Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 11170 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 11170 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a CASERTA il 30/01/1973
avverso l’ordinanza del 31/07/2024 del TRIBUNALE di SANTA MARIA CAPUA VETERE
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni scritte del PG NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso e la memoria dell’Avv. NOME COGNOME per NOME COGNOME NOMECOGNOME che ha insistito per raccoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza n. 46702/23 del 9/11/2023 la Terza Sezione Penale di questa Corte, su ricorso del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, annullava con rinvio l’ordinanza del 14 aprile 2023, con cui il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere in funzione di giudice per l’esecuzione (R.G. 626/2022) aveva accolto l’istanza di COGNOME Pietro del 19 ottobre 2022, con cui veniva richiesta l’apertura dell’incidente di esecuzione, per ottenere l’annullamento dell’ordine di demolizione, emesso come sanzione accessoria nell’ambito del procedimento penale, in cui il Tribunale di S. Maria Capua Vetere (sentenza del 4.04.2000, irr. 14.07.2001, del Tribunale di S.M.C.V., Sez. dist. di Caserta) ha condannato NOME COGNOME Pietro in relazione agli artt. 20 lett. b) L. 47/1985, per l’edificazione manufatto abusivo in San Marco Evangelista, INDIRIZZO. Nella specie, l’ordine era stato annullato a fronte dell’accoglimento da parte del Comune del progetto di sanatoria presentato dal proprietario.
Il PM sammaritano aveva lamentato dinanzi al precedente giudice di legittimità con un primo motivo la violazione dell’art. 31 del d.P.R. 380/2001, evidenziando come il titolo edilizio in sanatoria fosse stato rilasciato decorsi i 90 giorni della notifica dell’ordine di demolizione, con conseguente acquisizione dell’immobile al patrimonio edilizio del Comune e con un secondo motivo violazione dell’art. 666 cod. proc. pen. in riferimento alla legittimazione ad agire dell’NOME COGNOME. Ed infatti, a seguito dell’acquisizione al patrimonio immobiliare del Comune, il predetto non era più legittimato a sollevare incidente di esecuzione, né ha interesse a sollevarlo.
Il precedente giudice di legittimità ha ritenuto il ricorso fondato.
Quanto al primo motivo, ha dato atto che coglieva nel segno il PM ricorrente laddove evidenziava che il giudice a quo non avrebbe dovuto ritenere legittimo il provvedimento di sanatoria, essendo ormai stato acquisito, l’immobile, al patrimonio immobiliare del Comune.
Ciò in quanto, come si legge in sentenza, l’articolo 31 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, prevede, quale conseguenza della mancata ottemperanza all’ordine di demolizione, un’automatica fattispecie acquisitiva al patrimonio del comune dell’opera abusiva e della relativa area di sedime. Infatti, i suoi commi 3 e 4 così dispongono: «3. Se il responsabile dell’abuso non provvede alla demolizione e al ripristino dello stato de luoghi nel termine di novanta giorni dall’ingiunzione, il bene e l’area di sedime, nonché quella necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive sono acquisiti
di diritto gratuitamente al patrimonio del comune. L’area acquisita non può comunque essere superiore a dieci volte la complessiva superficie utile abusivamente costruita. 4. L’accertamento dell’inottemperanza alla ingiunzione a demolire, nel termine di cui al comma 3, previa notifica all’interessato, costituisce titolo per l’immissione nel possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari, che deve essere eseguita gratuitamente». Secondo consolidata giurisprudenza, l’ingiustificata inottemperanza all’ordine di demolizione dell’opera abusiva e rímessione in pristino dello stato dei luoghi entro novanta giorni dalla notifica dell’ingiunzione a demolire emessa dall’Autorità amministrativa, determina l’automatica acquisizione gratuita al patrimonio comunale dell’opera e dell’area pertinente.
Il precedente giudice di legittimità chiariva che: «L’effetto acquisitivo si veri fica – contrariamente a quanto asserito a pag. 2 dell’ordinanza impugnata – senza che sia necessaria né la notifica all’interessato dell’accertamento dell’inottemperanza né la trascrizione, in quanto il primo atto ha solo funzione certificativa dell’avvenuto trasferimento del diritto di proprietà, costituendo titolo per l’immissione in possesso, mentre la trascrizione serve a rendere opponibile il trasferimento ai terzi a norma dell’art. 2644 cod. civ. (Sez. 3, n. 6600 del 15/11/2022, dep. 2023, Ucciero, n.m.; Sez. 3, n. 41722 del 31/05/2018, Rv. 274672 – 01; Sez. 3, n. 1163 del 15/11/2016, dep. 2017, Rv. 268737 – 01; Sez. 3, n. 23718 del 08/04/2016, Rv. 267676 – 01; Sez. 3, n. 22237 del 22/04/2010, Rv. 247653 – 01; Sez. 3, n. 39075 del 21/05/2009, Rv. 244891 – 01; Sez. 3, n. 1819 del 21/10/2008, dep. 2009, Rv. 242254 01)”.
