Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 14122 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 14122 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/03/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
NOME nata a Napoli il 25/08/1956 Di NOME nata a Napoli il 30/04/1950 avverso l’ordinanza del 22/05/2024 del Tribunale di Napoli
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza emessa il 22 maggio 2024 il giudice monocratico del Tribunale di Napoli, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’opposizione (così riqualificato da questa Corte con provvedimento del 16 febbraio 2023 il ricorso per cassazione che le parti avevano proposto avverso il provvedimento reiettivo del medesimo giudice del 7 dicembre 2022, sull’assunto che esso fosse stato emanato de plano) presentata nell’interesse di NOME COGNOME e NOME COGNOME, avente ad oggetto l’ordinanza emessa il 7 dicembre 2022 dal medesimo Tribunale, così per l’effetto confermando l’ordine di esecuzione relativo all’ingiunzione a demolire i manufatti abusivi per i quali è stata pronunciata sentenza di condanna del Pretore di Napoli il 20 settembre 1989, divenuta irrevocabile il 7 maggio 1991.
Ha proposto ricorso per cassazione l’avv. NOME COGNOME difensore di fiducia di NOME COGNOME e NOME COGNOME deducendo otto motivi.
2.1 Con il primo motivo, lamenta vizio di violazione di legge e manifesta illogicità per aver il giudice dell’esecuzione emesso il provvedimento impugnato decidendo nel merito un ricorso per cassazione valutandone i motivi, mentre avrebbe dovuto effettuare una nuova valutazione aderente alle indicazioni della Corte rimettente.
2.2 Con il secondo motivo la parte si duole del vizio di violazione di legge e di manifesta contraddittorietà o illogicità della motivazione per carenza originaria ed ontologica del titolo di esecuzione della demolizione.
Si rappresenta che la sentenza contenente l’ordine di demolizione è stata pronunciata il 20 settembre 1989 e che è divenuta irrevocabile il 7 maggio 1989, ossia prima della sentenza Sez. U, Monterisi, del 24 luglio 1997 nella quale si riconosceva la natura giurisdizionale dell’ordine di demolizione, per cui la Procura non aveva, rispetto alla sentenza in questione, nessun potere di agire in esecuzione.
2.3 La doglianza oggetto del terzo motivo investe il vizio di violazione di legge e di manifesta contraddittorietà o illogicità della motivazione in ordine all’avvenuta acquisizione dell’immobile al patrimonio comunale, in quanto dichiarato espressamente di prevalente interesse pubblico.
Si lamenta che il giudice non abbia in alcun modo tenuto conto dell’avvenuta acquisizione dell’immobile al patrimonio comunale, circostanza, questa, che oltre a porsi in insanabile contrasto con l’ordine di esecuzione, avrebbe dovuto essere valutata come un provvedimento amministrativo, al pari della sanatoria.
2.4 Con il quarto motivo, la parte si duole del vizio di violazione di legge in relazione all’art. 24 Cost. e di manifesta contraddittorietà o illogicità del motivazione in ordine all’omessa notifica agli interessati dell’ordine di demolizione e della data di udienza in camera di consiglio.
Si rappresenta che la sanzione è trasmissibile agli eredi, in applicazione del principio di diritto espresso dalle Sez. U, COGNOME, ed opera anche nei confronti di coloro che hanno acquistato il bene oggetto di demolizione in buona fede e quindi tanto le eredi del sig. COGNOME soggetto deceduto, coimputato, quanto chi ha acquisto gli immobili in buona fede dalle Di Marino, che avrebbero avuto diritto ad essere avvisati dell’ordine di demolizione e della data di udienza, diversamente da quanto verificatosi, posto che nessuno di loro è stato notiziato dal Pubblico ministero né dell’uno né dell’altra.
2.5 Con il quinto motivo, si rappresenta che il provvedimento impugnato è affetto da vizio di violazione di legge e di manifesta contraddittorietà o illogicit della motivazione per non aver il giudice dell’esecuzione assunto una prova determinante, richiesta dalla difesa, ossia l’escussione degli ingegneri COGNOME del Servizio Condono edilizio del Comune di Napoli, al fine di valutare la
condonabilità delle opere alla luce della nota del Comune del 17 settembre 2015, che l’aveva affermata.
