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Ordine di demolizione: quando è possibile la revoca?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di una cittadina contro il rigetto della sospensione di un ordine di demolizione. La Corte ha ribadito che la revoca o sospensione è possibile solo in presenza di un atto amministrativo favorevole, come una sanatoria concessa, e non in caso di diniego. La semplice esistenza di altri immobili nella zona è stata ritenuta irrilevante.

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Pubblicato il 24 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ordine di demolizione: il diniego di sanatoria ne rafforza l’esecutività

Un ordine di demolizione emesso con una sentenza penale definitiva è un atto perentorio, ma la sua esecuzione può essere riesaminata. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 37952/2024) chiarisce in modo netto i limiti entro cui è possibile chiederne la sospensione o la revoca. La Corte ha stabilito che il diniego di un permesso di costruire in sanatoria non solo non giustifica una sospensione, ma, al contrario, conferma l’obbligo di procedere con l’abbattimento.

I Fatti del Caso

La vicenda riguarda la proprietaria di un immobile costruito abusivamente, destinataria di un ordine di demolizione disposto con una sentenza del Tribunale di Salerno nel 2015, divenuta definitiva. Anni dopo, la proprietaria ha presentato un’istanza per ottenere la sospensione di tale ordine, ma il giudice dell’esecuzione l’ha rigettata, evidenziando che la richiesta di permesso in sanatoria era stata a sua volta respinta dall’amministrazione comunale.

Contro questa decisione, la signora ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che il giudice non avesse considerato adeguatamente la relazione tecnica allegata all’istanza di sanatoria. A suo dire, da tale relazione non emergevano vizi insanabili. Inoltre, lamentava una disparità di trattamento, poiché nella stessa zona, soggetta a vincolo di rispetto autostradale, sarebbero stati rilasciati altri permessi di costruire.

La Decisione della Corte sull’Ordine di Demolizione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. Secondo gli Ermellini, il giudice dell’esecuzione ha agito correttamente, applicando un principio consolidato in giurisprudenza. La Corte ha ribadito che un ordine di demolizione può essere riesaminato solo in presenza di circostanze eccezionali e sopravvenute.

Le istanze subordinate, volte a ottenere una sospensione per presentare una nuova richiesta di sanatoria o per provvedere spontaneamente all’abbattimento, sono state anch’esse giudicate inammissibili, in quanto non rientrano nelle ipotesi che legittimano una sospensione dell’esecuzione.

Le Motivazioni

Il cuore della decisione risiede nella motivazione con cui la Corte ha spiegato perché il ricorso fosse destinato al fallimento. La giurisprudenza di legittimità è unanime nel ritenere che la revoca o la sospensione dell’ordine di demolizione in fase esecutiva sia consentita solo in due casi:

1. Presenza di atti incompatibili: Quando la pubblica amministrazione (o un giudice amministrativo) adotta un provvedimento – come il rilascio di una sanatoria – che è oggettivamente incompatibile con l’abbattimento del manufatto.
2. Prevedibilità di atti incompatibili: Quando esistono elementi concreti e specifici che rendono ragionevolmente prevedibile l’adozione a breve di tali provvedimenti favorevoli.

Nel caso specifico, la situazione era l’esatto opposto. La richiesta di sanatoria era stata rigettata, un atto che non solo non è incompatibile con la demolizione, ma che ne rafforza la necessità e l’esecutività. Il diniego amministrativo ha chiuso ogni porta alla regolarizzazione, confermando l’abusività dell’immobile.

Inoltre, la Corte ha definito generica e irrilevante l’argomentazione relativa alla presenza di altri fabbricati nella stessa zona. L’eventuale esistenza di altri abusi edilizi non crea un diritto a mantenere il proprio né implica un cambiamento dello stato dei luoghi o delle normative urbanistiche che possa giustificare una revoca dell’ordine.

Le Conclusioni

Questa sentenza offre importanti implicazioni pratiche. Innanzitutto, conferma che la strada per ottenere una sospensione di un ordine di demolizione è estremamente stretta. Non è sufficiente aver presentato un’istanza di sanatoria; è necessario che vi sia un esito positivo o una probabilità concreta e imminente di ottenerlo. Un diniego, al contrario, accelera il percorso verso l’abbattimento. In secondo luogo, il principio di “mal comune, mezzo gaudio” non trova applicazione in ambito edilizio: denunciare l’esistenza di altri immobili abusivi non salva il proprio. La decisione ribadisce la serietà e l’esecutività delle sanzioni penali in materia urbanistica, condannando la ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

È possibile ottenere la sospensione di un ordine di demolizione se si è presentata una richiesta di sanatoria?
No, la semplice presentazione di una richiesta non è sufficiente. La sospensione o la revoca sono possibili solo in presenza di un provvedimento amministrativo favorevole (come la concessione della sanatoria) o di elementi concreti che ne rendano probabile e imminente l’adozione. Un rigetto dell’istanza, al contrario, conferma la necessità della demolizione.

L’esistenza di altri fabbricati abusivi nella stessa zona può impedire la demolizione del proprio immobile?
No. La Corte ha stabilito che l’esistenza di altri fabbricati, non meglio precisati, nella medesima area è irrilevante. Questa circostanza non implica l’adozione di provvedimenti amministrativi incompatibili con la demolizione né un mutamento dello stato dei luoghi che possa giustificare la conservazione dell’abuso.

Cosa accade se il ricorso contro il rigetto della sospensione della demolizione viene dichiarato inammissibile?
In caso di declaratoria di inammissibilità, come stabilito dall’art. 616 c.p.p., il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma in favore della Cassa delle Ammende. L’ordine di demolizione originale rimane pienamente valido ed esecutivo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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