Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 1256 Anno 2024
RITENUTO IN FATTO Penale Sent. Sez. 3 Num. 1256 Anno 2024 Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
1. La Corte di appello di Napoli, in funzione di giudice dell’esecuzione, con provvedimento del 17 aprile 2023 ha rigettato Data Udienza: 28/09/2023
l’istanza di NOME NOME (dichiarando la stessa “manifestamente infondata per difetto delle condizioni di legge”) diretta ad ottenere la sospensione dell’ordine di demolizione del manufatto abusivo (alla INDIRIZZO Boscoreale) di cui alla condanna definitiva della sentenza della Corte di appello di Napoli, del 16 gennaio 2022
NOME ha proposto ricorso in cassazione, per i motivi di seguito enunciati, nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen.
1. Violazione di legge (art. 666, commi 2, 3 e 4, cod. proc. pen. e 111 della costituzione); omesso esame e omessa motivazione delle prospettazioni dell’istanza del ricorrente.
Il provvedimento impugnato (denominato ordinanza, ma in realtà si tratta di un decreto in quanto assunto senza convocazione delle parti) risulta nullo per omesso contraddittorio, in violazione dell’art. 666, cod. proc. pen.
Inoltre, la Corte di appello di Napoli ha omesso qualsiasi motivazione sulle deduzioni dell’istanza presentata dal ricorrente.
Per il provvedimento impugnato il ricorrente non avrebbe addotto alcun elemento nuovo, non esaminato in precedenza dalla Corte di appello. Invece, il ricorrente aveva presentato motivi completamente nuovi, mai proposti all’attenzione dei giudice dell’esecuzione. Il ricorrente chiedeva, infatti, alla Procura di essere autorizzato all’autodemolizione, ma l’istanza di autorizzazione veniva rigettata in quanto mancavano pochi giorni alla demolizione coattiva già programmata.
Comunque, era previsto solo lo sgombero dell’immobile per il 18 aprile 2023 e non anche la demolizione. Il rigetto della Procura di autorizzazione all’autodemolizione risulta illegittimo anche perchè
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emesso in violazione del protocollo di intesa che disciplina le demolizioni, e in violazione del codice degli appalti (d. Igs. 50 del 2016 art. 63, 31 e 36).
Tutte queste nuove questioni contenute nell’istanza non sono state analizzate dalla decisione che oggi si impugna. Sussiste, pertanto, l’assenza della motivazione.
Ha chiesto, pertanto, l’annullamento del provvedimento impugnato.
La Procura Generale della Corte di Cassazione, Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
4. Il ricorso è inammissibile.
Il ricorrente dopo l’acquisizione dell’immobile alla pubblica amministrazione non ha interesse e, comunque, il ricorso risulta generico e i motivi sono manifestamente infondati e articolati in fatto (art. 606, comma 3, del cod. proc. pen.).
L’acquisizione gratuita dell’opera abusiva al patrimonio disponibile della Pubblica amministrazione non è incompatibile con l’ordine di demolizione emesso dal giudice con la sentenza di condanna, e con la sua successiva esecuzione ad opera del Pubblico ministero, ostandovi soltanto la delibera consiliare che abbia stabilito l’esistenza di prevalenti interessi pubblici al mantenimento delle opere abusive. (vedi Sez. 3, n. 1904 del 18/12/2006 – dep. 23/01/2007, COGNOME, Rv. 235645).
L’acquisizione al patrimonio della Pubblica amministrazione come principale effetto fa venire meno l’interesse del ricorrente alla revoca o alla sospensione dell’ordine di demolizione. Il bene, infatti,
ormai è di proprietà dell’Ente e sullo stesso nessun interesse giuridico può essere rivendicato dal ricorrente (in tal senso già Sez. 3, 7 marzo 2017 – udienza del 6 ottobre 2016 – N. 10964, COGNOME, non massimata e Sez. 3, n. 45432 del 25/05/2016 – dep. 27/10/2016, COGNOME, Rv. 26813301). In tema di reati edilizi con l’acquisizione al patrimonio della Pubblica amministrazione dell’immobile abusivo viene meno l’interesse alla revoca o alla sospensione dell’ordine di demolizione da parte del precedente proprietario, ormai terzo estraneo alle vicende giuridiche dell’immobile.
