Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 19073 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 19073 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: Procuratore della Repubblica del Tribunale di Napoli; nel procedimento a carico di COGNOME COGNOME nato a NAPOLI il 25/10/1951 COGNOME nato a NAPOLI il 18/01/1971
avverso l’ordinanza del 05/11/2024 del TRIBUNALE di NAPOLI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del PG, in persona del sostituto procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato, e degli avv.ti NOME e NOME COGNOME difensori di COGNOME NOME e di NOME COGNOME che hanno chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 5/11/2024, il Tribunale di Napoli, quale giudice dell’esecuzione, revocato l’ordine di demolizione emesso con le sentenze n. 207/95 e 89/97 accogliendo le istanze presentate da COGNOME NOME e COGNOME
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per Cassazione la Procura della Repubblica presso il predetto Tribunale che ha denunciato la violazione di legge sostanziale e il vizio di motivaz Il ricorso, quindi, ricostruisce gli accadimenti .che avevano determinato la proposizione dell’impugnazione esponendo che:
con le sentenze n. 207/95 e 89/97 emesse nei confronti di COGNOME veniva altresì disposta la demolizione delle opere abusive contestate per aver, in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, violando per 17 volte i sigilli apposti dalla PG, realizzato senza tito violazione delle discipline tecniche inerenti un fabbricato in cemento armato posto in zon rilievo sismico, un immobile allo stato grezzo;
l’intero manufatto, oggetto delle sentenze di condanna di cui alla procedura di demolizion suddiviso in piano cantinato e otto piani fuori terra, era stato frazionato in 24 unità imm per le quali erano state presentate 14 istanze di condono ai sensi della I. 724/94, tutte depos in data 10/2/1995, in numero di due unità per istanza, sempre a comporre cubature inferiori 750 mc, da soggetti estranei all’abuso nella qualità di promittenti acquirenti, eccezion fat le unità immobiliari poste al piano terra e al primo piano le cui istanze erano a nome condannato;
tra il 1996 e il 1997 tutti i promissari acquirenti avevano rinunciato all’acquisto e NOME, unico proprietario, era subentrato nella titolarità delle istanze di condono pendenti;
COGNOME aveva acquistato la proprietà dell’unità immobiliare da “COGNOME Maria COGNOME che, a sua volta, aveva acquistato due appartamenti da COGNOME NOME, quale titolare dell’omonima impresa edile e proprietario dell’intero cespite abusivo, giusta compravendita autenticata in 21/5/1998, la cui stipula era stata resa possibile dall’istanza di condono prot. n. 24 10/2/1995, depositata da tale NOME COGNOME in qualità di promittente acquirente di appartamenti, il sub 7 e 8, ancora pendente al momento dell’acquisto assieme a tutte le al domande di condono riguardanti, con le medesime modalità anche soggettive (ossia domande presentate da terzi promissari acquirenti, estranei all’abuso); COGNOME, nel 2019, aveva c la nuda proprietà a Ferrara;
in data 17/10/2017, in virtù dell’istanza della predetta istanza di sanatoria, il Comu Casoria rilasciò il permesso di costruire in sanatoria n. 232 avente a oggetto i sub 7 e 8 (pe volumetria di mc. 747,40); sul medesimo piano intervenivano, in sostanza, due provvedimenti di condono, il n. 161 del 5/4/2013 (sub 9 e 10 a Collela/Colella e Sapio/Guerra per u volumetria complessiva di 551,33 mc.) e il 232 (sub 7 e 8 a Sortiello e Prezionsi per volumetria dichiarata di 747,40 mc);
l’ordinanza impugnata aveva revocato l’ordine di demolizione di cui alla RESA 66/2005 ritenendo il giudice dell’esecuzione che l’abbattimento si poneva in contrasto co provvedimento di condono intervenuto e, in particolare, con il principio di proporzionalità led “l’affidamento, la libertà di autodeterminazione e il diritto di abitazione dei ricorrenti”.
2.1 Venendo, quindi, alle censure fondanti l’impugnazione le doglianze espresse dal ricorren possono essere così sintetizzate:
il provvedimento impugnato si porrebbe in contrasto con consolidati principi di legitt fatti propri da quattro ordinanze del Tribunale, relative a otto differenti unità del me immobile qui di riferimento, che avevano ritenuto analoghi provvedimenti di condono relativi altre unità immobiliari illegittimi e, conseguentemente, confermato l’ordine di demolizione;
il permesso rilasciato in favore degli istanti e della unità immobiliare di rifermento s illegittimo in quanto:
rilasciato su una porzione di un immobile dalle dimensioni maggiori (21.000 mc.);
rilasciato in carenza dell’istanza di condono per gli spazi comuni e per l’intero piano int
e nonostante che per il quarto piano l’istanza non fosse stata accolta per carenza
documentazione e non fosse stata inoltrata per il seminterrato;
si sarebbe dovuto tenere in considerazione non già la volumetria delle porzioni di edif oggetto delle singole istanze ma quella complessiva del manufatto, pari a mc. 21000;
in relazione alla ritenuta, dal giudice, incompatibilità della demolizione dell’edific principio di proporzionalità viene dedotto che:
il principio di proporzionalità come ricostruito dal giudice dell’esecuzione contrasterebbe la stessa sentenza del 14/9/2024 della CEDU che esclude la natura dell’ordine di demolizione quale sanzione, qualificandola piuttosto come misura ripristinatoria, e sottolinea ciò a evidenziando che si tratta di misura non grave atteso che incide sul diritto di proprietà e s modo indiretto su diritti di natura personale. In particolare si contesta la tesi del tribun quale l’interesse dello Stato al ripristino della situazione di fatto antecedente alla reali dell’opera abusiva sarebbe recessivo sia rispetto ad interessi di natura personale, ladd l’ordine di demolizione compromettesse irreparabilmente i diritti del soggetto che dispon dell’opera abusiva sia rispetto ad interessi di natura patrimoniale nel caso in cui la situaz pregressa indigenza o sopravvenuta a causa della perdita dell’opera abusiva incidesse sulla sfer personale del terzo sub specie di impossibilità di risarcimento del danno patrimoniale confronti dell’autore dell’abuso oppure del comune rilasciante titoli in sanatoria.
Si contesta, anche, la legittimazione, nel quadro della prospettiva elaborata dal giu dell’esecuzione, persino del non esercizio del potere demolitorio, sull’assunto per cui i personali prevarrebbero sull’interesse pubblico e che l’art. 39 della L. 724/1994 verrebb legittimare la domanda di condono di chi sia legato alla singola unità immobiliare, co conseguenza che sarebbe irrilevante la circostanza per cui unico sia il soggetto titolare proprietà del bene.
E si osserva che la predetta complessiva impostazione, che risentirebbe anche di una prospettiva per cui l’interesse pubblico sarebbe assente in caso di conformità dell’opera abus alla disciplina urbanistica attuale, sarebbe stata superata altresì dalla pronuncia della Adun Plenaria del Consiglio di Stato n. 9/2017, laddove ha sostenuto la natura vincolata dell’ordi demolizione, ancorata al ricorrere dei relativi presupposti di fatto e di diritto, tal richiedere motivazione in ordine alle ragioni di interesse pubblico diverse da quelle riguar il ripristino della legalità violata.
Inoltre, l’accoglimento della richiesta di revoca da parte del Tribunale sarebbe avvenuto se tener conto che:
gli autori della domanda di condono erano differenti da coloro che avevano ottenuto provvedimento di condono;
lo stesso provvedimento di condono non sarebbe stato rilasciato in ordine alla singola uni immobiliare bensì accorpandone due per piano fino al limite dei 750 mc.
Né il giudice avrebbe precisato il momento in cui verrebbe in rilievo l’interesse giuridicam rilevante connesso alla singola unità immobiliare, ossia se corrisponderebbe al momento del rilascio del provvedimento di condono oppure al momento della presentazione della domanda di condono e al momento della ultimazione della costruzione. Piuttosto, il momento di riferimento alla luce del dettato normativo, coinciderebbe con il tempo dell’ultimazione della costruzion 31/12/1993, quale requisito necessario per la presentazione della domanda di condono. Si aggiunge la legittimazione al condono pur ampia soggettivamente riguarderebbe comunque soggetti ulteriori rispetto al proprietario ma interessati alla presentazione della doma condono in ragione del correlato effetto estintivo del reato. E si conclude osservando che, caso di una unica costruzione, per la quale non sia stata operata alcuna divisione a monte del costruzione né costituito alcun distinto diritto di proprietà su una porzione separa presentazione di distinte istanze di sanatoria da parte di diversi soggetti legittimati ex 38 comma 5 L. 47/85, come richiamati dall’art. 39 comma 6 L. 724/1994, integrerebbe un artificioso frazionamento dell’immobile e della domanda da ricondursi invece ad unità in capo un unico centro sostanziale di interessi, per evitare l’elusione del limite legale di vol dell’opera condonabile. Tale sarebbe il caso di specie con un immobile unico, realizzato su ar di proprietà del Fusco, e condivisione degli spazi comuni tutti rimasti al Fusco. La peri idoneità statica sarebbe unica e i versamenti delle oblazioni sarebbero stati realizzati tu Fusco e le eventuali integrazioni erano state poste, alla luce dei contratti stipulati, tutte del Fusco. Da qui la sussistenza di un unico interesse giuridicamente rilevante, dato essenzia al fine del condono, tanto che per la giurisprudenza di legittimità, in caso di compropriet che rileva è il rapporto tra il bene e il diritto del quale è oggetto e non tra il bene e di persone che ne possano disporre. Il giudice, quindi, avrebbe trascurato la necessar considerazione unitaria dell’immobile e avrebbe ancorato la legittimazione alla presentazio della domanda di condono alla autonomia della unità immobiliare, affidata alla discrezionalità proprietario / committente. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
In questa prospettiva, si insiste sulla assenza di una divisione ovvero di distinti d proprietà su singole porzioni del fabbricato e si evidenzia come le stesse compravendi sarebbero state effettuate con il regime dell’iva agevolata del 4% spettante alle compravendi da imprese costruttrici quale quella del Fusco.
Ritornando al tema del principio di proporzionalità si rimarca che esso presuppone la cogenz dell’ordine di demolizione dell’opera abusiva e la sua funzione ripristinatoria non potendo es utilizzato per eludere tale funzione. Esso, si osserva, si “frappone all’esecuzione dell’ord demolizione per ragioni estranee all’ordine stesso” e i fatti addotti a sostegno devono es allegati e accertati. In essi, non rientrano la circostanza che l’immobile abusivo sia unico dom dell’interessato né assume rilievo lo stato di necessità. E la valutazione dell’interesse pu
sotteso all’ordine di demolizione rispetto al diritto alla vita privata e familiare rispond guida da rispettarsi senza alcuna discrezionalità del giudice.
Si aggiunge che la disciplina sul condono, sconosciuta al diritto europeo, integra particolare forma di autotutela amministrativa rispetto all’opera abusiva che risponde a cr precisi di tipo temporale e volumetrico.
Si aggiunge, poi, che gli istanti non avrebbero dato prova della lesione di interessi a sost della tutela stabilita dal tribunale e, nel caso di specie, non vi sarebbe prova dello s indigenza, che anzi era smentito dall’accensione del mutuo fondiario.
Non si sarebbero allegati interessi differenti da quello patrimoniale e dello stato d’indige di precarietà economico sociale, tale da impedire altra soluzione abitativa. Si osserva, qua alla giustificazione della ordinanza per cui il diritto all’abitazione sarebbe violato per il p arrecato alla perdita della proprietà o dalla impossibilità di ottenere un risarcimento, che ultimi profili sarebbero in contrasto con la Convenzione Europea atteso che sarebbero tutela dal nostro ordinamento con possibilità risarcitorie anche nei confronti dell’ente comunale istanti, poi, sarebbero stati consapevoli della abusività dell’opera atteso che al momento d acquisto era pendente la domanda di condono.
Si aggiunge poi che nel bilanciamento degli interessi contrapposti venivano anche il rili l’esigenza di assicurare la permanenza degli individui in ambienti salubri e in manufatti in di garantire condizioni di sicurezza nel caso di calamità; si rimarca l’obiettiva incertezza es in ordine alla conformità dell’edificio, che consta di otto piani fuori terra e di un piano c alla normativa antisismica e a quella sui conglomerati cementizi essendo stato realizzato in zo sismica: “in mancanza di controlli antisismici e in assenza di un progetto di adeguamen sismico”; “in assenza del deposito dei calcoli strutturali richiesti per le costruzioni in armato”.
I predetti argomenti sono stati contestati dalla difesa con la memoria inoltrata con cui, aver precisato che COGNOME aveva acquistato l’immobile dai sig.ri COGNOME NOME e COGNOME NOME c atto del 17/6/2005 e che l’appartamento era divenuto “la casa familiare degli odierni resiste si deduce in sintesi la buona fede di COGNOME e COGNOME e la validità degli argomenti di ordinanza impugnata chiedendo il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
2. Deve procedersi ad una premessa essenziale, inerente l’ordine di demolizione che il giudice penale deve adottare a seguito di condanna per opere abusive, ai sensi dell’art. 31 del DP 380/01.
In particolare, al comma 9 si dispone che ” per le opere abusive di cui al presente articolo, i giudice, con la sentenza di condanna per il reato di cui all’articolo 44, ordina la demolizione opere stesse se ancora non sia stata altrimenti eseguita”.
