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Ordine di demolizione: quando non si può fermare

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso contro un ordine di demolizione per un immobile abusivo. La sentenza chiarisce che il frazionamento artificioso di un edificio in più unità per rientrare nei limiti del condono edilizio non è consentito. Inoltre, il principio di proporzionalità e il diritto all’abitazione non possono essere invocati per paralizzare la demolizione quando l’abuso è grave e l’autore ha avuto tempo per trovare soluzioni alternative.

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Pubblicato il 18 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ordine di Demolizione: La Cassazione Conferma la Linea Dura Contro gli Abusi Edilizi

L’ordine di demolizione di un immobile abusivo rappresenta uno degli strumenti più incisivi per la tutela del territorio e il ripristino della legalità urbanistica. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito la fermezza con cui tale strumento deve essere applicato, respingendo i tentativi di aggirare la normativa attraverso espedienti come il frazionamento fittizio della proprietà o l’appello a principi di carattere personale. Analizziamo nel dettaglio questa importante decisione.

I fatti di causa

Il caso trae origine da una sentenza di condanna del 1999, emessa dal Pretore di Napoli, che disponeva la demolizione di opere edilizie abusive. L’imputato aveva completato illegalmente un immobile, realizzando quattro appartamenti al primo piano e un terrazzino al piano rialzato. Successivamente, nel corso degli anni, l’immobile era stato frazionato e le singole porzioni erano state trasferite a terzi, principalmente ai familiari.

Di fronte all’ingiunzione di demolizione emessa dal Pubblico Ministero, il condannato ha presentato ricorso al Tribunale, chiedendone la revoca. Il Tribunale ha respinto l’istanza e il caso è approdato in Cassazione.

I motivi del ricorso

Il ricorrente ha basato la sua difesa su quattro argomenti principali:
1. Mancanza di prova della definitività della sentenza di condanna.
2. Errata applicazione delle norme sul condono edilizio (Legge 724/1994): sosteneva che gli abusi riguardavano unità immobiliari distinte e autonome, ciascuna delle quali avrebbe potuto beneficiare del condono, e che si trattava di un “abuso di necessità” per soddisfare esigenze abitative.
3. Violazione del principio di proporzionalità (Art. 8 CEDU): lamentava che la demolizione avrebbe violato il suo diritto alla vita privata e familiare, data la sua età avanzata (92 anni) e le gravi patologie di cui soffriva.
4. Avvenuto pagamento dell’oblazione: affermava di aver già corrisposto per intero la somma per il condono prima della sentenza.

L’analisi della Corte: l’ordine di demolizione e il frazionamento artificioso

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, smontando punto per punto le argomentazioni della difesa. In particolare, i giudici hanno qualificato la presentazione di sei diverse domande di condono per le singole porzioni dell’immobile come un “artificioso frazionamento”. Questo espediente, secondo la Corte, era finalizzato unicamente a eludere il limite volumetrico di 750 metri cubi previsto dalla legge sul condono. Ai fini della sanatoria, l’edificio deve essere considerato come un complesso unitario, facente capo a un unico centro di interessi (in origine, il ricorrente e sua moglie). La successiva cessione delle unità immobiliari non sana l’illegalità originaria dell’intera costruzione.

Il principio di proporzionalità e il diritto all’abitazione

Di particolare interesse è l’analisi della Corte sul presunto contrasto tra l’ordine di demolizione e il diritto all’abitazione, tutelato dall’art. 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo. La Cassazione ha chiarito che il diritto all’abitazione non è assoluto. Esso deve essere bilanciato con altri valori di rango costituzionale, come la tutela del paesaggio e l’ordinato sviluppo del territorio.

Nel valutare la proporzionalità della misura, il giudice deve considerare diversi fattori, tra cui:
* La consapevolezza dell’autore dell’abuso circa l’illegalità della costruzione.
* Il tempo a disposizione per trovare soluzioni abitative alternative dopo la condanna definitiva.
* La gravità delle violazioni commesse.

Nel caso specifico, il ricorrente era pienamente consapevole dell’abuso e ha avuto decenni per adeguarsi alla legge. Invece, ha posto in essere condotte elusive, consolidando il frutto dell’illecito. Pertanto, non può invocare con successo il principio di proporzionalità per paralizzare il ripristino della legalità.

Le motivazioni della decisione

La Corte ha ribadito alcuni principi cardine in materia. Innanzitutto, l’ordine di demolizione non è una “pena” in senso stretto, ma una sanzione amministrativa con funzione ripristinatoria (restitutio in integrum). Non ha finalità punitive, ma mira a cancellare gli effetti di un illecito che lede l’interesse pubblico alla corretta gestione del territorio. Per questa sua natura “reale”, l’ordine si applica a chiunque si trovi in rapporto con il bene, inclusi eredi o successivi acquirenti, e non è soggetto a prescrizione.

La decisione sottolinea come il tempo trascorso non possa sanare l’abuso né creare un affidamento legittimo nella sua conservazione; al contrario, rafforza il carattere illecito dell’intervento. L’inerzia del condannato nel conformarsi all’ordine giudiziale è la causa diretta dell’intervento del pubblico ministero e non può essere usata come scudo per invocare una presunta sproporzione della misura esecutiva.

Conclusioni

Questa sentenza conferma un orientamento giurisprudenziale consolidato e rigoroso: l’ordinamento non tollera scorciatoie per sanare gli abusi edilizi. L’ordine di demolizione è uno strumento essenziale e la sua esecuzione non può essere ostacolata da argomenti pretestuosi o da situazioni personali che l’autore dell’abuso ha contribuito a creare e a protrarre nel tempo. La tutela del territorio e del bene comune prevale sull’interesse individuale a mantenere un’opera illegale, specialmente quando l’illecito è grave e consapevole.

È possibile evitare un ordine di demolizione frazionando un immobile abusivo in più unità per rientrare nei limiti del condono?
No. La Corte di Cassazione considera questa pratica un “artificioso frazionamento” volto a eludere la legge. L’immobile deve essere valutato nella sua volumetria complessiva e unitaria al momento della richiesta di sanatoria.

Il diritto all’abitazione e le condizioni personali (età, salute) possono bloccare un ordine di demolizione?
Non in modo assoluto. Secondo la sentenza, il diritto all’abitazione deve essere bilanciato con l’interesse pubblico alla tutela del territorio. Se l’autore dell’abuso era consapevole dell’illegalità e ha avuto un tempo sufficiente per trovare soluzioni alternative, le sue condizioni personali non sono sufficienti a paralizzare l’esecuzione della demolizione.

L’ordine di demolizione è una “pena” che si può estinguere o si trasmette agli eredi?
No, la sentenza chiarisce che l’ordine di demolizione non è una pena, ma una sanzione amministrativa con funzione di ripristino. Per questo motivo, non si estingue con la morte del condannato e si trasmette a chiunque abbia la disponibilità del bene, come gli eredi o i successivi acquirenti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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