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Ordine di demolizione: quando è irrevocabile?

La Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza di un Tribunale che revocava un ordine di demolizione per un vasto immobile abusivo. La sentenza chiarisce che l’ordine, avendo natura reale, si applica anche ai successivi acquirenti, indipendentemente dalla loro buona fede. Viene inoltre sancita l’illegittimità del frazionamento artificioso delle domande di condono per eludere i limiti volumetrici e si ribadisce il carattere vincolato e non discrezionale dell’ordine di demolizione, che non può essere revocato invocando un generico principio di proporzionalità.

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Pubblicato il 4 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ordine di Demolizione: La Cassazione ne Ribadisce il Carattere Vincolante

L’ordine di demolizione di un immobile abusivo, emesso a seguito di una condanna penale, rappresenta uno degli strumenti più incisivi per il ripristino della legalità violata in materia urbanistica. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha offerto importanti chiarimenti sulla sua natura, sui limiti alla sua revocabilità e sulla posizione dei terzi acquirenti. La Corte ha stabilito che tale ordine è un atto dovuto, con natura reale, che non può essere messo in discussione da considerazioni successive sulla buona fede degli acquirenti o da un’errata applicazione del principio di proporzionalità.

I Fatti del Caso: Un Abuso Edilizio Complesso

La vicenda trae origine dalla costruzione di un grande edificio residenziale, realizzato in violazione delle normative edilizie e sismiche. A seguito della condanna penale del costruttore, il giudice aveva emesso un ordine di demolizione per l’intero manufatto. Successivamente, i nuovi proprietari di alcuni appartamenti, che avevano acquistato l’immobile da un intermediario, si erano rivolti al Tribunale in sede di esecuzione, ottenendo la revoca dell’ordine di demolizione.
Il Tribunale aveva motivato la sua decisione sulla base del principio di proporzionalità, ritenendo che la demolizione avrebbe leso in modo sproporzionato il diritto di abitazione e l’affidamento dei nuovi proprietari, estranei all’abuso originario. Inoltre, il Tribunale aveva considerato legittime le procedure di condono edilizio avviate in passato. Contro questa decisione, la Procura della Repubblica ha proposto ricorso per Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione sull’Ordine di Demolizione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso della Procura, annullando l’ordinanza del Tribunale e ripristinando la piena efficacia dell’ordine di demolizione. La Suprema Corte ha smontato punto per punto le argomentazioni del giudice dell’esecuzione, riaffermando i principi consolidati in materia di abusi edilizi.

Le Motivazioni della Sentenza

La decisione della Corte si fonda su quattro pilastri argomentativi fondamentali.

Il Carattere Vincolante e Reale dell’Ordine di Demolizione

Innanzitutto, la Cassazione ribadisce che l’ordine di demolizione non è una sanzione penale con finalità punitiva, ma una misura ripristinatoria a carattere amministrativo. Esso ha natura ‘reale’, cioè è strettamente collegato all’immobile abusivo (la res) e non alla persona del responsabile. Di conseguenza, l’ordine segue il bene e produce i suoi effetti nei confronti di chiunque ne sia proprietario o vanti su di esso un diritto, anche se completamente estraneo alla commissione dell’illecito. La buona fede dell’acquirente è irrilevante ai fini dell’esecuzione della demolizione, potendo al più rilevare in un’azione civile di risarcimento danni contro il venditore.

L’Illegittimità del Frazionamento delle Domande di Condono

Un punto cruciale della vicenda era il tentativo di sanare l’immobile attraverso la presentazione di numerose domande di condono separate per le singole unità immobiliari, al fine di eludere il limite volumetrico massimo previsto dalla legge per un’unica costruzione. La Corte ha qualificato tale operazione come un ‘frazionamento artificioso’ e fraudolento. La legge impone che un unico edificio, facente capo a un unico centro di interessi, sia oggetto di un’unica pratica di condono, la cui volumetria va calcolata nella sua interezza. La presentazione di istanze multiple da parte di sedicenti ‘promissari acquirenti’ (che peraltro avevano tutti rinunciato all’acquisto poco dopo) è stata considerata uno stratagemma per aggirare la legge, rendendo le sanatorie invalide.

