Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 5517 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 5517 Anno 2025
AVV_NOTAIO: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 26/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Rizziconi (Rc) il DATA_NASCITA;
avverso la ordinanza n. 443/2023 del Tribunale di Bologna del 21 giugno 2023;
letti gli atti di causa, la ordinanza impugnata e il ricorso introduttivo;
sentita la relazione fatta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
sentito il Pm, in persona del AVV_NOTAIO COGNOME, quale ha concluso chiedendo la dichiarazione di inammissibilità del ricorso;
sentiti, altresì, per il ricorrente gli AVV_NOTAIOti NOME COGNOME, del foro Bologna, e NOME COGNOME, del foro di Palmi, il secondo in sostituzione dell’AVV_NOTAIO COGNOME, del foro di Palmi, i quali hanno insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 21 giugno 2023, í cui motivi sono stati depositati il successivo 1 agosto 2023, il Tribunale di Bologna, operando in qualità di giudice del riesame cautelare, ha confermato, rigettando quindi l’istanza di riesame da questo presentata, la ordinanza del 16 marzo 2023 con la quale il Gip del Tribunale di Bologna aveva applicato a COGNOME NOME, indagato in relazione alla commissione, in concorso con altri, di una serie di reati in materia di traffico di stupefacenti, implicanti la movimentazione di quantità di sostanza del tipo cocaina superiori alle decine di kg ed in un’occasione anche al quintale, la misura cautelare della custodia in carcere.
Avverso siffatta ordinanza, assistito dal proprio legale fiduciario – cui si è, successivamente, associato anche un altro difensore di elezione – ha presentato ricorso per cassazione il COGNOME, affidando le proprie doglianze la cui illustrazione è successiva ad una premessa nella quale si rileva come la circostanza che la operazione di polizia che ha condotto alla cattura del ricorrente abbia consentito di operare notevoli sequestri sia di sostanze stupefacenti si di danaro verosimile frutto del traffico delle prime non è fattore che avrebbe potuto condurre allo stravolgimento delle norme processuali in tema di acquisizione probatoria – ad un unico motivo di ricorso, con il quale egli si è doluto, con riferimento alla asserita violazione di legge, sono richiamati a tale proposito gli artt. 191, 234-bis, 266, 266-bis e 271 cod. proc. pen., nonché l’art. 114, comma quarto, della Costituzione, ed al vizio di motivazione della ordinanza impugnata in punto di ritenuta legittimità della acquisizione, avvenuta presso l’Autorità giudiziaria francese a seguito della adozione da parte di quella italiana (nella specie da parte del competente Pm) di un RAGIONE_SOCIALE europeo di indagine, di una serie di messaggi che sarebbero stati scambiati fra gli indagati, ivi compreso il Barbdra, avvalendosi essi di cosiddetti “criptofonini” appoggiati alla piattaforma di messaggistica denominata SkyEcc. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
In ragione della ritenuta illegittimità di siffatta acquisizione, ad avviso del ricorrente i dati istruttoria da essa rivenienti sarebbero inutilizzabili pertanto, la ordinanza applicativa della misura cautelare e quella ora impugnata con la quale la stessa è stata confermata sarebbero prive di un’adeguata base dimostrativa riguardante l’esistenza delle condizioni per l’adozione della misura cautelare disposta.
Il ricorso proposto da COGNOME NOME deve essere rigettato.
Deve, infatti, essere rilevato che le numerose questioni sollevate con il ricorso introduttivo del presente giudizio – riguardanti la complessa problematica avente ad oggetto sia la possibilità di acquisire, tramite lo strumento dell’RAGIONE_SOCIALE europeo di indagine, al procedimento penale nazionale dati intercettivi già acquisiti da altra Autorità giudiziaria straniera, sebben appartenente all’ambito eurounitario, sia la qualificazione di tale attività sia infine il regime applicativo da attribuire al materiale in tale modo acquisito e gli eventuali limiti alla sua utilizzabilità processuale – hanno trovato, composizione di un nascente contrasto giurisprudenziale, una loro esauriente (e – sia pure nei termini sanciti dall’art. 618, comma 1-bis, cod. proc. pen. come introdotto, a seguito della entrata in vigore della legge n. 103 del 2017, dall’art. 1, comma 66 della medesima legge – definitiva) soluzione a seguito della adozione da parte della Sezioni unite penali di questa Corte delle pronunzie n. 23755 e n. 23756 entrambe del 29 febbraio 2024 (i cui motivi sono stati, peraltro, resi pubblici, tramite il deposito delle sentenze successivo 14 giugno 2024).
