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Ordine di demolizione: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di due sorelle contro un ordine di demolizione risalente al 1989. La sentenza chiarisce che né l’acquisizione dell’immobile da parte del Comune, né la generica invocazione del diritto all’abitazione (Art. 8 CEDU) possono bloccare l’esecuzione della sanzione, confermando la piena legittimità dell’operato del giudice dell’esecuzione.

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Pubblicato il 6 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ordine di Demolizione: Nemmeno l’Acquisizione Comunale lo Ferma

Un ordine di demolizione emesso decenni fa resta valido ed efficace nonostante i numerosi tentativi di bloccarne l’esecuzione. Con la recente sentenza n. 14122/2025, la Corte di Cassazione ha ribadito principi fondamentali in materia di abusi edilizi, chiarendo che né l’acquisizione dell’immobile al patrimonio comunale né la generica invocazione di diritti fondamentali possono paralizzare la sanzione. Questo caso offre spunti cruciali sulla perentorietà delle sentenze di condanna e sui limiti delle eccezioni opponibili in fase esecutiva.

I Fatti del Caso: Una Demolizione Contesa per Decenni

La vicenda giudiziaria ha origine da una sentenza di condanna per abusi edilizi emessa dal Pretore di Napoli nel lontano 1989, divenuta irrevocabile nel 1991. La sentenza includeva l’ordine di demolire i manufatti abusivi. Le due responsabili, due sorelle, hanno negli anni intrapreso diverse azioni legali per evitare l’esecuzione della demolizione. L’ultimo capitolo ha visto il giudice dell’esecuzione del Tribunale di Napoli respingere la loro opposizione. Contro questa decisione, le sorelle hanno proposto ricorso per cassazione, sollevando una serie di motivi, tra cui la presunta carenza di potere del Pubblico Ministero, l’avvenuta acquisizione dell’immobile al patrimonio comunale e la violazione del diritto all’abitazione tutelato dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU).

L’Analisi della Corte: I Motivi di Inammissibilità del Ricorso

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile, smontando punto per punto le argomentazioni delle ricorrenti. La decisione si fonda su orientamenti giurisprudenziali consolidati, che rafforzano il principio di legalità e l’effettività della repressione degli abusi edilizi.

L’Ordine di Demolizione e la sua Natura Giurisdizionale

Le ricorrenti sostenevano che l’ordine, essendo stato emesso prima della storica sentenza “Monterisi” del 1997, non avesse natura giurisdizionale e che, quindi, il Pubblico Ministero non avesse il potere di eseguirlo. La Corte ha respinto questa tesi, affermando che i principi della sentenza Monterisi hanno portata generale e si applicano anche agli ordini emessi in precedenza. L’ordine di demolizione è una sanzione giurisdizionale a tutti gli effetti, e il Pubblico Ministero è l’organo competente a promuoverne l’esecuzione, seguito dall’intervento del giudice dell’esecuzione per le modalità operative.

Acquisizione al Patrimonio Comunale: Non è una Sanatoria Automatica

Un punto centrale del ricorso era l’avvenuta acquisizione gratuita dell’opera abusiva al patrimonio del Comune. Secondo le ricorrenti, ciò avrebbe creato un conflitto insanabile con la demolizione. La Cassazione ha chiarito che non è così. L’acquisizione non blocca l’ordine del giudice. L’unico modo per salvare l’immobile è una delibera del consiglio comunale che dichiari l’esistenza di prevalenti interessi pubblici al suo mantenimento, a condizione che l’opera non contrasti con rilevanti interessi urbanistici o ambientali. In assenza di tale delibera, l’acquisizione comunale ha come unico esito la demolizione a spese del responsabile dell’abuso. Anzi, la stessa acquisizione, secondo la Corte, dimostra la carenza di interesse delle ricorrenti a mantenere il bene.