2.6 II sesto motivo di ricorso lamenta vizio di violazione di legge in relazione all’art. 8 CEDU sotto il profilo del diritto al rispetto della vita privata e familia del domicilio e manifesta illogicità in ordine a tale questione.
Si evidenzia che allegata all’istanza di revoca o sospensione il difensore aveva depositato documentazione che dava contezza del fatto che l’immobile è abitato da famiglie costituite da persone anziane, da bambini, da persone affette da problemi di salute e che, in ragione del principio convenzionale di proporzionalità, si dovrebbe evitare l’esecuzione della demolizione in momenti in cui sarebbero compromessi altri diritto fondamentali come la frequentazione, per i minori, della scuola.
Con requisitoria scritta il Sost. Procuratore generale ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso, condividendo le articolate e precise indicazioni del giudice territoriale in quanto immuni da vizi di logicità e in linea con la indiscussa giurisprudenza di legittimità.
Rispetto alle motivazioni dell’ordinanza impugnata rileva che, con riferimento al tema della presentazione dell’istanza di condono, avanzata frazionando le unità immobiliari, l’ordinanza del giudice dell’esecuzione che ha rilevato l’insussistenza di atti incompatibili con l’ordine di demolizione è in linea con l’insegnamento di questa Corte (si indica Sez. 3, n. 9145 del 01/07/2015, dep. 2016, Rv. 26676301) e che altrettanto corretta è la valutazione di insussistenza di ragioni di sospensione, attesa la insuscettibilità di sanatoria dell’intervento abusivo de quo in ragione della sua collocazione in zona sottoposta a vincolo paesaggistico.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso proposto è nel complesso manifestamente infondato e dunque inammissibile.
Quanto al primo motivo di doglianza, lo stesso è manifestamente inammissibile in quanto, a seguito del provvedimento adottato da questa Corte con ordinanza del 16 febbraio 2023 – che ha riqualificato in opposizione il ricorso per cassazione proposto avverso l’ordinanza del 7 dicembre 2022, depositata il 13 dicembre 2022, con la quale il giudice monocratico aveva rigettato la richiesta di revoca o sospensione dell’ordine di demolizione del 25 luglio 2022 – il giudice dell’esecuzione, pur rilevando che l’ordinanza reiettiva del 13 dicembre 2022 non era stata emessa de plano, come invece ritenuto, ha congruamente deciso, adottando i criteri di giudizio e di valutazione propri del giudizio di opposizione,
anche se le doglianze, come nel caso in esame, erano contenute in un atto, quale il ricorso per cassazione a suo tempo presentato.
Non si è trattato, quindi, come asserito dalla parte, di decidere “in merito al ricorso per cassazione valutandone i motivi”, posto che le doglianze lamentate, in ragione del provvedimento di riqualificazione adottato, sono state valutate in modo corretto, anche alla luce dei motivi formulati nell’istanza originaria del 25 lugli 2022.
Altrettanto inammissibile è il secondo motivo di doglianza.
2.2 Con motivazione coerente oltre che priva di vizi di diritto o di illogicità giudice dell’esecuzione ha congruamente rilevato che l’emissione di un ordine di demolizione in un periodo antecedente rispetto alla decisione adottata da Sez. U, COGNOME, non esclude la validità e l’applicabilità in concreto del principio iv espresso, secondo cui l’ordine di demolizione adottato dal giudice ai sensi dell’art. 7 legge 28 febbraio 1985, n. 47, al pari delle altre statuizioni contenute nella sentenza definitiva, è soggetto all’esecuzione nelle forme previste da codice di procedura penale, avendo natura di provvedimento giurisdizionale, ancorché applicativo di sanzione amministrativa (Sez. U, n. 15 del 19/06/1996, P.m. in proc. COGNOME, Rv. 205336-01 che nell’affermare detto principio ha anche precisato che ai sensi dell’art. 655 cod. proc. pen. l’organo promotore dell’esecuzione è il pubblico ministero il quale, ove il condannato non ottemperi all’ingiunzione a demolire, è tenuto ad investire, per la fissazione delle modalità di esecuzione, il giudice dell’esecuzione, la cui cancelleria è preposta, inoltre, al recupero delle spese del procedimento esecutivo ai sensi dell’art. 181 disp. att. cod. proc. pen.).
