Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 43389 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 43389 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 29/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a TORCHIARA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 12/07/2024 delia CORTE APPELLO di SALERNO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG ex art. 611 c.p.p. in persona del Sostituto Proc. gen. NOME COGNOME, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza emessa dal Tribunale di Vallo della Lucania in composizione monocratica in data 25/6/2019, NOME COGNOME veniva dichiarato colpevole dei reati urbanistici di cui agli artt. 44, 64-71, 93-95 d.P.R. 6 giugno 2001, n. 38 (oltre che della contravvenzione di cui all’art. 650 cod. pen.) in relazione alla rea lizzazione, in RAGIONE_SOCIALE, in assenza di qualsiasi titolo abilitativo, di un piazzale cemento armato di 600 mq e di sei pilastri, di cui veniva ordinata la demolizione, se non altrimenti eseguita.
All’esito del processo di appello, concluso con sentenza in data 25/3/2021, l’imputato veniva assolto dal reato di cui, all’art. 650 cod. pen. e la pena era stat ridotta in misura corrispondente, con sentenza che diveniva irrevocabile il 12/11/2021 in quanto il ricorso per cassazione presentato nell’interesse dell’imputato veniva dichiarato inammissibile.
Il Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Salerno, con provvedimento in data 28/2/2022, ingiungeva al COGNOME di demolire le opere abusive indicate in sentenza, non eliminate, né oggetto di valido titolo in sanatoria.
Il COGNOME, a mezzo del proprio difensore, chiedeva a questo punto alla Corte di Appello di Salerno, in funzione di giudice dell’esecuzione, di sospendere o revocare l’ingiunzione, evidenziando che le opere attualmente esistenti sulla sua proprietà sono quelle oggetto del processo, che sarebbero già state integralmente demolite, così come attestato dai RAGIONE_SOCIALE della locale RAGIONE_SOCIALE con nota del 6/8/2018, cui era seguita l’ordinanza datata 26/9/2018 con cui il giudice procedente aveva disposto il dissequestro dell’area.
Dinanzi alla Corte di appello di Salerno, il Procuratore Generale, nella sua nota in data 12/5/2022, aveva in primo luogo eccepito la illegittimità di una SCIA in sanatoria rilasciata nel maggio del 2017. In verità, come ricorda il provvedimento impugnato, questo aspetto era già stato trattato nel corso del processo, allorquando era stato dato conto del fatto che il COGNOME aveva tentato di ottenere la restituzione delle opere sequestrate dapprima limitandosi a demolire i soli pilastri (ordinanza di rigetto in data 11/4/2018) e poi producendo una SCIA in sanatoria subordinata alla esecuzione di lavori sul piazzale, correttamente ritenuta dal Tribunale illegittima e priva di effetti (provvedimento in data 14/5/2018); sino a quando, ottenuta la restituzione temporanea delle opere, l’imputato non aveva provveduto a demolire tutte le opere abusive, così come inequivocabilmente attestato dalla nota in data 6/8/2018 a firma del comandante della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (in cui si legge che in occasione della riapposizione dei sigi sull’area oggetto di sequestro, veniva constatato che le opere di cui al sequestro
nn. 6 pilastri di mt. 4 e un piazzale di mq. 600- erano state demolite); solo a seguito di quel provvedimento il giudice, il successivo 26 settembre, aveva restituito l’area al COGNOME.
La Corte salernitana, con provvedimento del 3/6/2022, sospendeva l’ordine di demolizione e invitava il P.G. a svolgere degli approfondimenti finalizzati, i ultima analisi, a verificare se le opere oggetto della sentenza passata in giudicato fossero state demolite integralmente (così come attestato nella nota in data 6/8/2018 a firma del comandante della RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE) o parzialmente, così come sembrava emergere da una nota in data 28/1/2022 a firma del responsabile dell’Area Assetto ed utilizzazione del Territorio del Comune di RAGIONE_SOCIALE (da cui emerge che, ad avviso del tecnico in parola le opere oggetto della sentenza sono state in parte (i pilastri) demolite (come da documentazione fotografica agli atti) ed in altra parte (piazzale in cls) sanate con NUMERO_DOCUMENTO pro NUMERO_DOCUMENTO del 15/5/2017) e da una informativa dei RAGIONE_SOCIALE forestali di RAGIONE_SOCIALE del 10/1/2022 (in cui viene attestato che attualmente sul fondo di proprietà del COGNOME insistono un piazzale in cls, oggetto della SCIA del maggio 2017, e 12 pilastri in cls armato, oggetto di un’altra SCIA in data 5.7.2018, poi sospesa).
