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Ordine di espulsione: omessa motivazione annulla la pena

Un cittadino straniero, condannato per non aver rispettato un ordine di espulsione, ha presentato ricorso in Cassazione. La Suprema Corte ha respinto le eccezioni di incostituzionalità della norma e la tesi del ‘giustificato motivo’ legato alla povertà. Tuttavia, ha annullato la sentenza con rinvio perché il giudice di merito non aveva fornito alcuna motivazione sulla richiesta di concessione delle attenuanti generiche, violando un obbligo fondamentale.

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Pubblicato il 10 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ordine di espulsione: la Cassazione annulla la condanna per omessa motivazione

L’ordine di espulsione è uno strumento cruciale nel diritto dell’immigrazione, ma la sua applicazione deve rispettare rigorosi principi procedurali. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 13316/2024) lo ribadisce con forza, annullando una condanna non per ragioni di merito, ma per un vizio formale decisivo: la mancata motivazione del giudice sulla richiesta di attenuanti generiche. Analizziamo il caso.

I Fatti di Causa

Un cittadino straniero veniva condannato dal Giudice di Pace di Trento per il reato previsto dall’art. 14, comma 5-ter, del D.Lgs. 286/1998. L’accusa era quella di essersi trattenuto illegalmente nel territorio nazionale senza un giustificato motivo, violando un ordine di espulsione emesso dal Questore. Il giudice di primo grado aveva ritenuto l’imputato colpevole, applicando la pena minima e considerando generiche le giustificazioni addotte circa la mancanza di risorse economiche.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

L’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso alla Suprema Corte basandosi su tre motivi principali:

1. Illegittimità Costituzionale: Si sosteneva che la norma fosse in contrasto con gli articoli 3, 27 e 97 della Costituzione, ritenendo la sanzione pecuniaria (da 10.000 a 20.000 euro) irragionevole e priva di finalità rieducativa per chi è privo di mezzi.
2. Mancanza di Giustificato Motivo: La difesa eccepiva che la condizione di clandestinità, l’assenza di documenti e di risorse economiche avrebbero dovuto essere considerate come un “giustificato motivo” idoneo a escludere il reato.
3. Difetto di Motivazione: Il ricorso evidenziava come il Giudice di Pace avesse completamente omesso di motivare il diniego delle circostanze attenuanti generiche, pur essendo state specificamente richieste in udienza.

L’analisi della Cassazione sull’ordine di espulsione

La Corte di Cassazione ha esaminato i tre motivi, giungendo a conclusioni diverse per ciascuno.

La questione di legittimità costituzionale è stata dichiarata manifestamente infondata. I giudici hanno ricordato che l’attuale formulazione della norma, che prevede una multa anziché la detenzione, è il risultato dell’adeguamento dell’Italia a direttive europee (Direttiva 2008/115/CE) e a sentenze della Corte di Giustizia UE. La scelta del legislatore di sostituire il carcere con una sanzione pecuniaria è considerata una decisione discrezionale e non irragionevole.

Anche il secondo motivo è stato respinto. La Corte ha ribadito il suo orientamento consolidato: la condizione di difficoltà economica o la mancanza di documenti non costituiscono un “giustificato motivo” per disobbedire a un ordine di espulsione. Spetta allo straniero dimostrare di essersi attivato concretamente per lasciare il Paese, non potendo semplicemente addurre una condizione di disagio socio-economico.

Il terzo motivo, invece, è stato accolto.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha accolto il terzo motivo del ricorso, ritenendolo fondato. Dagli atti processuali è emerso chiaramente che la difesa aveva chiesto l’applicazione delle circostanze attenuanti generiche previste dall’art. 62-bis del codice penale. Tuttavia, la sentenza del Giudice di Pace non conteneva alcuna argomentazione in merito. Non spiegava perché tale richiesta fosse stata respinta.

Questo silenzio costituisce un grave vizio di “omessa motivazione”. Il giudice ha l’obbligo di fornire una risposta argomentata a tutte le istanze presentate dalle parti. Non può semplicemente ignorarle. La mancanza di una motivazione, anche minima, sul diniego delle attenuanti impedisce di comprendere l’iter logico-giuridico seguito dal giudice e viola il diritto di difesa dell’imputato.

Di conseguenza, la Cassazione ha stabilito che la sentenza doveva essere annullata su questo specifico punto.

Conclusioni

La Suprema Corte ha annullato la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio, rinviando il caso a un nuovo Giudice di Pace di Trento. Quest’ultimo dovrà riesaminare la richiesta di concessione delle attenuanti generiche e, questa volta, motivare adeguatamente la sua decisione, qualunque essa sia. Il resto del ricorso è stato rigettato, confermando la colpevolezza dell’imputato per il reato contestato.

Questa pronuncia sottolinea un principio fondamentale del nostro ordinamento: ogni decisione giurisdizionale deve essere motivata. Anche quando un reato è accertato, la determinazione della pena deve seguire un percorso logico e trasparente, dando conto delle richieste della difesa.

La condizione di povertà o la mancanza di documenti giustificano la permanenza in Italia dopo un ordine di espulsione?
No. Secondo la giurisprudenza costante della Cassazione, confermata in questa sentenza, il mero disagio socio-economico o l’assenza di documenti validi per l’espatrio non costituiscono un “giustificato motivo” che esclude il reato di inottemperanza all’ordine del Questore.

Perché la multa prevista per chi non rispetta l’ordine di espulsione non è incostituzionale?
La Corte ha ritenuto la questione infondata perché la sanzione pecuniaria ha sostituito una precedente pena detentiva, in linea con le direttive dell’Unione Europea. Si tratta di una scelta del legislatore per rendere la sanzione compatibile con il diritto europeo, pur mantenendo un deterrente penale, e non è considerata né irragionevole né priva di finalità rieducativa.

Cosa accade se un giudice non spiega perché nega le circostanze attenuanti generiche?
La sentenza è viziata da “omessa motivazione”. Come stabilito in questo caso, tale vizio comporta l’annullamento della sentenza sul punto relativo alla pena, con rinvio a un nuovo giudice che dovrà riesaminare la richiesta e fornire una motivazione esplicita per la sua decisione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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