Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 1879 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 1879 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 04/10/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a Torre del Greco il DATA_NASCITA; avverso l’ordinanza del 15/03/2023 della Corte di appello di Napoli; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 15 marzo 2023, la Corte di appello di Napoli, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato il ricorso proposto dall’interessato pe ottenere la revoca dell’ordine di demolizione dell’opera edilizia abusiva di cui alla sentenza di condanna emessa dalla stessa Corte di appello il 24 febbraio 1998, irrevocabile il 10 aprile 1998, a carico del suo dante causa.
Avverso l’ordinanza l’interessato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per cassazione, chiedendone l’annullamento.
2.1. Con un primo motivo di doglianza, si contestano vizi della motivazione e la violazione dell’art. 125, comma 3, cod. proc. pen., quanto alla ritenuta incompatibilità dell’ordine giudiziale di demolizione con il sopravvenuto titolo abilitativo edilizio in sanatoria. Si lamenta che il giudice dell’esecuzione ha valutat l’avvio del procedimento finalizzato all’annullamento in autotutela del titolo abilitativo in sanatoria, senza considerare che tale titolo (del 9 gennaio 2015) è ancora in essere.
2.2. In secondo luogo, si censurano vizi della motivazione in relazione al rigetto della doglianza relativa la violazione del divieto di bis in idem. Si contesta il passaggio argomentativo del provvedimento impugnato secondo cui possono essere impartiti contemporaneamente un ordine di demolizione giudiziario e uno amministrativo. Il ricorrente richiama giurisprudenza di legittimità, oltre ai “crit Engel”, per sostenere che la sanzione rimessa al Comune presenti tutti i connotati di una sanzione penale, essendo addirittura comprensiva del pagamento di una somma. La demolizione oggetto del presente procedimento realizzerebbe, perciò, una duplicazione rispetto alla demolizione disposta dal Comune.
2.3. In terzo luogo, si lamenta l’omesso esame delle deduzioni fatte valere con i motivi integrativi depositati il 5 marzo 2023. La difesa richiama la dedotta illegittimità della procedura esecutiva, per violazione degli artt. 63 e 31 del d.lgs n. 50 del 2016 e per violazione del principio del giusto procedimento.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
1.1. Il primo motivo di doglianza è formulato in modo non specifico. La difesa non contesta la ratio decidendi del provvedimento impugnato, secondo cui la ragione per cui l’ordine di demolizione non può essere né sospeso nel revocato non risiede nel fatto che vi sia un avvio del procedimento amministrativo per annullare in autotutela il titolo abilitativo emesso in sanatoria, ma nella assorbente circostanza che l’immobile in questione non era terminato alla data del 31 dicembre 1993 e non era adibito ad uso residenziale; con la conseguenza che non avrebbe potuto comunque essere sottoposto a condono (sul punto, ex plurimis, Cons. Stato, n. 8594 del 29/09/2023).
1.2. Manifestamente infondato è il secondo motivo di doglianza, riferito alla pretesa configurabilità di un bis in idem tra demolizione disposta dal Comune e demolizione disposta dal giudice. È sufficiente richiamare sul punto la consolidata giurisprudenza di legittimità, secondo cui, in materia di reati concernenti violazioni
edilizie, l’imposizione dell’ordine di demolizione di un manufatto abusivo, anche se disposta dal giudice penale ai sensi dell’art. 31, comma 9, del d.P.R. n. 380 del 2001, ha natura di sanzione amministrativa che assolve ad un’autonoma funzione ripristinatoria del bene giuridico leso e non ha finalità punitive, producendo effett sul soggetto che è in rapporto con il bene, indipendentemente dall’essere o meno quest’ultimo l’autore dell’abuso, e non comportando la violazione del principio del ne bis in idem convenzionale, come interpretato dalla sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo nella causa Grande Stevens c. Italia del 4 marzo 2014 (ex plurimis, Sez. 3, n. 51044 del 03/10/2018, Rv. 274128).
1.3. Il terzo motivo di doglianza è inammissibile per genericità. Il ricorrente si limita a riprodurre la doglianza proposta davanti al giudice dell’esecuzione, la quale richiama astrattamente i principi ai quali dovrebbe ispirarsi l’affidamento degli appalti per le demolizioni giudiziarie, senza spiegare – neanche con il ricorso per cassazione – perché tali principi sarebbero violati nel caso di specie. L’omessa pronuncia della Corte d’appello su tale doglianza non ha, dunque, alcuna conseguenza (ex multis, Sez. 2, n. 38834 del 07/06/2019, Rv. 277220; Sez. 5, n. 24437 del 17/01/2019, Rv. 276511).
A prescindere da tali assorbenti considerazioni, deve comunque rilevarsi che l’eventuale violazione di norme nell’assegnazione dell’appalto per la demolizione non è censurabile da parte dell’interessato. Infatti, in tema di reati edilizi, condannato che promuove incidente di esecuzione per la revoca dell’ordine di demolizione del manufatto abusivo non ha interesse a dedurre vizi del procedimento amministrativo seguito dalla Procura della Repubblica per l’affidamento dei lavori, in quanto l’eventuale accoglimento della doglianza, pur imponendo la rinnovazione della procedura, non farebbe venire meno l’atto impugnato (Sez. 3, n. 7637 del 07/02/2023, Rv. 284153).
Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende, equitativamente fissata in C 3.000,00.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende.
Così deciso il 04/10/2023