Il consulente tecnico incaricato dal P.G., dopo aver affermato di non poter eseguire una datazione certa in ordine ai materiali da costruzione costituenti la platea, visionando le foto di Google Earth risalenti agli anni 2016 e 2019 (pag. 12 della relazione), aveva concluso nel senso che la demolizione della platea era stata solo parziale «limitata alle sole porzioni, di forma grossolanamente rettangolare, delimitate dalle travi di collegamento tra i pilastri. Le travi, viceversa risulta siano mai state demolite unitamente ai pílastri, la cui presenza si evince per via indiretta dall’analisi dell’ombra portata sui terreni. Pertanto, in conclusione, la p tea per cui è perizia pare non sia mai stata compietamente demolita, ma solo ricostruita parzialmente. Tra il maggio 2020 e il maggio 2022 la platea è stata poi ricostruita, con ogni probabilità con la forma e le dimensioni rilevate dallo scrivent nel corso degli accessi ai luoghi.
Sulla scorta di questa relazione il P.G., in data 29/3/2023, aveva emesso una nuova ingiunzione a demolire.
Il COGNOME, a mezzo del proprio difensore, chiedeva la revoca o, in ogni caso la sospensione anche di tale nuova ingiunzione, nuovamente evidenziando che le opere oggetto della sentenza passata in giudicato erano state integralmente eliminate, così come attestato dal comandante della RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE nella nota sopra ricordata, e che quelle attualmente presenti in loco erano state realizzate sulla base di una serie dì SCIA, prima fra tutte quella n. NUMERO_DOCUMENTO del 15/1/2018, allegata all’istanza. A suffragare tale tesi, il difensore aveva prodotto le fatt
relative al trasporto a rifiuto del cemento della primigenia platea e dell’acquisto del calcestruzzo utilizzato per costruire la nuova.
Il P.G., con nota in data 7/6/2023, aveva replicato facendo riferimento anche al supplemento di relazione depositato dall’ing. COGNOME, il quale aveva sottolineato che la fattura relativa allo smaltimento del cemento, facente riferimento a 67.400 kg, conferma, alla luce del peso specifico del calcestruzzo, pari a 2400 kg/mc, l’avvenuta demolizione di 400 mq, sensibilmente inferiore ai 600 mq indicati nella sentenza di condanna. Il P.G. aveva inoltre rappresentato di avere inviato segnalazione penale e disciplinare a carico del sottufficiale dei CC che aveva redatto la nota, evidenziando la singolarità di quell’accesso compiuto da solo, senza avvalersi dell’ausilio di tecnici dell’UTC e senza formare un fascicolo fotografico attestante lo stato dei luoghi.
La Corte di Appello di Salerno, con provvedimento reso in data 27/6/2023, aveva revocato le ingiunzioni a demolire emesse dal P.G. in data 28/2/2022 e in data 29/3/2023 nei confronti di COGNOME NOME, sul rilievo che non si potesse affermare, senza ombra di dubbio, che le opere non fossero state realmente demolite. La Corte salernitana così motivava: «Posto che il consulente ha sostenuto la impossibilità di stabilire la datazione dei materiali di costruzione rispetto ad u range temporale così ristretto, e premessa la utilizzabilità a fini di prova dei foto grammi scaricati dal sito Internet “Google Earth” (Cass. pen., sez. III, 22 giugno 2022, n. 39087), è opportuno evidenziare che, risalendo le immagini al marzo del 2016 e al giugno del 2019, non vi è alcuna certezza in ordine al fatto che le opere presenti in questa seconda data siano quelle immortalate tre anni prima. In altri termini; il fatto che le travi ed i pilastri fossero presenti sia nel marzo del 20 che nel giugno del 2019 non consente di affermare che lo fossero anche all’agosto del 2018, allorquando erano state indicate come eliminate dall’atto pubblico del 6.8.2018, per superare il quale sarebbero stati necessari elementi inconfutabili che, però, non sono stati indicati dal consulente del P. G.. L’ingegnere COGNOME, infatti, non ha spiegato il motivo per cui ritiene che le opere riscontrate nel 2019 siano esattamente quelle presenti nel 2016, ragion per cui può anche ragionevolmente ipotizzarsi che, dopo la demolizione attestata dal pubblico ufficiale nella nota sopra indicata, le travi e i pilastri siano stati ricostruiti ex novo. Né, tantomeno, elemen di certezza possono essere tratti dal calcolo relativo al quantitativo di cemento smaltito che è stato eseguito sulla scorta di dati così incerti ed è soggetto ad un numero di variabili così elevato da non consentire di trarre conclusioni inconfutabili in ordine alla preesistenza delle opere indicate dal c. t.». Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Conclusivamente, per la Corte salernitana «non vi è alcuna prova del fatto che le opere oggetto della sentenza emessa dal Tribunale di Vallo della Lucania in composizione monocratica in data 25/6/2019, parzialmente riformata dalla Corte
di Appello in data 25.3.2021, irrevocabile il 12.11.2021, nei confronti di COGNOME NOME, come sopra generalizzato, siano quelle attualmente presenti sull’area, gion per cui le ingiunzioni a demolire emesse dal P. G. devono essere revocate»
Il Procuratore generale di Salerno proponeva ricorso per cassazione av verso tale ordinanza e la Terza Sezione Penale di questa Corte, con la sente 1269/2024 del 12/12/2023 la annullava rinviando alla Corte di Appello di Salern per nuovo esame.
Il precedente giudice di legittimità, ricordati i contenuti della decisione gnata, rilevava che: «…la Corte di Appello non ha adeguatamente confutato affermazioni dei consulente tecnico della Procura Generale, secondo cui le demo lizioni eseguite dal COGNOME sarebbero state soltanto parziali; in particolar dinanza ha evidenziato che il professionista aveva sostenuto l’impossibilità di bilire la datazione dei materiali di costruzione, ma non ha esaminato in modo a guato l’affermazione – motivatamente resa dallo stesso tecnico – secondo cui demolizione della platea era stata, in realtà, soltanto parziale, e le travi n mai state demolite insieme ai pilastri. Ancora, la Corte ha sostenuto la diffo tra le opere presenti nel giugno 2019 e quelle presenti nel marzo 2016 soltant termini di mera ipotesi, sul presupposto che, dopo la demolizione attestata pubblico ufficiale nella nota dell’agosto 2018, travi e pilastri potessero essere stati edificati nuovamente, di fatto uguali; a tale riguardo, tuttavia, l’ordinanza accertato se l’ipotizzata nuova edificazione, asseritament:e successiva alla de zione, fosse stata sostenuta da un adeguato titolo edilizio, e nessuna veri stata disposta al riguardo. Infine, il provvedimento non ha dato conto di even comunicazioni che il COGNOME avesse rivolto alle autorità in vista della de demolizione del 2018, come invece necessario». La Corte di Appello di Salerno, in funzione di giudice dell’esecuzione, pronu ciando quale giudice del rinvio, con ordinanza del 12/7/2024, ha rigettoll’ist di revoca o sospensione dell’ingiunzione a demolire emessa dal P.G. in da 29/3/2023. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per Cassazione, a mezzo del proprio difensore di fiducia, il COGNOMECOGNOME COGNOME, quale unico motivo seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come sposto dall’art. 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen. mancanza, contradd rietà o manifesta illogicità della motivazione.
Il ricorrente, in premessa, ripercorre il lungo iter procedimentale che h ratterizzato la vicenda chfci occupa e riporta il contenuto dell’ordinanza impug
rispetto alla quale lamenta che la Corte territoriale ha travisato le acquisizioni probatorie sollecitate dalla Corte di cassazione e si è appiattita sulle dichiarazioni della COGNOME, comunque errando nel valutarle ed anzi stravolgendone il senso, pur di pervenire ad un provvedimento di rigetto della revoca della demolizione.
La Corte, in ogni caso, non avrebbe valutato correttamente il materiale acquisito, rendendo una motivazione contraddittoria e comunque illogica nella parte in cui lo analizza.
