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Ordine di demolizione: quando è legittimo?

Una cittadina ha impugnato il diniego di sospensione di un ordine di demolizione per un immobile abusivo, adducendo irregolarità nell’affidamento dei lavori e l’esistenza di titoli edilizi. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, specificando che i vizi della procedura di appalto non sono un motivo valido per fermare l’ordine di demolizione e che i titoli edilizi presentati non erano pertinenti alle opere abusive, come già accertato nella sentenza di condanna.

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Pubblicato il 25 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ordine di Demolizione: Irregolarità nell’Appalto dei Lavori Possono Fermarlo?

L’ordine di demolizione di un immobile abusivo rappresenta la fase conclusiva e più temuta di un procedimento per illeciti edilizi. Tuttavia, quali sono i limiti per potersi opporre alla sua esecuzione? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha chiarito che non tutte le contestazioni sono valide per ottenere una sospensione. Il caso analizzato riguarda una cittadina che ha tentato di bloccare la demolizione del proprio immobile contestando sia la procedura di affidamento dei lavori sia l’esistenza di vecchi titoli edilizi.

Il Contesto del Ricorso: Due Motivi contro la Demolizione

La ricorrente si era opposta all’esecuzione della demolizione davanti al giudice, il quale aveva però respinto la sua istanza. La questione è quindi giunta dinanzi alla Suprema Corte sulla base di due principali doglianze.

La Procedura di Affidamento dei Lavori

Il primo motivo di ricorso si concentrava sulla presunta illegittimità della procedura seguita dalla Procura della Repubblica per incaricare la ditta demolitrice. Secondo la ricorrente, l’affidamento diretto dei lavori, senza una gara d’appalto formale, era illegittimo. Sosteneva di avere un interesse giuridico ed economico a contestare tale procedura, poiché i costi della demolizione sarebbero stati addebitati a lei. Di conseguenza, una procedura di gara più trasparente avrebbe potuto portare a costi inferiori.

I Titoli Edilizi Esistenti

Come secondo motivo, la ricorrente lamentava che il giudice non avesse adeguatamente considerato due licenze edilizie, una del 1986 e una del 1990, che a suo dire avrebbero legittimato gli immobili. Allegando questi documenti, chiedeva la revoca o la sospensione dell’ordine di demolizione.

La Decisione della Corte: Perché l’Ordine di Demolizione Resta Valido

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato, e quindi inammissibile, rigettando entrambe le argomentazioni della ricorrente.

L’Irrilevanza dei Vizi nell’Appalto sull’Ordine di Demolizione

Sul primo punto, i giudici hanno confermato la posizione del tribunale. La questione relativa alle modalità di affidamento dei lavori di demolizione è del tutto estranea alla legittimità dell’ordine di demolizione stesso. Quest’ultimo deriva da una sentenza di condanna per un abuso edilizio e non può essere messo in discussione per presunte irregolarità nelle procedure amministrative successive. Sollevare tali questioni in sede di esecuzione è considerato un tentativo dilatorio, volto unicamente a procrastinare l’inevitabile demolizione, e non costituisce una valida causa di revoca o sospensione.

La Valutazione dei Permessi di Costruire

Anche la seconda doglianza è stata respinta. La Corte ha sottolineato che il giudice dell’esecuzione aveva correttamente evidenziato l’incompatibilità tra le opere coperte dalle licenze del 1986 e 1990 e quelle oggetto dell’ordine di demolizione. Questa conclusione si basava sulla sentenza di condanna originale, nella quale era stato accertato, tramite un sopralluogo di polizia giudiziaria avvenuto nel 1994 (quindi in epoca successiva al rilascio di entrambe le licenze), che per le opere abusive contestate non esisteva alcuna concessione edilizia. Pertanto, i titoli presentati non erano pertinenti.

Le Motivazioni

La decisione della Suprema Corte si fonda su un principio cardine della procedura penale: la fase di esecuzione della pena non è una terza istanza di giudizio dove ridiscutere il merito della condanna. Le questioni relative alla colpevolezza e alla legittimità delle opere dovevano essere sollevate e decise nel corso del processo di cognizione. L’ordine di demolizione è un obbligo di ripristino dello stato dei luoghi conseguente a un accertamento definitivo di illegalità. Le modalità con cui lo Stato attua materialmente questo ripristino (ad esempio, scegliendo la ditta demolitrice) sono un’attività amministrativa che non può invalidare l’ordine giudiziario a monte. Qualsiasi contestazione su tale attività deve essere eventualmente sollevata nelle sedi competenti, ma non può paralizzare l’esecuzione penale.

Conclusioni

L’ordinanza in esame offre importanti spunti pratici. Chi si trova di fronte a un ordine di demolizione deve concentrare le proprie difese sulla legittimità originaria del manufatto, portando tutte le prove a proprio favore, inclusi eventuali titoli edilizi, durante il processo principale. Tentare di bloccare la demolizione in fase esecutiva contestando aspetti procedurali successivi, come l’affidamento dei lavori, è una strategia destinata al fallimento. La Corte ha ribadito che tali argomenti sono irrilevanti e ha condannato la ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, confermando la piena esecutività dell’ordine di demolizione.

È possibile bloccare un ordine di demolizione contestando il modo in cui è stata scelta la ditta che deve eseguire i lavori?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che la violazione delle regole di affidamento delle opere di demolizione non costituisce una causa valida per la revoca o la sospensione dell’ordine di demolizione, in quanto non incide sulla legittimità dell’ordine stesso.

Presentare vecchi permessi di costruire durante la fase di esecuzione può fermare una demolizione?
Non in questo caso. Il giudice ha ritenuto che i permessi presentati non fossero compatibili con le opere abusive da demolire. Tale incompatibilità era già emersa nella sentenza di condanna, basata su un sopralluogo effettuato dopo il rilascio di tali permessi, che aveva accertato l’assenza di concessioni per le opere in questione.

Qual è la conseguenza di un ricorso giudicato ‘inammissibile’ dalla Corte di Cassazione?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la Corte non esamina il merito della questione. La persona che ha presentato il ricorso viene condannata al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende, come sanzione per aver avviato un’azione legale priva dei presupposti di legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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