Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 33652 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: COGNOME NOME
Penale Sent. Sez. 3 Num. 33652 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/09/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta da
NOME COGNOME NOME COGNOME
NOME COGNOME
– Presidente –
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
NOME NOME a XXXXXXXil XXXXXXXXXX
avverso l’ordinanza del 11/03/2025 del GIP TRIBUNALE di Napoli udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
lette le conclusioni del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza dell’11 marzo 2025, il giudice dell’esecuzione del Tribunale di Napoli ha rigettato l’istanza di revoca dell’ingiunzione a demolire di cui alla sentenza di applicazione della pena per il reato ex art. 44, lett. b), d.P.R. n. 380 del 2001 – emessa nel procedimento
a carico di NOMEXXXe NOMEXXXX – proposta da
NOME in qualità di terza interessata.
Avverso la predetta ordinanza NOME ha proposto ricorso per cassazione, a mezzo del difensore di fiducia, deducendo un unico motivo, di seguito enunciato ex art. 173, disp. att., cod. proc. pen. nei limiti strettamente necessari per la motivazione.
2.1. Deduce, con tale unico motivo, il vizio di violazione di legge in relazione agli artt. 3, 32 Cost. ed 8 CEDU.
In via preliminare, occorre ripercorrere le fasi del procedimento penale che hanno condotto all’ordine di demolizione. Con sentenza emessa in data 22/06/2005, il Gip del tribunale di Napoli applicava ad NOMEXXXe NOMEXXXX la pena di mesi 12 di arresto ed € 8.000,00 di ammenda perchØ realizzavano in qualità di proprietari e committenti ed in assenza di permesso a costruire un manufatto su due livelli occupante una superficie di mq 200 già ultimato e rifinito con condotta posta in essere nel settembre 2004. L’Ufficio Esecuzioni della locale Procura della Repubblica con l’atto oggetto della impugnazione in esame ingiungeva ai condannati la demolizione RAGIONE_SOCIALE opere abusive con l’avvertenza che, decorso detto termine, si sarebbe proceduto d’ufficio con attribuzione RAGIONE_SOCIALE relative spese ai condannati. Il difensore promuoveva l’incidente di esecuzione con istanza di annullamento della ingiunzione a demolire per la pretesa difformità tra il manufatto oggetto della sentenza e quello di proprietà di NOMEXXXcome indicato nella istanza di concessione in sanatoria ed in subordine chiedeva la sospensione dell’ordine di demolizione. Il giudice dell’esecuzione provvedeva con ordinanza emessa de plano in data
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
23/05/2008 ai sensi dell’art. 667, comma 4, cod. proc. pen., previo parere del PM rigettando l’istanza e la Suprema Corte, su tempestiva impugnazione del difensore, annullava la suddetta ordinanza per la inosservanza RAGIONE_SOCIALE norme procedurali rimettendo gli atti al giudice procedente. Il Gip fissava udienza camerale ed a scioglimento della riserva assunta all’udienza del 14/12/2009, accogliendo l’istanza in subordine, disponeva la sospensione dell’ordine di demolizione in attesa della definizione del procedimento amministrativo di sanatoria, senza fissare mai udienza per la prosecuzione del procedimento. Il procedimento rimaneva quindi sospeso sino alla data del 03/11/2023, allorquando veniva depositata presso la cancelleria del giudice la richiesta del PM con la quale si chiedeva di comunicare gli esiti del procedimento. Rilevato che la richiesta di concessione della sanatoria avanzata ai sensi dell’art. 36 d.P.R. n. 380/2001 in data 16/01/2008 (oltre la data di irrevocabilità della sentenza) non risultava corredata da alcun elemento utile a sostenerne il possibile esito positivo rigettava l’istanza ed il provvedimento diveniva definitivo per la mancata impugnazione. Analoga istanza Ł stata proposta dalla ricorrente NOME, figlia dei proprietari dell’immobile, appellandosi all’art. 8 CEDU ed al rispetto del principio di proporzionalità, deducendo di abitare l’immobile unitamente al suo nucleo familiare e l’impossibilità di accedere ad una soluzione abitativa alternativa a causa della scarsità RAGIONE_SOCIALE risorse economiche.
In sostanza, la ricorrente contesta l’impugNOME ordinanza nella parte in cui il giudice dell’esecuzione non ha fatto buon governo dei principi in tema di bilanciamento degli interessi in gioco e di proporzionalità dell’esecuzione della demolizione rispetto ai parametri di valutazione di cui all’art. 8 CEDU. La difesa, in particolare, si duole di due elementi trascurati dal giudice dell’esecuzione: da un lato, l’ingiunzione a demolire da parte della Procura Ł rimasta sospesa ‘ ope iudicis’ fino alla data del 03/11/2023 allorquando veniva depositata presso la cancelleria la richiesta del PM con la quale si chiedeva di comunicare gli esiti del procedimento, non essendo pervenuta all’istante proprietario ricorrente alcuna indicazione contraria alla sospensione della procedura demolitoria; dall’altro lato, l’amministrazione comunale non ha esercitato il proprio potere demolitorio, non avendo mai notificato una disposizione dirigenziale di ordine di demolizione. Nell’ambito di tale lungo arco temporale, non vi Ł stata alcuna consapevolezza di violazione della legge legata alla permanenza nell’abitazione configurandosi al ‘ pater familias ‘ una prospettazione di attuale legittimità al mantenimento della soluzione abitativa sussistente al momento. Inoltre, non risulta una notifica del diniego dell’Ufficio Tecnico del comune di Napoli della sanatoria, nØ risulta promossa qualche iniziativa ablativa da parte della stessa Amministrazione comunale, conseguente al diniego assunto.
In particolare, lamenta la difesa la totale omissione del giudizio improntato al rapporto di proporzionalità ex art. 8 CEDU tra l’interesse dello Stato al ripristino dello stato dei luoghi ed i valori di pari rango costituzionale che verrebbero sacrificati, tra cui il diritto di abitazione, diritto alla salute, tutela dei minori, difesa sociale dei meno abbienti. In particolare, l’ordinanza risulta carente con riferimento alla valutazione della situazione familiare della ricorrente, la quale dispone di un reddito familiare al di sotto della soglia di sopravvivenza e con tre figli a carico: COGNOME nato nel DATA_NASCITA, COGNOME NOME nel 2008 e NOMEXXXXX NOME nel 2014 – quest’ultima affetta da gravi patologie e portatrice di handicap grave riconosciuto ai sensi dell’art. 3, comma 2, legge 104/92, costretta a sottoporsi ad innumerevoli interventi chirurgici per attenuare le sue sofferenze.
Secondo la difesa, il giudice dell’esecuzione, nel caso di specie, non applica correttamente il principio di proporzionalità e le pronunce della Corte EDU, soprattutto con
riferimento al decorso del tempo ed al suo impatto sul bilanciamento degli interessi. La difesa richiama la giurisprudenza di questa Corte, in cui si afferma che il protrarsi dell’inerzia dell’amministrazione nel dare esecuzione all’ordine di demolizione può incidere sul bilanciamento tra l’interesse pubblico al ripristino della legalità e l’interesse privato alla conservazione dell’abitazione, soprattutto quando si tratta di abitazione principale e vi sono situazioni di particolare vulnerabilità.
Il giudice dell’esecuzione, nel valutare la proporzionalità dell’ordine di demolizione di un immobile abusivo adibito ad abitazione, deve tener conto anche del tempo trascorso dalla commissione dell’abuso e dall’irrevocabilità della sentenza di condanna, in quanto il protrarsi dell’inerzia della pubblica amministrazione nel dare esecuzione all’ordine può determinare un consolidamento di fatto della situazione abitativa ed un affidamento del privato nella conservazione dell’immobile.
In data 24 giugno 2025, il Procuratore Generale presso questa Corte ha depositato la propria requisitoria scritta con cui ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.
In particolare, il Prpcuratore generale richiama la giurisprudenza di questa stessa sezione (ex multis, Sez. 3, n. 24882 del 26/04/2018, Rv. 273368; Sez. 3, n. 3752 del 18/12/2024, dep. 2025, Rv. 287393) in cui si afferma che l’esecuzione dell’ordine di demolizione di un immobile abusivo non contrasta con il diritto al rispetto della vita privata e familiare e del domicilio di cui all’art. 8 C.E.D.U., posto che, non essendo desumibile da tale norma la sussistenza di alcun diritto “assoluto” ad occupare un immobile, anche se abusivo, solo perchØ casa familiare, il predetto ordine non viola in astratto il diritto individuale a vivere nel proprio legittimo domicilio, ma afferma in concreto il diritto della collettività a rimuovere la lesione di un bene o interesse costituzionalmente tutelato ed a ripristinare l’equilibrio urbanistico-edilizio violato. Inoltre, nel dare attuazione all’ordine di demolizione di un immobile abusivo adibito ad abituale abitazione di una persona, Ł necessario rispettare il principio di proporzionalità come elaborato dalla giurisprudenza della Corte EDU, considerando l’esigenza di garantire il rispetto della vita privata e familiare e del domicilio, e valutando, nel contempo, la eventuale consapevolezza della violazione della legge da parte dell’interessato, per non incoraggiare azioni illegali in contrasto con la protezione dell’ambiente, nonchØ i tempi a disposizione del medesimo, dopo l’irrevocabilità della sentenza di condanna, per conseguire, se possibile, la sanatoria dell’immobile ovvero per risolvere le proprie esigenze abitative (in termini, Sez. 3, n. 423 del 14/12/2020, Rv. 280270).
Con riferimento alla posizione di terzi, il PG afferma, richiamando la giurisprudenza citata nell’ordinanza impugNOME (Sez. 3, n. 29117 del 17/04/2024, Rv. 286731) che il principio di proporzionalità postula la valutazione della sola interrelazione esistente tra l’interesse pubblico alla salvaguardia del territorio e la tutela del diritto di proprietà e RAGIONE_SOCIALE relative forme di godimento dell’autore del reato o del proprietario dell’immobile e del suo stretto nucleo familiare, non potendosi riconoscere rilievo alcuno all’interesse abitativo di terzi estranei, detentori, a qualsiasi altro titolo, del manufatto abusivo altrui, che, eventualmente, potranno ottenere altre forme di soddisfacimento mediante misure di assistenza sociale o la locazione di immobili leciti. Si Ł poi osservato (Sez. 3 n. 3752/2025 cit.) che se il condannato ‘non può lucrare sul tempo inutilmente trascorso dalla data di irrevocabilità della sentenza, ciò vale, a fortiori, per l’eventuale avente causa, il quale, al momento dell’acquisto, ha il dovere di informarsi circa la liceità o meno dell’edificazione del bene, con l’evidente conseguenza che egli non può certamente giovarsi della propria colpevole ignoranza’.
Secondo quanto sopra esposto, la ricorrente Ł indubbiamente terza rispetto agli autori
dell’illecito e proprietari della costruzione e, come tale, non può giovarsi della richiamata giurisprudenza della Corte EDU. Ciò tanto piø considerando la natura del titolo di disponibilità dell’immobile, meramente obbligatoria ed anche sostanzialmente precaria (giuridicamente).
In ogni caso, appaiono corrette le considerazioni del GE circa i tempi dell’acquisita disponibilità dell’immobile, successivi non solo alla emissione dell’ordine di demolizione ma anche al diniego (nel 2008) dell’accertamento di conformità.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, trattato cartolarmente ex art. 611 cod. proc. pen., Ł inammissibile.
Come correttamente affermato dal giudice dell’esecuzione, appare non fondato il richiamo al principio di proporzionalità addotto dal difensore della ricorrente.
Il giudice dell’esecuzione ha invero fatto buon governo sia dell’insegnamento di questa Suprema Corte sia della giurisprudenza della Corte EDU.
2.1. Difatti, per quanto concerne il tema dell’esecuzione dell’ordine di demolizione in rapporto alla violazione del diritto all’abitazione ed al rispetto della vita privata e familiare di cui all’art. 8 CEDU, in ragione del principio di proporzionalità della misura, a fronte RAGIONE_SOCIALE precarie condizioni di salute della figlia, deve evidenziarsi che, secondo la giurisprudenza della Corte EDU, il principio di proporzionalità nell’applicazione dell’ordine di demolizione di un immobile illegalmente edificato, adottato da una pubblica autorità al fine di contrastare la realizzazione di opere senza permesso di costruire, opera esclusivamente in relazione all’immobile destinato ad abituale abitazione di una persona ed implica, principalmente, garanzie di tipo ‘procedurale’ inevitabilmente connesse al procedimento penale da cui Ł scaturito l’ordine di demolizione.