Ricorda il ricorrente che il procedimento parte da una presunta contraddittorietà fra quanto dichiarato dal comandante della RAGIONE_SOCIALE, che aveva attestato l’integrale demolizione delle opere abusive, e una nota, del 28/1/2022, del responsabile dell’Area assetto ed utilizzazione del territorio del medesimo comune, nella quale si dichiarava che una parte delle opere (i pilastri) erano state demolite e una altra parte (il piazzale) era stata sanata con SCIA del 15/05/2017. Dunque, il contrasto sarebbe da rinvenirsi in relazione alla mancata demolizione del piazzale, essendo congruenti le due dichiarazioni rispetto alla avvenuta demolizione dei pilastri. Pilastri demoliti dunque e platea da verificare.
Evidenzia il ricorrente che la relazione del consulente della PG, AVV_NOTAIO. COGNOME, del giugno 2024, lungi dal fugare, come opina la Corte territoriale, i dubbi circa l’epoca di demolizione dei pilastri si esprime in forma dubitativa e non assertiva analizzando il materiale depositato presso gli uffici comunali: «È qui da premettere che trattasi di effigi fotografiche prodotte del sig. COGNOME, stampate su carta ed integrate nel corpo delle relazioni tecniche o delle tavole grafiche depositate presso l’amministrazione. Per tali motivazioni, alio stato non è possibile esprimere qualsivoglia fondata valutazione in merito alla effettiva data di acquisizione di tali fo togrammi (che potrebbe corrispondere o meno all’epoca di presentazione della corrispondente segnalazione asseverata edilizia), né all’effettiva corrispondenza tra lo stato dei luoghi e quanto negli stessi rappresentato… sulla tavola grafica allibrata alla NUMERO_DOCUMENTO n. NUMERO_DOCUMENTO del 15/05/2017 (cfr. all. 6) sono riportate due immagini, indicate come “stato di fatto”, ovvero come rappresentazione fotografica del piazzale oggetto di sanatoria (cfr. ali. 6; tavole grafiche – su supporto CDROM); nelle immagini non sono riportati i pilastri: dei pilastri» (pag. 7 della relazione). «Nella documentazione tecnica a corredo della NUMERO_DOCUMENTO PROT. NUMERO_DOCUMENTO del 15/01/2018 vi sono due fotogrammi che rappresentano la platea ma non i pilastri …» (pag. 8 della relazione).
Tuttavia le conclusioni del tecnico della procura sono alquanto nette: «In conclusione, in ragione di tutto quanto sin qui argomentato – e ferma l’impossibilità di accertare sia l’effettiva data di acquisizione dei fotogrammi trasmessi che la corrispondenza tra lo stato dei luoghi e quanto negli stessi rappresentato – è possibile concludere che la demolizione dei pilastri attestata dal Responsabile dell’Area
Assetto ed Utilizzazione del Territorio del Comune di RAGIONE_SOCIALE con nota del 28/01/2022, apparrebbe attestata dai fotogrammi prodotti dal COGNOME ed in atti presso l’Amministrazione comunale». (pag. 11 della relazione).
Il consulente della PG, dunque, direbbe cose opposte rispetto a quelle sostenute nella motivazione dell’ordinanza impugnata, laddove afferma in maniera chiara che la demolizione dei pilastri è avvenuta e tale affermazione è congruente con quanto affermato dai RAGIONE_SOCIALE nell’atteRAGIONE_SOCIALE dell’avvenuta demolizione, dalla nota del responsabile dell’ufficio tecnico (che riferisce – errando – della mancata demolizione della platea, ma dell’avvenuta demolizione dei pilastri), con le dichiarazioni rese a verbale dal comandante della Polizia RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE nel processo RG 621/2021 pendente presso il Tribunale di Vallo della Lucania.
La motivazione sarebbe, dunque, contraddittoria ed illogica nella parte in cui richiama la relazione del consulente della PG per sovvertirne gli esiti evitando accuratamente di richiamarne la parte essenziale sopra evidenziata.