Riprendendo, pertanto, i fili conduttori di tali pronunzie, si rileva quanto segue: in materia di ordine europeo di indagine, la trasmissione del contenuto di comunicazioni scambiate mediante “criptofonini”, già acquisite e decrittate dalla Autorità giudiziaria estera in un procedimento penale pendente di fronte ad essa, non rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 234-bis cod. proc. pen., disposizione questa il cui spazio operativo si colloca al di fuori dell ipotesi di collaborazione tra autorità giudiziarie, trovando invece la presente fattispecie la sua sedes materiae nella disciplina relativa alla circolazione delle prove tra procedimenti penali, quale è desumibile dal combinato disposto degli artt. 238 e 270 cod. proc. pen. e 78 disp. att. cod. proc. pen. (Corte di cassazione, Sezione unite penali, 14 giugno 2024, nn. 23755 e 23756).
Disposizioni, queste ultime, che trovano sicura applicazione quanto al caso in esame, atteso che le contestazioni che sono state provvisoriamente elevate a carico del COGNOME ed in ragione delle quali lo stesso è stato (–sottoposto alla misura cautelare di cui trattasi, oltre ad essere rilevanti e indispensabili ai fini dell’accertamento dei fatti, sono riferite ad illeciti pen per i quali è previsto l’arresto in flagranza di reato.
Come è stato segnalato da questa stessa Corte in altra fattispecie giudiziaria caratterizzata da profili morfologici non dissimili da quelli che caratterizzano la presente, allorché ci si trovi in presenza di un ordine europeo
di indagine le prove che sono già nella materiale disponibilità dello Stato d esecuzione dell’ordine (così come si è verificato nella presente occasione, in relazione alla quale l’ordine europeo di indagine ha avuto ad oggetto i risulta di un’attività di intercettazione e decrittazione già in precedenza posta essere dall’Autorità giudiziaria francese) possono essere legittimamente richieste ed acquisite dal pubblico ministero italiano, senza la necessità del preventiva autorizzazione rilasciata da parte del giudice del procedimento nel quale le si intende utilizzare (Corte di cassazione, Sezione III penale, ottobre 2024, n. 39156).
Deve, infatti, rilevarsi come l’emissione da parte del Pubblico ministero nazionale di un ordine europeo di indagine diretto ad ottenere i risultati intercettazioni disposte da un’autorità giudiziaria straniera nel corso di procedimento penale pendente dinanzi ad essa, ed eseguite tramite l’inserimento di un captatore informatico sul server di una piattaforma criptata, sia pienamente ammissibile in quanto essa ha ad oggetto esiti investigativi conseguiti tramite mezzi e con modalità compatibili – in quanto anche in esso praticabili – con l’ordinamento italiano e la stessa non dev essere preceduta da alcuna autorizzazione promanante dalla Autorità giurisdizionale italiana posto che la medesima, in quanto tale – cioè in quanto interpretata non come svolgimento di attività propriamente intercettiva ma come acquisizione di elementi probatori assunti nel corso dì altro procedimento penale – non sarebbe stata assoggettata, ricorrendone le condizioni legate alla rilevanza ed alla tipologia di reato per il quale procede, alla preventiva autorizzazione del giudice nell’ambito dell’ordinamento nazionale interno.
Va altresì soggiunto che la concreta utilizzabilità processuale (e prima ancora procedimentale) dei risultati delle intercettazioni disposte dall Autorità giudiziaria straniera nell’ambito di un procedimento pendente innanzi ad essa, ed eseguite attraverso la penetrazione su di una piattaforma informatica criptata e sui “criptofonini” che su di essa si appoggiano, deve essere esclusa solamente laddove il giudice del procedimento nazionale nell’ambito del quale siffatte risultanze istruttorie sono state acquisite ri che, in relazione ad esse, si sia verificata la violazione di taluno dei d fondamentali dei soggetti convolti da tali intercettazioni (in sostanza, nelle s varie sfaccettature, ci si riferisce alla violazione della concreta possibilit esercitare il diritto alla difesa); non va, tuttavia, trascurato che l’onere solo allegare ma anche, di provare i fatti sulla base dei quali dedurre una ta violazione grava sulla parte interessata.
