Ordine di Demolizione e Ricorso Inammissibile: La Lezione della Cassazione
L’ordine di demolizione rappresenta uno degli strumenti più incisivi per contrastare l’abusivismo edilizio. Tuttavia, le vie legali per opporsi a tale provvedimento sono strette e richiedono un rigore tecnico preciso. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sentenza n. 20667/2025) offre un chiaro esempio di come un ricorso mal formulato possa essere dichiarato inammissibile, ribadendo principi fondamentali della procedura penale.
I Fatti del Caso: Un Abuso Edilizio e la Doppia Ordinanza
Il caso trae origine da una sentenza definitiva della Corte di Appello di Napoli del 2009, che condannava i responsabili di un abuso edilizio e ingiungeva la demolizione dell’opera. Anni dopo, l’erede di uno dei condannati presentava un’istanza al giudice dell’esecuzione per ottenere la revoca o la sospensione di tale ordine. La sua argomentazione principale si basava sull’esistenza di un procedimento parallelo davanti al Tribunale Amministrativo Regionale (TAR), avviato contro un’ordinanza di demolizione emessa dal Comune per lo stesso immobile. Secondo il ricorrente, la pendenza di questo giudizio amministrativo, in cui era stata anche ottenuta una sospensiva, avrebbe dovuto bloccare l’esecuzione dell’ordine penale.
La Corte di Appello di Napoli, in funzione di giudice dell’esecuzione, rigettava la richiesta. Contro questa decisione, l’interessato proponeva ricorso per cassazione.
La Decisione della Corte di Cassazione sull’ordine di demolizione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su argomentazioni procedurali nette che evidenziano gli errori commessi dal ricorrente e chiariscono i confini tra giurisdizione penale e amministrativa in materia di abusi edilizi.
Le Motivazioni: Perché il Ricorso è Stato Dichiarato Inammissibile
La Corte ha basato la sua decisione su due pilastri fondamentali.
Correlazione tra Ricorso e Provvedimento Impugnato
Il primo motivo di inammissibilità riguarda la cosiddetta ‘a-specificità’ del ricorso. I giudici hanno sottolineato un principio consolidato: un ricorso per cassazione è inammissibile non solo quando è generico, ma anche quando manca di una necessaria correlazione con le ragioni della decisione che si sta impugnando. Nel caso di specie, la Corte di Appello aveva chiaramente spiegato che l’intervento abusivo aveva completamente cancellato qualsiasi struttura preesistente, rendendo infondata la tesi difensiva secondo cui la demolizione avrebbe pregiudicato un manufatto legittimo. Il ricorrente, invece di contestare questo punto cruciale, si era limitato a riproporre la sua tesi sulla pendenza del giudizio amministrativo, ignorando di fatto il cuore della motivazione della Corte territoriale. Questo modo di agire trasforma il ricorso in un atto sterile, incapace di innescare una vera revisione della decisione.
Distinzione tra Procedimento Penale e Amministrativo
Il secondo punto, altrettanto importante, riguarda l’autonomia tra l’ordine di demolizione penale e quello amministrativo. La Corte di Cassazione ha ribadito che i due percorsi sono distinti e autonomi. La sospensiva ottenuta dal TAR, essendo una misura cautelare e provvisoria, non può in alcun modo bloccare o invalidare un ordine di demolizione derivante da una sentenza penale passata in giudicato. Quest’ultimo ha una sua forza esecutiva che non è condizionata dall’esito del contenzioso amministrativo. Peraltro, la Corte ha anche notato come, nel frattempo, il procedimento amministrativo si fosse concluso con una sentenza del TAR che respingeva le pretese del privato, confermando ulteriormente la correttezza della decisione.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza
La sentenza in esame offre importanti lezioni pratiche. In primo luogo, evidenzia che per contestare efficacemente un provvedimento giudiziario, non è sufficiente riaffermare le proprie ragioni, ma è indispensabile ‘smontare’ punto per punto le argomentazioni del giudice. In secondo luogo, conferma la netta separazione tra le conseguenze di un abuso edilizio sul piano penale e su quello amministrativo. Confidare nella pendenza di un ricorso al TAR per bloccare l’esecuzione di una demolizione penale definitiva è una strategia destinata al fallimento. La declaratoria di inammissibilità comporta, inoltre, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, un’ulteriore conseguenza negativa di un’impugnazione presentata senza fondamento.