Il dedotto motivo è dunque inammissibile, riproducendo con esso gli stessi motivi prospettati nel ricorso per cassazione, senza alcun confronto critico con gli argomenti utilizzati nel provvedimento impugnato, ma limitandosi, in maniera generica a lamentare una presunta illogicità o contraddittorietà della motivazione (cfr riferito ai motivi dedotti e respinti in appello, Sez. 2, n. 27816 del 22/03/2019 COGNOME, Rv. 276970-01).
Inammissibile per genericità è anche il terzo motivo di ricorso.
3.1 Costituisce espressione di un orientamento pacifico quello espresso da Sez. 3, n. 47263 del 25/09/2014, Russo, Rv. 261213-01 secondo cui l’ordine di demolizione impartito dal giudice con la sentenza di condanna costituisce espressione di un potere sanzionatorio autonomo e distinto rispetto all’analogo potere dell’autorità amministrativa, e, conseguentemente, deve essere eseguito in ogni caso, anche se sia stata disposta acquisizione gratuita dell’opera abusiva al patrimonio del Comune, ferma restando la sola eccezione dell’adozione di una deliberazione consiliare, dichiarativa dell’esistenza di prevalenti esigenze pubbliche, e sempre che l’opera non contrasti con rilevanti interessi urbanistici o
ambientali (in termini, successivamente anche Sez. 3, n. 9864 del 17/02/2016, Corleone, Rv. 266770-01; Sez. 3, n. 30170 del 24/05/2017, COGNOME, Rv. 27025301; Sez. 3, n. 2582 del 23/05/2018, dep. 2019, Russo, Rv. 274817-01).
A tale principio si è attenuto il giudice dell’esecuzione nel provvedimento impugnato, laddove ha affermato che la circostanza che gli immobili sono stati acquisiti al patrimonio comunale per la relativa utilizzazione a fini pubblici non può essere valutata come sintomatica della sussistenza di un interesse pubblico incompatibile con l’ordine di demolizione, aggiungendo, in termini corretti e congrui, che tale circostanza appare semmai indicativa della carenza di interesse da parte delle ricorrenti.
3.2 Tale ultima affermazione è infatti in linea con il condivisibile orientamento espresso da Sez. 3, n. 7399 del 13/11/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278090-01 secondo cui, dopo l’acquisizione dell’opera abusiva al patrimonio disponibile del Comune, qualora il consiglio comunale non abbia deliberato il mantenimento del manufatto, ravvisando l’esistenza di prevalenti interessi pubblici, il condannato può chiedere la revoca dell’ordine di demolizione soltanto per provvedere spontaneamente all’esecuzione di tale provvedimento, essendo privo di interesse ad avanzare richieste diverse, in quanto il procedimento amministrativo sanzionatorio ha ormai come unico esito obbligato la demolizione della costruzione a spese del responsabile dell’abuso.
4 La medesima carenza di interesse, e la conseguente inammissibilità della doglianza, va rilevata anche in relazione al quarto motivo, come osservato, in termini corretti, dal giudice di esecuzione.
È principio consolidato, nella giurisprudenza di questa Corte, cui aderisce questo Collegio, quello secondo il quale, in tema di esecuzione dell’ordine di demolizione del manufatto abusivo, il responsabile dell’abuso, destinatario del provvedimento, non è portatore di un interesse giuridicamente rilevante a dedurre la nullità derivate dalla mancata notifica dello stesso al proprietario del bene, non determinando tale omissione alcuna limitazione al suo diritto di interloquire nel procedimento di esecuzione per far valere le eccezioni difensive relative alla sua posizione. (Sez. 3, n. 8998 del 19/11/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278417-02; in termini conformi, anche Sez. 3, n. 47281 del 21/10/2009, COGNOME, Rv. 24540401; Sez. 3, n. 8998 del 19/11/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278417-02).
