Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 24084 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 24084 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 30/05/2024
SENTENZA
Sul ricorso presentato dal AVV_NOTAIO della Repubblica presso il Tribunale di Tempio Pausania nel procedimento di esecuzione a carico di NOME NOME, nato a Chiaramonti il DATA_NASCITA, avverso l’ordinanza del Tribunale di Tempio Pausania in data 10/01/2024.
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che ha concluso per l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 23/01/2014, il Tribunale di Tempio Pausania revocava l’ordinanza di demolizione impartita a NOME con sentenza del 07/02/1996 dal Pretore di Tempio Pausania, confermata dalla Corte di appello di Cagliari, Sez. St. Sassari, 17/01/1997, ritenendo che l’immobile avesse natura pubblica.
In data 29/07/2023 la Procura della Repubblica notificava al NOME ingiunzione di demolizione della parte abusiva del manufatto.
In data 3/11/2023, il giudice dell’esecuzione emanava un’ordinanza in cui riteneva il NOME mero occupante sine titulo dell’immobile, il quale aveva effettuato dei lavori abusivi su immobile pubblico, ribadendo il contenuto del provvedimento del 2014.
Investito di opposizione dalla Procura territoriale, il giudice dell’esecuzione in data 10 gennaio 2024 riteneva inammissibile l’opposizione proposta ai sensi dell’articolo 667, comma 4, cod. proc. pen., ritenendo che avverso la stessa dovesse essere proposto ricorso per cassazione.
Il provvedimento viene impugnato dal pubblico ministero con ricorso per cassazione, il quale lamenta violazione degli articoli 676 e 667, comma 4, cod proc. pen..
La giurisprudenza riterrebbe che l’interessato non possa essere privato del diritto di vedere riesaminate le proprie ragioni da parte dello stesso giudice dell’esecuzione.
Erra, inoltre, il G.E. nel ritenere che il NOME non fosse tenuto a demolire la porzione di immobile abusiva in quanto di proprietà pubblica.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
In proposito, il Collegio evidenzia quanto segue.
2.1. Il procedimento di esecuzione, nella sua forma “ordinaria”, si celebra con le forme dell’articolo 666 cod. proc. pen..
Ad eccezione dell’ipotesi di richiesta manifestamente infondata per difetto delle condizioni di legge, ovvero che costituisca mera riproposizione di una richiesta già rigettata, basata sui medesimi elementi (in cui il giudice o il presidente del collegio decide senza contraddittorio con decreto motivato, sentito il pubblico ministero), normalmente il giudice dell’esecuzione fissa la data dell’udienza in camera di consiglio e ne fa dare avviso alle parti e ai difensori. L’udienza si celebra con la partecipazione necessaria del difensore dell’imputato o del condannato e del pubblico ministero.
Il procedimento viene definito con ordinanza ricorribile per cassazione.
2.2. L’articolo 667, comma 4, prevede tuttavia, per il caso di errore sull’identità fisica de condannato, una disciplina diversa, stabilendo che il giudice dell’esecuzione provvede «senza formalità» (ossia de plano) con ordinanza comunicata al pubblico ministero e notificata all’interessato. Contro l’ordinanza possono proporre opposizione davanti allo stesso giudice il pubblico ministero, l’interessato e il difensore; in tal caso si procede a norma dell’articolo 66 cod. proc. pen..
Come appare evidente, nel caso previsto dall’articolo 667, comma 4, cod. proc. pen., il contraddittorio è «differito» alla fase dell’opposizione: nella fase che precede l’emanazione del provvedimento decisorio, il contraddittorio non viene integrato, prevedendosene il ripristino in uno stadio successivo, se ed in quanto la decisione venga opposta dall’interessato.
In questa particolare forma di giudizio, le due fasi della procedura esecutiva (la prima, de plano, e quella – successiva ed eventuale – partecipata) sono tra loro strettamente collegate e (eventualmente) concatenate, trattandosi di fasi diverse di uno stesso grado, tant’è che il giudice che ha adottato il provvedimento de plano non è incompatibile a pronunciarsi sull’opposizione ai sensi dell’art. 667, comma 4, cod. proc. pen. avverso il medesimo provvedimento (Sez. 1, n. 14928 del 21/02/2008, COGNOME Rv. 240165; Sez. 6, n. 32419 del 15/07/2009, Reitano, Rv. 245198).
L’opposizione, a sua volta, non ha natura di mezzo di impugnazione, bensì di istanza diretta ad ottenere attraverso la rinnovazione del giudizio (un novum iudicium) una decisione in contraddittorio sul medesimo thema decidendum (Sez. U, n. 3026 del 28/11/2001, dep. 25/01/2002, COGNOME, Rv. 220577).
Tale procedura, giusto il richiamo contenuto nell’articolo 676 (che individua le «altre competenze» del giudice dell’esecuzione), si applica anche ad altre ipotesi:
all’estinzione del reato dopo la condanna;
all’estinzione della pena quando la stessa non consegue alla liberazione condizionale o all’affidamento in prova al servizio sociale;
alle pene accessorie;
alla confisca o alla restituzione delle cose sequestrate;
all’applicazione della riduzione della pena prevista dall’articolo 442, comma 2-bis, cod. proc. pen..
2.3. Il primo tema che il Collegio deve valutare è se l’ingiunzione a demolire intimata dal pubblico ministero, così come l’ordine di demolizione contenuto in sentenza, costituiscano materia che rientri nell’ambito di applicazione dell’articolo 676 cod. proc. pen..
