Ordine di Espulsione: Perché la Cassazione Dichiara Inammissibile il Ricorso
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il ricorso in sede di legittimità non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito dei fatti. La pronuncia analizza il caso di un cittadino straniero condannato per non aver ottemperato a un ordine di espulsione, chiarendo i limiti entro cui è possibile impugnare una sentenza di condanna e le conseguenze di un ricorso manifestamente infondato.
I Fatti di Causa
Il caso ha origine da una sentenza del Giudice di Pace di Treviso, che aveva condannato un cittadino straniero per il reato previsto dall’art. 14, comma 5-ter, del D.Lgs. 286/98. Questa norma punisce lo straniero che, senza giustificato motivo, si trattiene nel territorio dello Stato in violazione di un ordine di allontanamento impartito dal Questore. Il giudice di merito aveva ritenuto provata la responsabilità penale dell’imputato, evidenziando che egli era a conoscenza del provvedimento di espulsione e non vi aveva adempiuto, senza fornire alcuna valida giustificazione.
Contro tale decisione, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando una presunta violazione di legge e un vizio di motivazione. Tuttavia, le sue argomentazioni, anziché concentrarsi su errori di diritto, miravano a una riconsiderazione dei fatti e a una nuova valutazione delle prove, proponendo una lettura alternativa del materiale probatorio.
La Decisione della Corte: i Limiti del Ricorso per un Ordine di Espulsione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo manifestamente infondato. I giudici hanno sottolineato che il ricorrente, pur lamentando formalmente violazioni di legge, stava in realtà sollecitando apprezzamenti di merito. Questo tipo di richiesta è estranea al giudizio di legittimità, il cui scopo non è rivalutare come sono andati i fatti, ma controllare che la legge sia stata applicata correttamente e che la motivazione della sentenza impugnata sia logica e coerente.
La Corte ha osservato che la sentenza del Giudice di Pace era basata su una motivazione adeguata e non manifestamente illogica. Il giudice di primo grado aveva correttamente dimostrato la sussistenza del reato, sia sotto il profilo oggettivo (la permanenza illegale sul territorio) sia soggettivo (la consapevolezza dell’ordine e la volontà di non rispettarlo). Pertanto, il tentativo del ricorrente di offrire una diversa interpretazione delle prove è stato considerato un’operazione non consentita in sede di Cassazione.
Le motivazioni
La motivazione della Corte si fonda sulla netta distinzione tra il giudizio di merito e il giudizio di legittimità. La Cassazione non è un ‘terzo giudice’ dei fatti. Il suo compito è assicurare l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge. Di conseguenza, non può accogliere ricorsi che chiedono di riconsiderare le prove già valutate dai giudici dei gradi precedenti, a meno che la motivazione della loro decisione non sia palesemente illogica, contraddittoria o del tutto assente.
Nel caso specifico, la Corte ha stabilito che il ragionamento del Giudice di Pace era coerente e ben fondato. L’imputato non si era confrontato in modo specifico con tale ragionamento, limitandosi a proporre una propria versione dei fatti. Questa impostazione rende il ricorso inammissibile. La Suprema Corte ha inoltre condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende, non ravvisando elementi che potessero escludere la colpa nella proposizione di un ricorso infondato.
Le conclusioni
Questa ordinanza riafferma un principio cruciale per chi intende impugnare una sentenza penale. Non è sufficiente essere in disaccordo con la decisione del giudice; è necessario individuare specifici errori di diritto o vizi logici nella motivazione. Proporre un ricorso basato unicamente su una diversa interpretazione dei fatti equivale a chiedere alla Cassazione un’operazione che non le compete, con il risultato quasi certo di una declaratoria di inammissibilità e di un’ulteriore condanna economica. Per i cittadini stranieri destinatari di un ordine di espulsione, ciò significa che l’unica via per contestare una condanna è dimostrare un errore nell’applicazione della normativa sull’immigrazione o un’evidente illogicità nella sentenza, non semplicemente riproporre le proprie giustificazioni.
Quando un ricorso in Cassazione viene considerato inammissibile?
Un ricorso in Cassazione viene considerato inammissibile quando è manifestamente infondato, ovvero quando solleva questioni di merito (una nuova valutazione dei fatti) anziché questioni di legittimità (errori nell’applicazione della legge o vizi logici della motivazione).
Cosa significa che la Corte di Cassazione non entra nel merito della vicenda?
Significa che la Corte non riesamina le prove o i fatti per stabilire una propria verità, ma si limita a controllare che il giudice precedente abbia applicato correttamente le norme giuridiche e abbia motivato la sua decisione in modo logico e coerente.
Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile in questo caso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, come in questo caso, al versamento di una somma di denaro (tremila euro) in favore della Cassa delle ammende, poiché si presume la colpa nell’aver presentato un ricorso senza fondamento.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 12127 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 12127 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
ODIGIE COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 11/10/2023 del GIUDICE DI PACE di TREVISO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Visti gli atti.
Esaminati il ricorso e la sentenza impugnata.
Rilevato che il ricorrente NOME pur lamentando violazione di legge e vizio di motivazione sollecita, in realtà, apprezzamenti di merito estranei al giudizio di legittimità e che, pertanto, l’impugnazione è manifestamente infondata;
Considerato, infatti, che il Giudice di pace di Treviso – con motivazione adeguata e non manifestamente illogica – ha ritenuto dimostrata la sussistenza del reato di cui all’art.14, comma 5 -ter, d.lgs. 286/98 con riferimento sia all’elemento oggettivo sia a quello soggettivo, evidenziando che l’imputato era a conoscenza del provvedimento di espulsione e che non vi aveva adempiuto senza fornire alcun giustificato motivo;
Rilevato, quindi, che il ricorrente propone una lettura alternativa del medesimo materiale probatorio che è operazione non consentita in sede di legittimità e che, comunque, non si confronta in modo specifico con il coerente ragionamento svolto dal Giudice di pace per giungere ad un giudizio di penale responsabilità;
Ritenuto, pertanto, che deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 7 marzo 2024.