Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 22480 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 22480 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 28/05/2025
SENTENZA
Procuratore della Repubblica del Tribunale di Napoli; nel procedimento a carico di COGNOME NOME
avverso l’ordinanza del 03/02/2025 del TRIBUNALE di NAPOLI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG, dott.sa NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato, e dell’avv.to NOME COGNOME difensore di Cerbone, che hanno chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza di data 3/2/2025, il Tribunale di Napoli, quale giudice dell’esecuzione, revocato l’ordine di demolizione emesso con le sentenze n. 207/95 e 89/97 accogliendo l’istanza presentata da COGNOME Claudio.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per Cassazione la Procura della Repubblica presso il predetto Tribunale che ha denunciato la violazione di legge sostanziale e il vizio di motivaz Il ricorso, quindi, ricostruisce gli accadimenti che avevano determinato la proposizi dell’impugnazione esponendo che:
con le sentenze n. 207/95 e 89/97 emesse nei confronti di COGNOME veniva disposta la demolizione delle opere abusive contestate per aver, in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, violando per 17 volte i sigilli apposti dalla PG, realizzato senza titolo e in vi delle discipline tecniche inerenti un fabbricato in cemento armato posto in zona di rilievo sis un immobile allo stato grezzo;
l’intero manufatto, oggetto delle sentenze di condanna di cui alla procedura di demolizion suddiviso in piano cantinato e otto piani fuori terra, era stato frazionato in 24 unità imm per le quali erano state presentate 14 istanze di condono ai sensi della I. 724/94, tutte depos in data 10/2/1995, in numero di due unità per istanza, sempre a comporre cubature inferiori 750 mc, da soggetti estranei all’abuso nella qualità di promittenti acquirenti, eccezion fat le unità immobiliari poste al piano terra e al primo piano le cui istanze erano a nome condannato;
tra il 1996 e il 1997 tutti i promissari acquirenti avevano rinunciato all’acquisto e NOME, unico proprietario, era subentrato nella titolarità delle istanze di condono pendenti;
COGNOME aveva acquistato la proprietà dell’unità immobiliare posta a piano terra da COGNOME NOME con atto del 6/10/2006, la cui stipula era stata resa possibile dall’istanza di condono n. 2452 del 10/2/1995, depositata da COGNOME, ancora pendente al momento dell’acquisto assieme a tutte le altre domande di condono;
in data 3/10/2013, in virtù dell’istanza della predetta istanza di sanatoria, il Comu Casoria rilasciò il permesso di costruire in sanatoria n. 397 per una volumetria di 3231,00 m
l’ordinanza impugnata aveva revocato l’ordine di demolizione di cui alla RESA 66/2005 ritenendo il giudice dell’esecuzione che l’abbattimento si poneva in contrasto co provvedimento di condono adottato intervenuto e con la destinazione residenziale dell’area frattanto intervenuta.
2.1 Venendo, quindi, alle censure fondanti l’impugnazione le doglianze espresse dal ricorrent possono essere così sintetizzate:
il provvedimento impugnato si porrebbe in contrasto con consolidati principi di legitti fatti propri da quattro ordinanze del Tribunale, relative a otto differenti unità del me immobile qui di riferimento, che avevano ritenuto analoghi provvedimenti di condono relativi altre unità immobiliari illegittimi e, conseguentemente, confermato l’ordine di demolizione;
il permesso rilasciato in favore dell’istante e della unità immobiliare di rifernriento illegittimo in quanto:
rilasciato su una porzione di un immobile dalle dimensioni maggiori (21.000 mc.);
rilasciato per una porzione di immobile avente di per sé una volumetria superiore a quel sanabile;
in relazione alla ritenuta, dal giudice, incompatibilità della demolizione dell’edific principio di proporzionalità viene dedotto che:
il principio di proporzionalità come ricostruito dal giudice dell’esecuzione contrasterebbe la stessa sentenza del 14/9/2024 della CEDU che esclude la natura dell’ordine di demolizione
quale sanzione, qualificandola piuttosto come misura ripristinatoria, e sottolinea ciò a evidenziando che si tratta di misura non grave atteso che incide sul diritto di proprietà e s modo indiretto su diritti di natura personale. In particolare si contesta la tesi del tribun quale l’interesse dello Stato al ripristino della situazione di fatto antecedente alla realiz dell’opera abusiva sarebbe recessivo sia rispetto ad interessi di natura personale, laddo l’ordine di demolizione compromettesse irreparabilmente i diritti del soggetto che dispon dell’opera abusiva sia rispetto ad interessi di natura patrimoniale nel caso in cui la situazi pregressa indigenza o sopravvenuta a causa della perdita dell’opera abusiva incidesse sulla sfer personale del terzo sub specie di impossibilità di risarcimento del danno patrimoniale n confronti dell’autore dell’abuso oppure del comune rilasciante titoli in sanatoria.
