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Ordine di demolizione: illegittimo se frazionato

La Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza di un tribunale che revocava un ordine di demolizione. Il caso riguardava un immobile abusivo per il quale i proprietari avevano richiesto il condono frazionandolo fittiziamente in tre unità per superare i limiti di volume. La Corte ha ritenuto la decisione del tribunale contraddittoria, poiché riconosceva l’unicità strutturale dell’edificio ma allo stesso tempo convalidava il frazionamento illegittimo. È stato inoltre accertato che il giudice non aveva seguito le istruzioni impartitegli in una precedente fase di rinvio, rendendo la sua decisione viziata e pertanto da annullare.

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Pubblicato il 12 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ordine di demolizione: No alla revoca se l’immobile è frazionato per il condono

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 3002/2025, affronta un tema cruciale in materia di abusi edilizi: la legittimità della revoca di un ordine di demolizione a fronte di domande di condono basate su un frazionamento fittizio di un immobile. La pronuncia chiarisce che la palese contraddittorietà della motivazione del giudice e la mancata osservanza delle direttive della stessa Cassazione in sede di rinvio portano all’annullamento del provvedimento favorevole ai responsabili dell’abuso.

I Fatti del Caso

La vicenda ha origine da un ricorso del Procuratore della Repubblica avverso un’ordinanza del Tribunale di Napoli. Quest’ultimo, in qualità di giudice dell’esecuzione e in sede di rinvio, aveva revocato un ordine di demolizione emesso quasi venticinque anni prima con una sentenza della Pretura Circondariale. L’ordine riguardava un manufatto abusivo realizzato da due privati.

Il Procuratore contestava la decisione del Tribunale, evidenziandone la carenza e l’illogicità motivazionale. Sebbene il giudice avesse riconosciuto l’unicità strutturale dell’edificio, aveva comunque accolto la richiesta di revoca della demolizione, basata su tre distinte e frazionate istanze di condono. La volumetria complessiva dichiarata era di 1.452 mc, quasi il doppio del limite massimo consentito dalla legge (750 mc). Inoltre, il Tribunale non aveva considerato che le autorizzazioni comunali basate su tali istanze erano state successivamente annullate.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha ritenuto il ricorso del Procuratore fondato, annullando l’ordinanza impugnata e rinviando il caso per un nuovo esame al Tribunale di Napoli. Prima di entrare nel merito, la Corte ha rigettato l’eccezione di inammissibilità sollevata dalla difesa, confermando che il ricorso era stato presentato nei termini di legge.

Le Motivazioni: Contraddittorietà e Violazione del ‘Dictum’

La decisione della Cassazione si fonda su due pilastri argomentativi: la palese contraddittorietà della motivazione del giudice dell’esecuzione e la sua inadempienza rispetto alle indicazioni fornite in precedenza dalla stessa Corte.

Il Frazionamento Fittizio per il Condono e l’ordine di demolizione

Il punto centrale della censura riguarda la contraddizione logica del provvedimento impugnato. Il Tribunale, da un lato, ammetteva che l’edificio fosse un’unica struttura indivisibile, ma dall’altro lato accettava la validità di istanze di sanatoria presentate come se si trattasse di tre unità indipendenti. Questo stratagemma era chiaramente finalizzato ad aggirare i limiti volumetrici imposti dalla normativa sul condono (L. n. 326/2003).

La Cassazione sottolinea come una simile motivazione sia palesemente illogica. Non è possibile riconoscere l’unicità del manufatto e, al contempo, giustificare la revoca dell’ordine di demolizione sulla base di un frazionamento artificiale. Il giudice avrebbe dovuto valutare la legittimità delle domande di sanatoria nel loro complesso, tenendo conto del volume totale dell’abuso.

Il Mancato Adempimento alle Istruzioni del Giudice di Rinvio

Un secondo, e non meno importante, motivo di annullamento risiede nella violazione dell’art. 627 del codice di procedura penale. In una precedente pronuncia, la Corte di Cassazione aveva rimesso gli atti al Tribunale con un compito preciso (il cosiddetto dictum): compiere “un più approfondito accertamento” sulla possibilità tecnica di separare gli immobili o di effettuare modifiche strutturali per rendere sanabili almeno le parti residenziali.

Il giudice del rinvio, tuttavia, non ha eseguito questa indagine. La sua ordinanza è risultata carente, non specificando nulla sulle caratteristiche delle pratiche di sanatoria né sulla fattibilità tecnica degli interventi richiesti dalla Cassazione. In questo modo, il Tribunale si è sottratto al compito assegnatogli, emettendo una decisione che non rispetta il vincolo imposto dalla sentenza rescindente.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

La sentenza ribadisce principi fondamentali in materia di esecuzione delle pene per reati edilizi. In primo luogo, conferma che non sono ammissibili espedienti, come il frazionamento fittizio, per eludere i limiti normativi del condono edilizio. La valutazione della sanabilità di un abuso deve basarsi sulla sua reale consistenza e non su artifici documentali.

In secondo luogo, viene riaffermato il valore vincolante del dictum della Corte di Cassazione per il giudice del rinvio. Quest’ultimo non ha la facoltà di discostarsi dalle indagini e dagli accertamenti richiesti, pena l’annullamento della sua decisione per violazione di legge. La corretta esecuzione di un ordine di demolizione richiede un esame rigoroso e completo, che non può essere sostituito da motivazioni superficiali o contraddittorie.

È possibile ottenere un condono edilizio frazionando un immobile unico per rientrare nei limiti di volumetria?
No, la Corte ha stabilito che se l’immobile è strutturalmente unico, il frazionamento in più unità indipendenti per eludere i limiti volumetrici (come i 750 mc) è illegittimo e non può giustificare la revoca di un ordine di demolizione.

Cosa succede se il giudice del rinvio non segue le indicazioni della Corte di Cassazione?
Se il giudice del rinvio non adempie al ‘dictum’ (le istruzioni) della Corte di Cassazione, la sua decisione è viziata da violazione di legge (nello specifico, l’art. 627 cod. proc. pen.) e può essere annullata per non aver seguito il principio di diritto enunciato.

La revoca di un ordine di demolizione può basarsi su domande di sanatoria poi annullate?
No, il giudice dell’esecuzione deve valutare la legittimità attuale delle domande di sanatoria. Se i provvedimenti autorizzativi basati su tali domande sono stati annullati dall’amministrazione competente, non possono costituire un valido motivo per revocare l’ordine di demolizione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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