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Ordine di demolizione: non basta il condono edilizio

La Corte di Cassazione ha confermato che un ordine di demolizione per un immobile abusivo non viene automaticamente revocato dal rilascio di un permesso in sanatoria (condono). Il giudice penale ha il potere e il dovere di verificare la legittimità sostanziale del permesso, accertando la sussistenza dei requisiti di legge, come l’effettiva ultimazione delle opere entro i termini. Nel caso specifico, mancando tale presupposto, il condono è stato ritenuto illegittimo e l’ordine di demolizione è rimasto valido.

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Pubblicato il 29 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ordine di Demolizione: Il Condono Edilizio Non Basta se Mancano i Requisiti

L’ottenimento di un permesso di costruire in sanatoria non è sufficiente a paralizzare un ordine di demolizione emesso in sede penale. Con una recente sentenza, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: il giudice dell’esecuzione ha il potere e il dovere di verificare la legittimità sostanziale del titolo abilitativo rilasciato dal Comune, controllando che sussistano tutti i presupposti di fatto e di diritto richiesti dalla legge. Se tali presupposti mancano, il condono è inefficace e l’ordine di demolizione resta pienamente valido.

La Vicenda Processuale: Dall’Abuso Edilizio alla Cassazione

Il caso esaminato riguarda un immobile realizzato abusivamente, per il quale era stato emesso un ordine di demolizione con una sentenza di condanna divenuta irrevocabile nel lontano 2001. Anni dopo, la proprietaria otteneva dal Comune un permesso di costruire in sanatoria, basato sulla normativa del cosiddetto ‘terzo condono edilizio’.

Sulla base di tale permesso, la Corte di Appello aveva inizialmente revocato l’ordine di demolizione. Tuttavia, a seguito di un ricorso del Procuratore Generale, la Corte di Cassazione annullava tale decisione, rinviando il caso a un nuovo esame. Il punto cruciale era la necessità di verificare se l’opera fosse stata effettivamente ‘ultimata’ entro il termine perentorio del 31 marzo 2003, requisito indispensabile per accedere al condono.

L’Ordine di Demolizione e il Controllo del Giudice

Nella sua nuova pronuncia, la Corte di Appello, attenendosi ai principi della Cassazione, ha rigettato l’istanza di revoca. La Corte ha accertato, sulla base di un’informativa della polizia municipale, che l’immobile si trovava ancora allo stato di ‘rustico strutturale’ nel 2013, nelle medesime condizioni in cui versava nel 1996. Di conseguenza, non poteva considerarsi ultimato entro la data prevista dalla legge. Ciò ha reso illegittimi i permessi rilasciati dal Comune nel 2018, in quanto privi del presupposto essenziale. Il caso è quindi giunto nuovamente dinanzi alla Suprema Corte, che ha confermato la decisione, dichiarando il ricorso inammissibile.

L’importanza della verifica dei presupposti per l’ordine di demolizione

La difesa della ricorrente sosteneva che il titolo abilitativo rilasciato dal Comune avesse efficacia erga omnes e non potesse essere ignorato dal giudice penale. La Cassazione ha smontato questa tesi, chiarendo la natura del controllo giudiziario. Non si tratta di una ‘disapplicazione’ dell’atto amministrativo, ma di una doverosa verifica dei requisiti che condizionano l’effetto estintivo del reato. In altre parole, il giudice penale non si sostituisce alla Pubblica Amministrazione, ma accerta se la sanatoria concessa poggia su basi legali solide. Se queste mancano, come nel caso della mancata ultimazione dell’opera, il titolo è privo di effetti ai fini penali e non può bloccare l’esecuzione dell’ordine di demolizione.

le motivazioni

La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso manifestamente infondato, sottolineando diversi punti chiave. In primo luogo, il giudice del rinvio si è correttamente uniformato alla precedente sentenza della Cassazione, come previsto dall’art. 627, co. 3, cod. proc. pen., verificando l’esistenza dei presupposti per la condonabilità dell’opera.

Il fulcro della motivazione risiede nel potere-dovere del giudice penale di sindacare la legittimità sostanziale del titolo abilitativo edilizio, anche se rilasciato in sanatoria. Questo controllo non costituisce un’invasione nella sfera amministrativa, ma è una verifica essenziale per determinare se il fatto-reato si sia effettivamente estinto. Il rilascio di un permesso di condono basato su presupposti inesistenti — in questo caso, la mancata ultimazione dei lavori entro il termine di legge — non produce alcun effetto estintivo.

Inoltre, la Corte ha dato pieno valore probatorio all’informativa della polizia municipale, considerandola un atto pubblico fidefacente, anche in assenza di documentazione fotografica. L’atto attestava che l’immobile, sequestrato nel 1996, non aveva subito modifiche e non poteva quindi ritenersi ultimato, rendendo impossibile l’accesso alla sanatoria straordinaria.

le conclusioni

La sentenza consolida un orientamento giurisprudenziale rigoroso in materia di abusi edilizi. La decisione finale sull’esecuzione di un ordine di demolizione penale spetta al giudice, che non è un mero esecutore delle decisioni amministrative. Chi ha commesso un abuso edilizio non può confidare in un ‘salvacondotto’ automatico derivante da un condono comunale se non dimostra in modo inequivocabile di aver rispettato tutti i requisiti imposti dalla legge. Questa pronuncia riafferma la preminenza del controllo giurisdizionale sulla legalità sostanziale, a tutela del corretto assetto del territorio.

Un permesso di costruire in sanatoria (condono) rilasciato dal Comune obbliga il giudice penale a revocare un precedente ordine di demolizione?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che il giudice dell’esecuzione ha il potere e il dovere di verificare la legittimità sostanziale del titolo abilitativo, controllando che sussistano tutti i presupposti di fatto e di diritto richiesti dalla legge per il condono.

Cosa si intende per opera ‘ultimata’ ai fini del condono edilizio in questo caso?
Sebbene la sentenza non fornisca una definizione generale, ha ritenuto che un ‘rustico strutturale costituito da travi e pilastri in cemento armato’, rimasto invariato dal 1996, non potesse considerarsi un’opera ultimata entro il termine del 31 marzo 2003, requisito essenziale per la sanatoria.

Un rapporto della polizia municipale senza fotografie è una prova sufficiente per dimostrare lo stato di un immobile?
Sì. La Corte ha affermato che l’informativa della polizia, anche senza allegati fotografici, è un atto pubblico fidefacente e pienamente valutabile dal giudice per accertare lo stato dei luoghi, specialmente quando, come nel caso di specie, rinviava a precedenti atti di indagine.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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