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Ordine di demolizione: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un cittadino contro un’ordinanza della Corte d’Appello che aveva confermato un ordine di demolizione per un immobile abusivo. La sentenza chiarisce la netta distinzione tra l’ordine di demolizione giudiziale, conseguenza di una condanna penale, e quello amministrativo, l’unico dal quale può scaturire l’acquisizione dell’area al patrimonio comunale. Viene inoltre ribadito che la sola pendenza di un’istanza di condono non è sufficiente a sospendere l’esecuzione, se non supportata da elementi concreti.

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Pubblicato il 19 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ordine di demolizione per abusi edilizi: la Cassazione traccia i confini del ricorso

Un ordine di demolizione conseguente a una condanna per abusi edilizi rappresenta un momento critico per il proprietario dell’immobile. Tuttavia, le vie per opporsi a tale provvedimento sono strette e ben definite dalla legge. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito alcuni principi fondamentali, dichiarando inammissibile il ricorso di un cittadino e facendo chiarezza sulla distinzione tra ordine giudiziale e amministrativo e sui requisiti per far valere la pendenza di un’istanza di condono.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da una condanna per abusi edilizi, divenuta definitiva nel 2001, a carico di un privato. A seguito di tale sentenza, che conteneva l’obbligo di demolire l’opera illecita, il Pubblico Ministero emetteva la relativa ingiunzione. Il condannato presentava un’istanza alla Corte di Appello per ottenere la revoca di tale ingiunzione, ma la sua richiesta veniva rigettata. Contro questa decisione, l’interessato proponeva ricorso per Cassazione, lamentando diversi vizi di legittimità.

I Motivi del Ricorso

Il ricorrente basava la sua difesa su diversi punti, tra cui:

1. Eccesso di potere del Pubblico Ministero: Si sosteneva che l’ingiunzione fosse nulla perché il P.M. non avrebbe il potere di disporre l’acquisizione dell’area di sedime al patrimonio comunale, una prerogativa riservata esclusivamente all’autorità amministrativa.
2. Violazione di legge: Veniva contestata la validità dell’intero provvedimento, proprio a causa della presunta illegittimità legata all’ordine di acquisizione.
3. Mancato esame di una pratica amministrativa: Il ricorrente lamentava che la Corte d’Appello non avesse adeguatamente considerato la pendenza di una pratica di condono edilizio, elemento che a suo dire avrebbe dovuto bloccare l’esecuzione della demolizione.

L’ordine di demolizione e la decisione della Cassazione

La Corte di Cassazione ha respinto tutte le argomentazioni, dichiarando il ricorso inammissibile. La sentenza offre spunti cruciali per comprendere la materia.

Distinzione tra Ordine di Demolizione Giudiziale e Amministrativo

Il punto centrale della decisione è la netta distinzione tra due percorsi che possono portare alla demolizione di un’opera abusiva:

* L’ordine giudiziale: È quello disposto dal giudice con la sentenza di condanna (ai sensi dell’art. 31, comma 9, del DPR 380/01). La sua esecuzione è affidata al Pubblico Ministero. Questo ordine impone unicamente la demolizione materiale dell’abuso.
* L’ordine amministrativo: È emesso dal dirigente comunale (ai sensi dell’art. 31, commi 2 e 3, del DPR 380/01). Se il responsabile non demolisce l’opera entro 90 giorni, scatta una conseguenza ulteriore e automatica: l’acquisizione gratuita dell’immobile e dell’area al patrimonio del Comune.

La Cassazione ha chiarito che il ricorrente confondeva i due piani. L’ingiunzione del P.M. era perfettamente legittima perché si limitava a dare esecuzione all’ordine contenuto nella sentenza. L’effetto acquisitivo, erroneamente contestato, non era previsto in quell’atto e consegue solo all’inadempimento di un diverso ordine, quello del Comune, di cui non vi era prova nel caso specifico.

Istanza di Condono e Onere della Prova

Un altro aspetto fondamentale riguarda la pendenza di una domanda di sanatoria. I giudici hanno ribadito un principio consolidato: per ottenere la revoca o la sospensione di un ordine di demolizione, non è sufficiente affermare genericamente che è in corso una pratica di condono. È necessario fornire al giudice elementi “seri”, ovvero:

* Indicare gli estremi identificativi della pratica.
* Corredare l’istanza con le ragioni che ne dimostrino la fondatezza.
* Fornire elementi che facciano presagire una decisione positiva e imminente da parte dell’autorità comunale.

Nel caso di specie, il ricorrente si era limitato a menzionare una vecchia istanza di condono (del 2009) e un precedente rigetto (del 2004), senza specificare alcunché sulla sua attuale validità o probabilità di accoglimento. Tale deduzione generica non è stata ritenuta sufficiente a innescare l’onere di verifica da parte del giudice.

Le Motivazioni

La Corte ha ritenuto il ricorso inammissibile principalmente per due ragioni. In primo luogo, i motivi erano generici e non si confrontavano specificamente con la corretta argomentazione della Corte d’Appello, che aveva già chiarito la distinzione tra l’ordine di demolizione giudiziale e i suoi effetti, rispetto alle conseguenze dell’inadempimento di un ordine amministrativo. In secondo luogo, il ricorrente non ha rispettato l’onere di specificità richiesto per far valere la pendenza di una pratica di sanatoria, limitandosi a una mera allegazione priva di elementi concreti a supporto.

Le Conclusioni

La sentenza consolida importanti principi in materia di abusi edilizi. Chi intende opporsi a un ordine di demolizione deve formulare un ricorso specifico e pertinente, affrontando punto per punto le motivazioni del provvedimento impugnato. Inoltre, la pendenza di una domanda di condono non è una carta bianca per bloccare l’esecuzione: essa deve essere presentata al giudice in modo ‘serio’, con prove concrete che ne attestino la fondatezza e la probabilità di un esito favorevole. In assenza di tali requisiti, il ricorso rischia di essere dichiarato inammissibile, con condanna al pagamento delle spese processuali.

L’ordine di demolizione emesso dal giudice penale comporta automaticamente l’acquisizione dell’area al patrimonio del Comune?
No, la sentenza chiarisce che l’ordine di demolizione contenuto in una sentenza penale impone solo la rimozione fisica dell’abuso. L’acquisizione dell’area al patrimonio comunale è una conseguenza che deriva esclusivamente dalla mancata ottemperanza a un diverso ordine, quello emesso dall’autorità amministrativa (il Comune).

È sufficiente avere una pratica di condono edilizio in corso per bloccare un ordine di demolizione?
No, non è sufficiente. Secondo la Corte, per ottenere la revoca o la sospensione dell’ordine, è necessario presentare una deduzione ‘seria’, ovvero supportata da ragioni concrete sulla fondatezza della richiesta di sanatoria e sulla probabilità di un suo accoglimento imminente da parte del Comune. La mera menzione della pendenza non basta.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano generici, non si confrontavano specificamente con le ragioni della decisione impugnata e mancavano della necessaria correlazione con il provvedimento della Corte d’Appello. Inoltre, la deduzione relativa alla pratica di condono era priva della specificità richiesta dalla giurisprudenza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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