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Ordine di demolizione: inammissibile per il terzo

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un terzo contro un ordine di demolizione. La ricorrente, figlia dei costruttori dell’immobile abusivo, vi abitava in virtù di un comodato stipulato anni dopo la condanna definitiva. La Corte ha stabilito che il principio di proporzionalità e il diritto all’abitazione non possono essere invocati da chi occupa un immobile con la piena consapevolezza della sua natura illecita, poiché l’ordine di demolizione è una sanzione reale che segue il bene e non la persona.

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Pubblicato il 24 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ordine di demolizione: il diritto all’abitazione non ferma la ruspa per i terzi consapevoli

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 33652/2025, ha riaffermato un principio cruciale in materia di abusi edilizi: l’ordine di demolizione non può essere bloccato invocando il diritto all’abitazione o situazioni di vulnerabilità da parte di terzi che hanno iniziato a occupare l’immobile dopo la condanna e con la piena consapevolezza della sua natura illecita. Questa decisione chiarisce i limiti del principio di proporzionalità, specialmente quando l’interesse pubblico al ripristino della legalità si scontra con le esigenze abitative di un nucleo familiare estraneo alla commissione del reato originario.

I fatti del caso

La vicenda trae origine da una sentenza del 2005, con cui il Tribunale di Napoli condannava i proprietari di un terreno per aver costruito un manufatto abusivo di due piani, ordinandone la demolizione. Anni dopo, la figlia dei condannati, insieme al suo nucleo familiare, stabiliva la propria residenza nell’immobile in forza di un contratto di comodato d’uso gratuito. Tra i membri della famiglia vi era anche una figlia minore affetta da gravi patologie.

Quando l’ordine di demolizione è tornato operativo, la donna ha presentato ricorso (un incidente di esecuzione) per chiederne la revoca, basandosi sul principio di proporzionalità sancito dall’art. 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU), che tutela il diritto alla vita privata e familiare e al domicilio. Sosteneva che la demolizione avrebbe sacrificato in modo sproporzionato i diritti fondamentali del suo nucleo familiare, in particolare il diritto alla salute della figlia, rispetto all’interesse dello Stato al ripristino dello stato dei luoghi.

L’ordine di demolizione e la posizione del terzo

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, fornendo una chiara interpretazione dei principi in gioco. I giudici hanno sottolineato che il bilanciamento degli interessi richiesto dalla giurisprudenza europea (il cosiddetto ‘test di proporzionalità’) si applica principalmente nel rapporto tra l’interesse pubblico e i diritti del proprietario dell’immobile o dell’autore del reato.

Questo bilanciamento non può essere esteso indiscriminatamente a terzi estranei che, come nel caso di specie, si trovano a godere del bene in virtù di un titolo (il comodato) sorto molto tempo dopo che la sentenza di condanna e l’ordine di demolizione erano diventati definitivi. La ricorrente, infatti, aveva stabilito la propria residenza nell’immobile nel 2014, ben consapevole della sua condizione di illegalità.

Le motivazioni della Corte

La Corte ha fondato la sua decisione su alcuni pilastri giuridici fondamentali. In primo luogo, ha qualificato l’ordine di demolizione come una ‘sanzione reale’. Ciò significa che la sanzione non colpisce la persona che ha commesso il reato, ma il bene stesso (la ‘res’). Di conseguenza, essa produce effetti nei confronti di chiunque vanti un diritto, reale o personale, sul bene, indipendentemente dal suo coinvolgimento nell’abuso edilizio. La demolizione segue l’immobile, non il suo costruttore.

In secondo luogo, i giudici hanno chiarito che non si può ‘lucrare’ sul tempo trascorso. La ricorrente non poteva invocare a proprio favore l’inerzia, sua e della pubblica amministrazione, nel dare esecuzione all’ordine. La sua scelta di abitare in un immobile abusivo è stata deliberata e ‘contra legem’. Le successive vicende familiari, inclusa la nascita di figli e le loro condizioni di salute, non possono sanare una situazione di illegalità originaria di cui era a conoscenza.

Infine, la Corte ha ribadito che il diritto alla salute e all’abitazione, sebbene costituzionalmente tutelati, non sono assoluti. La tutela di tali diritti presuppone che essi siano esercitati in un contesto di legalità. Un immobile abusivo, per definizione, non può essere considerato un ambiente salubre e conforme alla normativa vigente, la quale è finalizzata anche a garantire il benessere di chi vi abita.

Le conclusioni

La sentenza in esame rafforza un orientamento consolidato: l’ordine di demolizione è uno strumento inderogabile per il ripristino dell’ordine urbanistico violato. Le situazioni personali e familiari, per quanto gravi, non possono essere utilizzate per legittimare ex post una condotta illecita, soprattutto quando l’occupante è pienamente consapevole della precarietà della propria situazione abitativa. La Corte ha chiarito che l’interesse della collettività a rimuovere un abuso edilizio prevale sull’interesse del singolo che, pur non essendo l’autore del reato, ha consapevolmente scelto di vivere nell’illegalità. La tutela dei soggetti vulnerabili deve essere cercata attraverso gli strumenti di assistenza sociale e la ricerca di soluzioni abitative lecite, non perpetuando una violazione di legge.

Un terzo estraneo all’abuso edilizio può opporsi all’ordine di demolizione invocando il diritto all’abitazione?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che l’ordine di demolizione ha natura di sanzione reale, cioè legata all’immobile e non alla persona. Pertanto, è efficace nei confronti di chiunque vanti un diritto sul bene, incluso un terzo occupante, specialmente se questi era consapevole dell’illegalità al momento in cui ha iniziato ad abitarvi.

Il lungo tempo trascorso dalla sentenza di condanna può rendere inefficace un ordine di demolizione?
No, il semplice trascorrere del tempo non impedisce l’esecuzione dell’ordine di demolizione. La Corte ha specificato che l’occupante non può ‘lucrare’ sul tempo inutilmente trascorso, né sull’inerzia dell’amministrazione, soprattutto se la situazione di stallo è dovuta anche alla propria inattività nel cercare soluzioni abitative alternative.

La presenza di minori o persone con gravi problemi di salute può bloccare un ordine di demolizione?
No, sebbene le condizioni personali siano un elemento da considerare nel test di proporzionalità, non possono da sole legittimare una violazione della legge. La Corte ha affermato che la scelta di stabilire la propria residenza, e quella del proprio nucleo familiare, in un immobile abusivo è una decisione deliberata e ‘contra legem’, le cui conseguenze non possono paralizzare il ripristino della legalità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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