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Ordine di demolizione: quando non si applica?

La Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza di un Tribunale che revocava un ordine di demolizione per un immobile abusivo. Il caso riguardava un grande edificio frazionato artificiosamente per ottenere un condono edilizio. La Corte ha stabilito che l’ordine di demolizione è un atto dovuto e non può essere annullato invocando il principio di proporzionalità o la buona fede dell’acquirente, specialmente quando il titolo di sanatoria è palesemente illegittimo e basato su un frazionamento fraudolento volto a eludere i limiti volumetrici imposti dalla legge.

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Pubblicato il 27 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ordine di demolizione: la Cassazione blocca la revoca per condono illegittimo

Un ordine di demolizione emesso a seguito di un abuso edilizio non può essere revocato se il condono ottenuto si basa su un frazionamento artificioso dell’immobile. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con una recente sentenza, annullando la decisione di un giudice che aveva sospeso la demolizione invocando il principio di proporzionalità e la tutela dell’acquirente. Questa pronuncia ribadisce la natura vincolata e ripristinatoria della demolizione, un atto dovuto per ristabilire la legalità violata.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine dalla costruzione di un imponente edificio di otto piani più un piano cantinato, realizzato in totale assenza di titoli edilizi. Per eludere i limiti volumetrici previsti dalla legge sul condono (non superiori a 750 mc per singola richiesta), l’immobile era stato fittiziamente frazionato in 24 unità, e le relative istanze di sanatoria erano state presentate da soggetti terzi, figuranti come “promittenti acquirenti”.

Successivamente, un privato aveva acquistato una di queste unità immobiliari mentre la pratica di condono era ancora pendente. Anni dopo, il Tribunale, in qualità di giudice dell’esecuzione, aveva revocato l’originario ordine di demolizione, ritenendo che l’esecuzione avrebbe leso il principio di proporzionalità, l’affidamento del terzo acquirente e il suo diritto all’abitazione.

La questione dell’ordine di demolizione e il ricorso della Procura

Contro questa decisione, il Procuratore della Repubblica ha proposto ricorso in Cassazione, sollevando diverse critiche. In primo luogo, ha evidenziato come il provvedimento di condono fosse illegittimo, in quanto basato su un palese frazionamento fraudolento di un unico manufatto, realizzato per aggirare la legge. L’edificio, infatti, doveva essere considerato nel suo complesso, con una cubatura totale di circa 21.000 mc, ben superiore ai limiti di legge.

In secondo luogo, il ricorrente ha sostenuto che l’ordine di demolizione non è una sanzione penale, ma una misura ripristinatoria obbligatoria. Di conseguenza, il principio di proporzionalità non può essere invocato per paralizzarne l’esecuzione. L’interesse pubblico al ripristino dell’ordine urbanistico e della sicurezza (l’immobile era stato costruito in zona sismica senza le dovute verifiche) prevale sugli interessi patrimoniali e personali del singolo acquirente, il quale, peraltro, aveva comprato l’immobile con la consapevolezza della pendenza della domanda di condono e, quindi, dell’incertezza sulla sua legittimità.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto integralmente il ricorso, annullando l’ordinanza impugnata. Gli Ermellini hanno riaffermato i principi consolidati della loro giurisprudenza, sottolineando che il giudice dell’esecuzione ha il potere e il dovere di verificare la legittimità del titolo di sanatoria presentato per bloccare una demolizione.

Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto che il giudice di merito avesse erroneamente ignorato i numerosi indizi che deponevano per la natura fraudolenta del frazionamento. L’unicità del costruttore, la presentazione contestuale delle domande da parte di prestanome, e la gestione unitaria dei pagamenti erano elementi sufficienti a dimostrare l’esistenza di un unico centro di interessi finalizzato a eludere la normativa.

La Cassazione ha inoltre chiarito che il “silenzio-assenso” non sana le illegittimità sostanziali della domanda di condono. Se mancano i requisiti di legge, il titolo non si forma validamente e non può impedire l’esecuzione dell’ordine di demolizione. Infine, è stato ribadito che il principio di proporzionalità non può giustificare il mantenimento di un’opera abusiva, soprattutto quando la sua legittimazione deriva da un atto illecito. La tutela dell’acquirente, in questi casi, è recessiva rispetto all’esigenza di ripristinare la legalità.

Le Conclusioni

La sentenza rappresenta un’importante conferma della natura inderogabile dell’ordine di demolizione come strumento di tutela del territorio. La Corte lancia un messaggio chiaro: non è possibile sanare abusi edilizi di vasta portata attraverso espedienti fraudolenti come il frazionamento fittizio. L’affidamento del terzo acquirente non può essere considerato in buona fede quando l’acquisto avviene in una situazione di palese incertezza giuridica. La verifica della legittimità del condono è un passaggio imprescindibile prima di poter revocare un ordine di demolizione, riaffermando la preminenza dell’interesse pubblico su quello privato.

Un ordine di demolizione può essere revocato sulla base del principio di proporzionalità?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che l’ordine di demolizione è una misura ripristinatoria obbligatoria e non una sanzione. Pertanto, il principio di proporzionalità non può essere invocato per impedirne l’esecuzione e tutelare interessi privati a fronte di un abuso edilizio.

Un condono edilizio ottenuto tramite “silenzio-assenso” è sempre legittimo?
No, il meccanismo del silenzio-assenso produce effetti solo se la domanda di sanatoria rispetta tutti i requisiti sostanziali previsti dalla legge. Il giudice dell’esecuzione ha il potere-dovere di verificare la legittimità del titolo, e se rileva vizi, come un frazionamento fraudolento, deve disapplicarlo e procedere con la demolizione.

L’acquirente di un immobile abusivo è sempre tutelato nella sua buona fede?
No. Secondo la Corte, l’acquirente che compra un immobile mentre è ancora pendente una domanda di condono non può vantare un affidamento meritevole di tutela assoluta. La pendenza della procedura implica un’incertezza giuridica di cui l’acquirente è consapevole, pertanto i suoi interessi non possono prevalere sull’esigenza di ripristinare la legalità violata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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