Le opere abusive contemplate dal citato articolo 31 riguardano “interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali”.
La circostanza per cui l’ordine di demolizione deve essere impartito dal giudice penale “se ancora non sia stata altrimenti eseguita” (dalla pubblica amministrazione ovvero dal diretto interessato) nonché quella per cui si tratta di una misura amministrativa di tipo ripristinatorio, alla stregua di quella adottabile, ai sensi del medesimo articolo 31, dall’autorità amministrativa, pure evidenziato nella ordinanza qui impugnata, non può far trascurare alcuni aspetti: da u parte, va evidenziato che l’applicazione della misura ripristinatoria in parola ad opera del g penale risente, in un’ottica di tendenziale residualità, delle concorrenti, legittime determin dell’autorità amministrativa titolare del potere di programmazione urbanistica ed edilizia, ai dell’art. 31 D.P.R. n. 380 del 2001, sia prima che dopo il passaggio in giudicato della sente (oltre che della eventuale seppur rara demolizione di iniziativa dell’interessato); dall’altr sottolinearsi il dato essenziale che fonda e connota l’ordine in parola, ovvero l’interv condanna per il reato ex art. 44 del DPR 380/01.
In tale quadro generale, per cui l’ordine di demolizione adottato in sede penale intervie seguito di regolare processo, che accerti l’abusività dell’opera, non può che rilev conseguentemente, che l’ordine di demolizione interviene a rigore dopo che si è assicurato un ampio contraddittorio nei confronti del responsabile dell’abuso, che come tale è stato posto n condizioni di potere adeguatamente difendersi.
La natura poi amministrativa, di misura ripristinatoria del bene leso, (v. già Sez 20.11.1996, Luongo e cfr. sul punto anche la condivisibile opinione parzialmente dissenziente parzialmente concordante, dei giudici COGNOME e COGNOME rispetto alla sentenza della Corte Edu nella causa Giem RAGIONE_SOCIALE altri c/ Italia), rivolta al ripristino dell’assetto urbanistico e territor in una prospettiva di restaurazione dell’interesse pubblico compromesso dall’abuso, priva finalità punitive e con carattere reale ed effetti sul soggetto che si trovi in rapporto con anche se non è l’autore dell’abuso, riconosciuta ormai in maniera consolidata, sia da giurisprudenza di legittimità che convenzionale, che come tale impedisce ogni possibilità configurare la demolizione quale pena così da non essere neppure oggetto di prescrizione (ex plurimis in ordine a tali ultimi profili, Sez. 3, n. 3979 del 21/002018, dep. 2019, Rv. 27 02; Sez. 3, n. 41475 del 03/05/2016, Rv. 267977 – 01; Sez. 3, n. 49331 del 10/11/2015, Rv. 265540 – 01; Sez. 3, n. 36387 del 07/07/2015, Rv. 264736 – 01; Sez. 3, n. 19742 de 14/04/2011, Rv. 250336 – 01), esclude a rigore, da una parte, ogni possibilità di esaminare stessa alla luce dell’art. 7 della Convenzione EDU, quale articolo la cui rubrica richi brocardo, fervido di valori, “nulla poena sine lege”, come tale non riguardante a rigore inter meramente ripristinatori e non sanzionatori quale quello in esame (sebbene incidentalmente in senso contrario si è indirizzata di recente la Corte Costituzionale con sentenza 146/21,
ribadendo la assenza della qualità di pena); dall’altra, tuttavia, l’ordine di demolizione in non si sottrae alla tutela assicurata dall’articolo 1 del Protocollo n. 1 e dall’articolo 6 citata Convenzione. Invero, imporre una misura demolitoria, ancorchè solo ripristinatoria, una parte, all’esito di un procedimento giudiziario in cui essa non abbia avuto la possibil difendersi non porta a ritenerla una imposizione proporzionata al diritto al rispetto de pregiudicabili. Inoltre, un tale procedimento potrebbe anche risultare contrario all’esigen giusto processo derivante dall’articolo 6 § 1 della Convenzione, indipendentemente dal fatto c la misura demolitoria sia esaminata sotto il profilo civile o penale di tale disposizione.
Si riannoda a tali principi, di recente, la sentenza della Corte EDU, Sez. 1, n. 35780/18, Lo c/Italia, del 27 agosto 2024, che ha ancora una volta escluso la natura di punizione o pena, sensi dell’art. 7, § 1 della Convenzione EDU, dell’ordine di demolizione, aggiungendo che qualificazione dell’ordine di demolizione come misura riparatoria non comporta alcuna violazion del diritto a un giusto processo, anche se emanato dal giudice penale, né del diritto di propr non potendosi fare affidamento su un immobile abusivo. Si è in proposito anche di recente precisato da questa Corte che non va nemmeno confuso il diritto (personale) all’abitazione co la tutt’affatto diversa questione della persistente violazione degli interessi di natura urba gravanti sull’area di sedime (Sez. 3, n. 39602 del 03/10/2024, Romano, Rv. 287019 – 01).
Le garanzie che si impongono dunque, in ordine alla fase di adozione della misura demolitoria qui in esame, si sviluppano e si esauriscono nel quadro del procedimento penale che porta alla sua adozione.
Si vuole dire, in altri termini, che l’ordine di demolizione è disegnato dal Legislatore come as in un quadro di garanzie che trovano immediata esplicazione nel contraddittorio del processo nel contempo, esaurendosi in quella sede la tutela dei contrapposti interessi – privati e pub -, la demolizione consegue, necessariamente, per scelta legislativa, ossia inevitabilmen all’accertamento penale della abusività dell’opera, di cui costituisce oggettiva qu ineliminabile, immediata conseguenza.
Dunque, occorre osservare e precisare che il giudice penale, contestualmente alla condanna, deve adottare l’ordine di demolizione, senza poter esplicare alcuna valutazione contemperamento tra l’interesse pubblico al ripristino della legalità urbanistica e altri in avendo il Legislatore già elaborato ogni giudizio di prevalenza dell’interesse pubblico attrav la previsione dell’ordine di demolizione dell’intervento abusivo, quale strumento di ripr dell’interesse pubblico tutelato, e violato, in presenza di un avvenuto accertament responsabilità penale ex art. 44 DPR 380/01.
E del resto, eloquente è in proposito quanto stabilito dalla Corte Costituzionale con sentenza citata n. 146/2021, laddove, da una parte, si è sottolineato, con riguardo alla confisca una prospettiva che appare estensibile anche alla misura demolitoria, quale forma anch’essa d riaffermazione dell’interesse alla conformità urbanistica violata -, che essa è annoverata t misure ricadenti nel perimetro del secondo paragrafo dell’art. 1 Prot. addiz. CEDU, ai sensi quale resta in capo agli Stati il diritto «di emanare leggi da essi ritenute necessarie per
disciplinare l’uso dei beni in modo conforme all’interesse generale » (paragrafo 291), dall’altra ha altresì concluso, in via generale, dopo avere escluso nello specifico che l’Autorità Giudizi come chiedeva il remittente, possa nei casi concreti sostituire la confisca con altra misura “lieve”, non contemplata dal legislatore, che «il giudice penale non ha competenza “istituzionale” per compiere l’accertamento di conformità delle opere agli strumenti urbanistici»: con espressione che può anche intendersi, nel quadro complessivo della sentenza citata, quale riaffermazione di un perimetro ben preciso e vincolante per il giudice penale, quanto alle mis – ripristinatorie – da applicare, (tra cui l’ordine di demolizione) a fronte di opere penalmente accertate con relativa condanna.
Da tale impostazione conseguono eloquenti principi di legittimità:
l’ordine di demolizione dell’opera abusiva, di carattere reale e a contenuto ripristina conserva la sua efficacia anche nei confronti dell’erede o dante causa del condannato o d chiunque vanti su di esso un diritto reale o personale di godimento, potendo essere revocat solo nel caso in cui siano emanati, dall’ente pubblico cui è affidato il governo del terr provvedimenti amministrativi con esso assolutamente incompatibili (Sez. 3, n. 42699 del 07/07/2015, COGNOME, Rv. 265193 – 01; Sez. 3′ n. 16035 del 26/02/2014, COGNOME, Rv. 259802 01; Sez. 3, n. 801 del 02/12/2010, dep. 2011, COGNOME, Rv. 249129 – 01; Sez. 3, n. 47281 d 21/10/2009, COGNOME, Rv. 245403 – 01; Sez. 3, n. 39322 del 13/07/2009, COGNOME, Rv. 2441512 – 01);
l’operatività dell’ordine di demolizione non può essere esclusa dalla alienazione a terzi d proprietà dell’immobile, con la sola conseguenza che l’acquirente potrà rivalersi nei confront venditore a seguito dell’avvenuta demolizione (Sez. 3. n. 37120 del 11/05/2005, COGNOME, R 232175 – 01);
l’ordine di demolizione del manufatto abusivo è legittimamente adottato nei confronti d proprietario dell’immobile indipendentemente dall’essere egli stato anche autore dell’abus salva la facoltà del medesimo di far valere, sul piano civile, la responsabilità, contrat extracontrattuale, del proprio dante causa (Sez. 3, n. 39322 del 13/07/2009, Rv. 244612 – 01)
l’esecuzione dell’ordine di demolizione del manufatto abusivo impartito dal giudice a segui dell’accertata violazione di norme urbanistiche non è esclusa dall’alienazione del manufatt terzi, anche se intervenuta anteriormente all’ordine medesimo, atteso che l’esistenza d manufatto abusivo continua ad arrecare pregiudizio all’ambiente (Sez. 3, n. 22853 de 29/03/2007, COGNOME, Rv. 236880 – 01, che ha ribadito che il terzo acquirente dell’immobile po rivalersi nei confronti del venditore a seguito dell’avvenuta demolizione; nello stesso senso, 3, n. 16035 del 26/02/2014, COGNOME, Rv. 259802 – 01; Sez. 3, n. 45848 del 01/10/2019 COGNOME, Rv. 277266 – 01).
Più ampiamente, a fronte di questo evidente quanto tendenzialmente inossidabile rapporto tra ordine di demolizione e res abusiva, deve ribadirsi che la giurisprudenza (cfr. tra le altre in motivazione, Sez. 3, n. 47281 del 2009 e da ultimo Sez. 3 – n. 16470 del 28/03/2024 Cc (dep. 19/04/2024 ) Rv. 286151 – 01), con riferimento alla posizione del soggetto proprieta
dell’immobile, terzo rispetto al reato, è costantemente orientata, condivisibilmente, nel s che le sanzioni ripristinatorie sono legittimamente eseguite nei confronti degli attuali prop dell’immobile, indipendentemente dall’essere stati o meno questi ultimi gli autori dell’ab salva la loro facoltà di fare valere, sul piano civile, la responsabilità, contr extracontrattuale, del dante causa (cfr. anche v. Cons. Stato, Sez. 5, 1.3.1993, n. 308; Ca Sez. 3, 5.11.1998, Frati; Sez. 3, 24.11.1999, Barbadoro; Sez. 3, 24.4.2001, n. 35525, COGNOME, m. 220191; Sez. 3, 13.10.2005, n. 37120, COGNOME; Sez. 3, 10.5.2006, n. 15954, COGNOME; Sez. 3, 29.3.2007, n. 22853, COGNOME, m. 236880).
Tale principio deve valere anche nei confronti del comproprietario estraneo al reato, che a anch’egli la facoltà di far valere sul piano civile la responsabilità del comproprietario dell’illecito per i danni che l’esecuzione della demolizione potrà arrecare alla sua orig proprietà (e non ovviamente all’immobile abusivo la cui demolizione non può evidentemente comportare un danno risarcibile).
L’ordine di demolizione contiene, infatti, una statuizione di natura reale, che, co corrispondente ordine di rimessione in pristino dello stato dei luoghi, produce i suoi effe confronti di tutti i soggetti che, a qualsiasi titolo, siano o diventino proprietari del b esso incide (Sez. 3, 5.3.2009, n. 16687, Romano, m. 243405).
L’interesse dell’ordinamento, dunque, è nel senso che l’immobile abusivamente realizzato venga abbattuto, con conseguente eliminazione della lesione arrecata al bene protetto e, se accedesse alla tesi dell’impossibilità di irrogare la sanzione ripristinatoria nei confr proprietario non responsabile dell’abuso, basterebbe una semplice alienazione (reale o simulata per vanificare l’anzidetta fondamentale funzione (in tal senso, già Sez. 3, 13.7.2009, n. 393 Berardi).
L’irrilevanza del regime proprietario dell’immobile abusivo oggetto dell’ordine di demolizion armonizza poi, come pure è stato perspicuamente già osservato da questa Corte, con la disciplina della responsabilità solidale del proprietario estraneo all’illecito, posta in materia di amministrative, dalla L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 6.
L’irrilevanza è anche confermata dalla previsione del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. comma 2, secondo il quale l’ingiunzione a demolire deve essere disposta dalla autorità comunale anche quando il proprietario del bene non si identifichi con il responsabile dell’abuso (Se 13.7.2009, n. 39322, Berardi).
Va anche ricordata, siccome pertinente al tema, la giurisprudenza della Corte costituzionale c ha escluso – perché in contrasto con gli artt. 3 e 42 Cost. – la possibilità di disporre l’acq gratuita dell’area di sedinne del manufatto abusivo nei confronti del proprietario che sia est all’abuso (cfr. ord. n. 82 del 1991 e sent. n. 345 del 1991). La Corte, infatti, dopo avere r che l’acquisizione rappresenta una sanzione autonoma per l’inottemperanza all’ingiunzione a demolire e si giustifica proprio per la coazione psicologica che è in grado di esercitar confronti del proprietario responsabile al fine di ottenere quel risultato, ha però espressamente specificato che “non per questo viene meno la possibilità di ripristino in quanto
in tale ipotesi, la funzione ripristinatoria dell’interesse pubblico violato dall’abuso, ristretta alla sola possibilità di demolizione, rimane affidata al potere-dovere degli comunali di darvi attuazione di ufficio, in forza del principio di esecutorietà, senza che a sia necessaria l’acquisizione dell’area che, se di proprietà di soggetto estraneo all’abuso, rimanere nella titolarità di questi, anche dopo eseguita d’ufficio la demolizione”.
Questa stessa Corte ha anche osservato che, a ben vedere, “il proprietario o comproprietario (non committente rispetto all’abuso) non ha interesse giuridicamente protetto ad oppors all’esecuzione dell’ordine di ripristino. Se l’abuso è avvenuto senza o contro la sua volontà, non può che trarre vantaggio dal ripristino della legalità. Se l’abuso è avvenuto con il conc della sua volontà, il fatto di avere evitato il procedimento penale non costituisce una v ragione perché egli si arricchisca del frutto di un abuso debitamente accertato” (Sez. 3, 14.5.1999, n. 1879, COGNOME, punto 13).
La circostanza che l’ordine di demolizione ha carattere reale e ricade direttamente sul sogget che è in rapporto con il bene, indipendentemente dalla sua partecipazione all’abuso, po manifestamente non si pone in contrasto con i principi costituzionali ed in particolare col pri di responsabilità personale (cfr. Sez. 3, 24.4.2001, n. 35525, Cunsolo).
Innanzitutto, infatti, tali principi valgono solo per le sanzioni penali e per quelle ammini aventi carattere punitivo e non anche quando, come nella specie, la sanzione è chiamata ad un ruolo di carattere oggettivamente riparatorio, ossia l’eliminazione della causa della lesione.
In secondo luogo, le opere realizzate senza la necessaria concessione edilizia sono di per s illecite – indipendentemente dal titolo di proprietà, di possesso o di detenzione – e devono es eliminate nella loro realtà fisica, chiunque ne sia il proprietario o l’occupante.
In terzo luogo, il titolare del bene o di diritti minori sullo stesso bene potrà usare gli privatistici per addossare ai soggetti responsabili dell’attività abusiva gli effetti soppor pubblicistica, secondo le norme di diritto comune.
Va dunque preliminarmente ribadito il carattere doveroso dell’ordine di demolizione tendenzialmente operativo, con le precisazioni di seguito riportate, adottato dal giudice pe a seguito di una condanna.
3. L’esercizio del potere demolitorio a fronte dell’opera abusiva, consacrato in sede penale co presupposto contestuale della sentenza di condanna, è del resto vincolato anche in sede amministrativa (in ciò rinvenendosi un punto di contatto tra ordine demolitorio giudizia amministrativo), come riconosciuto anche dalla giurisprudenza amministrativa, laddove è stato stabilito che “il provvedimento con cui viene ingiunta, sia pure tardivamente, la demolizione un immobile abusivo e giammai assistito da alcun titolo, per la sua natura vincolata e rigidame ancorata al ricorrere dei relativi presupposti in fatto e in diritto, non richiede motiva ordine alle ragioni di pubblico interesse (diverse da quelle inerenti al ripristino della le violata) che impongono la rimozione dell’abuso anche nell’ipotesi in cui l’ingiunzion demolizione intervenga a distanza di tempo dalla realizzazione dell’abuso, il titolare attuale
sia responsabile dell’abuso e il trasferimento non denoti intenti elusivi dell’onere di rip (CdS, Ad. Plen., 9/2017 Cons. di St., 5/12/2024 n. 10000).
Nel medesimo senso, quanto alla vincolatività del potere demolitorio, quale che sia l’Autorit ciò legittimata, lo si ribadisce, si è espressa questa Corte, che ha ribadito più volte demolizione ordinata dal giudice penale costituisce atto dovuto, esplicazione di un pote autonomo e non alternativo a quello dell’autorità amministrativa, con il quale può esse coordinato nella fase di esecuzione (cfr. Sez. 3, n. 3685 del 11/12/2013, dep. 2014, Russo, Rv 258518; Sez.3, n.37906 del 22/5/2012, COGNOME ed altro, non massimata; Sez. 6, n. 6337 del 10/3/1994, COGNOME Rv. 198511; cfr., altresì, Sez. U, n. 15 del 19/6/1996, RM. in pr COGNOME, Rv. 205336; Sez. U, n. 714 del 20/11/1996 (dep.1997), COGNOME, Rv. 206659), un potere che si pone a chiusura del sistema sanzionatorio amministrativo (cfr. Corte Cost. Ord. 3 del 18/1/1990; ord. 308 del 9/7/1998; Cass. Sez. F, n. 14665 del 30/8/1990, COGNOME, Rv. 185699).
L’unico profilo in cui sembra venire in rilievo la possibilità che attraverso una valut discrezionale, ma non giudiziaria, si escluda, definitivamente, la demolizione dell’opera abusi appare fornito dalla previsione di cui all’art. 31 comma 5 del DPR 380/01 laddove prevede che “L’opera acquisita è demolita con ordinanza del dirigente o del responsabile del competente ufficio comunale a spese dei responsabili dell’abuso, salvo che con deliberazione consiliare no si dichiari l’esistenza di prevalenti interessi pubblici e sempre che l’opera non contrast rilevanti interessi urbanistici, culturali, paesaggistici, ambientali o di rispetto de idrogeologico previa acquisizione degli assensi, concerti o nulla osta comunque denominati delle amministrazioni competenti ai sensi dell’articolo 17-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241. casi in cui l’opera non contrasti con rilevanti interessi urbanistici, culturali, paesa ambientali o di rispetto dell’assetto idrogeologico, il comune, previa acquisizione degli ass concerti o nulla osta comunque denominati delle amministrazioni competenti ai sensi dell’articol 17-bis della legge n. 241 del 1990, può, altresì, provvedere all’alienazione del bene e dell’ di sedime determinata ai sensi del comma 3, nel rispetto delle disposizioni di cui all’artico comma 2, della legge 15 maggio 1997, n. 127, condizionando sospensivamente il contratto alla effettiva rimozione delle opere abusive da parte dell’acquirente ”
Trattasi di ipotesi eccezionale, di stretta interpretazione, che comunque conferma la assolu vincolatività dell’ordine di demolizione per il giudice penale.
Altri casi sono pur previsti quali circostanze ostative alla demolizione contestuale ad interve condanna, ma sono sottratti ad ogni valutazione e potere del giudice penale (a conferma della vincolatività del suo ordine demolitorio) e, piuttosto, affidati all’ente pubblico compe seppur comunque mediante esercizio di discrezionalità tecnica, come tale sottratta ad ogni liber valutazione della Pubblica Amministrazione -, oltre che evidentemente rilevanti nella fa giudiziaria della esecuzione (altrimenti la portata estintiva del reato di queste fatti appresso indicate, escluderebbe in origine la condanna): si tratta del condono e della rilasci permesso in sanatoria ex art. 36 DPR 380/01.
In tal senso si è espressa la consolidata giurisprudenza di legittimità, secondo la quale, in di reati edilizi, l’ordine di demolizione impartito dal giudice con la sentenza di condanna, sua natura di sanzione amministrativa applicata dall’autorità giudiziaria, non è suscettibi passare in giudicato essendone sempre possibile la revoca quando esso risulti assolutamente incompatibile con i provvedimenti della P.A. che abbiano conferito all’immobile una divers destinazione o ne abbiano sanato l’abusività (Sez. 3, n. 3456 del 21/11/2012 (dep. 23/01/2013 ) Rv. 254426 – 01), e può essere sospeso solo qualora sia ragionevolmente prevedibile, sulla base di elementi concreti, che in un breve lasso di tempo sia adottato dall’autorità amministrat o giurisdizionale un provvedimento che si ponga in insanabile contrasto con detto ordine d demolizione, non essendo invece sufficiente una mera possibilità del tutto ipotetica che potrebbe verificare in un futuro lontano o comunque entro un tempo non prevedibile ed in particolare la semplice pendenza della procedura amministrativa o giurisdizionale, in difetto ulteriori concomitanti elementi che consentano di fondare positivamente la valutazione prognostica (ex plurimis, Sez. 3, 17 ottobre 2007, n. 42978, COGNOME, m. 238145; Sez. 3, 5.3.200 n. 16686, Marano, m. 243463; Sez. 3, 30 marzo 2000, Ciconte, m. 216.071; Sez. 3, 30 gennaio 2003, COGNOME, m. 224.347; Sez. 3, 16 aprile 2004, Cena, m. 228.691; Sez. 3, 30 settembre 2004, Cacciatore, m. 230.308). Ancora, in tema di reati edilizi, l’ordine di demolizione impa dal giudice con la sentenza di condanna è suscettibile di revoca quando risulti assolutament incompatibile con atti amministrativi della competente autorità, che abbiano conferi all’immobile una diversa destinazione o ne abbiano sanato l’abusività, fermo restando il poter dovere del giudice dell’esecuzione di verificare la legittimità dell’atto concessorio sotto il profilo della sussistenza dei presupposti per la sua emanazione e dei requisiti di forma e sostanza richiesti dalla legge per il corretto esercizio del potere di rilascio (Sez. 3, n. 4 21/10/2014 Cc. (dep. 18/11/2014) Rv. 260972 – 01).
Tali approdi interpretativi non risultano incompatibili con la sentenza della Corte costituzi (n. 160 del 3/10/2024) che ha a oggetto la confisca e l’esigenza di salvaguardia, rispetto a ultima misura, del creditore ipotecario, non responsabile dell’abuso edilizio, in data anterior trascrizione nei registri immobiliari dell’atto di accertamento dell’inottemperanza alla ingiun a demolire, nei confronti del Comune divenuto titolare dell’area di sedime a seguito dell’omes demolizione del manufatto abusivo. La Corte se da una parte ha precisato che “posto che l’ordinamento giuridico accorda normalmente tutela al creditore che acquista l’ipoteca su immobile già abusivo, non vi è ragione per cui quel medesimo creditore ipotecario, non responsabile dell’abuso edilizio, debba essere pregiudicato solo perché l’immobile abusivo vien confiscato dal comune per effetto di una sanzione inflitta per l’inottemperanza a un ordin demolizione, di cui altri devono rispondere”, ha precisato che i relativi interessi di costui, tuttavi non possono mettere in discussione il “potere -dovere” degli organi comunali di dare esecuzione d’ufficio all’ordine di demolizione, benché l’abbattimento comporti un evidente pregiudizi creditore in buona fede.
4. Dunque, in estrema sintesi, l’ordine di demolizione impartito dal giudice a seguito di sente di condanna è: doveroso, incide, quale misura amministrativa ripristinatoria, sulla res abusiv che sia ancora tale, senza che alcun rilievo possa assumere la posizione di terzi non responsabi dell’abuso, ed in fase di esecuzione esso è passibile di revoca quando risulti assolutamen incompatibile con i provvedimenti della P.A. che abbiano conferito all’immobile una diver destinazione o ne abbiano sanato l’abusività.
5. Da quanto sinora osservato già consegue il superamento di quanto sostenuto in via prospettica con l’ordinanza impugnata (cfr. pag. 11), in ragione della “natura ‘personalista’ della nostra Carta”, quanto al carattere recessivo dell’interesse pubblico al ripristino della situazione di anteriore alla realizzazione dell’opera abusiva, rispetto ad interessi di natura personale, in di pregiudizio irreparabile cagionato dalla demolizione in ordine a diritti di un soggetto che “il rapporto reale con l’opera abusiva” oppure anche in ordine ad interessi di natura patrimoni in caso di impossibilità di risarcimento del danno patrimoniale nei confronti dell’autore dell o del comune che abbia rilasciato titoli in sanatoria illegittimi (cfr. pag. 12).
Invero, posto che va sottolineata la portata ben più complessa della Carta costituzionale risp ad una sua prospettiva meramente “personalista”, che tenda come tale a trascurare in maniera aprioristica, come sembra emergere dalla ordinanza impugnata, la rilevanza degli interess pubblici rispetto ad interessi privati – a partire dal diritto di proprietà, che come noto co un bene che incontra plurimi richiami costituzionali al suo necessario contemperamento con interessi pubblici, affidato alla ragionevole valutazione del Legislatore -, deve eviden altresì, che la stessa giurisprudenza convenzionale ha più volte riconosciuto il diritto degl «di emanare leggi da essi ritenute necessarie per disciplinare l’uso dei beni in modo confor all’interesse generale » e si è anche precisato, in particolare, che nessuno può contestare la legittimità delle politiche statali a favore della tutela ambientale, perché in tal garantiscono e si difendono anche il benessere e la salute delle persone (Depalle c. Francia , n. 34078/02, § 8 29 marzo 2010).
