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Ordine di demolizione: no all’integrazione tardiva

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza che integrava un decreto penale di condanna, ormai irrevocabile, con un ordine di demolizione precedentemente omesso. Secondo la Corte, tale omissione costituisce un errore di giudizio (error in iudicando) e non un mero errore materiale. L’unico rimedio esperibile sarebbe stato l’appello da parte del Pubblico Ministero, che non è stato proposto. Di conseguenza, l’integrazione tardiva è illegittima, anche se il potere di demolizione resta in capo all’autorità amministrativa.

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Pubblicato il 19 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ordine di demolizione: No all’integrazione di un decreto penale irrevocabile

Con la sentenza n. 872/2024, la Corte di Cassazione ha affrontato una questione cruciale in materia di abusi edilizi: è possibile aggiungere un ordine di demolizione a un decreto penale di condanna già divenuto definitivo? La risposta, netta e argomentata, è no. Questa decisione ribadisce i principi fondamentali sulla stabilità delle decisioni giudiziarie e sui limiti dei poteri di correzione del giudice.

I fatti del caso: la vicenda di un’integrazione contestata

Due soggetti venivano condannati tramite un decreto penale per reati edilizi e paesaggistici. Tuttavia, il provvedimento originario ometteva di includere la sanzione accessoria dell’ordine di demolizione delle opere abusive, prevista come obbligatoria dall’art. 31 del D.P.R. 380/01. Successivamente, su richiesta del Pubblico Ministero, il Tribunale di Sassari emetteva un’ordinanza per integrare il decreto penale, ormai irrevocabile, inserendo l’ordine di demolizione mancante.

I condannati, attraverso il loro difensore, hanno proposto ricorso per cassazione avverso tale ordinanza, sostenendo che un provvedimento divenuto definitivo non potesse più essere modificato, specialmente dopo la scadenza dei termini per l’impugnazione.

L’analisi della Corte: perché l’ordine di demolizione non poteva essere aggiunto

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, annullando l’ordinanza del tribunale. Il fulcro del ragionamento risiede nella natura dell’omissione e nei rimedi previsti dall’ordinamento. La Corte ha chiarito che il decreto penale di condanna, una volta divenuto irrevocabile per mancata opposizione, acquista la stessa stabilità di una sentenza passata in giudicato.

L’omissione dell’ordine di demolizione non è un semplice errore di forma, ma un errore di giudizio (error in iudicando). Il giudice, nel momento dell’emissione del decreto, ha omesso una statuizione che, sebbene obbligatoria, richiede comunque un’attività valutativa e ricognitiva dei fatti.

L’unico rimedio: l’impugnazione del Pubblico Ministero

La Corte ha sottolineato che l’unico strumento a disposizione del Pubblico Ministero per sanare tale omissione era l’impugnazione del decreto penale. Non avendolo fatto, il P.M. ha di fatto acquiescenza alla decisione, rendendola definitiva così come era stata emessa, cioè priva dell’ordine di demolizione.

Tentare di ‘correggere’ il decreto in un secondo momento, tramite un’ordinanza di integrazione, rappresenta un’alterazione illegittima di un provvedimento ormai consolidato, violando il principio del giudicato.

Le motivazioni

La Suprema Corte ha spiegato che la procedura di correzione dell’errore materiale, disciplinata dall’art. 130 del codice di procedura penale, non è applicabile in questo caso. Tale procedura è riservata a errori od omissioni che non determinano nullità e la cui eliminazione non comporta una modificazione essenziale dell’atto (ad esempio, un errore di calcolo o un refuso). L’aggiunta di un ordine di demolizione, invece, modifica sostanzialmente la sanzione, incidendo in modo significativo sulla posizione dei condannati.

Inoltre, è stato escluso che l’integrazione potesse avvenire in fase esecutiva. Le competenze del giudice dell’esecuzione sono tassativamente previste dalla legge (art. 676 c.p.p.) e non includono il potere di aggiungere statuizioni sanzionatorie omesse nel giudizio di merito. La Corte ha ribadito un orientamento consolidato, secondo cui l’unico rimedio per l’omissione dell’ordine di demolizione è l’impugnazione del P.M. nei termini di legge.

Le conclusioni

In conclusione, la sentenza annulla l’ordinanza di integrazione, riaffermando un principio fondamentale: un provvedimento penale, una volta divenuto irrevocabile, non può essere modificato nella sua sostanza. L’errore del giudice di merito, consistente nell’omissione di una statuizione obbligatoria come l’ordine demolitorio, doveva essere corretto attraverso gli strumenti processuali ordinari, ovvero l’impugnazione. La mancata impugnazione da parte del P.M. ha cristallizzato la decisione, rendendola intangibile. Tuttavia, la Corte precisa che ciò non lascia le opere abusive impunite: il potere-dovere di ordinare la demolizione rimane pienamente in capo all’autorità amministrativa (il Comune), che potrà e dovrà agire in via autonoma per ripristinare la legalità violata. A tal fine, gli atti sono stati trasmessi al Comune competente.

È possibile aggiungere un ordine di demolizione a un decreto penale di condanna dopo che è diventato irrevocabile?
No, secondo la sentenza non è possibile. Una volta che il decreto penale di condanna diventa irrevocabile (cioè definitivo), non può essere modificato per aggiungere una statuizione sostanziale come l’ordine di demolizione, che era stata omessa in origine.

L’omissione dell’ordine di demolizione è considerata un errore materiale correggibile?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che l’omissione dell’ordine di demolizione non è un errore materiale, ma un ‘error in iudicando’ (errore di giudizio). Pertanto, non può essere sanata con la procedura di correzione dell’errore materiale, che è prevista solo per vizi formali che non alterano la sostanza della decisione.

Cosa avrebbe dovuto fare il Pubblico Ministero per ottenere l’ordine di demolizione?
Il Pubblico Ministero avrebbe dovuto impugnare il decreto penale di condanna originario entro i termini di legge per far valere l’omissione. La mancata impugnazione ha reso la decisione definitiva e non più modificabile in quel punto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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