Né, va immediatamente chiarito, una tale violazione è ravvisabile nella circostanza che alla difesa dell’indagato non sia consentito di accedere meccanismo di decrittazione – basato su sistemi numerico-matematici utilizzato nell’ambito di un sistema di comunicazione per, prima, codificare e, poi, decodificare, un testo, atteso che, una volta intervenuta una coerent decodifica, non vi è necessità di compiere la. verifica della correttezza d sistema di decrittazione; invero, non è dato ipotizzare, in assenza di diver prospettazioni che non siano meramente congetturali ed ipotetiche, il pericolo di alterazione dei dati, atteso che il reale contenuto di ciascun messaggio inscindibilmente legato alla sua chiave di codifica, di tal che, ove la chiave cifratura utilizzata per la decrittazione del messaggio non fosse quell corretta, non sarebbe possibile attribuire al contenuto del messaggio, una volta decodificato, un significato intellegibile secondo gli ordinari criter comunicazione fra persone (cfr. Corte di cassazione, Sezione III penale, 25 ottobre 2024, n. 39156).
Va, ancora, precisato, sempre seguendo le linee ermeneutiche ed applicative tracciate dalle Sezioni unite penali di questa Corte con le sentenz nn. 23755 e 23756, che nessuna lesione ai diritti fondamentali è derivante dal fatto che non siano stati acquisiti nell’ambito del procedimento giudiziari svolto di fronte alla Autorità giudiziaria nazionale i provvedimenti emessi da quella straniera aventi ad oggetto l’autorizzazione della attività di indagine fronte ad essa svolta e dei cui esiti è stata chiesta, successivamente, co appunto verificatosi nel caso che ora interessa, alla esecuzione della attività questione, la trasmissione alla Autorità nazionale tramite lo strumento dell’RAGIONE_SOCIALE europeo di indagine.
Infatti, come è stato di recente ribadito da questa Corte, l’art. 78 dis att. cod. proc. pen., nel disciplinare l’acquisizione di atti di un procedime penale compiuti da Autorità giudiziaria straniera, non richiede l’acquisizione anche dei provvedimenti giudiziari in forza dei quali si sono compiuti tali atti.
Cosa ancor più confermato dal fatto che ciò avviene non diversamente da quanto è dato ricavare dall’esame della disciplina contenuta nel sistema del processo penale in ordine alle modalità esecutive della acquisizione di att compiuti o formati in altro procedimento pendente di fronte ad un giudice dello Stato, anche se riguardanti i risultati di attività di captazio conversazione.
Infatti, l’art. 270 cod. proc. pen. prevede il deposito dei verbali e de registrazioni relativi alle intercettazioni effettuate in altri procedimenti
non anche il deposito dei relativi provvedimenti di autorizzazione (in tale senso, con specifico riferimento alla problematica ora in esame: Corte di cassazione, Sezione III penale, 5 novembre 2024, n. 40562).
Una tale ermeneusi è, d’altra parte confermata dalla consolidata prassi giudiziaria, secondo la quale: ai fini della utilizzabilità degli esiti dell intercettazioni di conversazioni o comunicazioni in procedimento diverso da quello nel quale esse furono disposte, non occorre la produzione del relativo decreto autorizzativo, essendo sufficiente il deposito, presso l’Autorità giudiziaria competente per il procedimento attributario degli esiti investigativi di cui si parla, dei verbali e delle registrazioni delle intercettazioni medesime (cfr. Corte di cassazione, Sezione I penale, 13 dicembre 2023, n. 49627, rv NUMERO_DOCUMENTO; Corte di cassazione, Sezione I penale, 13 maggio 2015, n. 19791, rv NUMERO_DOCUMENTO), ed essendo, eventualmente, onere della parte che eccepisca la mancanza ovvero la illegittimità del provvedimento con il quale, in seno al diverso presupposto procedimento penale, l’attività captativa è stata accertata quello di produrre nell’ambito del procedimento di attuale interesse il decreto autorizzativo nonché di evidenziarne le prospettate illegittimità, in modo da consentire al giudice del secondo procedimento di verificare l’esistenza nel procedimento a quo delle ipotizzate violazioni al principio fondamentale afferente alla inviolabilità delle comunicazioni sancito, quanto all’ordinamento interno dall’art. 15 della Costituzione (si veda, al riguardo: Corte di cassazione, Sezione II penale, 21 febbraio 2020, n. 6947, rv 278246).