Da quanto sinora esaminato poi, la scelta legislativa, di corredare la condanna penale per ope abusive di un ordine di demolizione, esprime una valutazione che appare frutto sia di un assicurata tutela degli interessi di parte in contraddittorio, sia di una particolare conside dell’esigenza, pubblica, di preservare il territorio, pur con la costante preoccupazio assicurare che il ripristino riguardi opere persistentemente abusive, così da lasciare sp comunque alla rilevanza di provvedimenti sopravvenuti che ne escludano tale carattere. Del resto, già questa Corte ha osservato come, con la sentenza della Corte EDU del 20 gennaio 2009, Sud Fondi (cfr. in motivazione Sez. 3, n. 47281 del 2009) si sia ritenuto giustificato e conf anche alle norme della CEDU, un ordine di demolizione delle opere abusive incompatibili con le disposizioni degli strumenti urbanistici, eventualmente accompagnato da una dichiarazione d inefficacia dei titoli abilitativi illegittimi (par. 140: “Sarebbe stato ampiamente sufficiente
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prevedere la demolizione delle opere incompatibili con le disposizioni pertinenti e dichia inefficace il progetto di lottizzazione”): così da potersi reputare implicitamente ammesso, anche a livello convenzionale, che una tale sanzione ripristinatoria possa considerarsi giustif rispetto allo scopo, perseguito dalle norme interne, di assicurare una ordinata programmazione e gestione degli interventi edilizi.
Da questa impostazione, che guarda alla collocazione sistematica ed a più livelli, dell’ord di demolizione ed alla ratio e valutazione di interessi ad essa sottesa, discende il rigore quale l’interprete deve accostarsi nell’esaminare eventuali limiti, in fase esecutiva esecuzione dell’ordine stesso.
Non è quindi in discussione che, in linea di principio, fra i soggetti legittimati ad ava richiesta di condono, vi sia anche il promissario acquirente dell’immobile in virtù di un con preliminare stipulato con il proprietario autore dell’abuso (Cons. St., Sez. IV, n. 654 27/10/2009; TAR Campania, Napoli, Sez. IV, 19/1/2016, n. 255); piuttosto, viene in discussione se, nel caso dell’immobile abusivo realizzato da COGNOME Luca, le plurime domande di sanatoria
depositate corrispondessero ad altrettanti validi titoli per l’avvio di altrettante procedure di condono, ovvero fossero da ricondurre a un unico centro di interessi, rappresentato da COGNOME NOMECOGNOME che del terreno e dell’immobile era l’indiscusso proprietario.
In proposito, in via preliminare devono operarsi talune premesse e richiamarsi alcuni principi
Va precisato, pur con le specificazioni di seguito poi riportate, che secondo questa Corte particolare, come si vedrà, ai fini penali e quindi di estinzione del reato, in tema di c edilizio, in forza degli artt. 6 e 38, comma quinto, della legge 28 febbraio 1985, n.47 – rich dall’art.39, comma 6, della legge 23 dicembre 1994, n.724 – legittimati alla presentazi dell’istanza di concessione in sanatoria sono il proprietario della costruzione abusiva, il t della concessione edilizia, il committente delle opere, il costruttore ed il direttore de (Nella fattispecie la Corte di cassazione ha escluso che i figli del proprietario siano legit presentare detta istanza) (Sez. 3, n. 30059 del 16/05/2018 Rv. 273760 – 01.). Consegue che la domanda di condono da parte di un privato, che non risulti, proprietario né rientri tra le categorie ammesse, esclude la legittimità del rilasciato provvedimento di condono stante presentazione della domanda da parte di soggetto non legittimato.
A tale ultimo riguardo è utile comunque fornire talune precisazioni, alla luce del caso di sp circa la tematica specifica della rilevanza del preliminare rispetto alla legittimazione ad ava istanza di condono.
In proposito, si rappresenta che la sanatoria, ovvero nel caso in esame quella specifica sua for costituita dal condono, consente, a date condizioni, la estinzione del reato oltre regolarizzazione amministrativa dell’immobile.
In proposito, questa Corte (Sez. 3, n. 11624 del 04/11/1997 Rv. 209707 – 01) ha precisato che l’oblazione (in cui si articola nella sostanza il condono, sul piano penale), in base all’art. 1 pen., è causa d’estinzione del reato, che – come le altre – ha effetto soltanto per coloro ai si riferisce. La sua estensione a soggetti diversi deve essere espressamente stabilita. In mater la legge 28 febbraio 1985, n.47 (che per questa parte non ha subito modifiche con l sopravvenuta disciplina del c.d. condono) prevede all’art. 38 soltanto il caso dei compropriet statuendo che il versamento eseguito da uno di essi giova anche agli altri per l’evidente uni della posizione. Dispone ancora che i soggetti indicati nell’art. 6 (titolare della conces committente, costruttore e direttore dei lavori) devono, invece, per fruire dei benefici, prese autonoma domanda e versare il trenta per cento della somma applicabile al proprietario.
L’art. 31 della stessa legge statuisce, inoltre, che alla richiesta di sanatoria ed agli ademp relativi possono provvedere coloro che hanno titolo ai sensi della legge n. 10 del 1977 nonc ogni altro soggetto “interessato” al conseguimento della sanatoria medesima.
E’ allora necessario tenere distinti i vari profili collegati con la sanatoria edilizia: essi atten ai settori amministrativo, penale e tributario, che tra loro non sempre coincidono.
In questa sede occorre in particolare differenziare il campo amministrativo da quello penale.
Quello amministrativo, ha una rilevanza oggettiva ed attiene all’immobile, sanabile da og soggetto “interessato” e a ciò legittimato.
Quello penale, presenta un riferimento soggettivo e concerne il singolo imputato, il quale, ottenere la declaratoria d’estinzione dei reati di cui all’art. 38, deve corrispondere l’ob personalmente, senza potersi giovare del procedimento e del pagamento posti in essere da altri (con l’unica eccezione legislativa – si ripete – dei comproprietari).
Nella specie, dunque, il tema dei beneficiari della ordinanza impugnata quali “interessati” e imputati, impone la verifica del fondamento, necessario, di un tale interesse, che non p certamente prescindere da una cornice giuridica e dunque non piò fondarsi solo su meri dati d fatto.
In particolare, il giudice ha individuato tale interesse in un intervenuto contratto prelimi Al di là della assenza di ogni specifica, analitica descrizione dell’atto, nel caso di specie verificare se in astratto un contratto preliminare possa fondare un interesse a presentare ista di condono da parte del promittente acquirente.
In proposito, questa Corte ha osservato che la nullità prevista dall’art. 40 della legge 28 feb 1985, n. 47 con riferimento a vicende negoziali relative ad immobili privi della necess concessione edificatoria deve ritenersi limitata ai trasferimenti aventi effetto reale, e non ai contratti ad efficacia meramente obbligatoria, come il preliminare di vendita (Sez. 2, Sente n. 2204 del 30/01/2013, Rv. 625151 – 01).
Quindi, escluso che l’abusività di un immobile possa costituire un ostacolo alla astratta rilev di un preliminare di vendita rispetto al condono di un’opera abusiva, occorre rilevare come n appaia affatto secondario, nel caso in esame, anche stabilire se un contratto preliminare vendita di un’opera abusiva possa fondare, di per sé, “l’interesse” giuridicamente rilevante promissario acquirente a presentare istanza di condono per l’immobile di riferimento, qua “legittimato” a tale istanza.
La risposta è nel senso della necessità di talune concrete condizioni perché sussista l’intere in parola.
Questa Corte, come in precedenza accennato, ha già stabilito (Sez. 3 – n. 39602 del 03/10/2024) Rv. 287019 – 01) che legittimato a chiedere il cd. condono ai sensi degli artt. 39, legge n. del 1994, e 31, commi primo e terzo, legge n. 47 del 1985 (con principio valevole per tutte tre diverse discipline di condono succedutesi nel tempo), è il proprietario nonché «ogni a soggetto interessato al conseguimento della sanatoria».
Tuttavia, come anticipato, si tratta di un interesse che deve risultare giuridicamente qualif e non di fatto (cfr. amplius anche Sez. 3 -n. 39602 del 03/10/2024) Rv. 287019 – 01). Di contr quindi, può già evidenziarsi che non è legittimato a presentare domanda di condono chi non ha alcuna relazione, qualificata, con il bene.
Da tale impostazione, consegue che in giurisprudenza si è specificato che legittimato presentare domanda di condono è sia l’autore dell’abuso (Cons. St., Sez. 6, n. 3587 del 07/04/2023; Cons. St., Sez. VI, n. 7061 del 16/11/2020), sia persino il promissario acquiren dell’immobile in virtù di un contratto preliminare stipulato con il proprietario autore del (Cons. St., Sez. IV, n. 6545 del 27/10/2009). In tale ultimo caso esaminato dal Consiglio
Stato, va precisato, in virtù del contratto preliminare il richiedente era stato immesso possesso dell’immobile da anni.
Tale ultimo requisito, della peculiare “qualificazione” della concreta posizione dell’intere e quindi, quanto al caso di specie, del promissario acquirente, impone dunque di considerare e approfondire un dato normativo che qui appare rilevante, di cui all’art. 31, commi primo e ter legge n. 47 del 1985, che attribuisce la legittimazione a presentare domanda di sanatoria ovver di condono al proprietario e a coloro che, ai sensi dell’odierno art. 11 d.P.R. n. 380 del hanno titolo per chiedere il permesso di costruire.
Va premesso che la giurisprudenza amministrativa ha chiarito che il permesso di costruire – qual titolo edilizio la cui citazione appare in questa sede congrua pur venendo qui in esame il dist ma analogo titolo edilizio costituito dal condono -, può essere rilasciato non solo al propri dell’immobile, ma a chiunque abbia titolo per richiederlo (così come previsto dall’art. 11, D.P.R. n. 380/2001), e che tale ultima espressione va intesa nel senso più ampio di una legittim disponibilità dell’area, in base ad una relazione qualificata con il bene, sia essa di natura o anche solo obbligatoria.
In tale prospettiva interpretativa, relativa al tema dei requisiti di legittimazione r provvedimenti edilizi e amministrativi, appare condivisibile allora, quanto al tema in es l’indirizzo della giurisprudenza amministrativa (cfr. Consiglio di Stato in sede giurisdizio Sezione Sesta – del 10.2.2022, sul ricorso numero di registro generale 8177 del 2021) secondo cui la posizione di promissario acquirente, in quanto tale, non è idonea a fondare la legittimaz a ricorrere. Già da tempo il Consiglio di Stato (sez. IV, 12/04/2011, n. 2275) ha afferma principio secondo il quale non può ritenersi legittimato ad impugnare il provvedimento con quale un Comune ha annullato in autotutela un piano di lottizzazione, il promissario acquiren del terreno interessato dal medesimo piano di lottizzazione, ove questi, nonostante la stipula contratto preliminare di compravendita dell’area, non abbia acquisito la effettiva e mater disponibilità del terreno stesso, che si potrebbe configurare in caso di preliminare cd. ad effetti anticipati, con il quale quantomeno si anticipa l’effetto della consegna dell’immobile.
In altri termini, la situazione giuridica soggettiva qualificata in astratto da una norma, o legittimazione a ricorrere, deve discendere dalla speciale posizione qualificata del soggetto lo distingue dal quisque de populo rispetto all’esercizio del potere amministrativo (Cons. St., ad plen, 25 febbraio 2014, n. 9, in Foro it., 2014, III, 429 ss.).
Chi non abbia mai acquistato il possesso o la detenzione o, ancora, la materiale disponibilità bene, non ha in capo alcuna posizione giuridica diversa dall’interesse di mero fatto (cfr proposito Cons. St., sez. VI, 14 marzo 2022, n. 1768).
Il Consiglio di Stato ha anche da ultimo condivisibilmente chiarito la reale situazione rico dal promissario acquirente in quanto tale, (cfr. sentenza n. 6961 del 14 ottobre 2019) precisand che “rispetto agli interessi pretensivi, il potere di conformazione e di autorizzazione e investe (…) in via diretta ed esclusiva il proprietario della res, in capo al quale l’i appunta, mentre il vincolo obbligatorio che si instaura tra il promittente venditor
promissario acquirente fa sì che le modalità di esercizio del potere riverberino, sulla posi del secondo, effetti solo indiretti relegando la posizione di quest’ultimo, nell’ambito relazione pubblicistica, a quella di titolare di un mero interesse di fatto. Tali effet rilevano invece sul piano civilistico dell’esatto adempimento e quindi nell’ambito della rela contrattuale, giammai in seno alla relazione procedimentale dove il proprietario re l’interlocutore esclusivo della vicenda dinamica del potere”. In tale quadro, in altri termini, il promissario acquirente è in questa sua qualità “privo di una situazione giuridica soggettiva idonea a differenziarne la posizione e quindi a radicarne la legittimazione, non potendosi riten idoneo a tale scopo il mero vincolo obbligatorio che ha ad oggetto la prestazione (nella spe del consenso richiesto per il perfezionamento del contratto) non l’esercizio di un potere”.
