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Ordine di demolizione: quando la revoca è impossibile

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un cittadino contro un ordine di demolizione per un abuso edilizio. Dopo la mancata demolizione, il bene era stato acquisito dal patrimonio del Comune. La Corte ha stabilito che il cittadino, non essendo più proprietario, non aveva titolo per chiedere la revoca dell’ordine, rendendo illegittimo anche il permesso di costruire in sanatoria ottenuto successivamente.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ordine di Demolizione: Impossibile la Revoca se il Bene è Acquisito dal Comune

Un ordine di demolizione per un abuso edilizio segna un punto cruciale nel percorso legale di un immobile. Ma cosa succede se, dopo anni di inottemperanza, il responsabile dell’abuso ottiene una sanatoria? Una recente sentenza della Corte di Cassazione chiarisce in modo definitivo i limiti di tale possibilità, specialmente quando l’immobile è già stato acquisito dal patrimonio del Comune. La decisione sottolinea un principio fondamentale: la perdita della proprietà del bene comporta la perdita del diritto di chiederne la regolarizzazione.

I Fatti del Caso: Abuso Edilizio e Inottemperanza

Il caso ha origine da una sentenza di condanna del 2009, divenuta irrevocabile nel 2010, che disponeva la demolizione di opere edificate abusivamente. Ancor prima, nel 2006, il Comune competente aveva emesso una propria ordinanza di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi.

Il responsabile dell’abuso non ha mai ottemperato a nessuno dei due provvedimenti. Di conseguenza, a causa del decorso infruttuoso del termine di 90 giorni dall’ordinanza comunale, l’immobile è stato acquisito di diritto al patrimonio indisponibile del Comune, come previsto dalla legge. Anni dopo, nel 2023, il soggetto ha ottenuto un permesso di costruire in sanatoria per gli stessi abusi e ha quindi presentato un’istanza al giudice dell’esecuzione per ottenere la revoca dell’ordine di demolizione contenuto nella sentenza penale. Il Tribunale ha dichiarato l’istanza inammissibile, decisione contro cui il cittadino ha proposto ricorso in Cassazione.

La Decisione della Cassazione: Analisi dell’ordine di demolizione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, confermando la decisione del Tribunale e fornendo importanti chiarimenti su tre aspetti centrali della vicenda: la perdita della proprietà, l’illegittimità della sanatoria tardiva e l’impossibilità della cosiddetta “sanatoria sismica”.

La Perdita della Proprietà e dell’Interesse ad Agire

Il punto cardine della decisione è l’effetto automatico dell’acquisizione del bene al patrimonio comunale. La Corte ribadisce che, secondo l’art. 31 del d.P.R. 380/2001 (Testo Unico dell’Edilizia), la mancata demolizione entro 90 giorni dalla notifica dell’ordinanza comunale comporta l’acquisizione ope legis (per effetto di legge) dell’immobile e dell’area di sedime.

A partire da quel momento, il responsabile dell’abuso cessa di essere proprietario. Di conseguenza, perde anche l'”interesse ad agire”, ovvero la titolarità di una posizione giuridica che gli consenta di chiedere al giudice un provvedimento a tutela del bene. L’unico interesse che gli viene riconosciuto è quello di provvedere spontaneamente alla demolizione a proprie spese, per evitare ulteriori sanzioni.

L’Illegittimità del Permesso in Sanatoria Tardivo

Di riflesso, anche il permesso di costruire in sanatoria ottenuto nel 2023 viene considerato illegittimo. La Corte chiarisce che una richiesta di sanatoria, ai sensi dell’art. 36 del Testo Unico, può essere presentata solo fino alla scadenza dei termini previsti per la demolizione.

Presentare la domanda dopo l’avvenuta acquisizione al patrimonio comunale è un atto privo di efficacia, poiché proviene da un soggetto che non è più proprietario del bene. Il Comune non avrebbe potuto rilasciare un titolo abilitativo a favore di chi non ne aveva più diritto. Inoltre, il rilascio di tale permesso non implica una rinuncia implicita del Comune alla proprietà acquisita, trattandosi di competenze di organi diversi (ufficio tecnico vs. organi comunali superiori).

Un Ulteriore Ostacolo: L’Impossibilità della Sanatoria Sismica

La Corte aggiunge un ulteriore e decisivo argomento: l’impossibilità di regolarizzare a posteriori gli abusi dal punto di vista sismico. La sentenza evidenzia che la normativa in materia (artt. 93 e 94 del d.P.R. 380/2001) impone un controllo preventivo per le costruzioni in zone sismiche. L’autorizzazione sismica deve essere ottenuta prima dell’inizio dei lavori.

Non è previsto nell’ordinamento un istituto di “sanatoria sismica”, poiché ammetterlo vanificherebbe il fine della norma, che è quello di garantire la sicurezza e l’incolumità pubblica attraverso un controllo ex ante. Pertanto, il permesso di costruire rilasciato era illegittimo anche per questa ragione, essendo l’immobile situato in zona sismica.

Le Motivazioni Giuridiche della Sentenza

La Corte di Cassazione fonda la propria decisione su una consolidata giurisprudenza. Il principio chiave è che la spoliazione della proprietà degrada l’interesse del precedente proprietario a un mero interesse di fatto, insufficiente a legittimare un’azione legale per la difesa del bene. L’ordinamento protegge l’effettività della sanzione amministrativa (l’acquisizione) e penale (la demolizione), che possono coesistere, a meno che l’ente pubblico non decida, con una delibera motivata da prevalenti interessi pubblici, di mantenere l’opera. In assenza di tale delibera, l’obbligo di ripristino dello stato dei luoghi, anche attraverso l’ordine del giudice penale, rimane pienamente valido.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Pronuncia sull’ordine di demolizione

Questa sentenza invia un messaggio chiaro: l’inottemperanza a un ordine di demolizione ha conseguenze gravi e difficilmente reversibili. Chi commette un abuso edilizio non può sperare di sanare la situazione a distanza di anni, soprattutto dopo che i meccanismi sanzionatori, come l’acquisizione del bene da parte del Comune, si sono già perfezionati. La decisione rafforza la tutela del territorio e il principio di legalità, stabilendo che la perdita della proprietà è una barriera insormontabile per qualsiasi tentativo di regolarizzazione postuma. Inoltre, viene riaffermata l’inderogabilità dei controlli preventivi in materia sismica, a salvaguardia della sicurezza collettiva.

Dopo un ordine di demolizione non eseguito, il responsabile dell’abuso può ancora chiedere la revoca se ottiene un permesso in sanatoria?
No. Secondo la sentenza, una volta decorso il termine di 90 giorni dall’ingiunzione di demolizione del Comune, il bene viene automaticamente acquisito al patrimonio comunale. Il responsabile dell’abuso perde la proprietà e, di conseguenza, la legittimazione a chiedere la revoca dell’ordine o un permesso in sanatoria, che risulterebbe illegittimo.

L’acquisizione dell’immobile abusivo da parte del Comune estingue l’ordine di demolizione emesso dal giudice penale?
No. L’acquisizione e l’ordine di demolizione del giudice non sono incompatibili, a meno che il Comune, con una delibera specifica, non dichiari l’esistenza di prevalenti interessi pubblici al mantenimento dell’opera. In assenza di tale delibera, l’obbligo di demolire a spese del responsabile dell’abuso rimane.

È possibile ottenere una “sanatoria sismica” per regolarizzare un edificio costruito in zona sismica senza le necessarie autorizzazioni preventive?
No. La sentenza, richiamando la giurisprudenza prevalente, afferma che l’autorizzazione sismica ha natura preventiva e non può essere rilasciata a posteriori. L’istituto della “sanatoria sismica” non è riconosciuto dall’ordinamento, poiché il controllo sulla sicurezza sismica deve essere effettuato prima dell’inizio dei lavori.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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