Apparirebbe chiara la violazione dell’art. 192 del codice di rito e delle norme che impongono che la motivazione sia basata sulle prove legittimamente acquisite e sia logicamente sostenibile in relazione a tali prove. La valutazione, nel processo penale, in assenza di prove legali, non conosce costrizioni, ma soltanto in alcuni casi espressamente previsti, (secondo, terzo e quarto comma dello stesso articolo), dei criteri guida. Il dettato normativo ci dice che il giudice valuta la prov ma tace sul modo in cui deve farlo. L’approccio del giudice alle prove dektifh operare su due piani cronologicamente e logicamente ordinati: prima il vaglio di ciascuna di esse (credibilità della fonte e attendibilità dell’elemento di prova), poi la valutazione, e quindi l’utilizzo combinato dell’intero patrimonio conoscitivo accumulato. Questa esigenza di legalità circa il momento valutativo della prova si evidenzia per il ricorrente dal raccordo fra il convincimento del giudice e la sua motivazione che deve dar conto dell’iter logico seguito e delle singole prove utilizzate. Il giudice, cioè, è libero di convincersi, ma è obbligato a motivare razionalmente
L’onere del giudice’ non può comunque considerarsi adempiuto se il giudice si limita ad una mera considerazione del valore autonomo dei singoli elementi probatori senza pervenire a quella valutazione unitaria che è principio cardine del processo penale, perché sintesi di tutti i canoni dettati dalla norma stessa: il giudice deve prendere in considerazione ogni singolo fatto ed il loro insieme, non in modo parcellizzato e avulso dal generale contesto probatorio, verificando se essi, ricostruiti in sé e pose vicendevolmente in rapporto, possono essere ordinati in una ricostruzione logica, armonica e consonante che consenta di attingere la verità processuale (SU, 12.7.2005).
L’obbligo di motivazione – si evidenzia in ricorso – non influenza i meccanismi regolatori del libero convincimento ma ha lo scopo di individuare un mero
meccanismo di controlEo capace di evitare che il detto principio venga adoperato per un uso arbitrario (Sez. 3, 12/10/2007, COGNOME).
Secondo il ricorrente non c’è un solo elemento sintomatico della mancata demolizione dei pilastri richiamata quale elemento decisivo per la revoca della precedente ordinanza di sospensione della demolizione. Non l’ultima relazione del Consulente della Procura. Non la relazione del Tecnico del Comune di RAGIONE_SOCIALE. Non l’atteRAGIONE_SOCIALE dell’avvenuta demolizione da parte dei RAGIONE_SOCIALE. Anzi tutte le prove legittimamente acquisite agli atti militano in senso contrario.
Peraltro, si sottolinea che, sebbene nel processo penale le dichiarazioni rese dai pubblici ufficiali, in specie la più volte richiamata atteRAGIONE_SOCIALE di avvenuta demolizione da parte del comandante della RAGIONE_SOCIALE, non costituiscano prova legale (inesistente nel processo penale, al contrario che nel processo civile), sono comunque atti assistiti da una ragienevole presunzione semplice di credibilità, superabile solo a fronte di elementi di contrasto (sent. 1361/19) che nel caso di specie mancherebbero. E comunque ci si duole che la Corte territoriale non abbia approfondito gli esiti del procedimento disciplinare e penale intentato dalla PG nei confronti del carabiniere, né ne son3 stati depositati gli esiti.
Per il ricorrente gli altri punti evidenziati nella precedente sentenza di cassazione (ricerca ed acquisizione degli atti presso il Comune di RAGIONE_SOCIALE e verifica se il COGNOME avesse depositato SCIA per effettuare la demolizione delle opere) sono ininfluenti rispetto alla decisione della questione, in quanto assorbite dall’avvenuta acquisizione dei documenti del giudizio pendente presso il Tribunale di Vallo della Lucania (che riguardano opere successive come si evince dalle stesse dichiarazioni dei tecnici e degli ufficiali di PG sentiti) e dagli stessi accertamenti del tecnico dell Procura che non ha potuto negare l’avvenuta demolizione dei pilastri.
Conclusivamente, per il ricorrente, non vi sarebbe alcuna prova del fatto che le opere oggetto della sentenza emessa dal Tribunale di Vallo della Lucania in composizione monocratica in data 25.6.2019, parzialmente riformata dalla Corte di Appello in data 25.12021, irrevocabile il 12.11.2021, nei confronti di COGNOME NOME, siano quelle attualmente presenti sull’area, ragion per cui si chiede l’annullamento senza rinvio o, in subordine, con rinvio dell’impugnata ordinanza.
Il PG presso questa Corte ha reso le conclusioni scritte ex art. 611 cod. proc. pen. riportate in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I motivi sopra illustrati sono infondati e, pertanto, il proposto ricorso va rigettato.
2. In premessa, va evidenziato, quanto alla denunzia di violazione dell’ad 192 cod. proc. pen. che, secondo il consolidato insegnamento di questa Corte di legittimità, la mancata osservanza di una norma processuale ha rilevanza solo in quanto sia stabilita a pena di nullità, inutilizzabilità, inammissibilità.
