale intende avvalersene, e, per altro verso, che la legittimità dell’attività compiuta all’estero ai fini della acquisizione di elementi istruttori, è, per costante giurisprudenza di questa Corte – fra le altre: Corte di cassazione, Sezione VI penale, 7 novembre 2023, n. 44882, rv 285386; Corte di cassazione Sezione III penale, 14 gennaio 2022, n. 1396, rv 282886 assistita da una presunzione relativa, la quale trova una puntuale base testuale nel “Considerando” n. 19 della Direttiva 2014/41/UE, laddove si segnala che “La creazione di uno spazio (…) di giustizia nell’Unione si fonda sulla fiducia reciproca e su una presunzione – successivamente definita “relativa” ndr – di conformità, da parte di tutti gli Stati membri, al diritto dell’Unione ed in particolare, ai diritti fondamentali”) dei provvedimenti con i quali erano state autorizzate le captazioni, sicché anche sotto questo profilo non vi è luogo per l’inutilizzabilità di esse nel procedimento ora in esame.
Rileva, ancora, il Collegio come una tale ricostruzione normativa e giurisprudenziale neppure può dirsi essere stata messa in crisi, come invece adombrato dalla parte ricorrente sia nelle memorie difensive depositate successivamente alla proposizione del ricorso introduttivo del presente giudizio sia nel corso della trattazione orale tenutasi nella odierna udienza, dalla pronunzia emessa dalla Corte di giustizia dell’Unione europea nello scorso mese di aprile e nella quale si è affermato il principio secondo il quale l’art. 6, par. 19, lett. b) della dianzi richiamata Direttiva 2014/41/Ue non richiede che l’emissione di un ordine europeo di indagine diretto alla acquisizione di prove già in possesso delle Autorità giudiziarie dello Stato di esecuzione sia soggetta alle stesse condizioni sostanziali applicabili nello Stato richiedente in relazione alla raccolta di tali prove.
E’ stato, infatti, stabilito che, proprio in relazione alla regola del reciproco riconoscimento delle sentenze e delle decisioni giudiziarie in ambito unionale (principio che, come già ricordato, si fonda sulla necessaria reciproca
fiducia che i singoli Stati dell’Unione debbono nutrire sulla legittimità degli a emessi dagli altri Stati e che costituisce la base imprescindibile del cooperazione giudiziaria in materia penale): la Autorità che abbia emesso un Ordine di indagine europeo non è abilitata a controllare la regolarità del procedimento con il quale sono state acquisite le prove già in possesso dello Stato destinatario dell’Ordine; la medesima Autorità non è tenuta a verificare l’integrità dei dati in tale modo acquisiti a causa della riservatezza delle b tecniche attraverso le quali si è pervenuti alle intercettazioni ed alla l decodifica; è riservata alla fase giurisdizionale – senza pregiudizio pe l’applicazione delle (pertinenti ndr) norme processuali nazionali – la verifica i merito all’avvenuto rispetto nel corso del procedimento penale avviato nello Stato di emissione dell’Ordine dei diritti difensivi, risultando così garantito diritto al giusto processo in punto dì valutazione delle prove acquisite tramit l’Ordine europeo di indagine, verifica che può, in ultima analisi, condurre sino alla espunzione delle stesse in caso di acclarata impossibilità per la difesa svolgere efficacemente le proprie osservazioni su detti elementi di prova ove essi siano idonei ad influire in maniera preponderante sulla valutazione ed accertamento dei fatti oggetto del giudizio (cfr. sul punto, anche: Corte di cassazione, Sezione III penale, 5 novembre 2024, n. 40562).
Verifica che, come dianzi illustrato in relazione alla legittima acquisizione della documentazione dimostrativa della esistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico di COGNOME COGNOME ed alla sussistenza nella specie anche delle esigenze cautelari, assistite, peraltro, stante la tipologia de imputazione provvisoriamente contestata nei confronti del medesimo, dalla presunzione relativa di adeguatezza della misura intramuraria, riconducibile al dettato dell’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., nel caso di specie deve A de ,, risolversi nel sensonegittimità dell’ordinanza impugnata.
Il ricorso del COGNOME deve, pertanto, essere rigettato ed il ricorrente visto l’art. 616 cod. proc. pen. va condannato al pagamento delle spese processuali.
PQM
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1 -ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso in Roma, il 17 settembre 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente