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Ordine di demolizione: quando è inammissibile il ricorso

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 14123/2025, ha dichiarato inammissibile il ricorso contro un ordine di demolizione per una costruzione abusiva in area vincolata. La Corte ha stabilito che il permesso di costruire in sanatoria rilasciato dal Comune non poteva fermare la demolizione, in quanto illegittimo. La normativa nazionale, infatti, non consente il condono per abusi edilizi di tale rilevanza in zone soggette a tutela ambientale. I motivi del ricorso, inclusa la violazione del diritto all’abitazione, sono stati ritenuti generici e infondati.

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Pubblicato il 6 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ordine di Demolizione: Analisi di un Ricorso Inammissibile

Un ordine di demolizione emesso a seguito di una condanna definitiva per abusi edilizi rappresenta un momento cruciale nell’affermazione della legalità e nella tutela del territorio. Ma cosa succede quando, anni dopo, interviene un permesso di costruire in sanatoria rilasciato dall’amministrazione comunale? La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 14123 del 2025, offre una risposta chiara e rigorosa, dichiarando inammissibile un ricorso che tentava di far leva proprio su tale permesso. Analizziamo i dettagli di questa importante decisione.

I Fatti del Caso: La Costruzione Abusiva e il Permesso Tardivo

La vicenda ha origine da una sentenza di condanna per la realizzazione di opere edilizie abusive, divenuta irrevocabile nel lontano 1998. A seguito di tale condanna, la Procura Generale emetteva nel 2015 un’ingiunzione a demolire le opere illecite. La proprietaria dell’immobile, tuttavia, presentava un’istanza per la revoca di tale ingiunzione, forte di un permesso di costruire in sanatoria ottenuto dal Comune di Termini Imerese nel 2017, oltre che di un’autorizzazione paesaggistica.

La Corte di Appello di Palermo, in funzione di giudice dell’esecuzione, rigettava la richiesta, spingendo la ricorrente a presentare ricorso per Cassazione, articolato in sette motivi.

Il Ricorso in Cassazione e l’Ordine di Demolizione Contestato

I motivi del ricorso si concentravano su diversi aspetti:
1. Vizio di motivazione: La difesa sosteneva che la Corte d’Appello non avesse risposto adeguatamente alle argomentazioni presentate, in particolare riguardo all’incompatibilità dell’ordine di demolizione con il nuovo permesso in sanatoria.
2. Violazione di legge: Si lamentava il contrasto con i principi di imparzialità, ragionevolezza e con diverse normative nazionali e regionali in materia edilizia e paesaggistica.
3. Principio di proporzionalità: Veniva invocata la violazione del diritto al rispetto della vita privata e familiare (art. 8 CEDU), sostenendo che la demolizione dell’immobile, unica abitazione della famiglia, fosse una misura sproporzionata.
4. Legittimo affidamento: La ricorrente riteneva che il rilascio del permesso da parte del Comune, dopo oltre vent’anni, avesse generato una situazione consolidata meritevole di tutela.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile, confermando la piena validità dell’ordine di demolizione. La decisione si fonda su argomentazioni giuridiche solide che meritano un’analisi approfondita.

Le Motivazioni: Perché il Permesso in Sanatoria Non Era Valido

Il cuore della decisione risiede nella valutazione della legittimità del permesso di costruire in sanatoria. La Cassazione chiarisce che il giudice dell’esecuzione ha il potere e il dovere di controllare la legittimità dei provvedimenti amministrativi che incidono sull’esecuzione di una pena.

Nel caso specifico, la Corte ha rilevato che le opere abusive erano state realizzate all’interno di aree sottoposte a vincoli di tutela ambientale. Secondo la normativa nazionale sul condono edilizio (D.L. 269/2003), abusi di questa rilevanza in zone vincolate non sono in alcun modo sanabili. Di conseguenza, il permesso rilasciato dal Comune era illegittimo e, come tale, inidoneo a paralizzare l’ordine giudiziale di demolizione. I tentativi della difesa di contestare dettagli fattuali (come la metratura o la localizzazione esatta dell’abuso) sono stati considerati irrilevanti e non pertinenti rispetto al nucleo giuridico della questione.

Le Motivazioni: Il Principio di Proporzionalità e il Diritto all’Abitazione

La Corte ha affrontato anche i motivi relativi alla violazione del diritto all’abitazione e del principio di proporzionalità, definendoli generici. Gli Ermellini hanno ribadito un orientamento consolidato: il diritto all’abitazione non è assoluto e non può giustificare il mantenimento di un immobile abusivo, specialmente quando lede interessi costituzionalmente protetti come l’ambiente e l’ordinato sviluppo del territorio.

Inoltre, spetta a chi invoca il principio di proporzionalità l’onere di allegare e dimostrare in modo rigoroso e puntuale i fatti che renderebbero la demolizione una misura sproporzionata. La semplice produzione di un certificato di residenza è stata ritenuta del tutto insufficiente a tal fine. L’ordine di demolizione non viola il diritto individuale a vivere nel proprio domicilio, ma afferma il diritto della collettività a ripristinare l’equilibrio urbanistico violato.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza rafforza un principio fondamentale: un atto amministrativo, come un permesso in sanatoria, non prevale automaticamente su un ordine giudiziario definitivo. Il giudice dell’esecuzione mantiene un ruolo di controllo cruciale sulla legittimità di tali atti. La decisione sottolinea che la tutela del paesaggio e dell’ambiente costituisce un limite invalicabile per le possibilità di condono edilizio. Per i proprietari di immobili, ciò significa che ottenere una sanatoria comunale non è garanzia di salvezza se l’abuso originario viola norme imperative di rango superiore. Infine, la sentenza serve da monito: i diritti fondamentali, come quello all’abitazione, non possono essere invocati in modo generico per sanare situazioni di illegalità.

Un permesso di costruire in sanatoria può bloccare un ordine di demolizione definitivo?
No, non automaticamente. Il giudice dell’esecuzione ha il potere e il dovere di verificare la legittimità del permesso. Se il permesso è stato rilasciato in violazione delle leggi nazionali, come nel caso di un condono non applicabile a opere in aree vincolate, non può impedire l’esecuzione dell’ordine di demolizione.

Il diritto all’abitazione protegge da un ordine di demolizione se l’immobile abusivo è l’unica casa di famiglia?
Non in modo assoluto. La Corte ha stabilito che il diritto all’abitazione deve essere bilanciato con altri valori di rango costituzionale, come la tutela del territorio e dell’ambiente. Chi invoca il principio di proporzionalità deve fornire prove specifiche e puntuali che dimostrino come la demolizione sia una misura sproporzionata, e la sola certificazione di residenza non è sufficiente.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile e non semplicemente rigettato?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati sono stati ritenuti generici, manifestamente infondati e non si confrontavano adeguatamente con le argomentazioni della decisione impugnata. La difesa, ad esempio, ha insistito su presunti errori materiali senza affrontare il punto giuridico centrale e decisivo: l’impossibilità di condonare quel tipo di abuso in un’area protetta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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