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Ordine Europeo di Indagine: chat estere come prova

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso contro una misura cautelare per traffico di stupefacenti, confermando l’utilizzabilità delle chat criptate acquisite tramite un Ordine Europeo di Indagine. La sentenza stabilisce che tali dati, già raccolti da autorità estere, costituiscono acquisizione di documenti e non intercettazioni, non necessitando di preventiva autorizzazione italiana. Viene inoltre ribadito l’obbligo per il giudice del rinvio di attenersi ai principi della sentenza di annullamento, anche in presenza di successivi mutamenti giurisprudenziali.

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Pubblicato il 15 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ordine Europeo di Indagine e Chat Criptate: La Cassazione Fa Chiarezza sulla Prova Digitale

In un’era dominata dalla comunicazione digitale, la cooperazione giudiziaria internazionale assume un ruolo cruciale nella lotta alla criminalità. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato un tema di grande attualità: l’utilizzabilità delle chat criptate ottenute da autorità estere tramite un Ordine Europeo di Indagine (OEI). Questa decisione offre importanti chiarimenti su come la prova digitale transfrontaliera si inserisce nel nostro ordinamento giuridico.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da un’indagine per traffico internazionale di stupefacenti. Un soggetto era stato sottoposto a misura cautelare sulla base di un grave quadro indiziario, composto in larga parte da conversazioni avvenute su una piattaforma di messaggistica criptata. Tali conversazioni non erano state intercettate direttamente dalle autorità italiane, ma erano state acquisite e decrittate dalle autorità giudiziarie francesi nell’ambito di un loro separato procedimento penale. Successivamente, il Pubblico Ministero italiano aveva ottenuto questi dati attraverso l’emissione di un Ordine Europeo di Indagine.

La difesa dell’indagato ha contestato la legittimità di questa acquisizione, sostenendo che si trattasse di una vera e propria intercettazione di comunicazioni, avvenuta senza il preventivo provvedimento autorizzativo del giudice italiano, come richiesto dalle norme del codice di procedura penale a tutela della segretezza delle comunicazioni.

La Questione Giuridica nell’Uso dell’Ordine Europeo di Indagine

Il cuore della controversia risiedeva nella corretta qualificazione giuridica dell’attività svolta. Si trattava di acquisizione di documenti informatici da un procedimento estero, oppure di un’attività di intercettazione illecita perché priva dell’autorizzazione del giudice italiano?

La Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi sul ricorso contro la decisione del Tribunale del Riesame, ha dovuto stabilire se le garanzie procedurali italiane fossero state violate. Un aspetto peculiare del caso era che si trattava di un giudizio di rinvio: la stessa Cassazione aveva già annullato una precedente decisione, fornendo al Tribunale specifici criteri da seguire per la nuova valutazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, ritenendo infondate le censure della difesa e confermando la piena utilizzabilità delle chat criptate. I giudici hanno chiarito che il Tribunale del riesame ha correttamente seguito le indicazioni fornite nella precedente sentenza di annullamento.

Il punto centrale della decisione è la distinzione tra l’acquisizione di dati in fase ‘statica’ e quella in fase ‘dinamica’. L’acquisizione di comunicazioni già avvenute, registrate e decrittate da un’autorità estera nel corso di un proprio legittimo procedimento, rientra nella prima categoria. In questo scenario, l’Ordine Europeo di Indagine funge da strumento per il trasferimento di prove già esistenti, equiparabile all’acquisizione di documenti o atti di un altro procedimento penale. Non si tratta, quindi, di un’intercettazione in tempo reale (‘dinamica’), che richiederebbe il rispetto delle più stringenti garanzie previste dalla legge italiana.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte si fonda su diversi pilastri. In primo luogo, il principio del mutuo riconoscimento delle decisioni giudiziarie all’interno dell’Unione Europea, che è alla base dell’Ordine Europeo di Indagine. L’attività investigativa svolta in Francia era stata autorizzata dal giudice francese secondo la legislazione locale. L’autorità italiana, nel ricevere tali dati, non deve riesaminare la legittimità originaria dell’indagine estera, ma deve verificare che il loro utilizzo nel processo italiano non violi i diritti fondamentali della difesa.

In secondo luogo, la Corte ha sottolineato che il Tribunale ha correttamente qualificato l’operazione come ‘acquisizione di documentazione informatica’. Di conseguenza, le norme di riferimento non sono quelle sulle intercettazioni (art. 266 e ss. c.p.p.), bensì quelle sull’acquisizione di atti da altri procedimenti (art. 238 c.p.p.).

Infine, la sentenza ha ribadito un importante principio processuale: il giudice del rinvio è strettamente vincolato ai principi di diritto enunciati dalla Cassazione nella sentenza di annullamento. Questo obbligo permane anche se, nel frattempo, dovesse intervenire un diverso orientamento giurisprudenziale, come una pronuncia delle Sezioni Unite. Nel caso specifico, il Tribunale doveva attenersi a quanto stabilito dalla Sezione Sesta nella sentenza rescindente, e così ha fatto.

Le Conclusioni

Questa pronuncia consolida un orientamento fondamentale per le indagini nell’era digitale. Stabilisce che le prove digitali, come le chat criptate, legalmente raccolte da uno Stato membro dell’UE, possono essere legittimamente utilizzate in Italia attraverso lo strumento dell’Ordine Europeo di Indagine. La chiave di volta è la natura ‘statica’ del dato, già cristallizzato come prova in un altro ordinamento. Questa interpretazione bilancia efficacemente le esigenze investigative di contrasto alla criminalità organizzata transnazionale con la tutela dei diritti fondamentali, assicurando che il controllo del giudice italiano si concentri sulla corretta applicazione delle garanzie difensive nel contesto nazionale.

Le chat criptate ottenute da un’autorità estera tramite Ordine Europeo di Indagine sono utilizzabili in un processo italiano?
Sì, la Corte di Cassazione ha stabilito che sono utilizzabili. Vengono qualificate come acquisizione di documentazione informatica da un altro procedimento penale e non come intercettazioni che richiederebbero una specifica autorizzazione preventiva del giudice italiano, a condizione che i dati siano già stati raccolti (‘fase statica’) dall’autorità estera.

Il giudice italiano deve autorizzare nuovamente l’attività di indagine svolta all’estero per poter usare le prove raccolte?
No. Per l’acquisizione di dati già esistenti e raccolti legittimamente da un’autorità giudiziaria di un altro Stato UE, non è necessaria una nuova autorizzazione. Il controllo del giudice italiano si concentra sul rispetto dei diritti fondamentali e delle garanzie difensive nel momento in cui la prova viene trasferita e utilizzata nel procedimento italiano.

Un giudice, a cui il caso è stato rinviato dalla Cassazione, può applicare una nuova sentenza delle Sezioni Unite emessa nel frattempo?
No. Secondo la sentenza in esame, il giudice del rinvio ha l’obbligo assoluto e inderogabile di conformarsi ai principi di diritto stabiliti nella specifica sentenza di annullamento che ha originato il suo giudizio, anche qualora sia successivamente intervenuto un mutamento di giurisprudenza, persino da parte delle Sezioni Unite.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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