Le Sezioni Unite hanno recentemente chiarito che in tema di ricorso per cassazione, è inammissibile il motivo con cui si deduca la violazione dell’art. 192 cod. proc. pen., anche se in relazione agli artt. 125 e 546, comma 1, lett. e), stesso codice, per censurare l’omessa o erronea valutazione degli elementi di prova acquisiti o acquisibili, in quanto i limiti all’ammissibilità delle doglianze connesse al motivazione, fissati specificamente dall’art. 606, comrna 1, lett. e), cod. proc. pen., non possono essere superati ricorrendo al motivo di cui alla lettera c) della medesima disposizione, nella parte in cui consente di dolersi dell’inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità (Sez. U, n. 29541 del 16/07/2020, COGNOME, Rv. 280027 – 04 che a pag 29 riCliama Sez. 1, n. 1088 del 26/11/1998, dep. 1999, Condello, Rv. 212248; Sez. 6, n. 45249 del 08/11/2012, COGNOME, Rv. 254274; Sez. 2, n. 38676 del 24/05/2019, COGNOME, Rv. 277518; vedasi anche Sez. 6, n. 4119 del 30/05/2019, dep. 2020, COGNOME RAGIONE_SOCIALE, Rv. 278196; Sez. 4, n. 51525 del 4/10/2018, M., Rv. 274191; Sez. 1, n. 42207 del 20/10/2016, dep. 2017, Pecorelli e altro, Rv. 271294; Sez. 3, n. 44901 del 17/10/2012, F., Rv. 253567; Sez. 6, n. 7336 del 8/1/2004, Meta ed altro, Rv. 229159-01; Sez. 1, n. 9392 del 21/05/1993, COGNOME, Rv. 195306).
Condivisibilmente, per Sez. U, n. 29541 del 16/7/2020, COGNOME Rv. 280027 (pag. 29) « la specificità del motivo di cui all’art. 606, comma 1, lett. e), dettat in tema di ricorso per cassazione al fine di definirne l’ammissibilità per ragioni connesse alla motivazione, esclude che l’ambito della predetta disposizione possa essere dilatato per effetto delle citate regole processuali concernenti la motivazione, utilizzando la “violazione di legge” di cui all’art. 606, comma 1, lett. c), ciò sia perché la deducibilità per cassazione è ammissibile solo per la violazione di norme processuali “stabilite a pena di nullità, inutilizzabintà, inammissibilità o decadenza”, sia perché la puntuale indicazione di cui alla lettera e) ricollega a tale limite ogni vizio motivazionale. D’altro canto, la riconduzione dei vizi di motivazione alla categoria di cui alla lettera c) stravolgerebbe l’assetto normativo delle modalità di deduzione dei predetti vizi, che limita la deduzione ai vizi risultanti “da testo del provvedimento impugnato ovvero da altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame” , laddove, ove se fossero deducibili quali vizi processuali ai sensi della lettera c), in relazione ad essi questa Corte di legittimità sarebbe gravata da un onere non selettivo d, accesso agli atti. Queste Sezioni Unite (Sez. U, n. 42792 del 31/10/2001, Policastro, Rv. 220092) hanno, infatti, da tempo chiarito che, nei casi in cui sia dedotto, mediante ricorso per
cassazione, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., un error in procedendo, la Corte di cassazione è giudice anche del fatto e, per risolvere la relativa questione, può procedere all’esame diretto degn atti processuali, che resta, al contrario, precluso dal riferimento al testo del provvedimento impugnato contenuto nella lett. e) del citato articolo (oltre che dal normativamente sopravvenuto riferimento ad altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame), quando risulti denunziata la mancanza o la manifesta illogicità della motivazione».
Come si evidenzia nel provvedimento impugnato e come ricordato in premessa, i punti critici segnalati dal precedente giudice di legittimità erano tre: a. insufficiente motivazione circa l’avvenuta demolizione dell’intera opera, compresi travi e pilastri; b. mancato accertamento in ordine alla legittimità della nuova edificazione asseritamente successiva alla demolizione; c. mancato accertamento in ordine alla comunicazione della demolizione all’autorità competente.
Ebbene, la Corte salernitana dà conto che, a segub:o della propria ordinanza del 27/2/2024, tali punti sono stati oggetto di ulteriore approfondimento.