Si contesta, anche, la legittimazione, nel quadro della prospettiva elaborata dal giu dell’esecuzione, persino del non esercizio del potere demolitorio, sull’assunto per cui i personali prevarrebbero sull’interesse pubblico e che l’art. 39 della L. 724/1994 verrebb legittimare la domanda di condono di chi sia legato alla singola unità immobiliare, con conseguenza che sarebbe irrilevante la circostanza per cui unico sia il soggetto titolare d proprietà del bene.
Si aggiunge che il principio di proporzionalità si “frappone all’esecuzione dell’ordi demolizione per ragioni estranee all’ordine stesso” e i fatti addotti a sostegno devono ess allegati e accertati. In essi, non rientrano la circostanza che l’immobile abusivo sia unico dom dell’interessato né assume rilievo lo stato di necessità. E la valutazione dell’interesse pu sotteso all’ordine di demolizione rispetto al diritto alla vita privata e familiare rispond guida da rispettarsi senza alcuna discrezionalità del giudice. Si deduce, quindi, che in relaz all’immobile di Cerbone non vi sarebbe prova della lesione di interessi a sostegno della tut stabilita dal tribunale essendo la porzione di immobile adibita ad attività commerciale ed essen rimasto indimostrato lo stato di indigenza.
Si aggiunge poi che nel bilanciamento degli interessi contrapposti venivano anche il rili l’esigenza di assicurare la permanenza degli individui in ambienti salubri e in manufatti in g di garantire condizioni di sicurezza nel caso di calamità; si rimarca l’obiettiva incertezza esi in ordine alla conformità dell’edificio, che consta di otto piani fuori terra e di un piano c alla normativa antisismica e a quella sui conglomerati cementizi essendo stato realizzato in zon sismica: “in mancanza di controlli antisismici e in assenza di un progetto di adeguament sismico”; “in assenza del deposito dei calcoli strutturali richiesti per le costruzioni in armato”.
I predetti argomenti sono stati contestati dalla difesa con la memoria inoltrata con cui, aver precisato che COGNOME aveva acquistato l’immobile da “una società di leasing, si sostien che l’art. 8 CEDU tutela non soltanto la “residenza fisica ma anche l’iniziativa econom personale ( COGNOME c. Spagna, Grande Camera 12/6/2014).
Si aggiunge che: non poteva darsi corso alla demolizione nei confronti di chi non aveva dat causa alla illegittimità dell’immobile dopo numerosissimi anni dalla data di accertame
(Sentenza CEDU Hamer c. Belgio); l’ordine di demolizione non poteva prevalere su atti amministrativi con esso incompatibili ( Cass. pen. 24273/10), avendo l’ente territoriale sana manufatto e adottato un PUC che assegnava all’area destinazione residenziale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
2. Deve procedersi ad una pre messa essenziale, inerente l’ordine di demolizione che il giudice penale deve adottare a seguito di condanna per opere abusive, ai sensi dell’art. 31 del DP 380/01.
In particolare, al comma 9 si dispone che ” per le opere abusive di cui al presente articolo, il giudice, con la sentenza di condanna per il reato di cui all’articolo 44, ordina la demolizione opere stesse se ancora non sia stata altrimenti eseguita”.
Le opere abusive contemplate dal citato articolo 31 riguardano “interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali”.
La circostanza per cui l’ordine di demolizione deve essere impartito dal giudice penale “se ancora non sia stata altrimenti eseguita” (dalla pubblica amministrazione ovvero dal diretto interessato) nonché quella per cui si tratta di una misura amministrativa di tipo ripristin alla stessa stregua di quella adottabile, ai sensi del medesimo articolo 31, dall’aut amministrativa, come pure evidenziato nella ordinanza qui impugnata, non può far trascurare alcuni aspetti: da una parte, va evidenziato che l’applicazione della misura ripristinato parola ad opera del giudice penale risente, in un’ottica di tendenziale residualità, concorrenti, legittime determinazioni dell’autorità amministrativa titolare del pot programmazione urbanistica ed edilizia, ai sensi dell’art. 31 D.P.R. n. 380 del 2001, sia pr che dopo il passaggio in giudicato della sentenza (oltre che della eventuale seppur ra demolizione di iniziativa dell’interessato); dall’altra, deve sottolinearsi il dato essenz fonda e connota l’ordine in parola, ovvero l’intervenuta condanna per il reato ex art. 44 del 380/01.
In tale quadro generale, per cui l’ordine di demolizione adottato in sede penale intervien seguito di regolare processo, che accerti l’abusività dell’opera, non può che rilev conseguentemente, che l’ordine di demolizione interviene a rigore dopo che si è assicurato un ampio contraddittorio nei confronti del responsabile dell’abuso, che come tale è stato posto ne condizioni di potere adeguatamente difendersi.
La natura poi amministrativa, di misura ripristinatoria del bene leso, (v. già Sez. 20.11.1996, Luongo e cfr. sul punto anche la condivisibile opinione parzialmente dissenziente parzialmente concordante, dei giudici COGNOME e COGNOME rispetto alla sentenza della Corte Edu nella causa Giem RAGIONE_SOCIALE altri c/ Italia), rivolta al ripristino dell’assetto urbanistico e territor in una prospettiva di restaurazione dell’interesse pubblico compromesso dall’abuso, priva d
finalità punitive e con carattere reale ed effetti sul soggetto che si trovi in rapporto con anche se non è l’autore dell’abuso, riconosciuta ormai in maniera consolidata, sia da giurisprudenza di legittimità che convenzionale, che come tale impedisce ogni possibilità configurare la demolizione quale pena così da non essere neppure oggetto di prescrizione (ex plurimis in ordine a tali ultimi profili, Sez. 3, n. 3979 del 21/002018, dep. 2019, Rv. 27 02; Sez. 3, n. 41475 del 03/05/2016, Rv. 267977 – 01; Sez. 3, n. 49331 del 10/11/2015, Rv. 265540 – 01; Sez. 3, n. 36387 del 07/07/2015, Rv. 264736 – 01; Sez. 3, n. 19742 del 14/04/2011, Rv. 250336 – 01), esclude a rigore, da una parte, ogni possibilità di esaminare stessa alla luce dell’art. 7 della Convenzione EDU, quale articolo la cui rubrica richia brocardo, fervido di valori, “nulla poena sine lege”, come tale non riguardante a rigore inter meramente ripristinatori e non sanzionatori quale quello in esame (sebbene incidentalmente in senso contrario si è indirizzata di recente la Corte Costituzionale con sentenza 146/21, ribadendo la assenza della qualità di pena); dall’altra, tuttavia, l’ordine di demolizione in non si sottrae alla tutela assicurata dall’articolo 1 del Protocollo n. 1 e dall’articolo 6 citata Convenzione. Invero, imporre una misura demolitoria, ancorchè solo ripristinatoria, una parte, all’esito di un procedimento giudiziario in cui essa non abbia avuto la possibil difendersi non porta a ritenerla una imposizione proporzionata al diritto al rispetto de pregiudicabili. Inoltre, un tale procedimento potrebbe anche risultare contrario all’esigen giusto processo derivante dall’articolo 6 § 1 della Convenzione, indipendentemente dal fatto ch la misura demolitoria sia esaminata sotto il profilo civile o penale di tale disposizione.
Si riannoda a tali principi, di recente, la sentenza della Corte EDU, Sez. 1, n. 35780/18, Lo c/Italia, del 27 agosto 2024, che ha ancora una volta escluso la natura di punizione o pena, sensi dell’art. 7, § 1 della Convenzione EDU, dell’ordine di demolizione, aggiungendo che l qualificazione dell’ordine di demolizione come misura riparatoria non comporta alcuna violazion del diritto a un giusto processo, anche se emanato dal giudice penale, né del diritto di propr non potendosi fare affidamento su un immobile abusivo. Si è in proposito anche di recente precisato da questa Corte che non va nemmeno confuso il diritto (personale) all’abitazione co la tutt’affatto diversa questione della persistente violazione degli interessi di natura urba gravanti sull’area di sedime (Sez. 3, n. 39602 del 03/10/2024, Romano, Rv. 287019 – 01).
Le garanzie che si impongono dunque, in ordine alla fase di adozione della misura demolitoria qui in esame, si sviluppano e si esauriscono nel quadro del procedimento penale che porta alla Sua adozione.