Ai fini della valutazione del rispetto del principio di proporzionalità, la Corte EDU ha valorizzato essenzialmente: la possibilità di far valere le proprie ragioni davanti ad un tribunale indipendente; la disponibilità di un tempo sufficiente per ‘legalizzare’ la situazione, se giuridicamente possibile, o per trovare un’altra soluzione alle proprie esigenze abitative agendo con diligenza; l’esigenza di evitare l’esecuzione in momenti in cui verrebbero compromessi altri diritti fondamentali, come quello dei minori a frequentare la scuola. Inoltre, ai medesimi fini, un ruolo estremamente rilevante Ł stato attribuito alla consapevolezza della illegalità della costruzione da parte degli interessati al momento dell’edificazione, nonchØ alla natura ed al grado della illegalità realizzata.
Appare evidente che, alla luce di quanto poc’anzi esposto, il rapporto di proporzionalità, valorizzato in sede convenzionale, riguarda la relazione tra l’interesse pubblico alla tutela del territorio e l’interesse all’utilizzo dell’opera abusiva da parte di chi l’abbia realizzata o che comunque dovrebbe subire in via diretta le conseguenze dell’ordine di demolizione in ragione di un diritto reale sull’opera abusiva.
2.2. Tale impostazione, volta a vagliare gli interessi dell’autore e/o proprietario dell’abuso rispetto a quelli pubblici sottesi all’ordine di demolizione, trova riscontro anche nelle pronunzie di legittimità con cui questa Suprema Corte si Ł confrontata rispetto alle pronunce della Corte EDU.
La maggior parte RAGIONE_SOCIALE decisioni di legittimità ha ritenuto, invero, che sia stato rispettato il principio di proporzionalità valorizzando il tempo a disposizione del destiNOMErio dell’ordine di demolizione per cercare una soluzione alternativa (così Sez. 3, n. 48021 del 11/09/2019, Rv. 277994-01 e Sez. 3, n. 24882 del 26/04/2018, Rv. 273368-01, la quale ha escluso rilievo a situazioni di salute solo cagionevole) o la gravità RAGIONE_SOCIALE violazioni (Sez. 3, n. 43608 del 08/10/2021, che ha valorizzato le dimensioni del fabbricato e la violazione di piø disposizioni
penali, anche in tema di paesaggio, conglomerato cementizio e disciplina antisismica) o entrambe le circostanze (sez. 3, n. 35835 del 03/11/2020, non mass.).
Si tratta, invero, di profili di verifica che necessariamente fanno riferimento ai soggetti che risultino direttamente coinvolti nella realizzazione o nella proprietà dell’opera abusiva, con la conseguenza per cui la prospettiva circa la sussistenza, in tema di ordine di demolizione, di un rapporto di proporzionalità, con altrui interessi privati, deve ritenersi ristretta nell’ambito del rapporto tra interesse pubblico alla tutela del territorio e tutela del diritto di proprietà e RAGIONE_SOCIALE relative forme immediate e dirette di godimento, come riguardanti l’autore e/o proprietario dell’immobile assieme al suo diretto e formale nucleo familiare.
In altri termini, la verifica di un rapporto di proporzionalità, in caso di ordine di demolizione di un’opera abusiva, presuppone innanzitutto che l’ordine di demolizione sia in grado di pregiudicare in via diretta ed immediata diritti ed interessi strettamente, direttamente e immediatamente connessi alla proprietà dell’opera da demolire, laddove il pregiudizio all’uso solo occasionale dell’immobile, nel quadro di rapporti di mero godimento da parte di terzi estranei alla proprietà, non può ritenersi in grado di ostacolare in alcun modo la tutela degli interessi pubblici, in tale quadro già di per sØ ben piø pregnanti, sottesi all’ordine di demolizione.
Peraltro, occorre osservare che, in tema di reati edilizi, la tutela del diritto alla salute di coloro che abitano l’immobile oggetto dell’ordine di demolizione, specie se affetti da patologie gravi o invalidanti, postula che i predetti siano necessariamente posti in un ambiente salubre, edificato e attrezzato nel pieno rispetto della normativa vigente (quale non può essere un immobile abusivo), essendo quest’ultima finalizzata a garantire anche il benessere di coloro che abitano detti luoghi.
Va anche evidenziato che la natura amministrativa, di misura ripristinatoria del bene leso, rivolta al ripristino dell’assetto urbanistico e territoriale violato, in una prospettiva di restaurazione dell’interesse pubblico compromesso dall’abuso, priva di finalità punitive e con carattere reale ed effetti sul soggetto che si trova in rapporto con il bene, anche se non Ł l’autore dell’abuso, Ł riconosciuta ormai in maniera consolidata, sia dalla giurisprudenza di legittimità che convenzionale, la quale come tale impedisce ogni possibilità di configurare la demolizione quale pena, così da non essere neppure oggetto di prescrizione.
