Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 7720 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 7720 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 30/03/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME NOME nato a PAOLA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 16/09/2022 del TRIBUNALE di PAOLA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del AVV_NOTAIO NOME COGNOME: inammissibilità del ricorso.
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RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Paola, in funzione di giudice dell’esecuzione, con ordinanza del 16 settembre 2022 ha respinto l’istanza di COGNOME NOME diretta ad ottenere la sospensione dell’ordine di demolizione del manufatto abusivo, o in subordine di accertare l’impossibilità della demolizione con l’accertamento della acquisizione dell’opera da parte del Comune o in alternativa determinare la sanzione pecuniaria sostitutiva della demolizione (ex art. 31 d.P.R. 380 del 2001), relativo alla sentenza del Tribunale di Paola del 24 maggio 2012, irrevocabile il 31 ottobre 2022.
2. COGNOME NOME ha proposto ricorso in cassazione, per i motivi di seguito enunciati, nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen.
2. 1. Illogicità della motivazione.
Il perito incaricato dal giudice dell’esecuzione ha chiarito in udienza, il 12 settembre 2022, la possibilità di sanatoria dell’opera attraverso la domanda di sanatoria presentata dal ricorrente (nel 2008 ed integrata nel 2012); nessuno ha però indagato sul ritardo del Comune nella definizione della pratica in sanatoria. Le opere per tipologia e destinazione urbanistica sono perfettamente sanabili. Questo rende illogica la motivazione dell’ordinanza impugnata che, invece, ritiene, non sanabili le opere (art. 36 d.P.R. 380 del 2001).
2. 2. Violazione di legge (art. 36 d.P.R. 380 del 2001); eccesso di potere per difetto di istruttoria.
Come risulta dall’attestato, rilasciato dal Comune di Paola, era stata presentata domanda di sanatoria ai sensi dell’art. 36 d.P.R. 380 del 2001; pratica ancora da definire.
Il tribunale di Paola ha qualificato gli interventi edilizi in oggetto come una nuova costruzione totalmente abusiva. Tuttavia, l’esistenza, documentata, di una istanza di sanatoria ex art. 36 d.P.R. 380 del 2001
per le difformità (e non per l’intero) rende illogica la motivazione dell’ordinanza che non ha tenuto conto della pratica in sanatoria.
2.3. Violazione di legge e vizio della motivazione relativamente all’ordinanza del Comune di Paola del 24 gennaio 2007 n. 22388, eccesso di potere.
Il giudice dell’esecuzione avrebbe dovuto accertare la tempestività della domanda in sanatoria, e il tipo di vincoli esistenti nella zona in oggetto, nonché il rispetto dei requisiti strutturali e di tempo per la sanabilità dell’abuso edilizio.
La GLYPH sanatoria GLYPH non GLYPH si GLYPH è GLYPH definita GLYPH in GLYPH considerazione dell’inadempimento del Comune; inoltre, l’omesso adempimento della demolizione entro i 90 giorni dalla notifica dell’originaria ingiunzione a demolire ha comportato l’acquisizione al patrimonio del Comune dell’opera abusiva e dell’area di pertinenza, senza necessità di un provvedimento formale.
Tuttavia, la norma prevede che, per le opere abusive divenute sanabili, il proprietario ha il diritto di ottenere l’annullamento dell’acquisizione dell’immobile al patrimonio del Comune (dopo il pagamento degli oneri previsti per la sanatoria). Conseguentemente l’istanza di sanatoria, presentata nelle ipotesi della sussistenza di tutti i presupposti, configura un interesse a richiedere la sospensione dell’ordine di demolizione in quanto la sanatoria farebbe annullare l’acquisizione dell’immobile al patrimonio del Comune.
Con l’acquisizione dell’immobile al patrimonio del Comune (verificatasi, nel caso in giudizio, automaticamente) il condannato è privato per la titolarità e disponibilità del bene e, quindi, viene a trovarsi nella condizione dell’impossibilità di eseguire l’ordine giudiziale di demolizione, se non compiendo un atto di intervento su cosa altrui (patrimonio del Comune).
Il giudice dell’esecuzione, pertanto, avrebbe dovuto rilevare l’impossibilità dell’esecuzione dell’ordine di demolizione, da parte del ricorrente. Solo all’amministrazione è rimessa, in via esclusiva, la
determinazione circa la demolizione dell’opera, ovvero il suo mantenimento in vista di una utilizzazione per finalità di pubblico interesse.
Per il privato la perdita giuridica della disponibilità dell’immobile (per l’automatica acquisizione dell’immobile al patrimonio del Comune) esclude la possibilità materiale di dare esecuzione all’ordine di demolizione.
Ha chiesto, pertanto, l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
La Procura Generale della Corte di Cassazione, Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME, ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
4. Il ricorso è inammissibile.
Il ricorrente dopo l’acquisizione dell’immobile alla pubblica amministrazione (come da lui stesso ritenuto nel ricorso in cassazione) non ha interesse e, comunque, il ricorso risulta generico e i motivi sono manifestamente infondati e articolati in fatto (art. 606, comma 3, del cod. proc. pen.).
L’acquisizione gratuita dell’opera abusiva al patrimonio disponibile della Pubblica amministrazione non è incompatibile con l’ordine di demolizione emesso dal giudice con la sentenza di condanna, e con la sua successiva esecuzione ad opera del Pubblico ministero, ostandovi soltanto la delibera consiliare che abbia stabilito l’esistenza di prevalenti interessi pubblici al mantenimento delle opere abusive. (vedi Sez. 3, n. 1904 del 18/12/2006 – dep. 23/01/2007, Turianelli, Rv. 235645).
L’acquisizione al patrimonio della Pubblica amministrazione come principale effetto fa venire meno l’interesse del ricorrente alla
revoca o alla sospensione dell’ordine di demolizione. Il bene, infatti, ormai è di proprietà dell’Ente e sullo stesso nessun interesse giuridico può essere rivendicato dal ricorrente (in tal senso già Sez. 3, 7 marzo 2017 – udienza del 6 ottobre 2016 – N. 10964, COGNOME, non massimata e Sez. 3, n. 45432 del 25/05/2016 – dep. 27/10/2016, COGNOME, Rv. 26813301). In tema di reati edilizi con l’acquisizione al patrimonio della Pubblica amministrazione dell’immobile abusivo viene meno l’interesse alla revoca o alla sospensione dell’ordine di demolizione da parte del precedente proprietario, ormai terzo estraneo alle vicende giuridiche dell’immobile.
Infatti, «L’interesse, quale condizione di ammissibilità dell’impugnazione, sussiste solo se il gravame è idoneo ad eliminare una decisione pregiudizievole per l’impugnante determinando per il medesimo una situazione pratica più vantaggiosa di quella esistente. (Fattispecie di richiesta al giudice dell’esecuzione di revoca di ordine di demolizione di opera abusiva già demolita dal medesimo richiedente)» (Sez. 3, n. 24272 del 24/03/2010 – dep. 24/06/2010, Abagnale, Rv. 24768501; vedi anche Sez. 6, n. 17686 del 07/04/2016 – dep. 28/04/2016, Conte, Rv. 26717201).
Il ricorrente, attualmente, risulta un terzo estraneo: “In tema di reati edilizi, l’acquisizione al patrimonio del Comune dell’immobile abusivo fa cessare l’interesse alla revoca o alla sospensione dell’ordine di demolizione in capo al responsabile dell’illecito. (In motivazione, la Corte ha precisato che il precedente proprietario del bene, a seguito del provvedimento acquisitivo, deve ritenersi terzo estraneo alle vicende giuridiche dell’immobile)” (Sez. 3, Sentenza n. 35203 del 18/06/2019 Cc., dep. 01/08/2019, Rv. 277500 – 01; vedi anche Sez. 3 -, Sentenza n. 7399 del 13/11/2019 Cc., dep. 25/02/2020, Rv. 278090 0).