La Genericità del Ricorso sull’Art. 8 CEDU

Le ricorrenti hanno lamentato la violazione dell’art. 8 CEDU (diritto al rispetto della vita privata e familiare), sostenendo che l’immobile fosse abitato da un nucleo familiare con persone anziane e minori. La Corte ha ritenuto il motivo inammissibile per la sua assoluta genericità. Sebbene il principio di proporzionalità vada considerato, esso riguarda la relazione tra l’interesse pubblico alla tutela del territorio e il diritto di proprietà dell’autore del reato e del suo stretto nucleo familiare. In questo caso, il motivo era stato presentato senza alcuna documentazione specifica in sede di opposizione e reiterato in Cassazione in modo vago, riferendosi a una nipote. Un motivo di ricorso così generico, afferma la Corte, è geneticamente inammissibile e non doveva nemmeno essere preso in considerazione dal giudice dell’esecuzione.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha basato la sua decisione di inammissibilità su consolidati principi giurisprudenziali. Ha sottolineato che l’ordine di demolizione impartito dal giudice penale è un potere sanzionatorio autonomo e distinto da quello amministrativo, che deve essere eseguito in ogni caso, salvo la specifica eccezione della delibera consiliare. Inoltre, è stato ribadito che il responsabile dell’abuso non ha interesse giuridico a lamentare la mancata notifica dell’ordine a terzi (come gli eredi di un coimputato o successivi acquirenti), poiché tale omissione non limita il suo diritto di difesa. Infine, la Corte ha censurato la genericità dei motivi di ricorso, in particolare quello relativo alla violazione dell’art. 8 CEDU, che, per essere esaminato, richiede allegazioni specifiche e documentate, non mere affermazioni di principio.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza invia un messaggio chiaro: gli ordini di demolizione contenuti in sentenze penali irrevocabili sono destinati a essere eseguiti con rigore. Le eccezioni sono poche e rigorosamente interpretate. L’acquisizione dell’immobile da parte del Comune non rappresenta una via di fuga, ma, al contrario, può segnare il passo finale verso la demolizione a spese del responsabile. Per i cittadini, la lezione è evidente: l’unica via per tutelare il proprio diritto all’abitazione è agire nel rispetto delle leggi urbanistiche, poiché le scappatoie processuali per sanare un abuso edilizio conclamato e sanzionato con sentenza definitiva sono estremamente limitate e destinate, come in questo caso, all’insuccesso.

L’acquisizione di un immobile abusivo da parte del Comune ne impedisce la demolizione ordinata dal giudice?
No. Secondo la Corte, l’acquisizione dell’opera abusiva al patrimonio comunale non blocca l’ordine di demolizione. L’unica eccezione è una specifica delibera del consiglio comunale che dichiari l’esistenza di prevalenti esigenze pubbliche al mantenimento del bene, e sempre che non vi sia contrasto con rilevanti interessi urbanistici o ambientali. In assenza di tale delibera, l’acquisizione porta alla demolizione a spese del responsabile.

Il responsabile di un abuso edilizio può contestare la mancata notifica dell’ordine di demolizione a terzi, come i nuovi acquirenti?
No. La Corte ha stabilito che il responsabile dell’abuso, destinatario del provvedimento, non ha un interesse giuridicamente rilevante a dedurre la nullità derivante dalla mancata notifica a terzi. Tale omissione, infatti, non limita in alcun modo il suo personale diritto di interloquire nel procedimento di esecuzione e far valere le proprie ragioni.

Invocare il diritto alla vita privata e familiare (art. 8 CEDU) è sufficiente per fermare una demolizione?
No, non se l’invocazione è generica. La Corte ha dichiarato inammissibile il motivo basato sull’art. 8 CEDU perché dedotto in termini assolutamente generici, senza documentazione specifica. Sebbene il giudice debba considerare il principio di proporzionalità, questo bilanciamento di interessi richiede che la parte interessata fornisca prove concrete e specifiche della situazione abitativa, cosa che nel caso di specie non è avvenuta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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