5. Sulla mancata escussione dei tecnici comunali, oggetto del quinto motivo di doglianza, nessun rilievo può muoversi al giudice dell’esecuzione laddove ha evidenziato che si tratterebbe dei redattori della nota del 17 settembre 2015, superata da quella del 21 giugno 2022, che, nel rappresentare che l’istruttoria di ben ventuno pratiche di condono riguardanti un unico corpo di fabbrica era sospesa in ragione del fatto che lo stesso insiste in zona sottoposta a vincolo paesaggistico,
aveva comunque attestato che le pratiche non sono condonabili per superamento dei limiti volumetrici, trattandosi all’evidenza di un frazionamento, correttamente definito nel provvedimento impugnato un mero espediente per aggirare i limiti volumetrici di cui alla legge n. 724 del 1994.
6 n sesto motivo è inammissibile per genericità.
6.1 Va sul punto premesso che, in tema di reati edilizi, il principio di proporzionalità, enunciato dalla giurisprudenza convenzionale, cui deve conformarsi l’esecuzione dell’ordine di demolizione delle opere abusive, postula la valutazione della sola interrelazione esistente tra l’interesse pubblico alla salvaguardia del territorio e la tutela del diritto di proprietà e delle relative for di godimento dell’autore del reato o del proprietario dell’immobile e del suo stretto nucleo familiare, non potendosi riconoscere rilievo alcuno all’interesse abitativo di terzi estranei, detentori, a qualsiasi altro titolo, del manufatto abusivo altrui, che eventualmente, potranno ottenere altre forme di soddisfacimento mediante misure di assistenza sociale o la locazione di immobili leciti. (Sez. 3, n. 29117 del 17/04/2024, COGNOME, Rv. 286731 – 01).
6.2 Nel caso di specie si lamenta la violazione dell’art. 8 CEDU, dedotta, in termini assolutamente generici, nei motivi aggiunti dopo la riqualificazione del ricorso per cassazione in opposizione, senza che nulla venisse documentato in quella sede, e reiterata nel presente ricorso per cassazione in relazione ad una nipote, che abiterebbe in uno degli appartamenti in cui è stato frazionato l’immobile.
Si tratta, all’evidenza, di un motivo di doglianza che era già del tutto generico e, quindi, geneticamente inammissibile, sicché il giudice di esecuzione poteva non prenderlo in considerazione, trattandosi di un’ipotesi riconducibile ad una causa di inammissibilità originaria dell’opposizione. Come affermato per il giudizio di appello, in termini che possono estendersi anche al giudizio di opposizione di cui al caso in esame, i motivi generici, restano colpiti dalla sanzione di inammissibilità anche quando la sentenza del giudice dell’impugnazione non pronuncia in concreto tale sanzione, donde il difetto di motivazione della sentenza di appello in ordine a motivi così viziati in radice non può essere oggetto, a pena di inammissibilità, di ricorso per cassazione (Sez. 5, n. 44201 del 29/09/2022, Testa, Rv. 283808; Sez. 3, n. 10709 del 25/11/2014, dep. 2015, Botta, Rv. 262700; Sez. 1, n. 7096 del 20/01/1986, Ferrara, Rv. 173343).
Alla declaratoria di inammissibilità consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere per le ricorrenti del pagamento delle spese del procedimento nonché, tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che “la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione
della causa di inammissibilità”, quello del versamento della somma, in favore della
Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00.
Il collegio intende in tal modo esercitare la facoltà, introdotta dall’art. 1
comma 64, I. n. 103 del 2017, di aumentare, oltre il massimo edittale, la sanzione prevista all’art. 616 cod. proc. pen. in caso di inammissibilità del ricorso,
considerate le ragioni della inammissibilità stessa come sopraindicate.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna le ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle
ammende
Così deciso il 05/03/2025.