In altri termini, l’ordine di demolizione Ł disegnato dal legislatore come assunto in un quadro di garanzie che trovano immediata esplicazione nel contraddittorio del processo e nel contempo, esaurendosi in quella sede la tutela dei contrapposti interessi – privati e pubblici , la demolizione consegue per scelta legislativa necessariamente, ossia inevitabilmente, all’accertamento penale della abusività dell’opera, di cui costituisce oggettiva quanto ineliminabile immediata conseguenza: il giudice penale, contestualmente alla condanna, deve adottare l’ordine di demolizione, senza poter esplicare alcuna valutazione e contemperamento tra l’interesse pubblico al ripristino della legalità urbanistica ed altri interessi. Avendo il legislatore già operato ogni giudizio di prevalenza dell’interesse pubblico attraverso la previsione dell’ordine di demolizione dell’intervento abusivo, quale strumento di ripristino dell’interesse collettivo tutelato e violato, conseguente all’avvenuto accertamento di responsabilità penale ex art. 44 DPR 380/01.
E, del resto, eloquente Ł in proposito quanto stabilito dalla Corte costituzionale con sentenza n. 146/2021, laddove, da una parte, si Ł sottolineato, con riguardo alla confisca ma in una prospettiva che appare estensibile anche alla misura demolitoria quale forma anch’essa di riaffermazione dell’interesse alla conformità urbanistica violata -, che essa Ł annoverata tra le misure ricadenti nel perimetro del secondo paragrafo dell’art. 1 Prot. Addiz.
CEDU, ai sensi del quale resta in capo agli Stati il diritto di emanare leggi da essi ritenute necessarie per disciplinare l’uso dei beni in modo conforme all’interesse generale (paragrafo 291), dall’altra, ha altresì concluso in via generale, dopo aver escluso nello specifico che l’Autorità Giudiziaria, come chiedeva il remittente, possa nei casi concreti sostituire la confisca con altra misura piø lieve, non contemplata dal legislatore, che il giudice penale non ha competenza ‘istituzionale’ per compiere l’accertamento di conformità RAGIONE_SOCIALE opere agli strumenti urbanistici, con espressione che può anche intendersi, nel quadro complessivo della sentenza citata, quale riaffermazione di un perimetro ben preciso e vincolante per il giudice penale, quanto alle misure – ripristinatorie – da applicare a fronte di opere abusive penalmente accertate con relativa condanna: si vuole osservare che il Giudice RAGIONE_SOCIALE Leggi, nell’escludere il potere del giudice penale di sostituire deliberatamente una misura legislativamente prevista quale la confisca con altra, sul rilievo dell’assenza di un tale potere la cui disciplina rientra solo nella ragionevole discrezionalità del legislatore, ha riaffermato la stabilità RAGIONE_SOCIALE misure ripristinatorie (confisca ma anche demolizione) quale frutto di insindacabili scelte legislative. Con la conseguenza che ogni intervento sulle stesse può intervenire o in caso di giuridica incompatibilità sopravvenuta oppure solo in termini di riduzione oggettiva o sospensione temporale, nel quadro del principio di proporzionalità.
Da tale impostazione consegue il noto principio per cui l’ordine di demolizione dell’opera abusiva, di carattere reale e a contenuto ripristinatorio, conserva la sua efficacia anche nei confronti dell’erede o dante causa del condannato o di chiunque vanti su di esso un diritto reale o personale di godimento, potendo essere revocato solo nel caso in cui siano emanati, dall’ente pubblico cui Ł affidato il governo del territorio, provvedimenti amministrativi con esso assolutamente incompatibili.
Piø ampiamente, a fronte di questo evidente quanto tendenzialmente inossidabile rapporto tra ordine di demolizione e res abusiva, deve ribadirsi che la giurisprudenza di questa stessa Sezione (Sez. 3, n. 47281 del 21/10/2009 e da ultimo Sez. 3, n. 16470 del 28/03/2024, Rv. 286151-01), con riferimento alla posizione del soggetto proprietario dell’immobile, terzo rispetto al reato, Ł costantemente orientata, condivisibilmente, nel senso che le sanzioni ripristinatorie sono legittimamente eseguite nei confronti degli attuali proprietari dell’immobile, indipendentemente dall’essere stati o meno questi ultimi gli autori dell’abuso, salva la loro facoltà di far valere sul piano civile la responsabilità, contrattuale o extracontrattuale, del dante causa.
L’ordine di demolizione contiene, invero, una statuizione di natura reale che, come il corrispondente ordine di rimessione in pristino dello stato dei luoghi, produce i suoi effetti nei confronti di tutti i soggetti che, a qualsiasi titolo, siano o diventino proprietari del bene su cui esso incide (Sez. 3, n. 16687 del 05/03/2009, Rv. 243405-01).
Questa Corte ha anche osservato che, a ben vedere, il proprietario o comproprietario (non committente rispetto all’abuso) non ha interesse giuridicamente protetto ad opporsi all’esecuzione dell’ordine di ripristino. Se l’abuso Ł avvenuto senza o contro la sua volontà, egli non può che trarre vantaggio dal ripristino della legalità. Se l’abuso Ł avvenuto con il concorso della sua volontà, il fatto di avere evitato il procedimento penale non costituisce una valida ragione perchØ egli si arricchisca del frutto di un abuso debitamente accertato (Sez. 3, n. 1879 del 14/05/1999, Rv. 214536). La circostanza che l’ordine di demolizione ha carattere reale e ricade direttamente sul soggetto che Ł in rapporto con il bene, indipendentemente dalla sua partecipazione all’abuso, poi, manifestamente non si pone in contrasto con i principi costituzionali ed in particolare col principio di responsabilità personale (Sez. 3, n. 35525 del 24/04/2001, Rv. 220191).
6. Questa Corte ha, poi, precisato che il diritto all’abitazione, riconducibile agli artt. 2 e 3 Cost. e all’art. 8 CEDU, non Ł tutelato in termini assoluti, ma Ł contemperato con altri valori di pari rango costituzionale, come l’ordinato sviluppo del territorio e la salvaguardia dell’ambiente, che giustificano, secondo i criteri della necessità, sufficienza e proporzionalità, l’esecuzione dell’ordine di demolizione di un immobile abusivo, sempre che tale provvedimento si riveli proporzionato rispetto allo scopo che la normativa edilizia intende perseguire, rappresentato dal ripristino dello status preesistente del territorio.
Va precisato al riguardo che l’esecuzione dell’ordine di demolizione di un immobile abusivo non contrasta con il diritto al rispetto della vita privata e familiare e del domicilio di cui all’art. 8 CEDU, posto che, non essendo desumibile da tale norma la sussistenza di alcun diritto ‘assoluto’ a occupare un immobile, anche se abusivo, solo perchØ casa familiare, il predetto ordine non viola in astratto il diritto individuale a vivere nel proprio legittimo domicilio, ma afferma in concreto il diritto della collettività a rimuovere la lesione di un bene o interesse costituzionalmente tutelato e a ripristinare l’equilibrio urbanistico-edilizio violato.
Si Ł in proposito anche osservato che, in tema di reati edilizi, il giudice, nel dare attuazione all’ordine di demolizione di un immobile abusivo adibito ad abituale abitazione di una persona Ł tenuto a rispettare il principio di proporzionalità come elaborato dalla giurisprudenza convenzionale nelle sentenze della Corte EDU, 21/04/2016, COGNOME e COGNOME c. Bulgaria e Corte EDU, 04/08/2020, COGNOME c. Lituania, considerando l’esigenza di garantire il rispetto della vita privata e familiare e del domicilio, di cui all’art. 8 della Convenzione EDU e valutando, nel contempo, la eventuale consapevolezza della violazione della legge da parte dell’interessato, per non incoraggiare azioni illegali in contrasto con la protezione dell’ambiente, nonchØ i tempi a disposizione del medesimo, dopo l’irrevocabilità della sentenza di condanna, per conseguire, se possibile, la sanatoria dell’immobile ovvero per risolvere le proprie esigenze abitative.