La Corte aggiungeva che «secondo consolidata giurisprudenza (Sez. 3, n. 35484 del 15/12/2020, dep. 2021, cit.), il rilascio di concessione o permesso in sanatoria ex art. 36 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, non presuppone, quale atto implicito, la rinuncia da parte del Comune al diritto di proprietà sull’opera abusiva già acquisita al suo patrimonio a seguito del decorso del termine di 90 giorni dalla notifica dell’ordine di demolizione, non essendovi coincidenza, sul piano della competenza, tra l’organo odottante l’atto presupponente (permesso in sanatoria) ufficio tecnico comunale – e l’organo competente alla adozione dell’atto presupposto implicito (rinuncia al diritto di proprietà), da individuarsi in distinti e supe organi comunali (Sez. 3, n. 3261 del 17/11/2020, dep. 2021, Rv. 280870 – 01)».
Con motivazione assolutamente tranciante la sentenza 46702/23 dava atto di come il precedente Collegio di legittimità abbia ritenuto «che il permesso di costruire in sanatoria, successivo all’acquisizione al patrimonio immobiliare del comune, sia illegittimo, in quanto emesso a favore di un soggetto che non era più titolare del bene, spettando al comune di stabilire se mantenere o demolire l’opera (in tal senso, v. Sez. 3, n. 36826 del 14/09/2022, Longobardi, n.m.; Sez. 3, n. 35484 del 15/12/2020, dep. 2021, n.m.)».
La Corte di legittimità chiariva anche che: «Tale illegittimità può e deve essere rilevata dal giudice dell’esecuzione. La giurisprudenza della Corte ha difatti ribadito che il sindacato del giudice penale sul titolo abilitativo edilizio non costituisce eser cizio del potere di disapplicazione, bensì doverosa verifica dell’integrazione della fattispecie penale (ex plurimis, Sez. 3, n. 30168 del 25/05/2017, Pepe, Rv. 270252; Sez. 3, n. 37847 del 14/05/2013, Sonni, Rv. 256971; Sez. 3, n. 21487 del 21/03/2006, COGNOME, Rv. 234469, con dettagliata ricostruzione dell’evoluzione della giurisprudenza sul tema) e che tale potere/dovere deve essere esercitato anche riguardo a provvedimenti amministrativi di sanatoria o condono, poiché il mancato effetto estintivo non è riconducibile ad una valutazione di illegittimità del provvedimento cui consegua la disapplicazione dello stesso, ma alla verifica della inesistenza dei presupposti di fatto e di diritto dell’estinzione del reato in sede di esercizio del doveroso sindacato della legittimità del fatto estintivo, incidente sulla fattispecie tipica penale (Sez. 3, n. 36366 del 16/6/2015, COGNOME, Rv. 265034-01; Sez. 3, n. 23080 del 16/04/2008, COGNOME, non massimata; Sez. 3, n. 26144 del 22/4/2008, Papa, Rv. 240728-01 ed altre prec. conf.)».
Veniva anche ricordato, nell’occasione, che analogo potere/dovere deve essere esercitato nel giudizio di esecuzione. con riferimento al quale la giurisprudenza di legittimità ha precisato che il rilascio del titolo abilitativo conseguente all procedura di «condono edilizio» non determina l’automatica revoca dell’ordine di demolizione, permanendo in capo al giudice l’obbligo di accertare la legittimità sostanziale del 4 titolo sotto il profilo della sua conformità alla legge (Sez. 3, n. 47402 del 21/10/2014, COGNOME e altro, Rv. 260972-01; Sez. 3, n. 42164 del 9/7/2013, COGNOME, Rv. 256679-01; Sez. 3, n. 40475 del 28/9/2010, COGNOME, Rv. 249306-01; Sez. 3, n. 39767 del 28/9/2010, COGNOME, non massimata; Sez. 3, n. 46831 del 16/11/2005, COGNOME, Rv. 232642-01). Infatti, se è ben vero che l’ordine di demolizione legittimamente impartito dal giudice con la sentenza di condanna per un reato edilizio è suscettibile di revoca quando esso risulti assolutamente incompatibile con atti amministrativi della competente autorità, che abbiano conferito all’immobile una diversa destinazione o ne abbiano sanato l’abusività (Sez. 3, n. 47402 del 18/11/2014, COGNOME, Rv. 260973), è altrettanto vero che il giudice dell’esecuzione – investito dell’istanza di revoca o sospensione dell’ordine di demolizione conseguente a condanna per costruzione abusiva – ha il potere/dovere di verificare la legittimità e l’efficacia del titolo abilitativo, sotto il prof rispetto dei presupposti e dei requisiti di forma e di sostanza richiesti dalla legge per il corretto esercizio del potere di rilascio, la corrispondenza di quanto autorizzato alle opere destinate alla demolizione e, qualora trovino applicazione disposizioni introdotte da leggi regionali, la conformità delle stesse ai principi generali fissati dalla legislazione nazionale (Sez. 3, n. 55028 del 10/12/2018, COGNOME
Rv. 274135 – 01; Sez. 3, n. 47402 del 18/11/2014, citata; Sez. 3, n. 42164 del 9/7/2013, COGNOME, Rv. 256679; Sez. 3, n. 40475 del 28/9/2010, COGNOME, Rv. 249306; Sez. 3, n. 17066 del 4/4/2006, COGNOME, Rv. 234321; Sez. 3, n. 46831 del 16/11/2005, Vuocolo, Rv. 232642).
Il giudice dell’esecuzione – secondo l’indicazione del giudice a quo «avrebbe pertanto dovuto procedere ad una valutazione della procedura di condono o sanatoria, e, qualora il titolo fosse risultato illegittimo, rigettare l’istanza di revoca. a maggior ragione, nel caso in cui, come quello in esame, il permesso a costruire è stato annullato in autotutela (in data 08/02/2023) e l’immobile è stato acquisito formalmente al patrim nio del comune (in data 22/02/2023).
La Terza Sezione Penale di questa Corte aveva ritenuto del pari fondato anche il secondo motivo di ricorso, sul rilievo che «dall’accoglimento del primo motivo deriva che, all’atto di interposizione dell’incidente di esecuzione, l’NOME COGNOME non fosse più proprietario del bene, e pertanto non fosse legittimato a chiedere la revoca dell’ingiunzione a demolire, in quanto deve : ritenersi terzo estraneo alle vicende giuridiche dell’immobile (Sez. 3, n. 45432 del 25/05/2016, COGNOME, Rv. 268133 – 01; Sez. 3, n. 35203 del 18/06/2019, Centioni, Rv. 277500 – 01; Sez. 3, n. 49416 del 12/09/2019, COGNOME, Rv. 278260 – 01; Sez. 3, n. 7399 del 13/11/2019, COGNOME, Rv. 278090 – 01, secondo cui «dopo l’acquisizione dell’opera abusiva al patrimonio disponibile del Comune, qualora il consiglio comunale non abbia deliberato il mantenimento del manufatto, ravvisando l’esistenza di prevalenti interessi pubblici, i condannato può chiedere la revoca dell’ordine di demolizione soltanto per provvedere spontaneamente all’esecuzione di tale provvedimento, essendo privo di interesse ad avanzare richieste diverse, in quanto il procedimento amministrativo sanzionatorio ha ormai come unico esito obbligato la demolizione della costruzione a spese del responsabile dell’abuso»).
Il precedente Collegio di legittimità dava atto di condividere, inoltre, l’indirizzo giurisprudenziale (il richiamo è a Sez. 3, n. 2625 del 02/12/2022, dep. 2023, COGNOME, n.m.; Sez. 3 n. 6600 del 15/11/2022, dep. 2023, COGNOME, n.m.) secondo cui (il corsivo è del Collegio) «in tema di reati edilizi, dopo l’acquisizione dell’opera abusiva al patrimonio disponibile del Comune, qualora il consiglio comunale non abbia deliberato il mantenimento del manufatto, ravvisando l’esistenza di prevalenti interessi pubblici, il condannato può chiedere la revoca dell’ordine di demolizione soltanto per provvedere spontaneamente all’esecuzione di tale provvedimento, essendo privo di interesse ad avanzare richieste diverse, in quanto il procedimento amministrativo sanzionatorio ha ormai come unico esito obbligato la demolizione della costruzione a spese del responsabile dell’abuso (Sez. 3, n. 7399 del 13/11/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278090 – 01)».
