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Ordine Europeo di Indagine: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 33876/2024, ha rigettato il ricorso di un’indagata per reati legati agli stupefacenti, confermando la legittimità dell’acquisizione di chat criptate tramite un Ordine Europeo di Indagine (OEI). La Corte ha stabilito che l’OEI per ottenere prove già in possesso di un’autorità giudiziaria straniera segue le regole sulla circolazione della prova e non quelle sulla sua formazione. Pertanto, il pubblico ministero può emettere l’OEI senza preventiva autorizzazione del giudice. Vige una presunzione di legittimità dell’operato dell’autorità estera, e spetta alla difesa l’onere di provare specifiche violazioni dei diritti fondamentali.

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Pubblicato il 9 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ordine Europeo di Indagine: Via Libera all’Uso delle Chat Criptate

L’utilizzo di prove digitali provenienti dall’estero, come le chat criptate, è un tema cruciale nel processo penale moderno. Con la sentenza n. 33876 del 2024, la Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti fondamentali sulla legittimità dell’acquisizione di tali dati tramite un Ordine Europeo di Indagine (OEI). Questa decisione, che si allinea a recenti pronunce delle Sezioni Unite, stabilisce principi chiari sulla distinzione tra formazione e circolazione della prova, sui poteri del pubblico ministero e sull’onere probatorio della difesa.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da un’indagine per reati legati al traffico di sostanze stupefacenti, in cui una persona è stata sottoposta alla misura degli arresti domiciliari. La misura cautelare si basava, in larga parte, su elementi probatori costituiti da conversazioni scambiate tramite un sistema di comunicazione criptato. Tali dati informatici erano stati originariamente acquisiti dalle autorità giudiziarie francesi in un altro procedimento e successivamente trasmessi all’autorità giudiziaria italiana a seguito di un Ordine Europeo di Indagine emesso dal pubblico ministero.

L’Ordine Europeo di Indagine e le contestazioni della difesa

La difesa dell’indagata ha impugnato l’ordinanza cautelare, sollevando diverse eccezioni sulla legittimità dell’acquisizione delle prove. I principali motivi di ricorso vertevano su:

1. Inapplicabilità dell’art. 234-bis c.p.p.: La difesa sosteneva che tale norma, relativa all’acquisizione di documenti e dati informatici all’estero, non fosse applicabile. Si argomentava che l’acquisizione non era avvenuta direttamente da un privato, ma tramite un OEI, e che non era stato accertato il “consenso del legittimo titolare” dei dati.
2. Violazione di norme processuali e diritti fondamentali: Veniva lamentata l’impossibilità di verificare le modalità di formazione e acquisizione originaria dei dati da parte dell’autorità francese, inclusa la procedura di decriptazione, con conseguente violazione del diritto di difesa.
3. Necessità di autorizzazione giudiziaria: Si contestava la legittimità dell’acquisizione dei dati senza una previa autorizzazione del giudice, ritenuta necessaria per la tutela della privacy e della segretezza delle comunicazioni.

La difesa ha inoltre proposto di sollevare una questione pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea per verificare la conformità della normativa nazionale con il diritto europeo.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso infondato, basando la sua decisione sui principi recentemente affermati dalle Sezioni Unite (sent. n. 23755/2024). Le motivazioni sono articolate e toccano tutti i punti sollevati dalla difesa.

Distinzione tra Acquisizione e Circolazione della Prova

Il punto centrale della decisione è la distinzione tra la disciplina per la formazione della prova e quella per la sua circolazione. La Corte chiarisce che l’Ordine Europeo di Indagine utilizzato nel caso di specie non mirava a compiere un nuovo atto investigativo (come un’intercettazione), ma a ottenere prove già esistenti e già in possesso dell’autorità giudiziaria francese.

In questo scenario, non si applicano le norme sulla formazione della prova (come quelle sulle intercettazioni o sull’acquisizione diretta di dati ex art. 234-bis c.p.p.), bensì quelle sulla circolazione di prove tra procedimenti diversi, contenute negli articoli 238 e 270 del codice di procedura penale. Questa disciplina non richiede un intervento preventivo e autorizzativo del giudice per l’acquisizione.

Poteri del Pubblico Ministero nell’Emissione dell’OEI

Di conseguenza, la Corte afferma che il pubblico ministero è legittimato a emettere un Ordine Europeo di Indagine per acquisire prove già formate all’estero, senza necessità di una preventiva autorizzazione del giudice del procedimento. L’unico presupposto richiesto dalla Direttiva 2014/41/UE è che l’atto di indagine richiesto avrebbe potuto essere compiuto alle stesse condizioni in un caso interno analogo. Poiché in Italia il PM può acquisire prove da un altro procedimento senza autorizzazione del giudice, la condizione è rispettata.

Presunzione di Legittimità e Onere della Prova

La sentenza ribadisce il principio di reciproco affidamento tra le autorità giudiziarie degli Stati membri dell’UE. Esiste una presunzione di legittimità e di conformità ai diritti fondamentali dell’attività svolta dall’autorità straniera. Pertanto, spetta alla parte che ne ha interesse, cioè la difesa, allegare e provare in modo specifico e concreto l’eventuale violazione di diritti fondamentali avvenuta nel corso dell’acquisizione originaria della prova. Deduzioni generiche non sono sufficienti a superare tale presunzione.

Infine, la Corte ha escluso la necessità di sollevare una questione pregiudiziale alla Corte di Giustizia Europea, ritenendo il quadro normativo e giurisprudenziale sufficientemente chiaro e non ravvisando dubbi interpretativi ragionevoli.

Le Conclusioni

La sentenza n. 33876/2024 consolida un orientamento giurisprudenziale di fondamentale importanza per la cooperazione giudiziaria in materia penale. Le conclusioni pratiche sono significative:

* L’acquisizione di prove digitali già raccolte da un’autorità giudiziaria di un altro Stato membro tramite Ordine Europeo di Indagine è un atto di circolazione probatoria, non di formazione.
* Il pubblico ministero italiano ha il potere di emettere autonomamente l’OEI in questi casi, senza chiedere il permesso a un giudice.
* L’operato dell’autorità straniera si presume legittimo. La difesa che intende contestare la prova deve fornire elementi specifici che dimostrino una violazione dei diritti fondamentali, non potendosi limitare a contestazioni generiche sulla mancata conoscenza delle modalità operative estere.

Il Pubblico Ministero può usare un Ordine Europeo di Indagine per acquisire chat criptate senza l’autorizzazione di un giudice?
Sì. Secondo la Corte, se le chat sono già state acquisite e sono in possesso di un’autorità giudiziaria straniera, il Pubblico Ministero italiano può richiederne la trasmissione tramite OEI senza una preventiva autorizzazione del giudice, poiché si tratta di un atto di circolazione della prova e non di formazione.

L’acquisizione di dati dall’estero tramite OEI richiede il consenso del titolare dei dati?
No. La procedura dell’OEI, che regola la cooperazione tra autorità giudiziarie, è distinta e alternativa a quella prevista dall’art. 234-bis c.p.p., che riguarda l’acquisizione diretta di dati da un fornitore di servizi e che in alcuni casi prevede il consenso. Quando si agisce tramite OEI verso un’altra autorità giudiziaria, tale consenso non è un requisito.

È onere dell’accusa dimostrare che l’autorità straniera ha agito legalmente?
No. Vige un principio di presunzione di legittimità dell’attività svolta dall’autorità giudiziaria di un altro Stato membro. È onere della difesa, qualora lamenti una violazione dei diritti fondamentali, allegare e provare i fatti specifici da cui tale violazione deriverebbe.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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