Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 33797 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 33797 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME, nata a Pozzuoli (Na) il DATA_NASCITA;
avverso la ordinanza n. 560/2024/SIGE della Corte di appello di Napoli del 24 gennaio 2024;
letti gli atti di causa, la ordinanza impugnata e il ricorso introduttivo;
sentita la relazione fatta dal AVV_NOTAIO COGNOME;
letta la requisitoria scritta del PM, in persona del AVV_NOTAIO COGNOME, il quale ha concluso chiedendo la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.
Depositata in Cancelleria
Oggi,
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Napoli ha, con ordinanza del 24 gennaio 2025, rigettato la istanza con la quale NOME, persona che, con sentenza del Tribunale di Napoli del 2 novembre 2015, divenuta definitiva il successivo 24 maggio 2018 dopo che la Corte di appello di Napoli aveva solo parzialmente riformato la sentenza di primo grado, era stata riconosciuta colpevole di una serie dì contravvenzioni edilizie e paesaggistiche che avevano, fra l’altro, determinato la adozione dell’ordine di ripristino dello stato dei luoghi, aveva chiesto la revoca o la sospensione dell’ingiunzione a demolire emessa in data 10 maggio 2023 dalla Procura AVV_NOTAIO presso la Corte di appello di Napoli, a lei notificata il successivo 12 luglio 2023.
Avverso la ordinanza emessa dal Giudice della esecuzione ha interposto ricorso per cassazione la difesa della ricorrente articolando due motivi di impugnazione.
Un primo motivo era relativo sia alla valutazione negativa operata in ordine all’esito della istanza di condono edilizio presentata dalla COGNOME sia alla contraddittorietà della motivazione della ordinanza emessa dalla Corte di appello; in essa, infatti, dopo che il ricorso della COGNOME era stato indicato come inammissibile in quanto la titolarità del bene demolendo sarebbe passata al Comune di Pozzuoli per effetto della inottemperanza da parte di quella all’ordine’ di demolizione da detto Comune impartito alla NOME, nel dispositivo del provvedimento impugnato il ricorso da quella presentato è stato rigettato e non dichiarato inammissibile; la ricorrente lamenta, altresì, l’erroneità della ordinanza impugnata nella parte in cui in essa si dà per avvenuta l’acquisizione dell’immobile abusivo al patrimonio del Comune di Pozzuoli, circostanza questa ritenuta ostativa all’ammissibilità della istanza di revoca o sospensione dell’ordine di demolizione.
Con un secondo motivo di ricorso è stata dedotta la violazione di legge per avere la Corte di appello rigettato il ricorso, sebbene la esecuzione dell’ordine di demolizione si ponesse in contrasto col principio di proporzionalità in quanto la sua esecuzione avrebbe violato i diritti primari della ricorrente.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso proposto è risultato essere inammissibile.
La prima questione agitata con il primo motivo del ricorso presentato dalla NOME è chiaramente inammissibile; è ben vero che le argomentazioni sviluppate dalla Corte di appello di Napoli onde giustificare il mancato accoglimento del ricorso proposto dalla NOME sono orientate nel senso della affermazione della inammissibilità delle istanze da questa formulate, ma la circostanza che, ciononostante, il ricorso da quella presentato sia stato “rigettato”, formula decisoria che presupporrebbe la ammissibilità della istanza in tal modo definita e il suo scrutinio sostanziale, non è fattore che determini alcuna lesione rilevante della posizione soggettiva della ricorrente di tal che il provvedimento in tale modo adottato non è suscettibile di essere per ciò solo validamente impugnato dalla medesima.
In relazione al secondo motivo di ricorso, afferente alla avvenuta acquisizione da parte del Comune di Pozzuoli del manufatto oggetto dell’ordine di demolizione, va ricordato che, secondo quanto previsto dall’art. 31, comma 3 del dPR n. 380 del 2001, se il responsabile dell’abuso non provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi nel termine di novanta giorni dall’ingiunzione, il bene e l’area di sedime, nonché quella necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive sono acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio del Comune ove l’opera insiste; una volta verificatosi il predetto fenomeno, qualora il Consiglio comunale non abbia deliberato il mantenimento del manufatto, ravvisando l’esistenza di prevalenti interessi pubblici, il soggetto che sia stato destinatario della condanna può chiedere la revoca dell’ordine di demolizione soltanto per provvedere spontaneamente all’esecuzione di tale provvedimento, essendo privo di interesse ad avanzare richieste diverse, in quanto il procedimento amministrativo sanzionatorio ha ormai come unico esito obbligato la demolizione della costruzione a spese del responsabile dell’abuso (Corte di cassazione, Sezione III penale, 25 febbraio 2020, n. 7399, rv 278090).
Cosa che nell’occasione non costituisce all’evidenza la ragione per la quale la odierna ricorrente ha sollecitato la revoca dell’ordine a suo tempo impartitole.
Quanto al profilo legato al preteso non perfezionamento del meccanismo acquisitivo dell’immobile al patrimonio comunale, si osserva che le doglianze articolate dalla ricorrente afferiscono a profili di fatto, concernenti le modalità procedimentali attraverso le quali era stata verificata l’avvenuta inottemperanza da parte della ricorrente all’ordine di demolizione a lei
impartito che non erano stati dedotti (o quanto meno non segnalati come dedotti) in occasione della formulazione dell’incidente di esecuzione e che, pertanto, non possono essere oggetto del presente giudizio, neppure sotto il profilo della omessa o insufficiente motivazione.
In ordine al secondo motivo di impugnazione, concernente la pretesa violazione del principio di proporzionalità scaturente dalla esecuzione dell’ordine di demolizione, rileva il Collegio come anche in questo caso il motivo di impugnazione non abbia pregio.
Infatti, diversamente da quanto rilevato dalla odierna ricorrente, in occasione della adozione del provvedimento ora gravato la Corte territoriale partenopea ha efficacemente evidenziato il fatto che la NOME si era resa protagonista di plurimi episodi di abusivismo edilizio, in tale modo evidenziando l’atteggiamento di pervicace ostinazione nella violazione della normativa in materia edilizia, tale da rendere assolutamente necessaria e prioritaria, quale forma di tutela dell’interesse pubblico al corretto sviluppo urbanistico, la misura della rimozione dell’opera abusiva, cui non può essere contrapposto il dato legato all’ampiezza del lasso di tempo intercorso fra la definitività del provvedimento con il quale l’abbattimento del manufatto è stato disposto ed il momento in cui esso è stato materialmente posto in esecuzione, atteso che, anzi, in tale torno di tempo la ricorrente avrebbe avuto la possibilità di ovviare ai disagi a lei derivanti dalla rimozione dell’opera, adoperandosi efficacemente per la sua preventiva sostituzione funzionale.
Il ricorso deve, perciò essere dichiarato inammissibile e la ricorrente deve, di conseguenza, visto l’art. 616 cod. proc. pen., essere condannata al pagamento delle spese processuali e della somma di euri 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 14 maggio 2025
Il AVV_NOTAIO estensore