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Ordine di demolizione: quando il ricorso è generico

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso contro un ordine di demolizione emesso quasi trent’anni prima. La Corte ha stabilito che le doglianze del ricorrente, basate su un presunto errore anagrafico e sul principio di proporzionalità, erano generiche e non supportate da prove concrete. In particolare, la mera intenzione di avviare una pratica di sanatoria non è sufficiente a sospendere o revocare l’ordine di demolizione.

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Pubblicato il 25 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ordine di demolizione: perché un ricorso generico è destinato al fallimento

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 1887 del 2024, ha ribadito un principio fondamentale in materia di abusi edilizi: per contestare efficacemente un ordine di demolizione, non bastano lamentele generiche o mere intenzioni, ma servono motivi specifici, concreti e provati. La pronuncia offre importanti spunti sulla differenza tra un ricorso fondato e uno destinato a essere dichiarato inammissibile.

Il caso analizzato riguardava un cittadino condannato per reati edilizi nel 1994, con una sentenza divenuta irrevocabile nel 1995, a cui era accessorio un ordine di demolizione del manufatto abusivo. A quasi trent’anni di distanza, l’interessato si è rivolto al Giudice dell’esecuzione per chiedere la revoca o la sospensione di tale ordine, ma la sua istanza è stata rigettata. Contro questa decisione ha quindi proposto ricorso in Cassazione.

I Fatti del Caso e i Motivi del Ricorso

Il ricorrente basava la sua difesa su due argomenti principali:

1. Un vizio formale: Sosteneva che l’ordine di demolizione riportasse una data di nascita errata e che una correzione manoscritta sulla copia a lui notificata non fosse valida perché priva di firma.
2. La violazione del principio di proporzionalità: Lamentava che il giudice non avesse considerato la sua intenzione di avviare una procedura di sanatoria, come avvenuto per altri immobili vicini, né il fatto che l’edificio fosse la sua unica abitazione. Invocava il diritto alla salute, l’età avanzata e un legittimo affidamento maturato nel lungo tempo trascorso dalla condanna.

Questi motivi, seppur apparentemente validi, sono stati smontati pezzo per pezzo dalla Suprema Corte.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione sull’Ordine di Demolizione

La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile per la sua assoluta genericità e mancanza di specificità. Vediamo nel dettaglio le ragioni della decisione.

La Genericità del Motivo sull’Errore Anagrafico

In primo luogo, la Cassazione ha evidenziato che il ricorrente si è limitato a denunciare un presunto errore formale senza fornire alcuna prova. Non ha allegato al ricorso la copia del provvedimento notificato che avrebbe dovuto dimostrare la correzione non autenticata. Il Giudice dell’esecuzione, d’altra parte, aveva già accertato che sull’atto originale non vi era alcuna cancellatura. Una doglianza non supportata da prove è, per la Corte, irricevibile.

L’Intenzione di Sanatoria non Basta a Fermare la Demolizione

Il punto cruciale della sentenza riguarda il secondo motivo. La Corte ha chiarito che un ordine di demolizione può essere sospeso solo se è pendente una procedura di regolarizzazione con concrete probabilità di successo, e può essere revocato solo in presenza di un provvedimento amministrativo (la sanatoria) incompatibile con la demolizione stessa.

Nel caso di specie, il ricorrente non aveva avviato alcuna procedura: aveva solo manifestato l’intenzione di farlo. Questa mera dichiarazione di intenti è stata ritenuta del tutto insufficiente a paralizzare l’efficacia di un ordine giudiziario esecutivo.

Il Principio di Proporzionalità Richiede Prove Concrete

Infine, la Corte ha smantellato l’argomentazione basata sulla proporzionalità. Sebbene il principio sia fondamentale, soprattutto quando è in gioco il diritto all’abitazione (art. 8 CEDU), la sua invocazione non può essere astratta. Il ricorrente avrebbe dovuto fornire prove specifiche e dettagliate sulla sua situazione: le sue condizioni economiche, la composizione del nucleo familiare, la presenza di soggetti fragili, e le sue reali condizioni di salute. Limitarsi a menzionare l’età avanzata e generiche condizioni precarie, senza alcun supporto documentale, rende il motivo di ricorso generico e quindi inammissibile.

Le Conclusioni

La sentenza n. 1887/2024 è un monito chiaro: opporsi a un ordine di demolizione richiede un approccio rigoroso e fattuale. Non è sufficiente appellarsi a principi generali o a future ed eventuali procedure amministrative. Il ricorso deve essere specifico, argomentato e, soprattutto, supportato da prove concrete che confutino punto per punto le motivazioni del provvedimento impugnato. In assenza di questi elementi, il ricorso si risolve in una sterile reiterazione di lamentele già esaminate e respinte, destinata a essere dichiarata inammissibile, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Un semplice errore nei dati anagrafici sull’ordine di demolizione è sufficiente per annullarlo?
No. Secondo la sentenza, un presunto vizio formale come un errore anagrafico deve essere concretamente provato allegando la documentazione necessaria. In assenza di prova, la doglianza è considerata generica e non può portare all’annullamento.

Basta dichiarare di voler chiedere una sanatoria edilizia per sospendere un ordine di demolizione?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che una mera intenzione di avviare una procedura di sanatoria è del tutto insufficiente. Per ottenere la sospensione è necessario che un procedimento di regolarizzazione sia già in corso e che abbia concrete possibilità di essere accolto.

Quando un ricorso contro un ordine di demolizione viene considerato ‘generico’ e quindi inammissibile?
Un ricorso è considerato generico quando si limita a invocare principi astratti (come la proporzionalità o il diritto all’abitazione) senza fornire prove specifiche e concrete sulla situazione personale, economica e familiare. Inoltre, è inammissibile se si limita a ripetere le stesse argomentazioni già respinte in primo grado senza confutare specificamente le motivazioni del giudice.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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