Nel caso la difesa del COGNOME non risulta avere efficacemente contestato di fronte al giudice del riesame la legittimità, nell’ordinamento francese (riguardo al quale giova ricordare per un verso che, trattandosi di ordinamento normativo straniero non vale la regola secondo la quale jura novit curia atteggiandosi, invece, la esistenza di una legge di altro Stato, rilevante ai fini del decidere, come un fatto della cui sussistenza deve dare prova colui il quale intende avvalersene, e, per altro verso, che la legittimità dell’attività compiuta all’estero ai fini della acquisizione di elementi istruttori, è, per costante giurisprudenza di questa Corte – fra le altre: Corte di cassazione, Sezione VI penale, 7 novembre 2023, n. 44882, rv 285386; Corte di cassazione Sezione III penale, 14 gennaio 2022, n. 1396, rv 282886 assistita da una presunzione relativa, la quale trova una puntuale base testuale nel “Considerando” n. 19 della Direttiva 2014/41/UE, laddove si segnala che “La creazione di uno spazio (…) di giustizia nell’Unione si fonda sulla fiducia reciproca e su una presunzione – successivamente definita “relativa” ndr – di conformità, da parte di tutti gli Stati membri, al diritto
dell’Unione ed in particolare, ai diritti fondamentali”) dei provvedimenti con quali erano state autorizzate le captazioni, sicché anche sotto questo profi non vi è luogo per l’inutilizzabilità di esse nel procedimento ora in esame.
Rileva, ancora, il Collegio come una tale ricostruzione normativa e giurisprudenziale neppure può dirsi essere stata messa in crisi, come invece adombrato dalla parte ricorrente sia nelle memorie difensive depositate successivamente alla proposizione del ricorso introduttivo del presente giudizio sia nel corso della trattazione orale tenutasi nella odierna udienz dalla pronunzia emessa dalla Corte di giustizia dell’Unione europea nello scorso mese di aprile e nella quale si è affermato il principio secondo il qua l’art. 6, par. 19, lett. b) della dianzi richiamata Direttiva 2014/41/Ue richiede che l’emissione di un ordine europeo di indagine diretto all acquisizione di prove già in possesso delle Autorità giudiziarie dello Stato d esecuzione sia soggetta alle stesse condizioni sostanziali applicabili nello Sta richiedente in relazione alla raccolta di tali prove.
E’ stato, infatti, stabilito che, proprio in relazione alla regola reciproco riconoscimento delle sentenze e delle decisioni giudiziarie in ambito unionale (principio che, come già ricordato, si fonda sulla necessaria reciproca fiducia che i singoli Stati dell’Unione debbono nutrire sulla legittimità degli a emessi dagli altri Stati e che costituisce la base imprescindibile de cooperazione giudiziaria in materia penale): la Autorità che abbia emesso un RAGIONE_SOCIALE di indagine europeo non è abilitata a controllare la regolarità de procedimento con il quale sono state acquisite le prove già in possesso dello Stato destinatario dell’RAGIONE_SOCIALE; la medesima Autorità non è tenuta a verificare l’integrità dei dati in tale modo acquisiti a causa della riservatezza delle tecniche attraverso le quali si è pervenuti alle intercettazioni ed alla decodifica; è riservata alla fase giurisdizionale – senza pregiudizio p l’applicazione delle (pertinenti ndr) norme processuali nazionali – la verifica merito all’avvenuto rispetto nel corso del procedimento penale avviato nello Stato di emissione dell’RAGIONE_SOCIALE dei diritti difensivi, risultando così garantit diritto al giusto processo in punto di valutazione delle prove acquisite tramit l’RAGIONE_SOCIALE europeo di indagine, verifica che può, in ultima analisi, condurre sin alla espunzione delle stesse in caso di acclarata impossibilità per la difesa svolgere efficacemente le proprie osservazioni su detti elementi di prova ove essi siano idonei ad influire in maniera preponderante sulla valutazione ed accertamento dei fatti oggetto del giudizio (cfr. sul punto, anche: Corte d cassazione, Sezione III penale, 5 novembre 2024, n. 40562).
Verifica che, come dianzi illustrato in relazione alla legittima acquisizione della documentazione dimostrativa della esistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico di COGNOME NOME ed alla sussistenza nella specie anche delle esigenze cautelari, assistite, peraltro, stante la tipologia de imputazione provvisoriamente contestata nei confronti del medesimo, dalla presunzione relativa di adeguatezza della misura intramuraria, riconducibile al dettato dell’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., nel caso di specie deve risolversi nel senso legittimità dell’ordinanza impugnata.
Il ricorso del COGNOME deve, pertanto, essere rigettato ed il ricorrente visto l’art. 616 cod. proc. pen. va condannato al pagamento delle spese processuali.
PQM
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso in Roma, il 26 settembre 2024 Il Consigliere estensore Il Presidentq