LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Ordine di demolizione: quando copre l’intero immobile

Una proprietaria, condannata per abuso edilizio, ha contestato un ordine di demolizione sostenendo che dovesse applicarsi solo all’ultimo piano sopraelevato e non all’intero edificio. Dopo un lungo iter giudiziario, durante il quale i permessi in sanatoria ottenuti sono stati giudicati illegittimi, la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La Corte ha stabilito che l’ordine di demolizione si applica all’intera costruzione, poiché questa costituisce un manufatto unico e l’illegalità delle parti iniziali si estende a quelle successive. Le questioni già decise non possono essere riproposte.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 18 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ordine di demolizione e abuso edilizio: la Cassazione conferma la linea dura

L’ordine di demolizione di un immobile abusivo rappresenta uno degli epiloghi più drastici in materia edilizia. Ma cosa succede quando un edificio viene costruito in più fasi, magari a distanza di anni? La demolizione deve riguardare solo l’ultima parte abusiva o l’intero manufatto? Con la sentenza n. 690 del 2024, la Corte di Cassazione ha fornito una risposta netta, ribadendo un principio fondamentale: l’abuso edilizio va considerato nel suo complesso, e la demolizione non può essere frammentata.

I Fatti del Caso

Il caso esaminato dalla Suprema Corte ha una storia lunga e complessa. Tutto inizia con una condanna definitiva nel 1997 nei confronti di una signora per la realizzazione di un immobile abusivo composto da due piani fuori terra e un ulteriore piano in sopraelevazione. La sentenza includeva, come da prassi, l’ordine di demolizione dell’intero fabbricato.

Negli anni successivi, la proprietaria ha intrapreso un lungo percorso legale per evitare la demolizione, ottenendo dei permessi in sanatoria. Tuttavia, questi permessi sono stati al centro di un contenzioso durato anni, che ha visto plurimi interventi della stessa Corte di Cassazione. Alla fine, i titoli in sanatoria sono stati giudicati illegittimi, principalmente perché la volumetria complessiva dell’immobile superava i limiti consentiti per il condono e perché la richiesta era stata presentata in modo ‘frazionato’ per mascherare l’unicità dell’intervento.

Giunti all’ultimo capitolo di questa vicenda, la ricorrente ha tentato una nuova strada: ha sostenuto che l’ordine di demolizione del 1997 dovesse essere limitato solo all’ultimo piano, oggetto specifico di quella condanna, e non ai piani sottostanti, che erano stati oggetto di altri procedimenti e condoni. In sostanza, si chiedeva di ‘salvare’ una parte dell’edificio.

La Decisione della Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ponendo fine, si spera, alla vicenda. I giudici hanno respinto su tutta la linea le argomentazioni della ricorrente, confermando che l’ordine di demolizione deve essere eseguito sull’intero immobile. La decisione si fonda su principi consolidati che meritano un’analisi approfondita.

Le Motivazioni della Corte

La sentenza si articola su diversi punti giuridici di grande rilevanza pratica.

L’unicità del manufatto e l’estensione dell’ordine di demolizione

Il cuore della motivazione risiede nel concetto di ‘unicità del manufatto’. La Corte spiega che, anche se un abuso edilizio viene realizzato in più fasi e attraverso diverse condotte illecite, l’edificio che ne risulta è un’opera unitaria. L’illegalità della costruzione originaria ‘contagia’ inevitabilmente anche le opere successive, come sopraelevazioni o ampliamenti. Di conseguenza, l’ordine di demolizione non può che avere ad oggetto l’intero fabbricato abusivo. È un dovere di ‘restitutio in integrum’, cioè di ripristino totale dello stato dei luoghi precedente all’abuso.

Il principio del ‘ne bis in idem’ e la natura della demolizione

La ricorrente aveva lamentato la violazione del principio del ‘ne bis in idem’ (il divieto di essere processati due volte per lo stesso fatto), sostenendo di essere già stata giudicata per le parti inferiori dell’immobile. La Cassazione chiarisce che questo principio è mal invocato. L’ordine di demolizione non è una pena, ma una sanzione amministrativa con finalità ripristinatoria. Essere processati più volte per aver continuato un’attività edilizia abusiva non impedisce al giudice di ordinare la demolizione dell’unico manufatto che ne è il risultato finale.

Il giudicato esecutivo e i limiti dei ricorsi

Un altro aspetto cruciale è il cosiddetto ‘giudicato esecutivo’. La Corte sottolinea che le questioni relative all’unicità del fabbricato e all’illegittimità dei condoni erano già state affrontate e decise in modo definitivo in precedenti sentenze della stessa Cassazione. In fase esecutiva, non è possibile riproporre questioni già valutate e risolte. La preclusione opera per tutto ciò che è stato deciso, impedendo un continuo riesame del caso.

L’assenza di legittimo affidamento

Infine, viene respinta la tesi del legittimo affidamento, sia per la proprietaria che per i suoi familiari. La Corte afferma che non si può confidare nella stabilità di una situazione basata su atti amministrativi (i permessi in sanatoria) che si sono rivelati illegittimi. Anche il lungo tempo trascorso non può sanare un abuso, soprattutto quando l’inerzia è attribuibile allo stesso condannato che cerca di sottrarsi all’esecuzione dell’ordine.

Conclusioni

La sentenza ribadisce con forza la severità dell’ordinamento nei confronti degli abusi edilizi. La costruzione di un immobile illegale è vista come un illecito permanente, la cui offensività perdura nel tempo. La decisione chiarisce che i tentativi di frammentare l’abuso in più procedimenti o di sfruttare condoni illegittimi non sono strategie valide per evitare la demolizione. L’ordine di demolizione mira a un ripristino completo della legalità e, una volta divenuto definitivo, la sua esecuzione è un atto dovuto che non può essere ostacolato da argomenti già respinti in passato. Questa pronuncia serve da monito: la giustizia, seppur con tempi talvolta lunghi, persegue l’obiettivo di restaurare il territorio violato, e l’abuso, alla fine, non paga.

Se un immobile abusivo è costruito in più fasi, l’ordine di demolizione riguarda solo l’ultima parte o l’intero edificio?
L’ordine di demolizione riguarda l’intero edificio. Secondo la Cassazione, un immobile costruito abusivamente in più momenti costituisce un manufatto unico e l’illegalità della parte originaria ‘contagia’ le opere successive. La demolizione ha lo scopo di ripristinare integralmente lo stato dei luoghi.

È possibile contestare in fase esecutiva un ordine di demolizione sollevando questioni già decise in precedenti giudizi?
No. La sentenza chiarisce che il principio del ‘giudicato esecutivo’ impedisce di riproporre questioni che sono già state esaminate e decise in modo definitivo, anche dalla stessa Corte di Cassazione, nei precedenti gradi o fasi del giudizio. Non si può ottenere un riesame continuo delle stesse problematiche.

L’ottenimento di un condono edilizio, poi giudicato illegittimo, crea un legittimo affidamento che impedisce la demolizione?
No. La Corte ha stabilito che non può sorgere alcun legittimo affidamento sulla base di provvedimenti amministrativi (come i permessi in sanatoria) che siano stati riconosciuti come illegittimi. Il lungo tempo trascorso, inoltre, non può sanare l’abuso, specialmente se l’inerzia nell’esecuzione è dovuta ai tentativi del condannato di sottrarsi alla demolizione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati