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Ordine di demolizione: perché non si può revocare?

La Cassazione conferma un ordine di demolizione per un abuso edilizio, rigettando il ricorso dell’erede. La Corte chiarisce che il lungo tempo trascorso non crea un affidamento legittimo e che l’ordine giudiziale, a differenza di quello amministrativo, non richiede una motivazione rafforzata sull’interesse pubblico attuale.

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Pubblicato il 14 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ordine di demolizione: il tempo non cancella l’abuso edilizio

L’ordine di demolizione di un immobile abusivo, disposto con una sentenza penale definitiva, non perde la sua efficacia con il passare del tempo. Questo è il principio chiave ribadito dalla Corte di Cassazione in una recente sentenza, che chiarisce la netta distinzione tra l’ordine del giudice e quello dell’amministrazione comunale. Vediamo insieme i dettagli del caso e le importanti conclusioni della Corte.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un ricorso presentato dall’erede del responsabile di un abuso edilizio. L’immobile era stato oggetto di una sentenza di condanna del Tribunale di Napoli nel 2002, divenuta irrevocabile nello stesso anno, che includeva un ordine di demolizione. Nel 2016, il pubblico ministero aveva emesso la relativa ingiunzione a demolire.

L’erede, intervenuto nella fase di esecuzione, ha chiesto la revoca dell’ordine, sostenendo diverse ragioni:
1. Il lungo tempo trascorso (oltre vent’anni dalla commissione dell’abuso) avrebbe generato un legittimo affidamento sulla conservazione dell’immobile.
2. L’inerzia dell’amministrazione nel vigilare avrebbe dovuto imporre al Comune un obbligo di ‘motivazione rafforzata’ per giustificare l’attuale interesse pubblico alla demolizione.
3. L’area sarebbe diventata edificabile grazie a successive leggi regionali (il ‘Piano Casa’), rendendo l’immobile potenzialmente sanabile.

Il Tribunale di Napoli, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato la richiesta, e la questione è così giunta dinanzi alla Corte di Cassazione.

L’Ordine di Demolizione Giudiziale e il Trascorrere del Tempo

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, definendolo infondato. Il cuore della decisione risiede nella natura dell’ordine di demolizione disposto dal giudice penale. A differenza di un’ordinanza emessa dal Comune, che è un atto amministrativo, quello del giudice è una sanzione accessoria alla condanna penale.

Questo significa che l’ordine giudiziale ‘fotografa’ la situazione di illegalità al momento della commissione del reato e non è soggetto a rivalutazioni basate sull’interesse pubblico attuale. L’ingiunzione del pubblico ministero, emessa anni dopo, non è un nuovo provvedimento, ma semplicemente l’atto esecutivo che dà attuazione a una decisione già definitiva e irrevocabile.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Cassazione ha chiarito che il concetto di ‘motivazione rafforzata’ si applica solo agli ordini di demolizione amministrativi, non a quelli giudiziali. Quando è il Comune a ordinare la demolizione dopo molto tempo, deve spiegare perché, nonostante la sua inerzia, esista ancora un interesse pubblico prevalente alla demolizione.

Questo non vale per l’ordine di demolizione del giudice. Una volta che la sentenza è passata in giudicato, l’ordine deve essere eseguito, salvo l’unica eccezione della condonabilità dell’immobile. In questo caso, peraltro, una richiesta di sanatoria era già stata respinta dal Comune nel 2017, anche perché l’immobile aveva subito ulteriori abusi nel tempo.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su un principio consolidato: il passare del tempo non sana l’illecito edilizio né crea un diritto a mantenerlo. Citando una precedente pronuncia del Consiglio di Stato (Adunanza Plenaria n. 9/2017), la Cassazione sottolinea che il decorso del tempo, lungi dal creare un affidamento per il responsabile dell’abuso, rafforza piuttosto il carattere illecito dell’intervento. L’inerzia dell’autorità giudiziaria nell’eseguire l’ordine non può essere interpretata come una tacita rinuncia alla demolizione. L’ordine contenuto in una sentenza penale irrevocabile è un atto dovuto e la sua esecuzione è obbligatoria. L’unica via per evitarlo sarebbe stata ottenere un condono edilizio, possibilità che nel caso di specie era stata preclusa da un provvedimento comunale, peraltro non contestato.

Le Conclusioni

La sentenza conferma la rigidità e l’inderogabilità dell’ordine di demolizione disposto in sede penale. Chi commette un abuso edilizio non può sperare che il trascorrere del tempo o l’inerzia della pubblica amministrazione possano ‘sanare’ la situazione di fatto. La decisione del giudice penale è definitiva e va eseguita, e tale obbligo si trasmette anche agli eredi del condannato. Questa pronuncia serve da monito, ribadendo che la lotta all’abusivismo edilizio si fonda su sanzioni che mantengono la loro efficacia nel tempo, garantendo il ripristino della legalità violata.

Il passare del tempo può rendere inefficace un ordine di demolizione emesso da un giudice?
No. Secondo la Corte di Cassazione, il decorso del tempo non cancella l’illecito né crea un legittimo affidamento sulla conservazione dell’immobile. Anzi, rafforza il carattere abusivo dell’intervento e l’ordine resta pienamente efficace.

Qual è la differenza tra un ordine di demolizione del giudice e uno del Comune?
L’ordine del giudice è una sanzione penale accessoria, definitiva e obbligatoria, che ‘fotografa’ l’illecito al momento del reato. L’ordine del Comune è un atto amministrativo che, se emesso dopo molto tempo, richiede una ‘motivazione rafforzata’ che dimostri l’attuale interesse pubblico alla demolizione.

L’erede di chi ha commesso un abuso edilizio è tenuto a demolire l’immobile?
Sì. Come si evince dal caso, l’obbligo di eseguire un ordine di demolizione contenuto in una sentenza penale si trasferisce all’erede che acquisisce la proprietà dell’immobile abusivo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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