Infatti, «L’interesse, quale condizione di ammissibilità dell’impugnazione, sussiste solo se il gravame è idoneo ad eliminare una decisione pregiudizievole per l’impugnante determinando per il medesimo una situazione pratica più vantaggiosa di quella esistente. (Fattispecie di richiesta al giudice dell’esecuzione di revoca di ordine di demolizione di opera abusiva già demolita dal medesimo richiedente)» (Sez. 3, n. 24272 del 24/03/2010 – dep. 24/06/2010, Abagnale, Rv. 24768501; vedi anche Sez. 6, n. 17686 del 07/04/2016 – dep. 28/04/2016, COGNOME, Rv. 26717201).
Il ricorrente, attualmente, risulta un terzo estraneo: “In tema di reati edilizi, l’acquisizione al patrimonio del Comune dell’immobile abusivo fa cessare l’interesse alla revoca o alla sospensione dell’ordine di demolizione in capo al responsabile dell’illecito. (In motivazione, la Corte ha precisato che il precedente proprietario del bene, a seguito del provvedimento acquisitivo, deve ritenersi terzo estraneo alle vicende giuridiche dell’immobile)” (Sez. 3, Sentenza n. 35203 del 18/06/2019 Cc., dep. 01/08/2019, Rv. 277500 – 01; vedi anche Sez. 3 -, Sentenza n. 7399 del 13/11/2019 Cc., dep. 25/02/2020,, Rv. 278090 0).
L’acquisizione del bene al patrimonio del Comune, del resto, avviene in maniera automatica, senza necessità di formale provvedimento dell’ente: “L’ingiustificata inottemperanza all’ordine di demolizione dell’opera abusiva ed alla rirnessione in pristino dello stato dei luoghi, entro novanta giorni dalla notifica dell’ingiunzione a demolire emessa dall’Autorità amministrativa, determina l’automatica
acquisizione gratuita al patrimonio comunale dell’opera e dell’area pertinente, indipendentemente dal fatto che l’ingiunzione contenga una puntuale indicazione delle aree eventualmente destinate a passare nel patrimonio comunale; ne deriva che, anche in caso di mancata indicazione di tali aree, l’indagato per il reato edilizio, oramai privo della disponibilità giuridica del bene, non è legittimato a chiederne il dissequestro e la restituzione” (Sez. 3, Sentenza n. 1163 del 15/11/2016 Cc. (dep. 11/01/2017 ) Rv. 268737 – 01).
4. 1. Nel nostro caso, comunque, deve osservarsi che il giudice dell’esecuzione, con motivazione adeguata, completa, immune da contraddizioni o da manifeste illogicità, ha rilevato come l’istanza risulta la reiterazione di altre istanze già rigettate (con provvedimento del 5 agosto 2016).
Relativamente all’eccepita violazione del contraddittorio si deve rilevare che l’art. 666, comma 2, cod. proc. pen. prevede, nelle ipotesi di manifesta infondatezza, o per difetto delle condizioni di legge o per la mera riproposizione di un’istanza già dichiarata inammissibile, il decreto motivato senza il contraddittorio. Nel caso in giudizio la Corte di appello ha evidentemente applicato il secondo comma dell’art. 666 cod. proc. pen. e, conseguentemente non sussiste violazione del contraddittorio.
Il ricorrente ritiene che la questione dell’autorizzazione all’autodemolizione sia una questione nuova, mai proposta in precedenza. Sul punto deve osservarsi che il provvedimento di rigetto del P.M. all’autorizzazione alla demolizione, in proprio, non è sindacabile in sede di legittimità, limitandosi lo stesso a disciplinare un aspetto materiale della demolizione. Altra cosa è la sospensione dell’esecuzione, specificamente richiesta nell’istanza dal ricorrente (in riproposizione di altra istanza già rigettata dalla Corte di appello, come evidenziato dal provvedimento impugnato; senza contestazioni del ricorrente in sede di ricorso in cassazione).
Alla dichiarazione di inammissibilità consegue il pagamento in favore della Cassa delle ammende della somma di C 3.000,00, e delle spese del procedimento, ex art 616 cod. proc. pen.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 28/09/2023