In linea con quanto sopra precisato e illustrato, dunque, questa Corte ritiene che la sola posiz soggettiva del promissario acquirente, non qualificata da altri dati fondanti un interesse r meritevole di tutela anche sul piano della procedura amministrativa di sanatoria, a partire d concreta quanto costante e conclamata disponibilità del bene, come evidenziato talvolta i giurisprudenza, non radica un interesse qualificato: tanto più ove si consideri la disciplina pr del contratto preliminare, che non preclude la possibilità della mancata conclusione del contra definitivo non solo da parte del promissario alienante, ma anche ad opera del pronnissari acquirente né tantomeno garantisce sine die le garanzie del regime delle trascrizioni ex art. 2645 bis cod. civ., con possibile rilevanza e prevalenza di posizioni di terzi rispetto al prom acquirente. Con la possibilità, quindi, che, innescata una procedura di condono da parte quest’ultimo, la stessa proceda e venga definita, anche positivamente, formalmente a suo favore, tuttavia in assenza di una stipula del contratto definitivo e, in ultima analisi, a formale di un soggetto non più “interessato”, come pure richiesto per legge. Un tale esito appa allora compatibile nel sistema normativo vigente, civilistico e amministrativo, solo in pres di un previo interesse qualificato, serio, nei termini suddetti, del promissario acquirente.
Nel medesimo senso, seppure sul diverso piano della impugnazione di provvedimenti di sanatoria della Pubblica Amministrazione, si è evidenziato che “il promissario acquirente dell’immobile confinante con quello dei controinteressati, non ha veste giuridica per l’esercizio dell’a impugnatoria, posto che è titolare di rapporto obbligatorio non idoneo a fondare quel rappor di stabile collegamento con i luoghi interessati dai provvedimenti asseritamente illegittimi, s non può predicarsi in capo a tale soggetto l’esistenza di una posizione di interesse legittimo sia stata lesa da un provvedimento di sanatoria, bensì di un interesse di mero fatto eventual certamente non attuale potendo venire meno anche sulla base della semplice rinuncia ad effettuare l’acquisto con la stipula del contratto definitivo” ( cfr. TAR Sicilia (CT) Sez.II n. 992 del 3 maggio 2019).
Del resto tale impostazione, nella misura in cui esprime la necessità di interessi concreti e delineati alla base, in generale, della legittimazione a chiedere il condono, trova espress persino su altro piano, ben più consolidato giurisprudenzialmente rispetto a quello qui in esam quale quello dei rapporti tra comproprietari: in proposito, rileva la precisazione per cui,
di procedimento per rilascio di titolo edilizio in sanatoria, deve formare oggetto di valuta da parte del Comune, la sussistenza di tutti i presupposti cui la legge condiziona il sudd rilascio e, fra essi, anche la circostanza che l’istanza di sanatoria provenga da un sogg qualificabile come proprietario dell’edificio oggetto degli interventi della cui sanatoria giur tratti e che abbia l’intera proprietà del bene, e non solo una parte o quota di esso. Non invece riconoscersi la legittimazione al semplice proprietario pro-quota ovvero al comproprieta di un immobile, atteso che il contegno tenuto da quest’ultimo potrebbe pregiudicare i diritti interessi qualificati dei soggetti con cui condivida la propria posizione giuridica sul bene o di provvedimento; di conseguenza, in caso di pluralità di proprietari del medesimo immobile, domanda di rilascio di titolo edilizio, sia esso o non titolo in sanatoria di interventi già deve necessariamente provenire congiuntamente da tutti i soggetti con un diritto di proprie sull’immobile, potendosi ritenere legittimato alla presentazione della domanda il sing comproprietario solo ed esclusivamente nel caso in cui la situazione di fatto esistente sul b consenta di supporre l’esistenza di una sorta di cd. pactum fiduciae intercorrente tra i vari comproprietari (Cons. St., Sez. 2, n. 1766 del 12/03/2020; Cons. St., Sez. 6, n. 1563 d 16/02/2024).
Va dunque ribadito che hanno titolo a richiedere il permesso di costruire tutti coloro dimostrino di trovarsi con il bene in una relazione qualificata, non necessariamente connessa a un diritto reale ma derivante anche da rapporto giuridico ad effetti obbligatori.
Rispetto al caso in esame questo profilo appare estremamente carente.
Come si evince dallo stesso provvedimento impugnato, le unità immobiliari che componevano il manufatto erano state accorpate per piano ed erano divenute oggetto di plurime domande di condono, presentate lo stesso giorno, da differenti soggetti, qualificatisi tutti come promi acquirenti; fra il 1996 e il 1997 tutti i richiedenti, nessuno escluso, avevano rin all’acquisito, circostanza invero assai singolare e significativa, in negativo, circa la sussis una effettiva legittimazione alle domande; nel 1998 COGNOME NOME era “subentrato” in tutte istanze di condono, sebbene, si noti, non rientrasse tra gli “interessati” posto che quale proprietario dell’intero immobile non poteva aspirare ad esiti frazionati del condono dello ste Il ricorso, poi, allega che era unica la perizia di idoneità di tutte le istanze, e i versam oblazioni erano tutti effettuati dal condannato COGNOME NOME (piuttosto che dagli “interes promissari acquirenti), a cui carico erano poste, dai contratti di compravendita poi stipulat altri terzi, le eventuali integrazioni da versare.
Dunque, non emerge una analisi dei profili di validità del condono, a partire dalla verifica legittimazione dell’ istante NOME COGNOME (promissaria acquirente nel caso in esame) ad avanzar la relativa domanda, da operarsi alla luce dei principi immediatamente prima richiamati, ed presenza, piuttosto, di una acritica sussunzione del mero dato formale di una presentazione d singole domande da parte di autoqualificati promissari acquirenti (per i vari appartame dell’unico immobile), di cui si trascura l’univoco quanto ingiustificato abbandono del vi negoziale, né si coglie alcun qualificato rapporto con la res, con tutte le relative conseguenz
concreto quanto legittimo svolgimento della procedura di sanatoria e dei suoi adempimenti anche in termini soggettivi ( imputabili piuttosto al Fusco), e a fronte peraltro della assenza reazione, con appositi strumenti civilistici, da parte del Fusco medesimo, nei confronti promissari acquirenti venuti meno. Con il Fusco pronto, invece, a farsi carico non di una ma tutte le spese di condono.
Cosicchè, piuttosto, paiono emergere una pluralità di elementi con cui doversi confrontare sintomatici, allo stato degli atti qui disponibili, della non peregrina ipotesi del ricorrent natura fraudolenta del frazionamento procedimentale del manufatto, ai fini del rilascio provvedimenti sananti; ipotesi che già il Comune (oltre poi al giudice) avrebbe dovuto verifica gravando sull’ente l’obbligo di accertare, prima di rilasciare il titolo, se l’istante sia il dell’immobile oggetto dell’intervento costruttivo o che, comunque, ne abbia un titolo disponibilità sufficiente per eseguire l’attività edificatoria (Cons. St., Sez. IL dell’11/09/2024; Cons. St., Sez. IV, n. 1827 del 15/03/2022; Cons. St., Sez. VI, n. 3048 d 22/05/2018; Sez. U, civ., n. 23317 del 04/11/2009, Rv. 609701 – 01).
E invero, le allarmanti anomalie delle pratiche di sanatoria inoltrate per l’immobile abusi esame, risultano ignorate non soltanto dal Comune, che ha rilasciato i provvedimenti i sanatoria, ma anche dal Tribunale, che non ha dato alcun rilievo al fatto che i provvedimen sananti che andavano a legittimare una volumetria di oltre 20.000 mc. accoglievano istanze inoltrate da soggetti che, per quanto emerge dagli atti disponibili per questa Corte, non aveva al momento della domanda e ancor più della successiva decisione sanante (per “silenzio” e per “conferma”, secondo la ordinanza impugnata), alcun rapporto – serio e reale – con le res, cos da poter apparire, piuttosto, autori di forme negoziali simulate, al solo fine di eludere volumetrici imposti dalla legge 724/1994.
Con evidente incidenza negativa sulla invocata buona fede dei terzi qui ricorrenti, in s esecutiva, circa la abusività delle opere, posto anche che, giova sottolinearlo, i relativi a appaiono per giunta anteriori al momento di ritenuta definizione del condono. Così che non emerge neppure un ipotetico affidamento, comunque irrilevante per quanto detto e si dirà ai fi della revoca della demolizione, in anteriori e formali condotte sananti della P.A.
A fronte dunque di un’argomentazione sviluppata dall’Ufficio di Procura, che rappresentava che le istanze di sanatoria “accolte” – in quanto relative a un complesso immobiliare per il quale soltanto non era stato costituito (né emerge diversamente in ordinanza o altri atti disponi un distinto diritto di proprietà su porzioni dello stesso, ma addirittura gli istanti avevano subito dopo la presentazione della domanda, ogni interesse all’esito della medesima – erano espressione di un frazionamento artificioso della domanda di condono, e quindi da imputare ad un unico centro sostanziale di interesse che si era avvalso di tale stratagemma per eludere limite legale di volumetria, il Tribunale fornisce una risposta del tutto apparente, che si esa nel ribadire che anche i promissari acquirenti erano legittimati alla presentazione della doman di condono, senza confrontarsi con le peculiarità della vicenda, come ricostruita da una de parti del procedimento.
Strettamente connessa a questa prima questione, è la possibilità del giudice dell’esecuzion di sindacare il provvedimento sanante intervenuto, al fine di verificarne la legittimità in r alla richiesta revoca dell’ordine di demolizione.
E’ sufficiente qui ricordare che costituisce espressione di un orientamento consolidato di que Corte, il principio secondo cui è da riconoscersi al giudice un potere-dovere di valutazione titolo abilitativo finalizzato, non tanto ad una valutazione di legittimità prodromica all’e disapplicazione, quanto piuttosto, e precipuamente, ad una verifica della sussistenza effett dei presupposti, di fatto e di diritto, dai quali dipende l’estinzione del reato (fra le tan n. 27977de1 4/4/2019, Caputo; Sez. 3, n. 46477 del 13/7/2017, COGNOME, Rv. 273218; Sez. 3, n. 26144 del 22/4/2008. Papa, Rv. 240728; Sez. 3 n. 23080 del 16/4/2008, COGNOME). Si è altre evidenziato, in particolare (Sez. 3, n. 38071 del 19/09/2007) Rv. 237824 – 01), che in tema condono edilizio, il giudice ha il potere – dovere di controllare la sussistenza delle condiz applicabilità del condono in quanto si tratta di un potere di controllo strettamente conn all’esercizio della giurisdizione, il cui mancato esercizio determina inevitabilmente ed inuti la dilatazione dei tempi del processo. (In motivazione la Corte, nell’enunciare il pre principio, ha poi esemplificato ciò che deve costituire oggetto del controllo giudiziale: a) esecuzione delle opere; b) rispetto dei limiti volumetrici; c) eventuali esclusioni oggettiv tipologia d’intervento dalla sanatoria; d) tempestività della presentazione, da parte di so legittimati, di una domanda di sanatoria riferita alle opere abusive contestate nel ca imputazione).
In tale prospettiva, è opportuno ribadire il tema della unitarietà o meno del centro di int cui può essere ricondotta, o possono essere ricondotte, una o più domande di sanatoria.
In altri termini, è tendenzialmente unico il centro di imputazione della domanda di condono un immobile abusivo e in tal caso all’unica domanda e all’unitario immobile vanno rapportat requisiti volumetrici del condono. Nel contempo, un frazionamento dell’immobile con correlat possibilità di presentare distinte e plurime domande è possibile, ma solo in limitate e pr ipotesi: allorquando sussistano distinti titoli di legittimazione prima della domanda, c potersi individuare distinti legittimati per distinte quanto autonome unità immobiliari. In plurimi proprietari ovvero promissari acquirenti, per quanto qui interessa, è necessario c monte emergano distinti titoli di proprietà per ogni negozio e distinte unità immob autonome.