Per affrontare il tema occorre partire dalla «natura» della demolizione, che, per costante giurisprudenza della Corte, configura una sanzione amministrativa specifica, che ha una funzione direttamente ripristinatoria del bene urbanistico offeso (v. per tutte Cass. Sez. Un. n. 15 del 24/07/1996, P.M. in proc. Monterisi; Cass. Sez. Un. n. 714 del 03/02/1997, COGNOME) ed accede alla condanna principale: si tratta, quindi, di una «sanzione amministrativa accessoria».
Occorre quindi valutare se, stante il silenzio della legge, la particolare procedura dell’articol 676 si applichi anche alle sanzioni amministrative accessorie.
In alcune pronunce, questa Corte (Sez. 3, Ord. n. 23316 del 04/05/2023, COGNOME, n.m.; Sez. 3, n. 42302 del 27/09/2022, COGNOME, non mass. e Sez. 3, Ord. n. 6244 del 11/01/2018, comune di Capodrise, n.m.; n. 1314 del 27/10/2017, dep. 2018, Taormino, non mass.) ha implicitamente fornito a tale quesito soluzione affermativa, riqualificando il ricorso pe
cassazione proposto dall’interessato in opposizione, proposta ai sensi dell’articolo 667, comma 4, del codice di rito.
In altre pronunce si è, al contrario, affermato che, poiché l’articolo 676 cod. proc. pen. individua competenze relative a materie «tassativamente» determinate (Sez. 3, n. 872 del 14/12/2023, dep. 2024, COGNOME, n.m.; Sez. 3, n. 38091 del 07/09/2021, COGNOME, n.m.), tra le quali non compaiono le sanzioni amministrative accessorie (Sez. 1, Sentenza n. 49291 20/05/2016, COGNOME, n.m.), in nessun modo possono rientrare tra queste competenze specifiche, proprio per il divieto di interpretazione analogica, quelle relative ad alcune sanzion amministrative accessorie, come l’ordine di demolizione delle opere abusive o l’ordine di rimessione in pristino dopo una condanna, rispettivamente, per reato urbanistico o per reato paesaggistico, sanzioni che, secondo la giurisprudenza costante di questa Corte, da una parte sono tipicamente diverse dalle pene accessorie e dall’altra divergono strutturalmente e funzionalmente dalla confisca (Sez. 3, n. 39272 del 31/05/2018, Monteleone, n.m.).
A favore della natura tassativa della elencazione contenuta nell’articolo 676, comnna 1, cod. proc. pen., milita la modifica normativa intervenuta per effetto dell’articolo 30 d. Igs. n. 12 d 1991, che ha abrogato l’ultimo capoverso della . norma, a mente del quale il giudice «provvede altresì in ogni caso analogo»: in tal modo, si è trasformato l’articolo 676 del codice di rito d disposizione aperta e “di chiusura”, idonea a disciplinare tutti i casi in cui non trovav applicazione esplicita la disciplina AVV_NOTAIO dell’incidente di esecuzione, in disciplina speciale che trova applicazione solo nei casi tassativamente ivi previsti.
Il Collegio, in ragione di tali elementi, ritiene di accedere all’indirizzo secondo cui il catal delle materie in cui il processo di esecuzione si svolge nelle forme di cui all’articolo 676 cod. proc. pen. è tassativo.
Deve per conseguenza escludersi che alle questioni concernenti la demolizione possa applicarsi la procedura di cui all’articolo 667, comma 4, cod. proc. pen..
2.4. Va tuttavia evidenziato che anche l’incidente di esecuzione di cui all’articolo 666 cod. proc. pen. trova applicazione nei soli casi disciplinati dagli articoli da 668 a 675 del codice di ri in nessuno dei quali sono indicate le questioni relative alle sanzioni amministrative accessorie.
In proposito, soccorrono le Sezioni Unite della Corte che, con una risalente giurisprudenza (Sez. U, n. 15 del 19/06/1996, Monterisi, Rv. 205336 – 01), hanno ritenuto che il «titolo esecutivo» sia costituito «dalla sentenza irrevocabile, comprensiva dell’ordine di demolizione», per cui l’organo promotore dell’esecuzione (il pubblico ministero), ove il condannato non ottemperi all’ingiunzione a demolire, non potrà che investire il giudice di esecuzione, al fine della fissazione delle modalità di esecuzione.
Non resta quindi – secondo le Sezioni Unite – che applicare all’esecuzione dell’ordine di demolizione il procedimento attinente all’esecuzione dei provvedimenti giurisdizionali: il pubblico ministero «cura di ufficio l’esecuzione» (artt. 655 c.p.p. e 29 reg.).
Ove sorga (come nel caso in esame) una «controversia concernente non solo il titolo ma le modalità esecutive, viene instaurato dallo stesso pubblico ministero, dall’interessato o dal
difensore procedimento innanzi al giudice dell’esecuzione (artt. 665 ss. c.p.p.). Tali questioni possono riguardare anche i rapporti con i provvedimenti concorrenti della pubblica amministrazione, oppure le modalità della stessa esecuzione d’ufficio ove l’intimato non provveda direttamente alla demolizione».
Questa Corte, nella sua massima composizione, ha pertanto ritenuto che anche (tutte) le questioni relative alla demolizione dell’immobile abusivo debbano essere ricondotte nell’ambito dell’articolo 671, relativo alle «questioni sul titolo esecutivo».
2.5. Il Collegio non può quindi che ribadire il principio secondo cui il catalogo delle materie in cui il processo di esecuzione si svolge nelle forme di cui all’articolo 676 cod. proc. pen. è tassativo; pertanto, ogni questione concernente la demolizione del manufatto abusivo, concernendo il titolo esecutivo, deve essere trattata nelle forme di cui all’articolo 666 cod. proc. pen..
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Così deciso il 30/05/2024.