L’acquisizione del bene al patrimonio del Comune, del resto, avviene in maniera automatica, senza necessità di formale provvedimento dell’ente: “L’ingiustificata inottemperanza all’ordine di demolizione dell’opera abusiva ed alla rimessione in pristino dello stato dei luoghi, entro novanta giorni dalla notifica dell’ingiunzione a demolire
emessa GLYPH dall’Autorità GLYPH amministrativa, GLYPH determina GLYPH l’automatica acquisizione gratuita al patrimonio comunale dell’opera e dell’area pertinente, indipendentemente dal fatto che l’ingiunzione contenga una puntuale indicazione delle aree eventualmente destinate a passare nel patrimonio comunale; ne deriva che, anche in caso di mancata indicazione di tali aree, l’indagato per il reato edilizio, oramai privo della disponibilità giuridica del bene, non è legittimato a chiederne il dissequestro e la restituzione” (Sez. 3, Sentenza n. 1163 del 15/11/2016 Cc. (dep. 11/01/2017 ) Rv. 268737 – 01).
4. 1. Nel nostro caso, comunque, deve osservarsi che il giudice dell’esecuzione, con motivazione adeguata, completa, immune da contraddizioni o da manifeste illogicità, ha rilevato come l’abuso edilizio si estende a tutto l’immobile “realizzato in difetto del necessario titolo abilitativo”; del resto, la perizia disposta ha accertato che la struttura “risulta essere completamente abusiva e non è possibile individuare una parte autorizzata”. Infine, l’ordinanza rileva l’impossibilità nella fattispecie in analisi della definizione secondo la procedura di “fiscalizzazione” di cui all’art. 34 del d.P.R. 380 del 2001, in quanto le opere sono realizzate in zona vincolata e del tutto sprovviste del titolo (“In tema di violazioni edilizie, la cd. procedura di fiscalizzazione dell’abuso di cui all’art. 34, comma 2, d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 secondo la quale, per le opere eseguite in parziale difformità, quando la demolizione non può avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità, il dirigente dell’ufficio preposto dispone, in luogo della demolizione, una sanzione ammnistrativa più elevata – non è mai applicabile alle opere realizzate in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, perché queste non possono essere mai essere ritenute “in parziale difformità”, atteso che tutti gli interventi realizzati in ta zona eseguiti in difformità dal titolo abilitativo si considerano in variazione essenziale e, quindi, in difformità totale rispetto all’intervento autorizzato” Sez. 3, Sentenza n. 1443 del 18/11/2019 Cc. (dep. 15/01/2020 ) Rv. 277724 – 01). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Inoltre, la costruzione è avvenuta anche in zona sismica: “In tema di reati edilizi, il rispetto del requisito della conformità delle opere
sia alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente al momento della realizzazione che a quella vigente al momento della presentazione della domanda di regolarizzazione (cd. “doppia conformità”), richiesto ai fini del rilascio del permesso di costruire in sanatoria ex artt. 36 e 45 d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, è da ritenersi escluso nel caso di edificazioni eseguite in assenza del preventivo ottenimento dell’autorizzazione sismica” (Sez. 3 – , Sentenza n. 2357 del 14/12/2022 Ud. (dep. 20/01/2023 ) Rv. 284058 – 01).
5. Sulla sanatoria il ricorso, comunque, risulta estremamente generico e non specifica gli elementi di fatto per far ritenere accoglibile (in un breve arco di tempo) l’istanza (“In tema di reati edilizi, l’ordine di demolizione impartito dal giudice con la sentenza di condanna è suscettibile di revoca quando risulti assolutamente incompatibile con atti amministrativi della competente autorità, che abbiano conferito all’immobile una diversa destinazione o ne abbiano sanato l’abusività, fermo restando il potere-dovere del giudice dell’esecuzione di verificare la legittimità dell’atto concessorio sotto il duplice profilo della sussistenza dei presupposti per la sua emanazione e dei requisiti di forma e di sostanza richiesti dalla legge per il corretto esercizio del potere di rilascio” Sez. 3, Sentenza n. 47402 del 21/10/2014 Cc. (dep. 18/11/2014) Rv. 260972 – 01).
Alla dichiarazione di inammissibilità consegue il pagamento in favore della Cassa delle ammende della somma di € 3.000,00, e delle spese del procedimento, ex art 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 30/03/2023