Ancora, la Corte ebbe a ritenere che che si abbia incompatibilità tra l’acquisizione gratuita e l’ordine di demolizione emesso dal giudice con la sentenza di condanna soltanto se, cori delibera consiliare, l’ente locale stabilisce di non demolire l’opera acquisita ai sensi dell’art. 31, comma 5, d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) il quale prevede che «l’opera acquisita è demolita con ordinanza del dirigente o del responsabile del competente ufficio comunale a spese dei responsabili dell’abuso, salvo che con deliberazione consiliare non si dichiari l’esistenza di prevalenti interessi pubblici e sempre che l’opera non contrasti con rilevanti interessi urbanistici, ambientali o di rispetto dell’assetto idrogeologico» (cfr. in tal senso Sez. 3, n. 37120 del 11/05/2005, COGNOME, Rv. 232174 – 01.), circostanza peraltro non dedotta nel caso di specie. Ne consegue che, qualora il Consiglio comunale non abbia deliberato il mantenimento dell’opera, il procedimento sanzionatorio amministrativo (per le opere realizzate in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali) ha come sbocco unico ed obbligato la demolizione a spese del responsabile dell’abuso. La legittimazione attiva, e il correlato interesse ad agire, del proprietario ablato, sono quindi limitati alla richiesta di provvedere a propria cura e spese alla demolizione. Ogni altra richiesta è priva di interesse (cfr. in tal senso Sez. 3, n. 45432 del 25/05/2016, COGNOME, Rv. 268133).
In sede di rinvio il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, quale giudice dell’esecuzione, in data 31/7/2024, ha rigettato l’originaria richiesta di revoca dell’ordine di demolizione.
Come ricorda il giudice dell’esecuzione con sentenza del 4.4.2000 (irrevocabile il 14.7.2001) il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, sezione distaccata di Caserta, condannava NOME COGNOME Pietro alla pena ritenuta di giustizia per il reato di cui all’art. 20, lett. b), legge 47/85, ed ordinava l’immediata demolizione dell’opera abusivamente realizzata (mutamento di destinazione d’uso di un sottotetto). Già in precedenza, il 28.10.1997, con ordinanza n. 62 notificata il 29.10.1997, il comune di San NOME COGNOME aveva già ingiunto ad NOME COGNOME la demolizionp: , . dell’opera in questione, siccome realizzata in assenza di permesso di costruire. il 26.4.2002 NOME COGNOME aveva chiesto il rilascio del permesso di costruire in sanatoria; la domanda era stata respinta con provvedimento del 26.8.2002. — aie provvedimento di reiezione era impugnato dinanzi al TAR Campania che, con sentenza del 27.10.2004. accoglieva il ricorso ed annullava la decisione. Il 18.4.2005 il Comune di San Marco NOME, chiamato a (ri)pronunciarsi sulla originaria istanza ci sanatoria del 26.4.2002, accoglieva la domanda e rilasciava il permesso di costruire n. 12 de! 18.4.2005. Il 19.10.2022
NOME COGNOME proponeva incidente di esecuzione chiedendo la revoca dell’ordine di abbattimento n. 211/2001 r.e.d. in esecuzione della predetta sentenza. Con provvedimento deli’8.2.2023 il permesso a costruire n. 12 del 18.4.2005 era annullato in autotutela da parte del Comune. Con provvedimento del 22.2.2023 era disposta l’acquisizione al patrimonio comunale dei beni immobili sanati (titolo poi revocato) con permesso n. 12 del 18.4.2005. Avverso questi ultimi due provvedimenti dell’ente locale San NOME COGNOME era proposto ricorso al T.A.R. che, pronunciandosi sulla richiesta cautelare, il 27.3.2023 sospendeva l’efficacia, dell’annullamento del permesso di costruire e dell’ordinanza di acquisizione del bene al patrimonio comunale. Con sentenza pubblicata il 27.12.2023 (decisione in camera di consiglio del 26.10.2023) il T.A.R. annullava gli impugnati provvedimenti amministrativi (cfr, sentenza depositata dalla difesa del ricorrente il 10.7.2024).
Il tribunale campano, in sintesi, ha così argomentato (pagg. 1-2, punto n. 2 dell’ordinanza impugnata): dopo l’ordine di demolizione dell’opera abusivamente realizzata (mutamento di destinazione d’uso di un sottotetto), emesso dal P.M. in esecuzione della sentenza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, passata in giudicato, il Comune ha, prima (il 18 aprile 2005), rilasciato permesso in sanatoria di costruire con oggetto l’immobile in questione e, poi (1’8 febbraio 2023), revocato in autotutela tale provvedimento autorizzatorio, infine (il 22 febbraio 2023) disponendo l’acquisizione al patrimonio comunale dei beni immobili in questione; tuttavia, il Tribunale amministrativo regionale con sentenza del 26 ottobre – 27 dicembre 2023 ha annullato sia il provvedimento di annullamento in autotutela da parte del Comune del permesso di costruire in data 8 febbraio 2023 sia l’ordinanza del 23 febbraio 2023 di acquisizione del bene immobile al patrimonio comunale.
Ebbene tutto ciò premesso, ha osservato il Tribunale, testualmente ed integralmente (p. 2, punti rin. 3-4 del provvedimento impugnato), quanto segue:
« il Tribunale ritiene necessario effettuare qualche precisazione circa l’oggetto del presente procedimento.
Come noto, ai sensi dell’art. 627, comma 3, cod. proc. pen.. il giudice di rinvio si uniforma alla sentenza della Corte di cassazioneper ciò che concerne ogni questione di diritto con essa decisa. Al giudice di rinvio, pertanto, non è consentito valutare questioni che possono ritenersi passate in giudicato.
Applicati, pertanto, i sopra esposti canoni ermeneutici e, soprattutto, i principi espressi nella sentenza n. 46702/23 della Suprema Corte, il g.e. ritiene che la richiesta di revoca dell’ordine di demolizione vada rigettata, per un duplice motivo:
l’ingiustificata inottemperanza all’ordine di demolizione dell’opera abusiva entro novanta giorni dalla notifica dell’ingiunzione a demolire emessa dall’autorità
amministrativa determina l’automatica e gratuita acquisizione dell’opera e dell’area ad essa pertinente al patrimonio comunale. Ciò rende illegittimo il permesso a costruire rilasciato in sanatoria da un soggetto non più titolare del diritto soggettivo sul bene immobile abusivo: una volta acquisita al patrimonio comunale, solo il comune può stabilire, con deliberazione consiliare, l’esistenza di prevalenti interessi pubblici sempre che l’opera non contrasti con rilevanti interessi urbanistici ed ambientali.
La domanda che ha dato origine alla presente procedura esecutiva proviene da un soggetto non legittimato a farlo, per carenza di interesse essendo il bene di proprietà del Comune di San Marco Evangelista».
Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per Cassazione, a mezzo del proprio difensore di fiducia, NOME COGNOME NOME affidandosi ad un solo, complessivo, motivo con cui denunzia promiscuamente violazione di legge (artt. 31 e 36 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380) e vizio di motivazione, che sarebbe meramente apparente ovvero lacunosa ed illogica.
Ad avviso del ricorrente, il provvedimento impugnato, adottato dal Tribunale in sede di rinvio dalla Corte Suprema, si limiterebbe a riportarsi in maniera pedissequa alla sentenza rescindente ma ometterebbe di motivare circa la legittimità della procedura di sanatoria avviata dall’interessato, nonostante l’indicazione in tal senso espressamente contenuta nella pronuncia rescindente, e trascurerebbe altresì di affrontare il tema della “pregiudiziale amministrativa” posto dalla Difesa mediante deposito, effettuato all’udienza camerale del 10 luglio 2024, della sentenza del T.A.R. della Campania del 26 ottobre 2023, pubblicata il 27 dicembre 2023, passata in giudicato, come da allegata attestazione di Cancelleria, sentenza che ha annullato sia il provvedimento in data 8 febbraio 2023 di annullamento in autotutela da parte del Comune del permesso di costruire sia l’ordinanza del 23 febbraio 2023 di acquisizione del bene immobile al patrimonio comunale. Nella motivazione della allegata sentenza – rammenta il ricorso – si afferma essere ormai intangibile il titolo in sanatoria rilasciato alla parte interessata.
Si richiamano più precedenti di legittimità secondo cui il potere del giudice penale di accertare la conformità alla legge o agli strumenti urbanistici di una costruzione abusiva incontra il limite dei provvedimenti dell’Autorità Giudiziaria amministrativa passati in giudicato (Sez. 3, n. 39707 del 05/06/2003, Lubrano di Scorpianello, Rv. 226592), con il limite delle questioni dedotte e non anche di quelle deducibili (Sez. l · n. 11596 del 11/01/2011, Keller, Rv. 249871). Ed avendo il giudice amministrativo nel caso di specie valutato la legittimità del medesimo atto, cioè il titolo concessorio rilasciato all’odierno ricorrente, e per gli stessi pro che interessano il giuerice penale, scatterebbe la preclusione, essendo identico
quanto in effetti dedotto. Inoltre principio di coerenza e di non contraddittorietà dell’ordinamento, e di riflesso anche degli accertamenti giurisdizionali impone come conseguenza la vincolatività del precedente amministrativo, anche in nome della garanzia dell’affidamento sugli strumenti tutela giurisdizionale posti a disposizione del cittadino.