Quanto al terzo, per il giudice dell’esecuzione può sicuramente sostenersi che la demolizione fu preceduta da una richiesta di autorizzazione rivolta al giudice procedente ck, come di prassi, autorizzò la rimozione dei sigilli a tal fine e, ricevuta la nota in data 6.8.2018, dispose la revoca del sequestro. Stando a quanto accertato dal consulente del P.G., agli atti del Comune di RAGIONE_SOCIALE non risulta acquisita alcuna documentazione relativa all’attività di demolizione dei ‘pilastri che il COGNOME avrebbe eseguito nel 2018.
Quanto al primo, si rileva nell’ordinanza impugnata che, sempre agli atti del Comune di RAGIONE_SOCIALE risultano acquisiti, in relazione all’immobile di cui si tratta, i seguenti atti: NUMERO_DOCUMENTO. n. NUMERO_DOCUMENTO del 28.11.2016 per ia sanatoria di un piazzale in conglomerato cementizio armato realizzato sine titulo (segnalazione dichiarata improcedibile per carenza documentale e archiviata con provvedimento prot. 11. 31696 dell:1.12.2016); NUMERO_DOCUMENTO prot. n. NUMERO_DOCUMENTO del 15.5.2017 per la sanatoria di un piazzale in conglomerato cementizio armato realizzato sine titulo; NUMERO_DOCUMENTO prot. n. NUMERO_DOCUMENTO del 15.1.2018, che prevedeva la costruzione di una tettoia destinata a ricovero attrezzature agricole e a deposito in parziale copertura di un piazzale già esistente; NUMERO_DOCUMENTO n. NUMERO_DOCUMENTO del 5,7.2018, per l’ampliamento della tettoia (titolo oggetto di diffida prot. 030183 in data 20.11.2020 in quanto inidoneo alla realizzazione dei lavori); NUMERO_DOCUMENTO prot. NUMERO_DOCUMENTO del 23.9.2020 di variante in corso d’opera, che prevedeva la rimodulazione in ampliamento della tettoia (anche quest’atto, inidoneo per la realizzazione dei lavori, era oggetto del provvedimento di diffida prima citato); richiesta di rilascio di permesso di costruire in sanatoria prot
n. NUMERO_DOCUMENTO del 4.3.2021 relativo ai pilastri (pratica oggetto di diffida perché incompleta e di conseguente provvedimento di rigetto).
Ebbene, rileva la Corte salernitana che il consulente, approfondendo il tema indicato dalla Corte, ha accertato che allegate alle SCIA del 153.2017, del 15.1.2018 e del 5.7.20 18 vi erano delle fotografie del piazzale in cui non erano presenti i pilastri; come puntualmente osservato dal P.G. nella nota in data 1.7.2024, però, nelle date suddette i pilastri erano ancora esistenti, visto e considerato che il COGNOME era stato autorizzato dal giudice a procedere alla demolizione (poi certificata dall’ufficiale di p.g. in data 6.8.20 18) con provvedimento emesso dal giudice il 6.7.2018. Per questo motivo quei rilievi fotografici non possono in alcun modo confutare la conclusione già raggiunta dal consulente (e, a dire della Cassazione, superata con motivazione inadeguata da questa Corte) circa la mancata demolizione dei pilastri.
Questa considerazione introduce la Corte campana ala valutazione dell’ultimo tema sollevato dalla sentenza della Suprema Corte, ossia quello della legittimità della successiva edificazione, che si ritiene debba essere sicuramente esclusa. Il procedimento (avente n. 2071/2020 RGNR Vallo della Lucania) fu originato dalla comunicazione di notizia di reato in data 24.9.2020 della Polizia RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, che si recò sulla proprietà del COGNOME a seguito della presentazione di un esposto anonimo. L’azione penale fu esercitata con decreto di citazione a giudizio in data ‘11.3.2021 con cui fu contestato al COGNOME di aver realizzato, in concorso con il direttore dei lavori e con il titolare dell’impresa esecutrice, sull scorta delle SCIA di cui si è detto, titoli inidonei, e dunque in assenza di permesso a costruire, un piazzale in calcestruzzo armato, sei pilastri dell’altezza di circa 4 metri ed altri sei pilastri dell’altezza di circa 1,70 metri.
La Difesa, anche in ricorso, sostiene che nel corso del processo (n. 621/2021 R.G. Dib. Vallo della Lucania) sarebbe emerso in maniera inequivocabile che si trattava di opere realizzate completamente ex novo e che i pilastri erano stati demoliti, ma i giudici salernitani hanno già motivatamente confutato tale obiezione ritenendola non corretta, dal momento che l’affermazione in tal senso del responsabile dell’UTC, architetto COGNOME, è chiaramente basata sul verbale dei RAGIONE_SOCIALE in data 6.8.2018 («… successivamente risulta anche una demolizione.., ad ogni modo risulta che ci sia un verbale dei RAGIONE_SOCIALE.., dove si dichiara che è stata effettivamente effettuata la demolizione», così a pag. 7 della trascrizione della deposizione resa all’udienza dell’1.2.2023).
La Corte salernitana dà anche conto che, nel corso dell’udienza del 9 luglio, poi, il difensore ha prodotto la deposizione testimoniale resa, sempre nell’ambito del proc. n. n. 621/2021, dall’ufficiale della Polizia RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, il quale, sentito in dibattimento, ha confermato quanto già attestato nella sua informativa,
ossia che il piazzale non era stato ancora realizzato, dal momento che aveva rinvenuto unicamente una rete elettrosaldata di predisposizione per la successiva gettata di calcestruzzo, necessaria alla realizzazione del piazzale. Viene, tuttavia, evidenziato che il punto è che anche il consulente, nel momento in cui ha valutato che le opere non fossero state integralmente demolite, ha fatto specifico riferimento ai pilastri e non al piazzale, dicendo chiaramente, fin dalla prima relazione, che la platea era stata ricostruita tra il 2020 e il 2022.
Per il giudice dell’esecuzione, dunque, le risposte ai quesiti che gli aveva posto il precedente giudice di legittimità con il rinvio sono le seguenti: al Comune di RAGIONE_SOCIALE non venne inviata alcuna comunicazione relativa alla demolizione; il verbale dei RAGIONE_SOCIALE che la attesta risulta superato dalle valutazioni del consulente, non smentite dalla ulteriore documentazione acquisita, stando al quale i pilastri non furono demoliti; la edificazione successiva è anchiessa illecita, e nel corso del secondo processo non è stato acquisito alcun elemento da cui si possa desumere che le opere precedentemente realizzate erano state completamente eliminate.
4. Ebbene, il percorso argomentativo espresso dalla Corte salernitana appare immune da censure e non superato dalle deduzioni difensive dirette a evidenziare la contraddittorietà ed illogicità della motivazione in relazione all’elaborato del consulente tecnico della Procura Generale – riportato in ricorso con un estratto di alcuni passaggi -, e a sollecitarne una diversa interpretazione con riferimento, in particolare, alle conclusioni in ordine alla demolizione de pilastri.
L’ordinanza impugnata, invero, con motivazione congrua e coerente, ha esposto le ragioni della ritenuta inidoneità dei rilievi fotografici allegati alle SCIA incidere sulle conclusioni raggiunte dal consulente tecnico, in quanto ritraenti il piazzale privo dei pilastri, da ritenersi, invece, presenti alla data del 6.7.2018 (successiva a quella delle SCIA), come logicamente evincibile dal provvedimento di autorizzazione a procedere alla demolizione emesso dal Giudice in tale data.
Il giudice dell’esecuzione ha inoltre evidenziato la portata dell’affermazione del responsabile dell’UTC in merito alla avvenuta demolizione, fondata sulla constatazione di quanto indicato sul punto nel verbale dei RAGIONE_SOCIALE del 6.8.2018, e della deposizione testimoniale dell’ufficiale della Polizie RAGIONE_SOCIALE, relativa, comunque, al piazzale, avendo, però, il consulente fatto riferimento ai pilastri e non al piazzale nel momento in cui aveva valutato la non integrale demolizione delle opere.
A fronte di tali elementi il ricorso non appare confrontarsi appieno con le valutazioni della Corte salernitana, e soprattutto con le considerazioni poste a fondamento della ritenuta conferma della conclusione raggiunta dal consulente circa
la mancata demolizione dei pilastri; né appaiono emergere ulteriori profili di valutazione idonei ad incidere sugli elementi evidenziati dal Giudice dell’esecuzione.
Al rigetto del ricorso conseaue, ex lege, la condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese del procedimento
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 29/10/2024