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Ordine di demolizione: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di una cittadina contro un ordine di demolizione per un immobile abusivo. La ricorrente sosteneva l’illegittimità del provvedimento e la violazione del principio di proporzionalità. La Corte ha ribadito che, in caso di inottemperanza, l’immobile viene acquisito di diritto dal Comune, rendendo vane le contestazioni. Inoltre, la pervicacia nell’abusivismo edilizio giustifica la demolizione come misura necessaria.

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Pubblicato il 25 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ordine di demolizione e abusivismo edilizio: la Cassazione conferma la linea dura

Un ordine di demolizione rappresenta la conseguenza più severa per chi commette abusi edilizi. Con una recente sentenza, la Corte di Cassazione ha ribadito la rigidità della normativa, dichiarando inammissibile il ricorso di una proprietaria che cercava di fermare la demolizione di un immobile abusivo. Questo caso offre spunti cruciali sul meccanismo di acquisizione del bene da parte del Comune e sui limiti del principio di proporzionalità.

I fatti del caso

La vicenda ha origine da una condanna per una serie di contravvenzioni edilizie e paesaggistiche, divenuta definitiva nel 2018. A seguito della condanna, la Procura Generale presso la Corte di Appello emetteva un’ingiunzione a demolire l’immobile abusivo nel maggio 2023. La proprietaria presentava un’istanza per la revoca o la sospensione di tale ingiunzione, ma la Corte di Appello la rigettava nel gennaio 2025. Contro questa decisione, la signora proponeva ricorso in Cassazione, basandolo su due motivi principali:

1. La contraddittorietà della motivazione della Corte di Appello e l’erroneità nel considerare avvenuta l’acquisizione dell’immobile al patrimonio del Comune.
2. La violazione del principio di proporzionalità, sostenendo che l’esecuzione della demolizione avrebbe violato i suoi diritti primari.

L’inammissibilità del ricorso contro l’ordine di demolizione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno smontato entrambi i motivi di impugnazione presentati dalla ricorrente, fornendo chiarimenti importanti sulla disciplina dell’ordine di demolizione.

L’automatica acquisizione dell’immobile al patrimonio comunale

Il punto centrale della decisione riguarda l’effetto dell’inottemperanza all’ingiunzione di demolizione. La Corte ha richiamato l’art. 31, comma 3, del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico dell’Edilizia). Questa norma stabilisce che se il responsabile dell’abuso non provvede alla demolizione entro 90 giorni, il bene e l’area di sedime vengono acquisiti di diritto e gratuitamente al patrimonio del Comune.

Una volta che questo meccanismo acquisitivo si è perfezionato, il responsabile dell’abuso perde la titolarità del bene. Di conseguenza, non ha più alcun interesse a richiedere la revoca dell’ordine, se non per provvedere spontaneamente alla demolizione a proprie spese. Il procedimento amministrativo sanzionatorio, a quel punto, ha come unico esito obbligato la demolizione.

La proporzionalità e la persistenza nell’illecito

Anche il secondo motivo, basato sulla presunta violazione del principio di proporzionalità, è stato respinto. La Cassazione ha sottolineato come la Corte territoriale avesse già evidenziato che la ricorrente era stata protagonista di plurimi episodi di abusivismo edilizio. Questo atteggiamento di “pervicace ostinazione” nella violazione della normativa edilizia rende la demolizione una misura non solo proporzionata, ma assolutamente necessaria e prioritaria per tutelare l’interesse pubblico al corretto sviluppo urbanistico.

Il lungo tempo trascorso tra la condanna definitiva e l’esecuzione materiale della demolizione, secondo i giudici, non gioca a favore della ricorrente. Anzi, quel periodo avrebbe dovuto essere utilizzato per trovare una soluzione abitativa alternativa, non per sperare in un’impunità.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte Suprema si fondano su una rigorosa interpretazione della legge e della giurisprudenza consolidata. Primo, la questione procedurale sollevata dalla ricorrente (sul fatto che il suo ricorso fosse stato “rigettato” invece che dichiarato “inammissibile” in primo grado) è stata ritenuta irrilevante, in quanto non lesiva della sua posizione soggettiva.

Secondo, in merito all’acquisizione dell’immobile, la Corte ha chiarito che l’inottemperanza all’ordine di demolizione attiva un meccanismo automatico che trasferisce la proprietà al Comune. Le doglianze della ricorrente sul presunto non perfezionamento di tale meccanismo sono state considerate profili di fatto, non dedotti correttamente nell’incidente di esecuzione e quindi non esaminabili in sede di legittimità.

Infine, la Corte ha respinto la tesi della sproporzionalità, evidenziando come la condotta recidiva della ricorrente giustificasse pienamente la misura ripristinatoria, vista come unica forma di tutela dell’interesse pubblico di fronte a una sistematica violazione delle norme urbanistiche.

Le conclusioni

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso e ha condannato la ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende. La sentenza rafforza un principio fondamentale: l’ordine di demolizione è uno strumento non negoziabile per ripristinare la legalità violata. L’inerzia del responsabile dell’abuso non solo non ferma il processo, ma lo aggrava, portando alla perdita definitiva della proprietà del bene. Questa decisione serve da monito, sottolineando che la tutela del territorio e il rispetto delle regole urbanistiche prevalgono sugli interessi individuali, specialmente quando questi si manifestano attraverso una condotta illecita persistente.

Cosa succede se non si rispetta un ordine di demolizione entro i termini stabiliti?
Secondo l’art. 31 del d.P.R. 380/2001, se il responsabile non demolisce l’opera abusiva entro 90 giorni dall’ingiunzione, il bene e l’area di sedime vengono acquisiti di diritto e gratuitamente al patrimonio del Comune. Il responsabile perde quindi la proprietà dell’immobile.

È possibile bloccare una demolizione sostenendo che è una misura sproporzionata?
No, in questo caso la Corte ha stabilito che il principio di proporzionalità non può essere invocato con successo quando vi è un atteggiamento di “pervicace ostinazione” nella violazione delle norme edilizie. La demolizione è considerata una misura necessaria e prioritaria per tutelare l’interesse pubblico.

Il tanto tempo passato tra la condanna e l’esecuzione della demolizione può essere un motivo per revocarla?
No, la Corte ha chiarito che il tempo trascorso non è un motivo valido per la revoca. Anzi, ha specificato che la ricorrente avrebbe dovuto utilizzare quel periodo per trovare una soluzione abitativa alternativa, e non per evitare le conseguenze della sua condotta illecita.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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