7. Le linee guida individuate dalla giurisprudenza di legittimità e da quella convenzionale che debbono orientare il test di proporzionalità devoluto al giudice al fine di valutare se il provvedimento di demolizione, alla luce RAGIONE_SOCIALE peculiarità del singolo caso, che Ł onere di chi intende avvalersene allegare in modo puntuale, sia eseguito in maniera adeguata, possono essere sintetizzate nei termini di seguito indicati: a) Ł necessario che l’esecuzione dell’ordine di demolizione incida sul diritto al rispetto della vita privata e familiare e del domicilio di una persona tutelato dall’art. 8 della CEDU, per cui l’esigenza di procedere al bilanciamento dei contrapposti interessi sussiste solo nel caso di demolizione di un manufatto adibito ad abituale residenza mentre non si pone nel caso venga opposto il diritto alla tutela della proprietà; b) assumono rilievo la consapevolezza da parte dell’interessato dell’illiceità dell’intervento edilizio che ha originato l’ordine di demolizione, la gravità dell’illecito, da valutarsi anche in considerazione RAGIONE_SOCIALE disposizioni normative violate, e la tipologia dell’abuso, se di dimensioni tali da farlo ritenere di necessità; c) Ł necessario che sia trascorso un arco temporale ragionevole fra l’accertamento del reato e l’attivazione della procedura esecutiva, così da consentire al destiNOMErio dell’ordine di demolizione di ‘legalizzare’ l’immobile, se possibile, o di esperire i mezzi di tutela dei propri interessi offerti dall’ordinamento e di reperire nuove soluzioni abitative; d) assumono rilievo le condizioni personali dell’interessato, quali l’età avanzata, le condizioni di salute e il basso reddito con la precisazione però che tali condizioni, di per sØ sole, non possono assumere importanza decisiva dovendo essere valutate congiuntamente con la consapevolezza dell’illiceità dell’intervento edilizio e con l’arco temporale decorso dall’accertamento dell’abuso al fine di verificare se l’interessato abbia avuto la posizione di legalizzare il manufatto e di reperire un
alloggio alternativo; e) assume rilievo che vi sia stata per l’interessato la possibilità di poter far valere le sue ragioni davanti a un organo indipendente; f) Ł necessario che non sussistano ragioni particolari che impongano di differire temporaneamente la demolizione per limitarne l’impatto nella sfera del privato; g) Ł necessario che i fatti allegati dall’autore dell’abuso per contrastare l’esecuzione dell’ordine di demolizione non siano dipendenti dalla sua inerzia o, comunque, derivate dal suo inadempimento a un dovere imposto da una sentenza divenuta irrevocabile.
Nel caso di specie, in primo luogo, si dà atto nell’rdinanza (a pag. 2) che l’immobile abusivo, costruito su due livelli, risulta realizzato su un fondo a destinazione agricola in violazione degli indici di fabbricabilità e senza che le parti avessero dimostrato di possedere i requisiti soggettivi necessari per ottenere tale autorizzazione. Il tutto per un volume complessivo di circa 1100 mc in un’area rientrante nel perimetro del Parco Regionale Metropolitano RAGIONE_SOCIALE Colline di Napoli sottoposta a vincolo paesaggistico. Per tale motivo, appare non fondato il richiamo al principio di proporzionalità.
In secondo luogo, l’ordinanza impugNOME ha fatto corretta applicazione dei principi sopra riportati ed ha escluso la violazione del principio di proporzionalità poichØ la ricorrente ha stabilito la sua residenza nell’immobile abusivo sin dal 2014 – data di concessione in comodato gratuito con scrittura privata dell’immobile in oggetto da parte dei suoi genitori ossia diversi anni dopo la definitività della sentenza penale di condanna ed il rigetto in sede amministrativa della istanza di sanatoria. Peraltro, in tutto tale arco di tempo, la ricorrente Ł rimasta inerte, non essendosi mai attivata per cercare una soluzione abitativa alternativa, rendendosi in tal modo consapevole di stabilire la residenza del proprio nucleo familiare all’interno di un immobile abusivo.
La stessa, peraltro, non può lucrare sul tempo inutilmente trascorso dalla data di irrevocabilità della sentenza poichØ l’ingiunzione Ł causata in virtø della sua inerzia, nØ può successivamente invocare il principio di proporzionalità allegando inerzie o fatti da lei stessa posti in essere nella piena consapevolezza della natura abusiva dell’immobile, della precarietà della propria situazione abitativa e della persistente violazione dell’ordine.
Quanto alle condizioni personali e di salute della figlia minore, affetta da gravi patologie – nei confronti della quale la ricorrente invoca il principio di proporzionalità occorre osservare che la stessa Ł NOME addirittura in epoca successiva al passaggio in giudicato della sentenza che disponeva la demolizione dell’immobile, con la conseguenza che la residenza della stessa in un immobile di cui era già stata ingiunta la demolizione costituisce frutto di una scelta deliberata e contra legem da parte della ricorrente.
