Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 1888 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 1888 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: PAZIENZA VITTORIO
Data Udienza: 20/12/2023
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME, nato a Pollena Trocchia il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza emessa il 07/06/2023 dalla Corte d’Appello di Napoli visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 07/06/2023, la Corte d’Appello di Napoli, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’istanza – presentata da COGNOME NOMENOME in qualità di terzo interessato – di declaratoria di nullità ovvero, in subordine, d revoca dell’ordine di demolizione di un immobile abusivo disposto a seguito della sentenza di condanna emessa dalla Corte d’Appello in data 17/12/1998 (irrev. il 16/04/1999) nei confronti di COGNOME NOME (moglie del COGNOME successivamente deceduta), in relazione al reato di cui all’art. 20 lett. c) I. n. 4
del 1985, nonché delle contravvenzioni relative alla inosservanza delle disposizioni in tema di costruzioni in cemento armato e in zona sismica.
Ricorre per cassazione il COGNOME, a mezzo del proprio difensore, deducendo:
2.1. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento all’art. 173 cod. pen. e all’art. 6 CEDU. Si censura l’ordinanza per non essersi la Corte uniformata alla giurisprduenza sovranazionale secondo cui l’ordine di demolizione per un abuso edilizio costituisce sanzione penale quando intervenga a distanza di numerosi anni dalla scoperta dell’abuso.
2.2. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla illegittimità della procedura esecutiva per violazione del codice degli appalti.
Con requisitoria ritualmente trasmessa, il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO sollecita una declaratoria di inammissibilità del ricorso, ritenendo manifestamente infondate le censure difensive.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile, assumendo rilievo assorbente il difetto di interesse del ricorrente alla proposizione dell’istanza rigettata dalla Corte d’Appello di Napoli e, conseguentemente, alla presentazione dell’odierno ricorso.
E’ opportuno ricordare che, secondo un indirizzo interpretativo del tutto consolidato nella giurisprudenza di questa Suprema Corte, «in tema di reati edilizi, l’acquisizione al patrimonio del Comune dell’immobile abusivo fa cessare l’interesse alla revoca o alla sospensione dell’ordine di demolizione in capo al responsabile dell’illecito». (Sez. 3, n. 35203 del 18/06/2019, Centioni, Rv. 277500 – 01. In motivazione, la Corte ha precisato che il precedente proprietario del bene, a seguito del provvedimento acquisitivo, deve ritenersi terzo estraneo alle vicende giuridiche dell’immobile). In senso conforme, cfr. anche Sez. 3, n. 45432 del 25/05/2016, COGNOME, Rv. 268133 – 01, secondo la quale «in tema di reati edilizi, a seguito dell’inutile decorso del termine assegnato al condannato per l’esecuzione dell’ordine di demolizione, viene meno l’interesse alla revoca o alla sospensione dello stesso, essendo il bene ormai divenuto di proprietà del Comune»; Sez. 3, n. 7399 del 13/11/2019, dep 2020, COGNOME, Rv. 278090 – 01, secondo cui «in tema di reati edilizi, dopo l’acquisizione dell’opera abusiva al patrimonio disponibile de Comune, qualora il consiglio comunale non abbia deliberato il mantenimento del manufatto, ravvisando l’esistenza di prevalenti interessi pubblici, il condannato può chiedere la revoca dell’ordine di demolizione soltanto per provvedere spontaneamente all’esecuzione di tale provvedimento, essendo privo di interesse ad avanzare richieste diverse, in quanto il procedimento amministrativo
sanzionatorio ha ormai come unico esito obbligato la demolizione della costruzione a spese del responsabile dell’abuso».
Si tratta di un indirizzo interpretativo del tutto coerente con gli approdi dell giurisprudenza amministrativa (cfr. da ultimo Cons. Stato, Ad. Pl. n. 16 del 2023, che ha sul punto ribadito, per un verso, che «la mancata ottemperanza – anche da parte del nudo proprietario – alla ordinanza di demolizione entro il termine previsto dall’art. 31, comma 3, del d.P.R. n. 380 del 2001, impone l’emanazione dell’atto di acquisizione del bene al patrimonio comunale, tranne il caso in cui sia stata formulata l’istanza prevista dall’art. 36 del medesimo d.P.R. o sia stata dedotta e comprovata la non imputabilità dell’inottemperanza»; nonché, per altro verso, che «l’atto di acquisizione del bene al patrimonio comunale, emesso ai sensi dell’art. 31, comma 3, del d.P.R. n. 380 del 2001, ha natura dichiarativa e comporta – in base alle regole dell’obbligo propter rem l’acquisto ipso iure del bene identificato nell’ordinanza di demolizione alla scadenza del termine di 90 giorni fissato con l’ordinanza di demolizione. Qualora per la prima volta sia con esso identificata l’area ulteriore acquisita, in aggiunta al manufatto abusivo, l’ordinanza ha natura parzialmente costitutiva in relazione solo a quest’ultima (comportando una fattispecie a formazione progressiva)».
In tale ottica ricostruttiva, da cui non vi è evidentemente motivo di discostarsi, costituisce circostanza non contestata l’avvenuta acquisizione dell’immobile per cui è causa al patrimonio comunale, per effetto dell’inottemperanza all’ordine di demolizione: è la stessa Corte d’Appello a evidenziare tale preliminare profilo, salvo poi disattendere la richiesta di declaratoria di inammissibilità, formulata dal AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, in quanto la sussistenza dell’interesse in capo al COGNOME dovrebbe desumersi dal fatto che “vi potrebbe essere una nuova delibera del comune che, rivalutando gli interessi in gioco, da un lato quello al ripristin dell’assetto urbanistico, dall’altro quello al soddisfacimento di esigenze abitative, receda dalla originaria decisione di demolire, adibendo il bene, ormai di proprietà comunale, al soddisfacimento di pubblici interessi (appunto quello al reperimento di alloggi abitativi), potendo finanche assegnare in uso abitativo la casa agli originari abitanti/comproprietari” (cfr. pag. 1 dell’ordinanza impugnata).
Appare superfluo sottolineare il carattere prettamente congetturale e, al contempo, del tutto autoreferenziale di tale assunto, che appare all’evidenza inidoneo a rendere inapplicabile, alla fattispecie in esame, i principi ormai pacificamente affermati dalla giurisprudenza di questa Suprema Corte.
Le considerazioni fin qui svolte rendono ultroneo l’esame delle ulteriori censure prospettate, ed impongono una declaratoria di inammissibilità del ricorso, e la condanna del COGNOME al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento de spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa de Ammende.
Così deciso il 20 dicembre 2023
Il Consigli e stensore