Richiamata ulteriore giurisprudenza di legittimità stimata pertinente, si chiede l’annullamento dell’ordinanza impugnata; al ricorso è allegata la sentenza del T.A.R. della Campania del 26 ottobre – 27 dicembre 2023, con attestazione di irrevocabilità.
E’ pervenuta nei termini memoria con cui il ricorrente, richiamati plurimi precedenti di legittimità, ribadisce ed amplia gli argomenti svolti ed insiste per l’accoglimento del ricorso.
Il P.G. presso questa Corte nella requisitoria scritta del 17 gennaio 2025 ha chiesto il rigetto del ricorso, osservando, tra l’altro (pag. 1), in conformità all motivazione del provvedimento impugnato, che la sentenza del T.A.R. del 26 ottobre – 27 dicembre 2023 «costituisce atto sopravvenuto rispetto alla sentenza della Corte di Cassazione del 9.11.2023 che esula dal giudizio rescissorio» e che, per effetto della mancata ottemperanza nel termine prescritto all’ingiunzione a demolire, l’immobile risulti acquisito definitivamente al patrimonio immobiliare del Comune: donde la illegittimità del permesso a costruire, rilasciato a soggetto non più titolare del bene.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il proposto ricorso è inammissibile.
Ed invero, il giudice del rinvio, con motivazione logica e congrua non ha potuto non prendere atto – ai sensi dell’art. 627, comma 3, cod. proc. pen. secondo cui il giudice di rinvio si uniforma alla sentenza della Corte di cassazione per ciò che concerne ogni questione di diritto con essa decisa – dell’articolato dictum del precedente giudice di legittimità che, come ricordato in premessa, su ricorso del locale Procuratore della Repubblica aveva annullato la precedente ordinanza di sospensione dell’ordine di demolizione sotto due profili.
Il primo è che la richiesta di sanatoria era stata avanzata decorso il termine di novanta giorni per ottemperare all’ordine di demolizione previsto dall’art. 31 d.P.R. 380/01, ossia quando l’opera abusiva era stata già acquisita in via automatica al patrimonio del comune. Di conseguenza, la sanatoria accordata è da ritenersi illegittima.
Il secondo è che l’istante non era legittimato per carenza di interesse alla promozione della domanda di revoca dell’ordine di demolizione, poiché non più proprietario del bene oggetto dell’ingiunzione.
Il precedente giudice di legittimità ha quindi espresso il principio di diritto che decorso il termine di novanta giorni, l’opera abusiva è acquisita automaticamente senza alcuna formalità al patrimonio del comune che, in quanto titolare del diritto, è l’unico a poter disporre del bene; tale acquisizione incide sulla legittimazione del (ex) proprietario a chiedere la revoca dell’ordine di demolizione.
In conclusione, il provvedimento impugnato – e non poteva fare diversamente – si è conformato alla decisione di annullamento con rinvio della Corte di Cassazione, recependo i principi in essa enunciati e correttamente rilevando, sulla base degli stessi, il difetto di interesse del ricorrente.
Il giudice dell’esecuzione ha espressamente argomentato come l’opera abusiva sia stata acquisita al patrimonio comunale, in via automatica e gratuita, decorsi 90 giorni dall’ingiunzione a demolire ai sensi dell’art. 31, DPR 380/2001. Da tale circostanza il giudice ha fatto discendere l’illegittimità del permesso a costruire rilasciato in sanatoria al ricorrente, che non è più titolare di un diritto soggettiv sul bene immobile abusivo. Di conseguenza, egli non è legittimato a presentare istanza di revoca dell’ordine di demolizione dell’immobile abusivo, essendo l’opera in proprietà del comunk,
La sentenza del TAR Campania, indicata dal ricorrente come “pregiudiziale amministrativa”, è stata correttamente ritenuta costituire atto sopravvenuto rispetto alla sentenza della Corte di Cassazione del 9.11.2023 che esula dal giudizio rescissorio, come correttamente osservato dal GE.
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. seni:. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 05/02/2025