In proposito, rileva quanto precisato dalla Corte Costituzionale che, nel dichiarare non fon la questione di legittimità costituzionale dell’art. 39, comma 1, legge n. 724, cit., sulla pr che «il limite di “750 metri cubi” trova un temperamento nelle nuove costruzioni (e solo queste), anche perché per i nuovi edifici non è possibile un raffronto con una costruzi originaria», ha spiegato che la possibilità (definita “derogatoria e, come tale, di st interpretazione’) di calcolare la volumetria per singola richiesta di concessione edil
sanatoria, presuppone ipotesi di legittima ed ammissibile scissione della domanda di sanatori per effetto della suddivisione della costruzione o limitazione quantitativa del titolo che ab presentazione della domanda di sanatoria. «I casi afferma la Corte possono essere molteplici: proprietà di parte della costruzione a seguito di alienazione o di singole opere da sanare ( 31, primo comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47) o titolarità di diritto di usufrut abitazione (ad es. limitata a singola porzione di immobile), titolarità di diritto pers godimento, quando la legge o il contratto abiliti a fare le opere (art. 31, terzo comma, legge n. 47 del 1985, in relazione all’art. 4 della legge 28 gennaio 1977, n. 10) o ogni soggetto interessato al conseguimento della sanatoria (art. 31, terzo comma, della legge n. del 1985), come l’istituto di credito mutuario, con ipoteca su singola porzione di immobi locatario o altri aventi titolo a godere della porzione di immobile. Ciascuno dei soggetti, sopra specificati, può presentare la domanda di sanatoria per le porzioni di immobile per le qu è legittimato, ed è questa l’unica possibilità, cui logicamente può riferirsi la deroga, in qu concessione edilizia deve essere necessariamente unica per tutte le opere riguardanti un edifici o un complesso unitario, quando si riferisce a nuova costruzione, e solo eccezionalmente può operarsi una scissione quando esiste una norma che legittima in maniera differenziata soggett diversi dal costruttore. Di conseguenza uno stesso soggetto legittimato non può utilizza separate domande di sanatoria per aggirare il limite di volumetria previsto dall’art. 39, comma, della legge n. 724 del 1994, dovendosi, in tal caso, necessariamente unificare l richieste quando si tratti della medesima nuova costruzione da considerarsi in senso unitari Potranno, invece, (ed è questa la previsione mirata dal legislatore) aversi, una serie di is quanti sono í proprietari o i soggetti aventi titolo al momento della domanda, relative per cia richiedente alle porzioni di appartenenza anche se comprese in una unica costruzione unitaria la volumetria dovrà essere calcolata rispetto a ciascuna separata domanda di sanatoria, riunificando, tuttavia, le porzioni dello stesso titolare» (Sentenza n. 302 del 1996). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Coniugando allora il principio della tendenziale unitarietà della pratica di condono con qua esposto in tema di astratta quanto eccezionale possibilità di individuare distinti so legittimati a chiedere il condono medesimo, tra cui, alle condizioni suindicate, i promi acquirenti, viene altresì in rilievo anche il dato non solo della necessaria sussistenza – a una valida procedura di condono – di un interesse serio e reale in capo a costoro, per la l concreta legittimazione, come sopra esposto, ma anche quello, praticamente simultaneo, della esistenza di reciproche promesse di acquisto e vendita che abbiano ad oggetto diritti di proprie previamente distinti rispetto all’unico complesso edilizio, così che, al contrario, la stipu preliminari aventi ad oggetto quote indistinte dell’unico diritto di proprietà facente capo al proprietario, inficia anche essa la legittimazione dei predetti “promissari”. La neces unitarietà del condono oltre a investire l’unitario immobile, seppure con le eventuali der prima precisate, si riverbera anche nella necessaria incidenza del condono sull’intero immobil di modo che non appare possibile sanare, ovvero condonare, solo parti del medesimo edificio,
così da lasciarne altre in perenne stato di abusività, di fatto ancora una volta separando esclusivi fini personali, parti dello stesso immobile.
Anche questi profili non paiono scandagliati sub specie di una previa verifica di legittimaz dei soggetti richiedenti.
10. Quanto poi alla tesi del giudice, secondo la quale la formazione del titolo sanante, sia p decorso del termine in assenza di provvedimenti dell’autorità amministrativa, sia per il ril successivo del formale provvedimento di condono, determinerebbe la caducazione dell’ordine di demolizione, senza la possibilità per il giudice penale di sindacare la legittimità del tito ribadirsi in via generale l’indirizzo per cui il legislatore ha accolto la tesi seco provvedimento formatosi per silenzio assenso postula la liquidazione definitiva, da parte Comune, dell’oblazione e l’accertamento della possibilità dell’opera di conseguire la sanato (cfr. in motivazione, Sez. 3, Sentenza n. 4749 del 13/12/2007 (dep. 30/01/2008 ) Rv. 238787 – 01). Analogamente, quanto al cd. terzo condono, e con principio che deve ritenersi valevole via generale, si è stabilito che il silenzio-assenso, ai fini della condonabilità de abusivamente realizzata ex art. 32, comma 37, d.l. 30 settembre 2003, n. 269, convertito, co modificazioni, in legge 24 novembre 2003, n. 326, si forma a condizione che vi sia rispondenza della domanda di condono edilizio ai requisiti previsti dalla legge per il prodursi dell sanante. (Sez. 3, n. 727 del 25/10/2022, dep. 2023, Caponera, Rv. 284055 – 01).
Dall’altro canto, si osserva, altresì, che la predetta tesi di cui alla ordinanza, circa la formazione del silenzio assenso in sede di condono e la non disapplicabilità di tater atto, fi per riproporre posizioni ancorate ai principi della Sezioni Unite Giordano (n. 3 del 31/1/1 Rv. 175115) che da decenni la giurisprudenza ordinaria e amministrativa ha abbandonato, rilevando invece che l’incidenza del provvedimento amministrativo su un reato già commesso impone al giudice penale di “controllare, pieno iure, la sussistenza dei presupposti per la su emanazione e dei requisiti di forma e di sostanza richiesti dalla legge per il corretto eserci potere di rilascio” ( Sez. 3, n. 9331 del 21/11/2023, Di Miglio).
In altri termini, la tesi di cui alla ordinanza, della avvenuta quanto insuperabile maturazio silenzio assenso, accompagnato poi anche da un provvedimento comunale formale di condono, interpretabile come conferma del silenzio assenso già formatosi, appare fuorviante ed eccentric rispetto alla consolidata giurisprudenza di legittimità, secondo cui le verifiche del giudice in materia di consumazione di reati edilizi come anche della loro eventuale estinzione p sanatoria, non implicano anche la potenziale “disapplicazione” degli eventuali titoli amministr intervenuti ab origine rispetto all’edificazione ovvero sopravvenuti poi “a sanatoria”, ben impongono un più ampio e complesso vaglio di conformità della fattispecie concreta rispetto a requisiti urbanistici e/o di sanatoria stessa; cosicchè, l’esito negativo di tali accertame determina, anche in presenza di provvedimenti autorizzativi o di sanatoria rilasciati (tantom per silenzio assenso), la loro “disapplicazione” ma un più generale giudizio negativo su sussistenza dei requisiti di legge per la realizzazione dell’opera o per la sua stessa sana
Con l’ulteriore conseguenza per cui non osta alla predetta verifica del giudice penale o disquisizione – pur proposta in ordinanza anche con note argomentazioni relative alla portat tra gli altri, dell’art. 21 nonies L. 241/1990 -, circa la persistente efficacia, fino eventuale successivo annullamento, dell’atto formatosi per silenzio assenso, una volta decors termini previsti dalla domanda, ancorchè in assenza dei requisiti di legge.
Deve altresì aggiungersi, peraltro, che nel caso concreto, ed alla luce di quanto sinora osserv in termini di legittimazione alla istanza di condono, l’assenza della stessa, come pare pot prefigurare in capo ai sedicenti promissari acquirenti, implica la mancanza di un requis essenziale dell’atto, che osta comunque alla formazione del cd. silenzio assenso anche a voler seguire la impostazione propugnata in ordinanza.
E invero, secondo quello stesso orientamento della giurisprudenza amministrativa, come ripreso dal giudice dell’esecuzione, che sostiene la possibile formazione del silenzio assenso anche mancanza di requisiti di legge previsti per il rilascio formale del provvedimento, così che il r difetto non impedirebbe il perfezionarsi della fattispecie provvedimentale, va distinta l’ della “radicale ‘inconfigurabilità’ giuridica dell’istanza: quest’ultima, cioè, per potere inn meccanismo di formazione silenziosa dell’atto, deve essere quantomeno aderente al ‘modello normativo astratto’ prefigurato dal legislatore” (cfr. per tutte al riguardo Cons. St., sez. VI, luglio 2022, n. 5746). Con la conseguenza per cui la mancanza di legittimazione in capo all’auto della domanda di condono (i promissari acquirenti, nel caso in esame), come esaminata in precedenza, comunque impedirebbe la formazione del silenzio assenso
GLYPH Quanto poi all’ulteriore rilievo formulato dal giudice, per cui l’ordine di demolizi revocato perché “..non sussiste all’attualità l’interesse dello Stato al ripristino…”, a fronte di un PUC che avrebbe mutato la destinazione dell’area di interesse, trasformandola in zona residenziale, per cui l’ordine di demolizione non perseguirebbe più la finalità” di far rispe natura industriale della zona”, si tratta di affermazione distonica rispetto ai principi e premessa circa la natura, i limiti e la ratio dell’ordine di demolizione.
Innanzitutto, l’affermazione è deficitaria già sul piano concreto, atteso che la mera adozion un Puc che cambi destinazione di zona non implica di per sé, anche solo in astratto, la pie conformità urbanistica di una preesistente opera, atteso che essa dipende, pur sempre, anche da ulteriori specifiche previsionali, relative alla ubicazione, all’indice di edificabilit altro aspetto che disciplina, pur in una data zona d’uso astrattamente conforme alla tipol dell’opera, la concreta edificazione.
Sul piano giuridico, poi, trascura le disposizioni di sistema, che nell’imporre, da una pa rilascio di titoli abilitativi alla edificazione, (in particolare, per quanto qui di interesse di costruire), e nel prevedere, dall’altra, la sanabilità sopravvenuta dell’opera abusiva in pr solo di una sanatoria che si avvalga, in questo caso ex art. 36 del DPR 380/01, del requisito d doppia conformità (laddove le recenti novelle che escludono la necessità di questo requisi “doppio” attengono solo a casi, qui non rilevanti, di parziale difformità o di variazioni esse
sanciscono il persistere della abusività del manufatto anche in presenza di nuove disposizio rispetto alle quali l’intervento edile illecito dovesse, in via sopravvenuta, corrispondere che persiste, senza alcuna deroga in casi del genere, ancorché persino eventualmente emersi prima della adozione della sentenza di condanna, la previsione legislativa impositiva de adozione dell’ordine di demolizione.
Di cui, dunque, va riaffermata, altresì, la natura vincolata, già ampiamente evidenziat precedenza, frutto di una complessiva quanto ragionevole valutazione del Legislatore, che l’ordinanza trascura, rappresentando un non previsto potere del giudice addirittura di revoca definitivamente l’ordine di demolizione, previa sua personale valutazione di attuale ( e pregressa) conformità, sopravvenuta, dell’opera abusiva. E’ sufficiente qui ricordare quan sostenuto dalla Corte Costituzionale con la citata sentenza n. 146 del 2021, laddo nell’escludere la possibilità, paventata dal remittente, che il giudice sostituisca alla conf più mite misura maggiormente adeguata allo stato urbanistico dei luoghi, ha precisato, tra l’al e per quanto qui di interesse, che «il giudice penale non ha competenza “istituzionale” per compiere l’accertamento di conformità delle opere agli strumenti urbanistici» (sentenza n. 370 del 1988; analogamente, sentenza n. 196 del 2004). Accertamento che, lo si ripete, appare prefigurato, nell’ordinanza impugnata, in funzione di una non prevista revoca – conseguente un tale vaglio – dell’ordine di demolizione.
Come accennato, poi, e va qui ribadito, una tale non condivisibile impostazione dovrebbe portar ad escludere, a rigore, anche la stessa adozione ab origine dell’ordine di demolizione in caso di sopravvenuta conformità, prima della sentenza di condanna, del nuovo assetto urbanistico di zona all’opera abusiva, in contrasto, invero, con l’ispirazione di fondo dell’in giurisprudenziale per cui, in tema di reati urbanistici, la sanatoria degli abusi edilizi i estinguere il reato di cui all’art. 44 d.P.R. n. 380 del 2001 ( e quindi ad escludere il c ordine di demolizione per le tipologie di abuso per cui è previsto) può essere conseguita s qualora, ai sensi dall’art. 36 d.P.R. citato, ricorra la conformità delle opere alla d urbanistica vigente sia al momento della realizzazione del manufatto che al momento della presentazione della domanda di sanatoria, dovendo, invece, escludersi la possibilità di u legittimazione postuma di opere originariamente abusive che, successivamente, siano divenute conformi alle norme edilizie ovvero agli strumenti di pianificazione urbanistica. (Sez. 3, n. del 14/12/2022, dep. 2023, Casa’, Rv. 284058 – 03). In altri termini, l’assenza di estinzion reato per sanatoria “giurisprudenziale” non potrebbe far vivere, comunque, una sorta “sanatoria”, come in sostanza prospettata in ordinanza, sul piano della adozione ed esecuzione dell’ordine di demolizione. E più in generale, occorre notare che la tesi qui in esame finisce a col contrastare col dato di sistema per cui integra reato, con tutte le relative conseguenze, a in tema di demolizione, persino la realizzazione di un’opera priva di titolo abilitativo, conforme, al momento della sua realizzazione, alla disciplina urbanistica vigente.
Invero, il principio di proporzionalità invocato dal giudice per sostenere la scelta valutazione, di revocare l’ordine di demolizione non appare applicabile – alla luce dei ri
sistema qui semplificati e della correlata vincolatività dell’ordine di demolizione in prece illustrata – in sede di adozione e tantomeno di esecuzione dell’ordine medesimo, se applica nel quadro di una nuova rivisitazione dell’opera abusiva rispetto ad un contesto urbanist rinnovato: il giudizio sull’opera, sulla relativa responsabilità, e sul suo assetto urbani affidato al processo ed al suo contraddittorio, di cui l’ordine di demolizione costituisce un po esito obbligatorio, senza alcuna possibilità di successivo riesame di tali parametri di giudizi in quanto tali definiscono profili e presupposti intangibili del titolo esecutivo.
12. Non trova fondamento neppure la ulteriore tesi della revoca dell’ordine di demolizione ragione di un principio di un “proporzionalità in senso stretto” che impedirebbe la demolizi dell’opera abusiva per evitare il pregiudizio agli interessi dei ricorrenti agenti in que esecutiva ( sub specie del diritto alla abitazione), siccome soggetti estranei all’autore del che avrebbero confidato sulla legittimità del condono formatosi per sílentium e poi “confermato”, così da avere anche impegnato risorse finanziarie nell’acquisto, facendo in tal modo affidament sulla legittimità dell’opera e rischiando di essere altresì pregiudicati in diritti di natura quali la libertà di autodeterminazione.