Il Potere-Dovere del Giudice dell’Esecuzione

La Corte chiarisce che il giudice dell’esecuzione ha il potere-dovere di verificare la legittimità del titolo che si oppone alla demolizione, come un permesso in sanatoria o un condono. Non si tratta di una mera presa d’atto del provvedimento amministrativo, ma di un controllo di legalità sostanziale. Il giudice deve verificare la sussistenza di tutti i presupposti di fatto e di diritto per il rilascio del titolo, inclusa la legittimazione del richiedente e il rispetto dei limiti volumetrici. In questo caso, il Tribunale avrebbe dovuto rilevare l’illegittimità del condono basato sul frazionamento artificioso.

L’Inapplicabilità del Principio di Proporzionalità

Infine, la Cassazione censura l’uso fatto dal Tribunale del principio di proporzionalità. Sebbene tale principio, di derivazione europea, imponga un bilanciamento tra l’interesse pubblico al ripristino della legalità e il diritto all’abitazione, il suo campo di applicazione è circoscritto e non può portare a una revoca definitiva dell’ordine di demolizione. Non può essere utilizzato per legittimare la violazione dell’ordine stesso, specialmente quando si fonda su argomentazioni generiche relative a diritti personali e patrimoniali. La tutela di tali diritti, afferma la Corte, va cercata negli strumenti civilistici (es. azione di risarcimento) e non nella paralisi di uno strumento fondamentale di governo del territorio.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa sentenza riafferma con forza la rigidità e l’inderogabilità dell’ordine di demolizione come conseguenza di un abuso edilizio accertato in sede penale. Le implicazioni pratiche sono significative:
1. Per chi acquista un immobile: È fondamentale eseguire controlli urbanistici approfonditi prima dell’acquisto. La presenza di un abuso edilizio, anche se oggetto di una domanda di condono pendente, espone al rischio concreto di demolizione, e la buona fede non costituisce una difesa efficace.
2. Per la Pubblica Amministrazione: Gli uffici comunali hanno l’obbligo di vigilare sulla correttezza delle pratiche di condono, impedendo operazioni elusive come il frazionamento artificioso delle domande.
3. Per la giustizia: Viene confermato il ruolo del giudice penale come garante ultimo della legalità urbanistica, con il potere di sindacare la validità dei titoli in sanatoria e di assicurare l’esecuzione di provvedimenti ripristinatori essenziali per la tutela del territorio.

L’ordine di demolizione può essere revocato se la proprietà è stata venduta a un acquirente in buona fede?
No. La sentenza chiarisce che l’ordine di demolizione ha ‘natura reale’, ovvero è legato all’immobile e non alla persona che ha commesso l’abuso. Pertanto, l’ordine si applica a tutti i successivi proprietari, indipendentemente dalla loro buona fede o estraneità all’illecito edilizio. L’acquirente potrà eventualmente agire in sede civile contro il venditore per il risarcimento dei danni.

È possibile sanare un grande immobile abusivo presentando tante piccole domande di condono separate per ogni appartamento?
No. La Corte ha stabilito che tale pratica costituisce un ‘frazionamento artificioso’ illegittimo, volto a eludere i limiti volumetrici imposti dalla legge per il condono. Un unico edificio deve essere considerato nel suo complesso e, di norma, oggetto di un’unica istanza di sanatoria la cui volumetria va calcolata unitariamente.

Il giudice può annullare un ordine di demolizione se l’area, dopo la costruzione abusiva, è diventata edificabile?
No. La Corte ribadisce che la conformità urbanistica dell’opera deve esistere sia al momento della realizzazione del manufatto sia al momento della presentazione della domanda di sanatoria (principio della ‘doppia conformità’). Una conformità sopravvenuta non sana l’abuso originario e non è causa di estinzione del reato, né impedisce l’adozione e l’esecuzione dell’ordine di demolizione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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