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Ordine di demolizione: quando è inammissibile il ricorso

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di una proprietaria contro un ordine di demolizione per un abuso edilizio. La sentenza chiarisce che il tempo trascorso non crea un legittimo affidamento e che l’onere di provare la possibilità di sanatoria spetta al privato. Viene ribadito che l’ordine di demolizione è una sanzione amministrativa non soggetta a prescrizione e deve essere eseguito anche se reati per opere successive sullo stesso immobile sono prescritti.

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Pubblicato il 13 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ordine di demolizione: perché l’inerzia dello Stato non salva l’immobile abusivo

L’ordine di demolizione di un immobile abusivo è un atto che non perde efficacia con il passare del tempo. Chi spera che l’inerzia della Pubblica Amministrazione possa sanare un illecito edilizio si scontra con principi giuridici consolidati, come ribadito dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 31821/2024. Questo provvedimento chiarisce i limiti dell’impugnazione in fase esecutiva e conferma la natura inderogabile della sanzione demolitoria.

Il caso: un ricorso contro l’esecuzione della demolizione

Una proprietaria di un immobile, destinataria di un ordine di demolizione scaturito da una sentenza di condanna per abusi edilizi divenuta irrevocabile nel 2012, presentava ricorso al giudice dell’esecuzione chiedendone la revoca o la sospensione. I motivi del ricorso erano tre:

1. La pendenza di una richiesta di permesso a costruire in sanatoria, respinta dal Comune per carenze documentali che, a dire della ricorrente, il giudice avrebbe dovuto colmare con un’indagine d’ufficio.
2. L’esistenza di un altro procedimento penale per opere successive sullo stesso immobile, definito con prescrizione del reato, che avrebbe dovuto bloccare l’esecuzione del primo ordine.
3. La violazione del principio di affidamento, dato il lungo tempo trascorso tra la condanna definitiva e l’ingiunzione a demolire.

La decisione della Corte: i motivi dell’inammissibilità dell’ordine di demolizione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e quindi inammissibile, analizzando e respingendo ogni singolo motivo.

L’onere della prova nella richiesta di sanatoria

La Corte ha chiarito un punto fondamentale: in fase di esecuzione, non è compito del giudice svolgere accertamenti d’ufficio per verificare la sanabilità di un’opera abusiva. L’onere di fornire la prova completa della sussistenza dei presupposti per un beneficio di legge, come la sanatoria, grava interamente sul richiedente. Allegare una domanda di sanatoria respinta per documentazione incompleta non è sufficiente a sospendere l’esecuzione. È onere del privato dimostrare, con documenti alla mano, che la domanda era completa e che vi erano concrete possibilità di un esito positivo. Inoltre, la Corte sottolinea che la sanatoria richiede la cosiddetta “doppia conformità”: l’opera deve rispettare le norme urbanistiche sia al momento della costruzione che al momento della richiesta, un requisito che viene meno in caso di violazioni antisismiche, come nel caso di specie.

L’inefficacia della prescrizione di abusi successivi sull’ordine di demolizione

Il secondo motivo è stato ritenuto infondato. Ogni ordine di demolizione è autonomo e legato alla specifica condotta illecita per cui è stato emesso. La prescrizione di un reato relativo a opere successive sullo stesso manufatto non ha alcun effetto su un precedente ordine di demolizione, già “cristallizzato” in una sentenza irrevocabile. L’obbligo di ripristino, infatti, ha per oggetto l’intero immobile abusivo, comprese le superfetazioni e gli ampliamenti successivi, in quanto parte di un’unica attività criminosa. Consentire il contrario significherebbe permettere che nuovi abusi possano ostacolare l’esecuzione di una sentenza definitiva.

L’inapplicabilità del principio di affidamento all’abuso edilizio

Infine, la Corte ha smontato l’argomento basato sul principio di affidamento. L’ordine di demolizione non è una “pena” nel senso convenzionale del termine, ma una sanzione amministrativa con funzione ripristinatoria. Il suo scopo non è punire il colpevole, ma eliminare dal territorio le conseguenze dell’illecito. Per questa sua natura reale e non personale, non è soggetta a prescrizione. Il tempo che passa, lungi dal creare un affidamento legittimo in capo al responsabile dell’abuso, non fa altro che rafforzare il carattere illecito dell’intervento e l’interesse pubblico al ripristino della legalità. L’ingiunzione a demolire emessa dal pubblico ministero è un atto dovuto, la cui esecuzione è ritardata proprio dall’inerzia del condannato, non da quella dello Stato.

le motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su un orientamento giurisprudenziale consolidato. In primo luogo, viene riaffermato il principio secondo cui chi intende avvalersi di un beneficio previsto dalla legge ha l’onere di provare la sussistenza dei presupposti su cui si fonda la sua domanda. Il giudice dell’esecuzione non ha il dovere di acquisire d’ufficio la documentazione mancante, soprattutto per evitare istanze puramente dilatorie. In secondo luogo, si ribadisce la natura amministrativa e ripristinatoria dell’ordine di demolizione, che lo sottrae alla disciplina della prescrizione. La sua funzione è quella di ripristinare il bene giuridico leso (l’ordinato assetto del territorio), un interesse che non viene meno con il decorso del tempo. Infine, si sottolinea che l’ordine di demolizione, una volta divenuto irrevocabile, è intangibile e si estende a tutte le opere che costituiscono l’abuso originario e le sue successive modifiche.

le conclusioni

La sentenza in esame offre importanti conclusioni pratiche. Chi ha commesso un abuso edilizio non può sperare che il passare degli anni sani la situazione o crei un diritto a mantenere l’immobile. L’ordine di demolizione è una spada di Damocle che non svanisce con il tempo. Per cercare di ottenere una sospensione dell’esecuzione, non è sufficiente presentare una domanda di sanatoria, ma è necessario dimostrare in modo concreto e documentato la sua potenziale accoglibilità. La decisione conferma la linea dura della giurisprudenza in materia di tutela del territorio, riaffermando che l’obbligo di ripristinare la legalità prevale su qualsiasi presunto affidamento generato dall’inerzia del condannato.

Il tempo trascorso può annullare un ordine di demolizione?
No. L’ordine di demolizione è una sanzione amministrativa con natura ripristinatoria e non è soggetto a prescrizione. Il decorso del tempo, secondo la Corte, non crea alcun legittimo affidamento per il responsabile dell’abuso, ma anzi rafforza il carattere illecito dell’intervento.

A chi spetta l’onere di provare la possibilità di sanare un abuso edilizio?
L’onere di provare la sussistenza dei presupposti per ottenere una sanatoria edilizia spetta interamente a colui che la richiede. Non è compito del giudice dell’esecuzione acquisire d’ufficio la documentazione mancante o svolgere accertamenti per verificare la sanabilità delle opere.

La prescrizione di un reato per opere successive sullo stesso immobile blocca un precedente ordine di demolizione?
No. Un ordine di demolizione contenuto in una sentenza irrevocabile rimane pienamente eseguibile anche se reati successivi, relativi ad altre opere sullo stesso immobile, vengono dichiarati prescritti. Ogni ordine è autonomo e l’obbligo di demolizione si estende all’intero manufatto abusivo, comprese le aggiunte successive.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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