In proposito, vanno ribadite le osservazioni formulate nel ricostruire la natura e la dell’ordine di demolizione.
Va ribadito che il provvedimento che ordina la demolizione è rivolto al ripristino dell’a urbanistico e territoriale violato, in una prospettiva di restaurazione dell’interesse p compromesso dall’abuso, e tale natura esclude che allo stesso possano applicarsi i principi prop del sistema sanzionatorio penale relativi al carattere personale della pena. In altri termini è correlato alla res e non trova limiti nei soggetti che con essa abbiano rapporti, anco estranei al reato e in buona fede rispetto all’abusività stessa dell’opera (quale non è comunq il caso di specie).
Da ciò discende, giova sottolinearlo, una stretta correlazione di tale istituto con il sequestr opere abusive, atteso che oggetto del sequestro preventivo di cui all’art. 321 c.p.p., comma può essere qualsiasi bene – a chiunque appartenente e, quindi, anche a persona estranea al reato – purché esso sia, anche indirettamente, collegato al reato edilizio e, ove lasciato in disponibilità, idoneo a costituire pericolo di aggravamento o di protrazione delle conseguenze reato ovvero di agevolazione della commissione di ulteriori fatti penalmente rilevanti (v. C n. 37033/2006, n. 24685/2005, n. 38728/2004, n. 1246/2003, n. 29797/2001, n. 4496/1999, n. 1565/1997, n. 156/1993, n. 2296/1992, e da ultimo Sez. 3, 17 marzo 2009, n. 17865, Quarta, m. 243751; Sez. 3, 13 luglio 2009, n. 39322, COGNOME) e, correlativamente, anche la demolizion dell’opera abusiva deve essere eseguita nei confronti di chiunque si trovi nel posses dell’immobile, essendo irrilevante la circostanza che il proprietario (o comproprietario) del sia persona diversa dall’autore dell’illecito.
Per questa ragione la giurisprudenza, già in precedenza citata (Sez. 3, n. 47281 del 2009), co riferimento alla posizione del soggetto proprietario dell’immobile, terzo rispetto al re
costantemente orientata nel senso che le sanzioni ripristinatorie sono legittimamente esegui nei confronti degli attuali proprietari dell’immobile, indipendentemente dall’essere stati o questi ultimi gli autori dell’abuso, salva la loro facoltà di fare valere, sul piano responsabilità, contrattuale o extracontrattuale, del dante causa. Il titolare del bene o d minori sullo stesso bene potrà usare gli strumenti privatistici per addossare ai sog responsabili dell’attività abusiva gli effetti sopportati in via pubblicistica, non ponendosi la circostanza che il soggetto incolpevole abbia diritto di rivalersi, per il danno subito, le norme di diritto comune.
Tale principio deve valere anche nei confronti del comproprietario estraneo al reato, che a anch’egli la facoltà di far valere sul piano civile la responsabilità del comproprietario dell’illecito per i danni che l’esecuzione della demolizione potrà arrecare alla sua orig proprietà (e non ovviamente all’immobile abusivo la cui demolizione non può evidentemente comportare un danno risarcibile).
L’ordine di demolizione, lo si ribadisce, contiene infatti una statuizione di natura reale, che il corrispondente ordine di rimessione in pristino dello stato dei luoghi, produce i suoi eff confronti di tutti i soggetti che, a qualsiasi titolo, siano o diventino proprietari del b esso incide (Sez. 3, 5.3.2009, n. 16687, Romano, m. 243405). Il terzo acquirente dell’immobil potrà rivalersi nei confronti del venditore a seguito dell’avvenuta demolizione (nello stesso se Sez. 3, n. 16035 del 26/02/2014, COGNOME, Rv. 259802 – 01; Sez. 3, n. 45848 del 01/10/2019 Cannova, Rv. 277266 – 01). Significativo nel quadro in esame, è tra l’altro il dato per cui l’ demolitorio, diversamente dalla pena, oltre che per il decorso del tempo non si esting nemmeno per morte del reo sopravvenuta alla irrevocabilità della sentenza (Sez. 3, n. 3861 de 18/1/2011, COGNOME, Rv. 249317; Sez. 3, n. 3720 del 24/11/1999 – dep. 2000, COGNOME, Rv. 215601), ma si trasmette agli eredi del responsabile (v., ad es., Consiglio di Stato, Se n. 3206 del 30/05/2011) e dei suoi aventi causa che a lui subentrino nella disponibilità del (v., ad es., Cons. St., Sez. 4, n.2266 del 12/04/2011; Cons. St., Sez. 4, n. 6554 24/12/2008). Conserva la sua efficacia nei confronti di chiunque vanti su di esso un diritto o personale di godimento, potendo essere revocato solo nel caso in cui siano emanati, dall’ent pubblico cui è affidato il governo del territorio, provvedimenti amministrativi con assolutamente incompatibili (Sez. 3, n. 42699 del 07/07/2015, COGNOME Rv. 265193 – 01; Sez. 3 n. 16035 del 26/02/2014, COGNOME, Rv. 259802 – 01; Sez. 3, n. 801 del 02/12/2010, dep. 201 COGNOME, Rv. 249129 – 01; Sez. 3, n. 47281 del 21/10/2009, COGNOME, Rv. 245403 – 01; Sez. n. 39322 del 13/07/2009, COGNOME, Rv. 244612 – 01).
E’ inevitabile osservare, e va qui riaffermato, che se si accedesse alla tesi dell’impossibi irrogare la sanzione ripristinatoria nei confronti del proprietario non responsabile dell’ basterebbe una semplice alienazione (reale o simulata) per vanificare l’anzidetta fondamental funzione (Sez. 3, 13.7.2009, n. 39322, COGNOME). Egualmente va nuovamente ricordato quanto già osservato da questa Corte per cui, l’irrilevanza del regime proprietario dell’immobile abu oggetto dell’ordine di demolizione si armonizza con la disciplina della responsabilità solidal
proprietario estraneo all’illecito posta, in materia di sanzioni amministrative, dall novembre 1981, n. 689, art. 6.
In altri termini, anche ove emergesse il ruolo di un attuale proprietario del bene abusivo che in buona fede, va rimarcato che la relativa tutela non può rinvenirsi in una retrocessione di misura, l’ordine di demolizione (come anche, del resto, del sequestro), che il legislatore quadro delle condizioni e garanzie prima esposte e delineate, e dell’esercizio di un pote normativo in materia che sia la Corte Costituzionale che la giurisprudenza convenzionale gl riconosce, ha già valutato come necessaria e incidente sulla res, come tale prevalente sul diri di proprietà dell’autore dell’abuso come anche di un proprietario ad esso estraneo.
In tal senso è altresì utile anche esaminare la normativa al riguardo, con riferimento all’o di demolizione anche impartito dalla autorità amministrativa.
L’art. 31, commi 2, 3, 4, 4-bis, 5 e 9 d.P.R. n. 380 del 2001, così recita:
«2. Il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale, accertata l’esecuzion interventi in assenza di permesso, in totale difformità dal medesimo, ovvero con variazio essenziali (..) ingiunge al proprietario e al responsabile dell’abuso la rimozione o la demoliz indicando nel provvedimento l’area che viene acquisita di diritto, ai sensi del comma 3.
Se il responsabile dell’abuso non provvede alla demolizione e al ripristino dello stato de/lu nel termine di novanta giorni dall’ingiunzione, il bene e l’area di sedime, nonché qu necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analogh quelle abusive sono acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio del comune. L’area acquis non può comunque essere superiore a dieci volte la complessiva superficie utile abusivamente costruita.
L’accertamento dell’inottemperanza alla ingiunzione a demolire, nel termine di cui precedente comma 3, previa notifica all’interessato, costituisce titolo per l’immission
possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari, che deve essere eseguita gratuitament 4-bis. L’autorità competente, constatata l’inottemperanza, irroga una sanzione amministrativ pecuniaria di importo compreso tra 2.000 euro e 20.000 euro, salva l’applicazione di altre misu
e sanzioni previste da norme vigenti (…)
L’opera acquisita è demolita con ordinanza del dirigente o del responsabile del competente ufficio comunale a spese dei responsabili dell’abuso, salvo che con deliberazione consiliare no si dichiari l’esistenza di prevalenti interessi pubblici e sempre che l’opera non contras rilevanti interessi urbanistici, ambientali o di rispetto dell’assetto idrogeologico.
Per le opere abusive di cui al presente articolo, il giudice ; con la sentenza di condanna reato di cui all’articolo 44, ordina la demolizione delle opere stesse se ancora non sia altrimenti eseguita».
Il tenore letterale del secondo comma dell’art. 31, cit., è chiaro nella parte in cui fa ob dirigente o al responsabile del competente ufficio comunale di ingiungere la rimozione o demolizione sia al responsabile dell’abuso che al proprietario, logicamente presupponendo, l
norma, la dissociazione, al momento della emissione dell’ingiunzione, tra l’autore dell’abuso l’attuale titolare di una situazione giuridica soggettiva attiva sul bene da demolire.
Il legislatore, però, individua quale soggetto obbligato all’esecuzione della rimozi demolizione (tenuto, dunque, ad un facere) il solo “responsabile dell’abuso” (comma 3), a spese del quale l’opera può essere demolita ove questi non vi provveda nel termine di novanta giorn dalla notificazione dell’ingiunzione (comma 5).
Ciò nondimeno, l’accertamento della inottemperanza a demolire, poiché costituisce titolo pe l’immissione nel possesso del bene acquisito gratuitamente al patrimonio del Comune, deve essere notificato (anche) all’interessato, dovendosi intendere per tale la persona la cui situa giuridica soggettiva attiva sul bene è concretamente pregiudicata dalle conseguenze dell omessa demolizione.
Dunque, non v’è dubbio che l’ingiunzione a demolire debba essere notificata anche al proprietari del bene, quand’anche non autore dell’abuso.
La giurisprudenza amministrativa spiega che la demolizione può essere ingiunta al proprietario dell’immobile oggetto di abuso edilizio non in forza di una sua responsabilità effettiva o pre nella commissione dell’illecito edilizio (che ricade sui soggetti di cui all’art. 29 d.P.R. n 2001) ma in ragione del suo rapporto materiale con la res che lo rende, agli occhi del legislat responsabile della eliminazione dell’abuso commesso da altri. A tale titolo egli è investi situazioni giuridiche passive di tipo sussidiario consistenti in un pati (non potendosi opporr demolizione di quanto abusivamente realizzato) e in obblighi di collaborazione attiva adempiersi mediante iniziative dirette, come la rimozione dell’abuso a spese dei responsabili, indirette, come diffide di carattere ultimativo rivolte verso eventuali soggetti terzi che det l’immobile (Cons. St., Sez. 7, n. 109 del 03/01/2023).
Il proprietario assume, dunque, una responsabilità di tipo “sussidiario”, nel senso che, quando non sia responsabile dell’abuso, è tenuto a dare esecuzione all’ordine di demolizione sol quando ciò sia per lo stesso materialmente possibile (Cons. St., Sez. 6, n. 3391 del 10/07/201 Cons. Stato, Sez. 6, n. 2211 del 04/05/2015); si sostiene, al riguardo, che il perseguime dell’interesse pubblico urbanistico è interesse pubblico di carattere preminente e, dunqu l’ordinamento vuole che la legalità violata sia ripristinata anche dal proprietario. Tanto dis anche dalla natura “reale” dell’illecito e della sanzione urbanistica, i quali sono riferibi abusiva e, dunque, il ripristino dell’equilibrio urbanistico violato viene a fare carico an proprietario. Nulla quaestio nel caso in cui egli sia soggetto connivente, ma nel caso in cui l stesso non risulti responsabile dell’abuso né sia nella disponibilità e nel possesso del bene, r evidente che l’ordine non può produrre effetti nei suoi confronti se non quando egli ne riacqu la disponibilità e il possesso e, dunque, sia nella materiale possibilità di dare corso all’esec dell’ordine dennolitorio (così, in motivazione, Cons. St. Sez. 6, n. 3391 del 2017, cit.).
In tale quadro normativo, indirizzare il provvedimento monitorio anche al comproprietar dell’immobile costituisce una garanzia per lo stesso, visto che quest’ultimo potrà attivars ottenere la demolizione delle opere abusive al fine di non vedersi spogliato della propri
dell’area in caso di inottemperanza ai sensi dell’art. 31, comma 3, D.P.R. n. 380 del 2001 (Con Stato, sez. Il, 13 novembre 2020 n. 7008)» (così, da ultimo, Cons. St., Sez. 6, n. 2898 22/03/2023).
Nel contempo, e tale essendo il quadro giuridico già in sede amministrativa, anche Inordine demolizione emesso dal giudice penale può e deve essere eseguito nei confronti di chiunque si trovi in un rapporto qualificato con la res da demolire, non esistendo ragione alcuna per affermare il contrario. Bisognerebbe altrimenti spiegare perché l’ingiunzione emessa dall’autor amministrativa debba essere notificata al proprietario non responsabile dell’abuso e n altrettanto possa fare il pubblico ministero che ponga in esecuzione l’ordine impartito co sentenza di condanna. Nemmeno il tenore letterale dell’art. 31, comma 9, cit. ost all’interpretazione qui elaborata, posto che la norma non fa riferimento ad un ord specificamente diretto al condannato, bensì ad un ordine di natura oggettiva, rivolto a chiun sia in rapporto qualificato con il bene, anche se non responsabile dell’abuso. Anche il normativo, impone e conferma, sul piano tanto amministrativo quanto giurisdizionale, la no sottraibilità del terzo proprietario all’ordine di demolizione.