Un procedimento amministrativo pendente può sospendere un ordine di demolizione penale?
No, la Corte di Cassazione chiarisce che il procedimento penale e quello amministrativo sono autonomi. Una misura provvisoria come la sospensiva ottenuta in sede amministrativa (TAR) non ha l’effetto di bloccare o invalidare un ordine di demolizione definitivo emesso in sede penale.
Quali sono i requisiti essenziali di un ricorso in Cassazione per non essere dichiarato inammissibile?
Il ricorso deve essere specifico e deve confrontarsi direttamente con le motivazioni del provvedimento impugnato. Non è sufficiente riproporre le proprie tesi, ma bisogna contestare puntualmente le argomentazioni del giudice che ha emesso la decisione precedente.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso per cassazione?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e, come in questo caso, può essere obbligato a versare una somma alla cassa delle ammende, poiché si ritiene che il ricorso sia stato presentato con colpa.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 20667 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 20667 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 15/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME Salvatore Nato a Vico Equense il 07/02/1980; nel procedimento a carico del medesimo: avverso la ordinanza del 16/12/2024 della corte di appello di Napoli; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Sost. Procuratore Generale dr.ssa NOME COGNOME che ha chiesto la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con ordinanza di cui in epigrafe, la Corte di appello di Napoli adita quale giudice della esecuzione per la revoca/sospensione , nell’interesse di COGNOME NOME, dell’ordine di demolizione ingiunto dalla Procura generale della Corte di appello di Napoli, correlato alla sentenza del 230.4.2009, divenuta irrevocabile il 25.6.2009, della corte di appello di Napoli, inerente un abuso edilizio ed emessa nei confronti di COGNOME NOME e COGNOME NOME, rigettava la richiesta.
Avverso la predetta ordinanza COGNOME, mediante il proprio difensore ha proposto ricorso per cassazione, deducendo un motivo di impugnazione.
Si rappresenta il vizio di violazione di legge per la mancata sospensione della demolizione in pendenza di un procedimento avviato in sede giurisdizionale amministrativa avverso una ordinanza amnnnistrativa comunale di demolizione dello stesso manufatto per cui sussiste ordine di demolizione giudiziale, sul rilievo per cui la demolizione pregiudicherebbe un manufatto esistente e legittimo. In proposito sarebbe intervenuta sospensiva disposta dal Tar adito e fissazione della udienza pubblica per il 5.12.2024. L’esito positivo del predetto procedimento avrebbe potuto incidere sulla ingiunzione a demolire emessa dalla Procura e per questi motivi si sarebbe dovuta revocare ovvero sospendere la ingiunzione medesima.
Il ricorso è inammissibile per le seguenti ragioni. Si premette che i motivi di ricorso per cassazione sono inammissibili «non solo quando risultano intrinsecamente indeterminati, ma altresì quando difettino della necessaria correlazione con le ragioni poste a fondamento del provvedimento impugnato» (Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013, COGNOME, Rv. 255568) e le ragioni di tale necessaria correlazione tra la decisione censurata e l’atto di impugnazione risiedono nel fatto che il ricorrente non può trascurare le ragioni del provvedimento censurato (Sez. 2, n. 11951 del 29/01/2014, Lavorato, Rv. 259425). Nel caso in esame i giudici hanno spiegato come sia insussistente il manufatto rappresentato dalla difesa e che sarebbe pregiudicato dalla demolizione, ben spiegando come l’intervento abusivo abbia eliminato qualsiasi preesistenza. Nulla deduce il ricorrente rispetto a questi rilievi, ben argomentati anche quanto agli elementi che li suffragano, preferendo, inammissibilmente, limitarsi solo a riaffermare la propria tesi, così violando il principio giurisprudenziale di cui in premessa e redigendo quindi una censura a- specifica. In tale quadro la rivendicata sospensiva del Tar, che quale decisione interinale, non integra un giudicato relativo al merito, non costituisce ostacolo alla validità della decisione tanto più che la procedura amministrativa attiene a demolizione comunale e invece nel presente giudizio il tema attiene a demolizione disposta dal giudice penale. Comunque il procedimento amministrativo risulta definito con rigetto mediante sentenza del Tar n. 71 del 2025. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma,
determinata in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle
Ammende
Così deciso in Roma, il 15 maggio 2025.