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Ordine di demolizione: legittimo anche dopo 30 anni

L’erede di un immobile oggetto di un ordine di demolizione risalente a 30 anni prima ricorre in Cassazione, invocando la sproporzionalità della sanzione e la pendenza di un condono. La Corte Suprema dichiara il ricorso inammissibile, affermando che il tempo trascorso a causa dell’inerzia del proprietario non rende illegittima la demolizione. La richiesta di condono, inoltre, non sospende l’esecuzione se il suo accoglimento è improbabile.

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Pubblicato il 12 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ordine di demolizione: legittimo anche dopo 30 anni? La Cassazione si pronuncia

Un ordine di demolizione emesso decenni fa può essere ancora eseguito? È una domanda che tocca il delicato equilibrio tra la tutela del territorio e il diritto all’abitazione. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 3752 del 2025, affronta il caso di un immobile abusivo ereditato, chiarendo i limiti del principio di proporzionalità e il ruolo della prolungata inerzia del proprietario nel contesto dell’esecuzione di una sanzione penale.

I Fatti del Caso: Un’Eredità Contesa

La vicenda ha origine da una sentenza di condanna per abuso edilizio emessa nel 1991 nei confronti della madre della ricorrente, divenuta irrevocabile nel 1994. Tale sentenza disponeva la demolizione del manufatto abusivo. L’erede, attuale proprietaria e unica occupante dell’immobile, si è vista notificare l’ingiunzione a demolire a distanza di quasi trent’anni.

Ha quindi presentato un’istanza al Tribunale per sospendere la demolizione, sostenendo che l’immobile fosse la sua unica abitazione e di versare in condizioni economiche disagiate. Il Tribunale ha rigettato l’istanza, portando la donna a ricorrere in Cassazione.

I Motivi del Ricorso: Proporzionalità e Condono

Il ricorso si fondava su tre motivi principali:
1. Violazione del principio di proporzionalità: La ricorrente sosteneva che l’esecuzione dell’ordine, dopo un così lungo lasso di tempo, fosse sproporzionata e in violazione del suo diritto all’abitazione, garantito anche dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU).
2. Pendenza di istanze di condono: Erano state presentate due istanze di condono edilizio nel 1994, il cui procedimento non si era ancora concluso. Secondo la difesa, il giudice avrebbe dovuto sospendere l’esecuzione in attesa della decisione dell’amministrazione comunale.
3. Incompetenza della Procura: Si contestava la competenza del Pubblico Ministero a dare esecuzione a un ordine di demolizione relativo a una sentenza divenuta irrevocabile prima del 1997, sostenendo che la competenza spettasse all’autorità amministrativa.

L’inefficacia della pendenza del Condono per l’Ordine di Demolizione

Uno dei punti cardine della decisione riguarda l’impatto delle istanze di condono sull’eseguibilità dell’ordine di demolizione. La Corte ha ribadito un principio consolidato: la sospensione dell’esecuzione non è automatica. Il giudice deve valutare se esistono elementi concreti per ritenere “plausibilmente prossima” una decisione favorevole da parte del Comune. In questo caso, non solo le istanze erano pendenti dal 1995 senza esito, ma una nota tecnica comunale del 2022 attestava che le opere erano state completate dopo il termine ultimo previsto dalla legge per il condono (31 dicembre 1993), rendendo di fatto impossibile la sanatoria. Pertanto, il giudice dell’esecuzione ha correttamente escluso la sospensione.

Il Principio di Proporzionalità e l’Ordine di Demolizione

La Cassazione ha affrontato in modo approfondito il tema della proporzionalità. Sebbene il giudice debba tener conto del diritto alla vita privata e familiare (art. 8 CEDU), tale diritto non è assoluto e non può giustificare il mantenimento di una situazione di illegalità. La Corte ha chiarito che il principio di proporzionalità non può essere invocato per trarre vantaggio dalla propria inerzia o da quella dell’autore dell’abuso. L’ordine di demolizione trova la sua causa proprio nell’illecito commesso e la sua esecuzione ripristina l’equilibrio urbanistico violato. L’erede, subentrando nella posizione del condannato, non può giovarsi della propria “colpevole ignoranza” sulla natura abusiva dell’immobile, avendo il dovere di informarsi sulla sua liceità al momento dell’acquisto o della successione.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo tutti i motivi. In primo luogo, ha affermato che il lungo tempo trascorso non rende l’ordine di demolizione ineseguibile o sproporzionato. Il condannato (e per estensione, il suo erede) non può “lucrare sul tempo inutilmente trascorso”, poiché l’obbligo di ripristino sorge con il passaggio in giudicato della sentenza. La ricorrente, pur essendo consapevole della situazione almeno dal 2023, non ha dimostrato di essersi attivata con diligenza per trovare una soluzione abitativa alternativa.

In secondo luogo, ha confermato la corretta valutazione del giudice di merito riguardo all’istanza di condono: in assenza di una probabilità concreta e imminente di accoglimento, la demolizione deve procedere.

Infine, ha rigettato la questione di incompetenza, ribadendo che spetta al Pubblico Ministero curare l’esecuzione delle sentenze penali di condanna, inclusi gli ordini di demolizione, e che le circolari amministrative non possono derogare a tale principio di legge.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza rafforza alcuni principi fondamentali in materia di abusi edilizi:
1. L’inesorabilità dell’ordine di demolizione: Il passare del tempo non sana l’illecito né estingue l’obbligo di ripristino. L’inerzia del responsabile non può trasformarsi in un vantaggio.
2. Responsabilità dell’acquirente/erede: Chi acquista o eredita un immobile ha l’onere di verificarne la conformità urbanistica. La “colpevole ignoranza” non è una scusante valida per opporsi alla demolizione.
3. Limiti del condono: La sola presentazione di un’istanza di condono non è sufficiente a bloccare la demolizione. È necessaria una valutazione prognostica positiva e rapida da parte del giudice dell’esecuzione.

Il lungo tempo trascorso rende un ordine di demolizione sproporzionato o illegittimo?
No, la Corte ha stabilito che il tempo trascorso, specialmente se dovuto all’inerzia del proprietario, non rende l’ordine sproporzionato. L’ingiunzione a demolire trova causa proprio nell’inerzia del condannato, e quest’ultimo non può trarre vantaggio dal tempo inutilmente trascorso dalla data di irrevocabilità della sentenza.

La presentazione di un’istanza di condono edilizio sospende automaticamente l’ordine di demolizione?
No, la sospensione è possibile solo se il giudice dell’esecuzione accerta che ci sono elementi concreti per ritenere “plausibilmente prossima” l’adozione del provvedimento di accoglimento da parte dell’autorità amministrativa. Se l’esito positivo è improbabile, come in questo caso, la demolizione non viene sospesa.

L’erede di un immobile abusivo può invocare la mancata conoscenza dell’ordine di demolizione per evitarne l’esecuzione?
No. L’erede agisce quale avente causa del condannato e subentra nella sua posizione. La Corte sottolinea che chi acquista un bene (anche per successione) ha il dovere di informarsi sulla sua liceità edilizia e non può beneficiare della propria “colpevole ignoranza”. L’ordine è esecutivo dalla data di irrevocabilità della sentenza, non da quando l’erede ne viene a conoscenza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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