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Ordine di demolizione: quando è troppo tardi per opporsi

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso degli eredi di un uomo condannato per abusi edilizi. Essi cercavano di bloccare un ordine di demolizione basandosi su una vecchia domanda di condono e sul lungo tempo trascorso. La Corte ha stabilito che tali questioni andavano sollevate durante il processo originario, prima che la sentenza diventasse definitiva, creando una preclusione che impedisce di ridiscuterle in fase di esecuzione.

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Pubblicato il 18 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ordine di Demolizione e Condono: Quando Scade il Tempo per Difendersi?

Un ordine di demolizione emesso a seguito di una condanna per abuso edilizio rappresenta una delle conseguenze più severe in materia urbanistica. Ma cosa succede se esiste una vecchia domanda di condono o se passano molti anni prima che l’ordine venga eseguito? Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sentenza n. 691/2024) offre un chiarimento fondamentale sui limiti temporali e procedurali per opporsi a tale provvedimento, stabilendo un principio cardine: le difese vanno giocate al momento giusto, altrimenti si perde la partita.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da una condanna per reati edilizi emessa nel 2010 a carico del proprietario di un immobile abusivo, deceduto nel 2015. La sentenza, divenuta definitiva, includeva l’ordine di demolizione delle opere e il ripristino dei luoghi. Anni dopo, nel 2021, il Pubblico Ministero emetteva l’ingiunzione di demolizione nei confronti degli eredi.

Questi ultimi si sono opposti, presentando un’istanza per la sospensione dell’ordine. Le loro ragioni si fondavano su tre punti principali:

1. Condono Edilizio: Il loro dante causa aveva presentato una domanda di condono già nel 1986, pagando le relative somme, e non aveva mai ricevuto una risposta esplicita. Essi sostenevano si fosse formato un “silenzio-assenso”, ovvero un’approvazione tacita da parte dell’amministrazione.
2. Vizi di Notifica: Il successivo provvedimento di diniego del condono non sarebbe stato notificato correttamente, rendendolo inefficace.
3. Violazione dei Principi di Equo Processo: Il lungo lasso di tempo trascorso tra la condanna (2010) e l’ingiunzione a demolire (2021) avrebbe violato il principio della ragionevole durata del processo e il loro legittimo affidamento sulla regolarità dell’immobile.

Il Tribunale di Foggia rigettava l’istanza e gli eredi proponevano ricorso in Cassazione.

La Decisione della Corte: un Ordine di Demolizione Blindato dal Giudicato

La Corte di Cassazione ha dichiarato i ricorsi inammissibili, confermando la decisione del Tribunale. La motivazione dei giudici è netta e si basa sul concetto di preclusione processuale.

Secondo la Suprema Corte, tutte le questioni sollevate dagli eredi, in particolare quelle relative alla domanda di condono e al presunto silenzio-assenso, avrebbero dovuto essere presentate e discusse durante il processo di cognizione, ovvero prima che la sentenza di condanna del 2010 diventasse definitiva. Una volta che la sentenza passa in giudicato, il suo contenuto – incluso l’ordine di demolizione – non può più essere messo in discussione nella successiva fase di esecuzione, se non per questioni sorte dopo la sua definitività.

Le Motivazioni

La Corte ha spiegato che il giudice dell’esecuzione non ha il potere di riesaminare il merito della condanna. Le argomentazioni degli eredi, come la validità della domanda di condono del 1986, erano circostanze preesistenti alla sentenza del 2010. L’imputato originario avrebbe potuto e dovuto usarle come argomenti difensivi per paralizzare l’emissione stessa dell’ordine di demolizione durante il processo.

Non averlo fatto ha creato una preclusione. In altre parole, la possibilità di contestare l’abusività dell’immobile si è esaurita con la fine del processo di primo grado e degli eventuali appelli. La fase esecutiva serve solo a dare attuazione a ciò che è già stato deciso in modo irrevocabile.

I giudici hanno inoltre sottolineato due aspetti cruciali:

1. Irrilevanza della Posizione degli Eredi: Il fatto che i ricorrenti fossero eredi, e quindi terzi rispetto al processo originario, non cambia la sostanza. Essi non possono sollevare questioni che l’imputato principale avrebbe dovuto sollevare a suo tempo.
2. Precedente Giudiziario: La stessa questione era già stata decisa con una precedente sentenza della Cassazione (n. 9095 del 2023) riguardante gli stessi ricorrenti, creando un ulteriore sbarramento processuale definito “giudicato esecutivo”.

Le Conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale della procedura penale: esiste un tempo e un luogo per ogni difesa. Le questioni che possono incidere sulla legittimità di un ordine di demolizione, come l’esistenza di un condono, devono essere portate all’attenzione del giudice durante il processo penale e non possono essere “recuperate” in fase esecutiva. Il passaggio in giudicato della sentenza di condanna cristallizza la situazione, rendendo l’ordine di demolizione un atto dovuto e non più rinegoziabile sulla base di fatti preesistenti. Per i proprietari di immobili e per i loro eredi, la lezione è chiara: la strategia difensiva deve essere completa ed esaustiva fin dal primo grado di giudizio, poiché le omissioni successive potrebbero non essere più sanabili.

È possibile bloccare un ordine di demolizione in fase esecutiva facendo valere una vecchia domanda di condono edilizio?
No, secondo la Corte di Cassazione, le questioni relative a un condono edilizio presentate prima della sentenza definitiva di condanna devono essere sollevate durante il processo. Una volta che la sentenza diventa irrevocabile, si crea una preclusione che impedisce di ridiscutere tali questioni in fase di esecuzione.

Gli eredi di una persona condannata per abuso edilizio possono presentare argomenti difensivi che il defunto non ha sollevato durante il processo?
No, la Corte ha stabilito che gli eredi, pur essendo soggetti diversi dall’imputato originario, non possono sollevare in fase esecutiva questioni che l’imputato avrebbe potuto e dovuto far valere prima che la sentenza diventasse definitiva. La preclusione processuale si estende anche a loro.

Il lungo tempo trascorso tra la sentenza di condanna e l’esecuzione effettiva della demolizione può renderla illegittima?
La sentenza non afferma che il mero passare del tempo renda l’ordine illegittimo. Anzi, ha rigettato il ricorso basato anche su questa argomentazione, concentrandosi sulla preclusione derivante dal giudicato. Le questioni sulla ragionevole durata del processo e sul legittimo affidamento non sono state ritenute sufficienti a superare il principio che le difese andavano proposte nella sede processuale corretta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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