Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 28383 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 28383 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 04/07/2025
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: NOME COGNOME nato a GELA il 04/05/1941 CATANIA COGNOME nato a GELA il 17/12/1948
avverso l’ordinanza del 26/02/2025 del TRIBUNALE di GELA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
I ricorsi di COGNOME Salvatore e COGNOME avverso la ordinanza di rigetto di una richiesta di revoca dell’ordine di demolizione di un’opera abusiva, sono inammissibili.
La censura, che contesta la tesi del giudice, circa l’intervenuta mera generica allegazione – da parte della difesa – di rischi a terzi ed ai condannati, derivanti dalla demolizione, è inammissibile.
Essa è meramente valutativa e comunque non tiene conto e quindi non supera la corretta rilevazione del giudice espressa in linea con l’indirizzo per cui l’impossibilità tecnica di dare esecuzione all’ordine di demolire un manufatto abusivo senza danneggiare la parte lecita del fabbricato, oltre a dover essere dimostrata, non rileva quando dipende da causa imputabile al condannato. (Sez. 3, n. 7789 del 09/02/2021, Severino, Rv. 281474 – 01), come nel caso di specie.
Appare coerente anche il rilievo di genericità della tesi difensiva, rimasto insuperato anche in assenza di ogni allegazione, e la evidenziazione, in funzione di rigetto, anche della abusività complessiva dell’immobile.
In tale quadro, può altresì ribadirsi che secondo la giurisprudenza della Corte EDU, il principio di proporzionalità nell’applicazione dell’ordine di demolizione di un immobile illegalmente edificato, adottato da una pubblica autorità, al fine di contrastare la realizzazione di opere senza permesso di costruire, opera esclusivamente in relazione all’immobile destinato ad abituale abitazione di una persona, ed implica, principalmente, garanzie di tipo “procedurale” inevitabilmente connesse al procedimento penale da cui è scaturito l’ordine di demolizione.
Ai fini della valutazione del rispetto del principio di proporzionalità, la Corte EDU ha infatti valorizzato essenzialmente (cfr. in proposito, in motivazione, Sez. 3, n. 5822 del 18/01/2022 Rv. 282950 – 01): la possibilità di far valere le proprie ragioni davanti ad un tribunale indipendente; la disponibilità di un tempo sufficiente per “legalizzare” la situazione, se giuridicamente possibile, o per trovare un’altra soluzione alle proprie esigenze abitative agendo con diligenza; l’esigenza di evitare l’esecuzione in momenti in cui verrebbero compromessi altri diritti fondamentali, come quello dei minori a frequentare la scuola. Inoltre, ai medesimi fini, un ruolo estremamente rilevante è stato attribuito alla consapevolezza della illegalità della costruzione da parte degli interessati al momento dell’edificazione, nonché alla natura ed al grado della illegalità realizzata.
Il rapporto di proporzionalità, valorizzato in sede convenzionale, riguarda la relazione tra l’interesse pubblico alla tutela del territorio e l’interesse all’utiliz dell’opera abusiva da parte di chi l’abbia realizzata o che comunque dovrebbe
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subire in via diretta le conseguenze dell’ordine di demolizione in ragione di un diritto reale sull’opera abusiva.
Tale impostazione, volta a vagliare gli interessi dell’autore e/o proprietario dell’abuso rispetto a quelli pubblici sottesi all’ordine di demolizione, trova riscontro anche nelle pronunzie di legittimità con cui questa Suprema Corte si è confrontata rispetto alle pronunce della Corte EDU.
La maggior parte delle decisioni di legittimità ha ritenuto, invero, che sia stato rispettato il principio di proporzionalità valorizzando il tempo a disposizione del destinatario dell’ordine di demolizione per «cercare una soluzione alternativa» (così Sez. 3, n. 48021 del 11/09/2019, Rv. 277994-01, e Sez. 3, n. 24882 del 26/04/2018, Rv. 273368-01, la quale ha escluso rilievo a situazioni di salute «solo “cagionevole”») o la gravità delle violazioni (cfr. Sez. 3, n. 43608 del 08/10/2021, che ha valorizzato le dimensioni del fabbricato e la violazione di più disposizioni penali, anche in tema di paesaggio, conglomerato cementizio e disciplina antisismica), o entrambe le circostanze (Sez. 3, n. 35835 del 03/11/2020, non massimata).
Anche la decisione di cui alla sentenza della sezione terza, n. 423 del 14/12/2020, dep. 2021, Rv. 280270-01 ha chiesto al giudice del rinvio, al fine dell’assunzione di una corretta decisione sulla legittimità dell’esecuzione dell’ordine di demolizione, di valutare: «se il ricorrente, nel momento in cui ha realizzato abusivamente l’attività edificatoria, avesse consapevolezza di agire illegalmente, ovvero, in caso contrario, quale fosse il grado della sua colpa; quali siano stati i tempi a disposizione del medesimo, dopo la definitività della sentenza di condanna, per conseguire, se possibile, la sanatoria dell’immobile, e comunque per trovare una soluzione alle proprie esigenze abitative; quali siano le effettive condizioni di salute e socio-economiche del ricorrente e se le stesse, in concreto, esplichino rilevanza sul giudizio concernente il rispetto del principio di proporzionalità, eventualmente anche solo in relazione al profilo della valutazione della congruità del tempo concesso al ricorrente».
Si tratta, invero, di profili di verifica che necessariamente fanno riferimento ai soggetti che risultino direttamente coinvolti nella realizzazione o nella proprietà dell’opera abusiva, con la conseguenza per cui la prospettiva circa la sussistenza, in tema di ordine di demolizione, di un rapporto di proporzionalità, con altrui interessi privati, deve ritenersi ristretta nell’ambito del rapporto tr interesse pubblico alla tutela del territorio e tutela del diritto di proprietà e dell relative forme immediate e dirette di godimento, come riguardanti l’autore e/o proprietario dell’immobile assieme, al più, al suo diretto e formale nucleo familiare. In altri termini, la verifica di un rapporto di proporzionalità, in caso ordine di demolizione di un’opera abusiva, presuppone innanzitutto che l’ordine
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di demolizione sia in grado di pregiudicare in via diretta ed immediata diritti e interessi strettamente, direttamente e immediatamente connessi alla proprietà
dell’opera da demolire, laddove il pregiudizio in danno di terzi estranei alla proprietà (invocato altresì sempre genericamente dal ricorrente), non può
ritenersi in grado di ostacolare in alcun modo la tutela degli interessi pubblici, in tale quadro già di per sé ben più pregnanti, sottesi all’ordine di demolizione.
Laddove, quindi, la tutela di questi ultimi non può che, eventualmente, trovare riscontro nelle ordinarie regole civilistiche in tema di danno e non può che essere
eventualmente attivata dai diretti interessati.
Pertanto, la Corte ritiene che i ricorsi debbano essere dichiarati inammissibili con conseguente onere per i ricorrenti, ai sensi dell’art. 616 cod.
proc. pen., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato
che non vi è ragione di ritenere che i ricorsi siano stati presentati senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che i
ricorrenti versino la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende
Così deciso il 04/07/2025.