In aggiunta, va precisato che l’ordine di demolizione RAGIONE_SOCIALE opere abusive, emesso dal giudice penale, ha carattere reale e natura di sanzione amministrativa a contenuto ripristinatorio e deve, pertanto, essere eseguito nei confronti di tutti i soggetti che sono in rapporto col bene e vantano su di esso un diritto reale o personale di godimento, anche se si tratti di soggetti estranei alla commissione del reato (Sez. 3, n. 23457 del 16/04/2025, non mass., in cui la Corte ha precisato in motivazione che, comunque, la mancata condanna del terzo per concorso nell’abuso edilizio non implica necessariamente una posizione di buona fede rispetto ad esso; v. anche Sez. 3, n. 47281 del 21/10/2009, Rv. 245403-01).
Difatti, come si afferma nell’ordinanza impugNOME (pag. 3), in tema di reati edilizi, il principio di proporzionalità, enunciato dalla giurisprudenza convenzionale, cui deve conformarsi l’esecuzione dell’ordine di esecuzione RAGIONE_SOCIALE opere abusive, postula la valutazione della sola interrelazione esistente tra l’interesse pubblico alla salvaguardia del territorio e la tutela del diritto di proprietà e RAGIONE_SOCIALE relative forme di godimento dell’autore del
reato o del proprietario dell’immobile e del suo stretto nucleo familiare, non potendosi riconoscere rilievo alcuno all’interesse abitativo di terzi estranei, detentori, a qualsiasi altro titolo, del manufatto abusivo altrui, che, eventualmente, potranno ottenere altre forme di soddisfacimento mediante misure di assistenza sociale o la locazione di immobili leciti (n. 29117/2014).
Ma anche a voler allargare lo spettro di applicazione di tale principio e considerare la situazione della ricorrente, non può non osservarsi che la concessione in comodato gratuito Ł intervenuta diversi anni dopo la definitività della sentenza penale di condanna ed il rigetto in sede amministrativa della istanza di sanatoria. Tali circostanze erano ben note alla ricorrente, la quale ha consapevolmente stabilito la residenza del proprio nucleo familiare in un immobile abusivo rendendosi, pertanto, inerte nel cercare negli anni nuove soluzioni abitative.
Il principio di proporzionalità, dunque, presuppone la cogenza dell’ordine di demolizione dell’opera abusivamente realizzata e la sua inderogabile funzione ripristinatoria di un ‘ordine urbanistico’ tuttora violato, non potendo essere utilizzato per eludere tale funzione con il rischio di legittimare ex post , nei fatti, condotte costituenti reato e di consolidarne il relativo prodotto/profitto. Esso si frappone all’esecuzione dell’ordine di demolizione per ragioni estranee alla adozione dell’ordine stesso; esso non incide nella fase deliberativa dell’ordine, bensì in quella esecutiva. Per questo i fatti addotti a sostegno del rispetto del principio di proporzionalità devono essere allegati (e accertati) in modo rigoroso, dovendosene far carico (quantomeno sul piano dell’allegazione) chi intende avvalersene per paralizzare il ripristino di un ordine violato.
In altri termini, il principio di proporzionalità non può essere indiscrimiNOMEmente e genericamente dedotto e utilizzato per legittimare la violazione dell’ordine di demolizione irrevocabilmente impartito dal giudice – come avvenuto nel caso di specie – poichØ a tanto si arriverebbe opponendo sempre e comunque la violazione del domicilio (Sez. 3, n. 23457 del 16/04/2025, non mass.).
Il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile, con condanna della ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della RAGIONE_SOCIALE, non potendosi escludere profili di colpa nella sua proposizione.
Il richiamo, in ricorso, alla presenza di minori, giusitifica l’adozione del provvedimento ex art. 53, D. lgs. n. 196 del 2003.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa RAGIONE_SOCIALE ammende.
Così Ł deciso, 24/09/2025
Il AVV_NOTAIO estensore NOME COGNOME
Il Presidente
NOME COGNOME
IN CASO DI DIFFUSIONE DEL PRESENTE PROVVEDIMENTO OMETTERE LE GENERALITA’ E GLI ALTRI DATI IDENTIFICATIVI A NORMA DELL’ART. 52 D.LGS. 196/03 E SS.MM.