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Ordine di demolizione: ricorso inammissibile se generico

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di due privati contro un ordine di demolizione per un immobile abusivo. La Corte ha stabilito che l’appello era generico e non contestava in modo specifico le prove presentate in giudizio, le quali dimostravano che la richiesta di condono edilizio si riferiva a un immobile diverso da quello oggetto della demolizione. La decisione sottolinea l’importanza di formulare ricorsi specifici che affrontino direttamente le motivazioni della sentenza impugnata.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ordine di demolizione: quando un condono non basta a salvarlo

Un ordine di demolizione rappresenta la fase finale e più drastica della lotta all’abusivismo edilizio. Tuttavia, cosa accade se i proprietari sostengono di aver regolarizzato l’immobile tramite un condono? Una recente sentenza della Corte di Cassazione chiarisce un punto fondamentale: se il condono si riferisce a un immobile diverso da quello da abbattere, e il ricorso contro la decisione del giudice è generico, l’esito è segnato. Vediamo i dettagli di questa interessante pronuncia.

I fatti del caso: l’ordinanza di demolizione e il condono conteso

La vicenda giudiziaria ha origine da un ordine di demolizione emesso nei confronti di due coniugi per un immobile realizzato abusivamente. I proprietari si oppongono all’esecuzione, sostenendo di aver ottenuto una concessione in sanatoria per l’edificio in questione. Inizialmente, un giudice aveva dato loro ragione, revocando l’ordine. Tuttavia, la Procura aveva impugnato questa decisione e la Corte di Cassazione, in un precedente giudizio, aveva annullato il provvedimento, rinviando il caso a un nuovo giudice per una valutazione più approfondita.

Il nuovo giudice dell’esecuzione, esaminando la documentazione, ha respinto la richiesta di revoca della demolizione. La ragione era chiara: i titoli di condono presentati dai coniugi si riferivano a un immobile adiacente, ma non a quello oggetto della condanna e del conseguente ordine di abbattimento. A comprovare ciò, vi erano delle note del Comune e della Polizia Municipale che attestavano come l’immobile da demolire fosse stato ultimato ben oltre la data limite per poter accedere al condono edilizio (31 dicembre 1993).

L’appello e le ragioni dei ricorrenti

Non soddisfatti, i coniugi hanno presentato un nuovo ricorso in Cassazione. Le loro argomentazioni si basavano principalmente su due punti:
1. Il giudice dell’esecuzione non avrebbe valutato la validità del titolo originario, ovvero la sentenza di condanna, che a loro dire era vaga nell’identificare gli immobili abusivi.
2. Il giudice si sarebbe limitato a seguire il parere della Procura, senza svolgere un’analisi autonoma e approfondita per stabilire la corrispondenza tra gli immobili condonati e quelli da demolire.

La decisione della Cassazione sull’ordine di demolizione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Secondo i giudici supremi, le argomentazioni dei ricorrenti erano generiche e non si confrontavano in modo specifico con il nucleo centrale della decisione impugnata. Il giudice dell’esecuzione, infatti, aveva basato la sua decisione su prove documentali precise (le note del Comune e della Polizia Municipale) che dimostravano come l’immobile oggetto dell’ordine di demolizione fosse stato completato in epoca successiva ai termini del condono e fosse diverso da quello sanato.

le motivazioni

La motivazione della Cassazione si fonda su un principio cardine del processo: l’onere di specificità del ricorso. I ricorrenti non possono limitarsi a riproporre le loro tesi in modo generico, ma devono attaccare punto per punto le ragioni della decisione che contestano. In questo caso, avrebbero dovuto contestare le prove documentali che dimostravano la non coincidenza tra l’immobile abusivo e quello condonato. Non facendolo, il loro ricorso è risultato privo di quella “correlazione” necessaria tra le ragioni dell’appello e quelle della sentenza, cadendo nel vizio di aspecificità e, di conseguenza, nell’inammissibilità.

le conclusioni

Questa sentenza ribadisce un concetto fondamentale: per opporsi efficacemente a un ordine di demolizione, non è sufficiente affermare di avere un titolo in sanatoria. È indispensabile dimostrare, con prove concrete, che quel titolo si riferisce esattamente all’immobile oggetto dell’esecuzione. Inoltre, insegna che un ricorso in Cassazione deve essere chirurgico, andando a smontare le specifiche argomentazioni del giudice precedente, pena la sua inammissibilità e la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Quando un ricorso contro un ordine di demolizione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando è generico e non contesta in modo specifico e puntuale le ragioni di fatto e di diritto su cui si basa la decisione impugnata, come ad esempio le prove documentali sull’identità dell’immobile.

È possibile bloccare una demolizione con un condono edilizio?
Sì, ma solo se il provvedimento di condono si riferisce in modo inequivocabile all’immobile oggetto dell’ordine di demolizione e se sono stati rispettati tutti i requisiti di legge, inclusa la data di ultimazione dei lavori entro i termini previsti dalla normativa sul condono.

Cosa accade se un immobile abusivo è stato ultimato dopo la scadenza dei termini per il condono?
L’immobile non è suscettibile di sanatoria ai sensi di quella specifica legge di condono. Di conseguenza, l’ordine di demolizione, se legittimamente emesso, rimane pienamente valido ed efficace e deve essere eseguito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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