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Ordine di demolizione: illegittimo il permesso tardivo

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un privato contro un ordine di demolizione. La Corte ha stabilito che, una volta trascorsi 90 giorni dall’ingiunzione a demolire senza adempimento, l’immobile abusivo viene automaticamente acquisito al patrimonio del Comune. Di conseguenza, un eventuale permesso in sanatoria ottenuto successivamente è illegittimo, in quanto rilasciato a un soggetto non più proprietario. L’ex proprietario perde anche la legittimazione a chiedere la revoca dell’ordine di demolizione.

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Pubblicato il 20 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ordine di demolizione: Illegittimo il Permesso in Sanatoria Tardivo

L’ordine di demolizione di un immobile abusivo è uno degli strumenti più incisivi a disposizione dell’ordinamento per ripristinare la legalità violata. Ma cosa succede quando, dopo l’emissione di tale ordine, interviene un permesso in sanatoria? Una recente sentenza della Corte di Cassazione fa luce su una complessa vicenda legale, chiarendo i limiti temporali e procedurali che rendono un tale permesso inefficace e l’ordine di abbattimento definitivo.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da una condanna per abuso edilizio, a seguito della quale veniva emesso un ordine di demolizione dell’opera illecita. Il responsabile dell’abuso, tuttavia, non ottemperava all’ingiunzione. Anni dopo, riusciva a ottenere un permesso di costruire in sanatoria dal Comune. Sulla base di questo titolo, chiedeva al giudice dell’esecuzione la revoca dell’ordine di demolizione.

Inizialmente, il giudice accoglieva la richiesta. La Procura, però, impugnava tale decisione dinanzi alla Corte di Cassazione, la quale annullava il provvedimento e rinviava il caso a un nuovo giudice. La Cassazione, nella sua prima pronuncia, stabiliva due principi fondamentali:
1. Il permesso in sanatoria era stato rilasciato quando l’immobile era già stato automaticamente acquisito al patrimonio del Comune, essendo decorsi i 90 giorni per l’ottemperanza all’ordine di demolizione.
2. Il richiedente, non essendo più proprietario del bene, non aveva più la legittimazione per chiedere la revoca dell’ordine.

Nel frattempo, il Comune, in autotutela, revocava il permesso in sanatoria e formalizzava l’acquisizione del bene. Il privato impugnava questi atti al T.A.R., ottenendone l’annullamento. Forte di questa vittoria amministrativa, tornava dinanzi al giudice penale dell’esecuzione. Quest’ultimo, tuttavia, conformandosi ai principi della Cassazione, rigettava la richiesta di revoca. Contro questa nuova decisione, il privato proponeva un ultimo ricorso in Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione e l’ordine di demolizione

Con la sentenza in esame, la Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ponendo fine alla lunga battaglia legale. La decisione conferma che l’ordine di demolizione deve essere eseguito, nonostante le vicende amministrative successive.

Il Collegio ha ribadito che il giudice del rinvio è strettamente vincolato ai principi di diritto enunciati nella precedente sentenza di annullamento della Cassazione. Qualsiasi valutazione difforme sarebbe stata illegittima. Di conseguenza, il giudice dell’esecuzione non poteva fare altro che rigettare l’istanza di revoca.

L’automatica acquisizione del bene come punto di non ritorno

Il fulcro della questione ruota attorno all’articolo 31 del D.P.R. 380/2001 (Testo Unico dell’Edilizia). Questa norma prevede che, se il responsabile dell’abuso non provvede alla demolizione entro 90 giorni dalla notifica dell’ingiunzione, il bene e l’area di sedime sono acquisiti di diritto e gratuitamente al patrimonio del Comune. Questo effetto è automatico e non richiede ulteriori atti formali per prodursi. La successiva trascrizione ha solo una funzione di pubblicità e di opponibilità a terzi.

L’irrilevanza della successiva sentenza del T.A.R.

Un punto cruciale affrontato dalla Corte è il ruolo della sentenza del T.A.R. che aveva annullato gli atti di autotutela del Comune. Secondo i giudici di legittimità, tale sentenza costituisce un ‘fatto sopravvenuto’ che esula dal perimetro del giudizio penale di esecuzione. La questione centrale, già decisa dalla Cassazione, era l’illegittimità originaria del permesso in sanatoria perché rilasciato a un soggetto che, per effetto dell’acquisizione automatica, non era più il proprietario. La sentenza amministrativa non poteva sanare questo vizio fondamentale nel contesto del giudizio penale.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su una rigorosa applicazione dei principi procedurali e sostanziali. In primo luogo, viene sottolineato il vincolo imposto dall’art. 627, comma 3, del codice di procedura penale, che obbliga il giudice del rinvio a uniformarsi alla decisione della Cassazione sui punti di diritto. Il giudice dell’esecuzione ha correttamente recepito i due principi cardine enunciati nella prima sentenza: l’illegittimità del permesso in sanatoria tardivo e il conseguente difetto di legittimazione e interesse del ricorrente.

La Corte ha ribadito che l’acquisizione dell’opera abusiva al patrimonio comunale dopo 90 giorni dall’ingiunzione a demolire è un effetto automatico. Da quel momento, l’unico soggetto che può disporre del bene è il Comune, che può decidere se demolirlo o, in presenza di prevalenti interessi pubblici, mantenerlo. Il permesso rilasciato all’ex proprietario è quindi ‘tamquam non esset’ (come se non esistesse) perché proveniente da un soggetto privo del diritto di proprietà.

Le Conclusioni

La sentenza offre importanti implicazioni pratiche. In materia di abusi edilizi, la tempestività è fondamentale. Ignorare un ordine di demolizione per oltre 90 giorni comporta la perdita definitiva della proprietà dell’immobile, che passa automaticamente al Comune. Questa conseguenza rende quasi impossibile ogni successivo tentativo di regolarizzazione. Anche l’ottenimento di un permesso in sanatoria o una vittoria in sede amministrativa potrebbero non essere sufficienti a fermare l’esecuzione dell’ordine di abbattimento penale, se l’acquisizione del bene si è già perfezionata. La pronuncia riafferma la netta separazione tra il giudizio amministrativo e quello penale, sottolineando come i principi stabiliti in sede di legittimità penale non possano essere scalfiti da eventi successivi di natura amministrativa.

Un permesso di costruire in sanatoria può revocare un ordine di demolizione penale già emesso?
No, non automaticamente. Il giudice penale deve verificare la legittimità della sanatoria. Se, come in questo caso, la sanatoria è stata rilasciata dopo che il bene era già stato acquisito dal Comune per inottemperanza all’ordine, essa è illegittima e non può bloccare la demolizione.

Cosa succede se non si rispetta un ordine di demolizione entro 90 giorni?
L’immobile abusivo e l’area di sedime vengono acquisiti automaticamente e gratuitamente al patrimonio del Comune. L’ex proprietario perde il diritto di proprietà sul bene e, di conseguenza, la legittimazione a chiederne la regolarizzazione.

Una sentenza del T.A.R. favorevole al cittadino può influenzare l’esecuzione di un ordine di demolizione penale?
Nel caso specifico, la Corte di Cassazione ha stabilito che una sentenza del T.A.R. sopravvenuta, che annullava atti del Comune, non poteva superare i principi di diritto già consolidati in sede penale, in particolare quello dell’avvenuta e automatica acquisizione del bene al patrimonio comunale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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