Non sussiste quindi ragione per cui il terzo possa (e debba) essere destinatario dell’ordin demolizione se impartito dalla pubblica amministrazione e addirittura, ove connivente o in ma fede (per avere, per esempio, lucrato sul prezzo dell’acquisto), essere destinatario della sanzi amministrativa prevista in caso di inottemperanza dell’ordine (comma 4-bis dell’art. 31 supportare i costi della demolizione, e non possa invece essere destinatario dell’ordine impar dal giudice che, come detto, pur esplicazione di un potere autonomo e non alternativo a quell dell’autorità amministrativa, si pone comunque a chiusura del sistema sanzionatori amministrativo. Non si comprendono le ragioni per le quali gli interessi pubblici che giustif la attribuzione al proprietario di una responsabilità (almeno) sussidiaria e spiegano la n reale dell’obbligo (che segue la res e non le persone) dovrebbero svanire in presenza dell’ordi di demolizione giudiziario. La diversità dei rimedi e delle giurisdizioni non annulla l’identi interessi perseguiti; la natura giudiziaria dell’ordine disposto dal giudice non ne limita la dovendosi altrimenti ammettere che il sistema sanzionatorio a cui completamento esso si pone conosce una falla (cfr. in tal senso in motivazione Sez. 3, n. 17809 del 18/01/2024, Pmt, 286308 – 01).
Il sistema delineato, in conclusione, affida le tutele del terzo proprietario di buona fede del abusiva agli strumenti civilistici, lasciando fermo l’ordine di demolizione pur consentendone esame alla luce del principio di proporzionalità, che tuttavia non è destinato ad inficiarl definitiva.
Ed invero, anche gli indirizzi di legittimità, al riguardo, nel prospettare la valutazione del principio di proporzionalità in rapporto al diritto all’abitazione, da una parte non ne prosp una revoca definitiva ( incompatibile con il quadro normativo e giurisprudenziale sopra delinea bensì, al più, una sospensione, in sede esecutiva, e dall’altra non definiscono diritti, tant alla abitazione, di assoluta prevalenza rispetto alla demolizione.
In proposito (cfr. Sez. 3, n. 48021 dell’11/09/2019, Rv. 277994 – 01) questa Corte ha precisa che il diritto all’abitazione, riconducibile agli artt. 2 e 3 Cost. e all’art. 8 CEDU, non è termini assoluti, ma è contemperato con altri valori di pari rango costituzionale, come l’ordi sviluppo del territorio e la salvaguardia dell’ambiente, che giustificano, secondo i criter necessità, sufficienza e proporzionalità, l’esecuzione dell’ordine di demolizione di un immo abusivo, sempre che tale provvedimento si riveli proporzionato rispetto allo scopo che normativa edilizia intende perseguire, rappresentato dal ripristino dello status preesistent territorio. Va precisato, al riguardo, che l’esecuzione dell’ordine di demolizione di un imm abusivo neppure contrasta con il diritto al rispetto della vita privata e familiare e del domi cui all’art. 8 Conv. EDU , posto che, non essendo desumibile da tale norma la sussistenza di alcun diritto “assoluto” ad occupare un immobile, anche se abusivo, solo perché casa familiare il predetto ordine non viola in astratto il diritto individuale a vivere nel proprio legittimo ma afferma in concreto il diritto della collettività a rimuovere la lesione di un bene o in costituzionalmente tutelato ed a ripristinare l’equilibrio urbanistico-edilizio violato (S 24882 del 26/04/2018, COGNOME, Rv. 273368 – 01; Sez. 3, n. 18949 del 10/0372016, COGNOME, 267024; Sez. 3, n. 3704 del 09/11/2022, dep. 2023, n.m.; Sez 3, n. 1668 del 29/09/2022, n.m.).
In tale quadro, in tema di reati edilizi, il giudice, nel dare attuazione all’ordine di demol un immobile abusivo adibito ad abituale abitazione di una persona è tenuto a rispettare principio di proporzionalità come elaborato dalla giurisprudenza convenzionale nelle sentenz Corte EDU, 21/04/2016, COGNOME e COGNOME c. Bulgaria, e Corte EDU, 04/08/2020, COGNOME c. Lituania, considerando l’esigenza di garantire il rispetto della vita privata e familia domicilio, di cui all’art. 8 della Convenzione EDU, e valutando, nel contempo, la eventua consapevolezza della violazione della legge da parte dell’interessato, per non incoraggiare azi illegali in contrasto con la protezione dell’ambiente, nonché i tempi a disposizione del medesi dopo l’irrevocabilità della sentenza di condanna, per conseguire, se possibile, la sanato dell’immobile ovvero per risolvere le proprie esigenze abitative (così Sez. 3, n. 423 14/12/2020, dep. 2021, Rv. 280270 – 01).
Le linea guida individuate dalla giurisprudenza di legittimità e da quella convenzionale debbono orientare il test di proporzionalità devoluto al giudice in fase esecutiva, al valutare se sia giustificata la immediata esecuzione del provvedimento di demolizione, alla lu delle peculiarità del singolo caso, che è onere di chi intende avvelarsene allegare in mo puntuale, possono essere sintetizzate nei termini di seguito indicati:
è necessario che l’esecuzione dell’ordine di demolizione incida sul diritto al rispetto del privata e familiare e del domicilio di una persona tutelato dall’art. 8 della CEDU, per cui l’es di procedere al bilanciamento dei contrapposti interessi sussiste solo nel caso di demolizione un manufatto adibito ad abituale residenza mentre non si pone nel caso venga opposto il diritt alla tutela della proprietà ( Sez. 3, n. 2532 del 12/1/2022, COGNOME; Sez. 3, n. 4 14/12/2020 (dep. 2021), COGNOME, Rv. 280270; Sez. 3, n. 47693 del 4/10/2023, Russo);
,
e
assumono rilevo la consapevolezza da parte dell’interessato dell’illiceità dell’intervento ed che ha originato l’ordine di demolizione, la gravità dell’illecito, da valutarsi considerazione delle disposizioni normative violate, e la tipologia dell’abuso, se di dimension da farlo ritenere di necessità (Sez. 3, n. 2532 del 12/1/2022, COGNOME; Sez. 3, n. 423 14/12/2020 (dep. 2021) COGNOME, Rv. 280270; Sez. 3, n. 5822 del 18/1/2022, COGNOME; Sez. 3, n 7412 del 10/11/2020 (dep. 2021), COGNOME; Sez. 3, 47693 del 4/10/2023, Russo);
è necessario che sia trascorso un arco temporale ragionevole fra l’accertamento del reato l’attivazione del procedura esecutiva, così da consentire al destinatario dell’ordine di demoli di “legalizzare” l’immobile, se possibile, o di esperire i mezzi di tutela dei propri interes dall’ordinamento e di reperire nuove soluzioni abitative ( Sez. 3, n. 2532 del 12/1/2 Esposito; Sez. 3, n. 423 del 14/12/2020 (dep. 2021) COGNOME, Rv. 280270; Sez. 3, n. 869 de 14/12/2023 n. 869, COGNOME, Rv. 285733; Sez. 4, n. 2770 del 5/10/2023 (dep. 2024), COGNOME; Sez. 3, n. 5822 del 18/1/2022, COGNOME, Rv 282950);
assumono rilievo le condizioni personali dell’interessato, quali l’età avanzata, le condizi salute e il basso reddito con la precisazione però che tali condizioni, di per sé sole, non assumere importanza decisiva dovendo essere valutate congiuntamente con la consapevolezza dell’illiceità dell’intervento edilizio e con l’arco temporale decorso dall’accertamento dell’a fine di verificare se l’interessato abbia avuto la posizione di legalizzare il manufatto e di un alloggio alternativo (Sez. 3, n. 7127 del 19/1/2022, COGNOME; Sez.3, n. 46199 d 17/10/2023, COGNOME; Sez. 3, n. 48934 del 15/12/2022, COGNOME; Sez. 3, n. 5822 del 18/1/2022, COGNOME, Rv. 282950 );
assume rilevo che vi sia stata per l’interessato la possibilità di poter far valere le sue davanti a un organo indipendente (Sez.3, n. 46199 del 17/10/2023, COGNOME; Sez. 3, n. 5822 del 18/1/2022, COGNOME, Rv. 282950);
è necessario che non sussistano ragioni particolari che impongano di differire temporaneamente la demolizione per limitarne l’impatto nella sfera del privato ( Sez.3, n. 46199 del 17/10/ D’Antuono; Sez. 3, n. 5822 del 18/1/2022, COGNOME, Rv 282950);
è necessario che i fatti allegati dall’autore dell’abuso per contrastare l’esecuzione dell’or demolizione non siano dipendenti dalla sua inerzia o, comunque, dalla sua volontà, non potendo il condannato lucrare sulle conseguenze derivate dal suo inadempimento a un dovere imposto da una sentenza divenuta irrevocabile (Sez. 3, n. 21198 del 15/2/2023, COGNOME; Sez. 3, 48820 del 2/11/2023, F.; Sez.3, n. 46199 del 17/10/2023, COGNOME).
Il principio di proporzionalità, dunque, presuppone la cogenza dell’ordine di demolizi dell’opera abusivamente realizzata e la sua inderogabile funzione ripristinatoria di un “or urbanistico” tuttora violato, non potendo essere utilizzato per eludere tale funzione con il r di legittimare ‘ex post’, nei fatti, condotte costituenti reato e di consolidarne i prodotto/profitto. Esso si frappone all’esecuzione dell’ordine di demolizione per ragioni estr alla adozione dell’ordine stesso; esso non incide nella fase deliberativa dell’ordine, bensì in esecutiva. Per questo i fatti addotti a sostegno del rispetto del principio di proporzionalità
essere allegati (e accertati) in modo rigoroso, dovendosene far carico (quantomeno sul piano dell’allegazione) chi intende avvalersene per paralizzare (per vero comunque temporaneamente dovendosi escludere una revoca definitiva per quanto sinora osservato) il ripristino di un ord violato.
In altri termini (cfr. Sez. 3, n. 48021 dell’11/09/2019, Rv. 277994 – 01 cit.) il pri proporzionalità non può essere indiscriminatamente e genericamente dedotto e utilizzato per legittimare la violazione dell’ordine di demolizione irrevocabilmente e necessariamente imparti dal giudice, poiché a tanto si arriverebbe opponendo sempre e comunque la violazione del domicilio o di altri diritti o interessi personali.
Nel caso in esame, la motivazione sul punto non appare in linea con i principi esposti, afferman una necessità di revoca dell’ordine, ritenuto in sé illegittimo solo perché inerente ad un estraneo al reato, e sviluppando l’invocazione della tutela di interessi o scelte person patrimoniali in termini assolutamente generici, che in tal modo, per quanto detto, non appaio in grado di incidere, neppure nella fase esecutiva, sulla sospensione dell’ordine di demolizio atteso che il pregiudizio economico e le connesse scelte personali di acquisto trovano, come detto, eventuale tutela, in strumenti civilistici, senza che possa obiettarsi un ipotetico astratto e aprioristico esito negativo dei medesimi; ed anche il rimando alla sfera personal alla libertà di autodeterminazione appare essere fondato sia su un criterio di affidamento c per quanto sopra esposto, non appare né comunque in sé impeditivo, lo si ripete, dell demolizione né concretamente allegato nè validamente scandagliato secondo i principi sopra affermati – a partire, giova sottolinearlo alla luce di quanto sul punto già osservato, dalla a di una seria prospettabilità, da parte degli attuali proprietari, dell’intervenuta sanat condono -; sia eccentrico, siccome sviluppato in termini assoluti e privi di ogni consideraz del complessivo sistema di valori e normativo, con la peculiare rilevanza sopra pure evidenziat nel settore in esame, degli interessi pubblici e del correlato ordine di demolizione.
Del tutto fuorviante è poi il richiamo, per giustificare di converso la contestata revoca, a che devono presiedere (rispetto al ritenuto provvedimento di condono) all’esercizio in amministrativa del potere di autotutela, mediante annullamento, da parte della P.A., post quanto rilevato circa la assoluta vincolatività e doverosità dell’ordine di demolizione, non s sede giurisdizionale ma anche in quella amministrativa, e considerata, peraltro e in ogni caso, diversa natura dell’azione amministrativa e di quella del giudice penale ordinario (come sottratte ad arditi paralleli); con quest’ultimo chiamato necessariamente a imporre – all’es un processo svoltosi in contraddittorio – la demolizione ove già non intervenuta, nel quadr una naturale e insuperabile chiusura del sistema.
Può dirsi, quindi, che fondate risultano anche le censure mosse dal ricorrente alla afferma portata, in ordinanza, del principio di proporzionalità, quale canone di legittimità dell’ potere di demolizione e parametro incidente quasi di per sé, purchè meramente collegato a dirit personali o patrimoniali, sull’ordine di demolizione.
L’ordinanza va pertanto annullata con rinvio al Tribunale di Napoli in diversa persona fisica.
P.Q.M.
annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Napoli.
Così deciso il 19/03/2025