Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 28987 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 28987 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 10/07/2025
SENTENZA
Sul ricorso presentato da:
COGNOME NOMECOGNOME nato a Napoli il 30/07/1984, avverso l’ordinanza del 06/03/2025 del Tribunale di Napoli
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Cons. NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Dr. NOME COGNOME che ha conclu per l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.
PREMESSO IN FATTO
Con ordinanza in data 06/03/2025, il Tribunale di Napoli, in funzione di giudi dell’esecuzione, rigettava l’istanza di revoca dell’ordine di demolizione dell’immobile s Napoli, INDIRIZZO avanzata da NOME COGNOME terzo acquirente di buona fede dell’immobile giusto atto di compravendita in data 30 maggio 2017.
Avverso detta ordinanza propone ricorso il COGNOME.
2.1. Con un primo motivo lamenta violazione di legge e segnatamente dell’articolo 8 dell CEDU in relazione all’articolo 31, comma 9, d.P.R. 380/2001, per violazione del principio proporzionalità, laddove ha ritenuto di assegnare funzione anticipatoria al provvedimento co cui il comune di Napoli ha dichiarato la propria mera intenzione di revocare il condono edil già rilasciato in data 01/04/2008, senza attendere il completamento dell’iter amministrativ senza considerare che il ricorrente vive assieme alla moglie e ai figli in tenera età nella mod abitazione di INDIRIZZO
Va altresì rilevato che l’ampliamento asseritamente abusivo Consiste semplicemente in un terrazzo, per il quale nel 2008 era stato rilasciato il condono edilizio ai sensi della I. 724
2.2. Con un secondo motivo lamenta violazione di legge e segnatamente degli articoli 321 e 324 comma 7 e 309 comma 9 cod. proc. pen..
Il Tribunale del riesame ritiene che il sequestro avrebbe dovuto essere disposto anche ai sensi dell’articolo 321 comma 2 cod. proc. pen., trattandosi di confisca obbligatoria ex art comma 2 d.P.R. 380/2001, ma in tal modo va ultrapetita, in quanto il sequestro era stato chiesto solo per il comma 1 dell’art. 321 cod. proc. pen..
Il Tribunale ha poi omesso ogni valutazione in relazione alla violazione del principio correttezza dell’attività amministrativa e al legittimo affidamento ingenerato nell’od ricorrente.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Va preliminarmente evidenziato che l’ordine di demolizione delle opere abusive emesso dal giudice penale ha carattere reale e natura di sanzione amministrativa a contenut ripristinatorio e deve pertanto essere eseguito nei confronti di tutti i soggetti che sono in ra col bene e vantano su di esso un diritto reale o personale di godimento, anche se si tratt soggetti estranei alla commissione del reato (La Corte ha precisato in motivazione che comunque, la mancata condanna del terzo per concorso nell’abuso edilizio non implica necessariamente una posizione di buona fede rispetto ad esso). (Sez. 3, n. 47281 del 21/10/2009 Cc. (dep. 11/12/2009) Rv. 245403 – 01), di talché la deduzione difensiva secondo cui l’odierno ricorrente è terzo acquirente e vanterebbe un legittimo affidamento sulla corrette dell’attività amministrativa perde immediatamente di consistenza.
Ciò posto, nel caso oggetto del presente scrutinio non può invocarsi la violazione de principio di proporzionalità.
Va premesso che esso presuppone (Sez. 3, n. 18467 del 16/05/2025, Colella) la cogenza dell’ordine di demolizione dell’opera abusivamente realizzata e la sua inderogabile funzion
ripristinatoria di un «ordine urbanistico» tuttora violato, non potendo essere utilizza eludere tale funzione con il rischio di legittimare ex post, nei fatti, condotte costituenti reato e di consolidarne il relativo prodotto/profitto. Esso si frappone all’esecuzione dell’or demolizione per ragioni estranee alla adozione dell’ordine stesso; esso non incide nella fa deliberativa dell’ordine, bensì in quella esecutiva.
Per tale ragione, i fatti addotti a sostegno del rispetto del principio di proporzionalità essere allegati (e accertati) in modo rigoroso, dovendosene far carico (quantomeno sul piano dell’allegazione) chi intende avvalersene per paralizzare (per vero comunque temporaneamente dovendosi escludere una revoca definitiva) il ripristino di un ordine violato. In altri t principio di proporzionalità non può essere indiscriminatamente e genericamente dedotto e utilizzato per legittimare la violazidine dell’ordine di demolizione irrevocabilme necessariamente impartito dal giudice, poiché a tanto si arriverebbe opponendo sempre e comunque la violazione del domicilio o di altri diritti o interessi personali.
Ciò posto, la Corte ha evidenziato che la verifica del rispetto del principio in parola ritenersi ristretta nell’ambito del rapporto tra interesse pubblico alla tutela del territorio del diritto di proprietà e delle relative forme immediate e dirette di godimento» come riguard l’autore e/o proprietario dell’immobile assieme, al più, al suo diretto e formale nucleo fam (Sez. 3, n. 29117 del 18/07/2024, Aurioso, n.m.).
Non può certo ricondursi a tale forma di tutela l’utilizzo di un «terrazzo» (realizzato, si legge nell’ordinanza impugnata, a copertura del corpo di fabbrica abusivo), quale quel oggetto di ampliamento, posto che, inequivocabilmente, esso non può dirsi funzionale al dirett esercizio del primario diritto di abitazione, ma costituisce pertinenza eventuale della stess quanto destinato in modo durevole e funzionale al suo servizio.
La doglianza è pertanto manifestamente infondata e priva di ogni rilievo l’ulteriore censu relativa all’anticipazione del giudizio rispetto alla conclusione del procedimento amministra di revoca del condono, svolto in funzione ancillare rispetto alla unica doglianza formalmen proposta, nonché quella relativa alla forma di sequestro preventivo adottata.
Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Alla declaratoria dell’inammissibilità consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’o delle spese del procedimento. Tenuto altresì conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa d inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 6 cod. proc. pen., l’onere del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, che il Collegio ritiene di fissare, equitativamente, in euro 3.000,00.
5. La presente motivazione viene redatta in forma semplificata ai sensi del decreto n. 68 d
28/4/2016 del Primo Presidente della Corte di cassazione.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spe processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. •
Così deciso il 10/07/2025.