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Ordine di demolizione: quando si perde l’immobile

Un uomo ha impugnato l’ordine di demolizione di un immobile abusivo, originariamente intestato alla moglie defunta. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La motivazione principale è la carenza di interesse ad agire: una volta che l’immobile, a seguito dell’inottemperanza, è stato acquisito al patrimonio del Comune, l’ex proprietario non ha più titolo per chiederne la revoca. La speranza di una futura riassegnazione da parte del Comune non costituisce un interesse giuridicamente rilevante.

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Pubblicato il 25 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ordine di demolizione e Acquisizione al Comune: Quando si Perde l’Interesse ad Agire

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 1888 del 2024, torna su un tema cruciale in materia di abusi edilizi: le conseguenze della mancata ottemperanza a un ordine di demolizione. La pronuncia ribadisce un principio consolidato: una volta che l’immobile abusivo viene acquisito al patrimonio del Comune, il precedente proprietario perde l’interesse giuridico a contestare la demolizione, diventando a tutti gli effetti un soggetto estraneo alla vicenda.

I Fatti di Causa

Il caso nasce dal ricorso di un uomo, in qualità di terzo interessato, contro un’ordinanza della Corte d’Appello di Napoli. Quest’ultima aveva respinto la sua richiesta di annullare o revocare l’ordine di demolizione relativo a un immobile abusivo. L’ordine era scaturito da una sentenza di condanna, divenuta definitiva nel 1999, nei confronti della defunta moglie del ricorrente per reati edilizi. Il ricorrente sosteneva, tra le altre cose, la violazione di norme nazionali ed europee, argomentando che l’ordine di demolizione, eseguito a distanza di molti anni, costituisse una sanzione penale sproporzionata.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione non entra nel merito delle censure sollevate dal ricorrente, ma si ferma a un profilo preliminare e assorbente: la totale carenza di interesse del ricorrente a proporre l’istanza. Secondo i giudici, il punto centrale della questione è un evento giuridico ben preciso che precede e rende vana ogni successiva contestazione.

Le Motivazioni: L’Acquisizione al Comune e la Perdita dell’Interesse

Il cuore della motivazione della Cassazione risiede in un principio giuridico consolidato sia nella giurisprudenza penale che in quella amministrativa. Quando viene emesso un ordine di demolizione e il condannato non vi ottempera entro il termine stabilito, scatta un meccanismo automatico: l’immobile abusivo e l’area su cui sorge vengono acquisiti di diritto al patrimonio del Comune.

Questo trasferimento di proprietà ha un effetto dirimente: il precedente proprietario (o i suoi eredi) perde ogni diritto sul bene e, di conseguenza, ogni interesse giuridicamente tutelato a chiederne la revoca o la sospensione. Diventa, per usare le parole della Corte, un “terzo estraneo alle vicende giuridiche dell’immobile”.

L’unico interesse che potrebbe residuare in capo al condannato è quello di chiedere la revoca dell’ordine al solo fine di provvedere spontaneamente alla demolizione a proprie spese, per evitare che lo faccia l’amministrazione comunale addebitandogli i costi. Ogni altra richiesta è priva di fondamento giuridico.

La Corte ha inoltre qualificato come “prettamente congetturale” e “autoreferenziale” l’argomentazione secondo cui il ricorrente avrebbe un interesse legato alla speranza che il Comune possa, un giorno, deliberare di mantenere l’immobile per soddisfare esigenze abitative pubbliche, magari assegnandolo proprio agli originari occupanti. Questa mera aspettativa di fatto non costituisce un interesse concreto e attuale che possa legittimare un’azione giudiziaria.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

La sentenza riafferma con chiarezza la perentorietà delle conseguenze legate alla mancata esecuzione di un ordine di demolizione. Per i proprietari di immobili colpiti da tale provvedimento, le implicazioni sono nette:

1. Termini perentori: Il tempo concesso per demolire è un termine invalicabile, la cui scadenza innesca la perdita della proprietà.
2. Perdita della proprietà: L’acquisizione al patrimonio comunale è un effetto automatico e non discrezionale, che estingue il diritto di proprietà del privato.
3. Irrilevanza di speranze future: Dopo l’acquisizione, non è più possibile impugnare l’ordine di demolizione basandosi sulla speranza di un futuro cambio di rotta da parte dell’amministrazione comunale. L’unica via percorribile resta l’adempimento, seppur tardivo, dell’ordine stesso.

In conclusione, questa pronuncia serve da monito: di fronte a un ordine di demolizione, l’inerzia non è una strategia percorribile e porta a una conseguenza irreversibile, la perdita definitiva del bene.

Cosa succede se non si rispetta un ordine di demolizione entro i termini stabiliti?
In caso di inottemperanza all’ordine di demolizione entro il termine assegnato, l’immobile abusivo e l’area di sedime vengono acquisiti di diritto e gratuitamente al patrimonio del Comune.

Dopo l’acquisizione dell’immobile abusivo da parte del Comune, l’ex proprietario può ancora chiedere la revoca dell’ordine di demolizione?
No. Secondo la giurisprudenza consolidata, l’ex proprietario perde l’interesse giuridico a chiedere la revoca o la sospensione dell’ordine, in quanto il bene non è più di sua proprietà. Diventa un soggetto estraneo alla vicenda giuridica dell’immobile.

La speranza che il Comune possa in futuro assegnare l’immobile per scopi abitativi costituisce un motivo valido per impugnare l’ordine di demolizione?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che questa è una mera aspettativa di fatto, di carattere puramente congetturale e autoreferenziale, e non costituisce un interesse giuridico concreto e attuale che possa giustificare un ricorso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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