Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 23465 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 23465 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME COGNOME nata a Napoli il 19/04/1975; nel procedimento a carico della medesima; avverso la ordinanza del 13/12/2024 del tribunale di Napoli; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Sost. Procuratore Generale dr. NOME COGNOME c chiesto la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con ordinanza di cui in epigrafe, il Giudice monocratico del tribunale Napoli, quale giudice dell’esecuzione rigettava la richiesta di revoca dell’ordi demolizione di cui alla sentenza irrevocabile n. 1982 del 1.3.2001, emessa d G.M. del tribunale di Napoli.
Avverso la predetta ordinanza NOME ha proposto ricorso per cassazione deducendo due motivi di impugnazione.
Si rappresenta, con il primo, il vizio di violazione di legge in ordine al 34 del DPR 380/01 e di motivazione, e con il secondo il vizio di contraddittori e manifesta illogicità nel quadro della prospettata impossibilità di procedere
demolizione senza pregiudizio per la restante parte lecita del fabbricato, posto che l’opera da demolire consisterebbe in un ampliamento in parziale difformità di una preesistente unità immobiliare, lecita. Opere tutte inserite in un fabbricato con più proprietari. Si contesta inoltre che sussistano vincoli paesaggistici, per cui l’intervento sarebbe da reputarsi in parziale difformità e quindi sarebbe applicabile al caso di specie l’art. 34, diversamente da quanto ritenuto dal giudice. Sarebbe anche pendente una domanda di sanatoria ad oggi non esaminata, nel cui quadro si metteva in discussione la sussistenza dei predetti vincoli. Vincoli da nessuno affermati come esistenti. Esclusi gli stessi, quindi, si afferma che in base ai dati tecnici disponibili sarebbe impossibile la demolizione senza pregiudizio altrui, con necessaria applicazione dell’art. 34 invocato.
4. Il ricorso è inammissibile. E’ errata la premessa giuridica innanzitutto. Al di là della questione sulla sussistenza dei vincoli paesaggistici – negata attraverso mere asserzioni prive di puntuali e illustrate allegazioni documentali, come tali di stampo meramente fattuale, inammissibile in questa sede oltre che anche in fase esecutiva, come appresso specificato – è indubbio che si tratta, come ammesso dalla stessa ricorrente, di un nuovo intervento su opera preesistente. Ebbene, al di là del carattere lecito o meno di quest’ultima, e anche persino, lo si ripete, della esistenza o meno di vincoli paesaggistici, l’intervento non può mai essere qualificato come realizzato in “parziale” difformità, così da invocarsi l’art. 34 in parola: invero, un intervento è in parziale difformità quando esso sia realizzato in presenza di un titolo abilitativo e durante la vigenza dello stesso, in maniera che si discosti solo in parte, minima, dallo stesso. Allorquando invece, come nel caso di specie, sia da tempo realizzata un’opera edile, ancorchè eventualmente in base ad un titolo legittimo, ogni nuovo intervento edile, fuoriuscendo dall’ambito di operatività del titolo precedente, ormai decaduto, ( e nel caso di specie la stessa ricorrente rappresenta la preesistenza, da tempo, di altra opera, su cui è stato poi realizzato, tempo dopo, l’intervento in discussione) richiede un nuovo e autonomo titolo edilizio, la cui assenza impone di qualificare l’abuso come realizzato senza permesso o concessione ( a seconda del regime edilizio vigente all’epoca di realizzazione) e giammai come effettuato in “parziale difformità” (di un titolo, lo si ribadisce, ormai insussistente, quand’anche eventualmente rilasciato a suo tempo, e a maggior ragione inesistente se mai rilasciato come pare emergere). La sussistenza, insuperata, nonchè insuperabile a fronte di un giudicato sul punto, di vincoli paesaggistici, (che non può essere messa in discussione in sede esecutiva, tanto più in via di una mera valutazione di fatto come si propone in questa sede), rafforza il predetto costrutto giuridico come correttamente sostenuto dal giudice autore della ordinanza impugnata, che Corte di Cassazione – copia non ufficiale
ha anche adeguatamente escluso ogni prospettiva di ammissibilità del condono, in presenza di vincoli su tale piano ostativi.
5. Quanto alla tesi della impossibilità di demolizione senza pregiudizio per altra legittima parte edilizia, le considerazioni sopra esposte circa la
inconfigurabilità dell’art. 34 citato, quale presupposto imprescindibile per sviluppare tali notazioni e, tuttavia, si ripete, insussistente, ne escludono ogni
fondamento.
6. Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per
la ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in
data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della
causa di inammissibilità”, si dispone che la ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C ;.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 12 giugno 2025
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Il Presidente