Si vuole dire, in altri termini, che l’ordine di demolizione è disegnato dal Legislatore assunto in un quadro di garanzie che trovano immediata esplicazione nel contraddittorio de processo e nel contempo, esaurendosi in quella sede la tutela dei contrapposti interessi – priv e pubblici -, la demolizione consegue, necessariamente, per scelta legislativa, os inevitabilmente, all’accertamento penale della abusività dell’opera, di cui costituisce ogge quanto ineliminabile, immediata conseguenza.
Dunque, occorre osservare e precisare che il giudice penale, contestualmente alla condanna, deve adottare l’ordine di demolizione, senza poter esplicare alcuna valutazione contemperamento tra l’interesse pubblico al ripristino della legalità urbanistica e altri in avendo il Legislatore già elaborato ogni giudizio di prevalenza dell’interesse pubblico attrav la previsione dell’ordine di demolizione dell’intervento abusivo, quale strumento di ripri dell’interesse pubblico tutelato, e violato, in presenza di un avvenuto accertamento responsabilità penale ex art. 44 DPR 380/01.
E del resto, eloquente è in proposito quanto stabilito dalla Corte costituzionale con sente già citata n. 146/2021, laddove, da una parte, si è sottolineato, con riguardo alla confisca in una prospettiva che appare estensibile anche alla misura demolitoria, quale forma anch’essa di riaffermazione dell’interesse alla conformità urbanistica violata -, che essa è annoverat le misure ricadenti nel perimetro del secondo paragrafo dell’art. 1 Prot. addiz. CEDU, ai sensi quale resta in capo agli Stati il diritto «di emanare leggi da essi ritenute necessarie per disciplinare l’uso dei beni in modo conforme all’interesse generale » (paragrafo 291), dall’altra ha altresì concluso, in via generale, dopo avere escluso nello specifico che l’Autorità Giudizi come chiedeva il remittente, possa nei casi concreti sostituire la confisca con altra misur “lieve”, non contemplata dal legislatore, che «il giudice penale non ha competenza “istituzionale” per compiere l’accertamento di conformità delle opere agli strumenti urbanistici»: con espressione che può anche intendersi, nel quadro complessivo della sentenza citata, quale riaffermazione di un perimetro ben preciso e vincolante per il giudice penale, quanto alle mis – ripristinatorie – da applicare, (tra cui l’ordine di demolizione) a fronte di opere penalmente accertate con relativa condanna.
Da tale impostazione conseguono eloquenti principi di legittimità:
l’ordine di demolizione dell’opera abusiva, di carattere reale e a contenuto ripristin conserva la sua efficacia anche nei confronti dell’erede o dante causa del condannato o chiunque vanti su di esso un diritto reale o personale di godimento, potendo essere revocat solo nel caso in cui siano emanati, dall’ente pubblico cui è affidato il governo del ter provvedimenti amministrativi con esso assolutamente incompatibili (Sez. 3, n. 42699 del 07/07/2015, COGNOME, Rv. 265193 – 01; Sez. 3′ n. 16035 del 26/02/2014, COGNOME, Rv. 259802 01; Sez. 3, n. 801 del 02/12/2010, dep. 2011, COGNOME, Rv. 249129 – 01; Sez. 3, n. 47281 d 21/10/2009, COGNOME, Rv. 245403 – 01; Sez. 3, n. 39322 del 13/07/2009, COGNOME, Rv. 2441512 – 01);
l’operatività dell’ordine di demolizione non può essere esclusa dalla alienazione a terzi d proprietà dell’immobile, con la sola conseguenza che l’acquirente potrà rivalersi nei confronti venditore a seguito dell’avvenuta demolizione (Sez. 3. n. 37120 del 11/05/2005, COGNOME, R 232175 – 01);
l’ordine di demolizione del manufatto abusivo è legittimamente adottato nei confronti d proprietario dell’immobile indipendentemente dall’essere egli stato anche autore dell’abus
salva la facoltà del medesimo di far valere, sul piano civile, la responsabilità, contrat extracontrattuale, del proprio dante causa (Sez. 3, n. 39322 del 13/07/2009, Rv. 244612 – 01)
– l’esecuzione dell’ordine di demolizione del manufatto abusivo impartito dal giudice a segu dell’accertata violazione di norme urbanistiche non è esclusa dall’alienazione del manufatto terzi, anche se intervenuta anteriormente all’ordine medesimo, atteso che l’esistenza d manufatto abusivo continua ad arrecare pregiudizio all’ambiente (Sez. 3, n. 22853 de 29/03/2007, COGNOME, Rv. 236880 – 01, che ha ribadito che il terzo acquirente dell’immobile po rivalersi nei confronti del venditore a seguito dell’avvenuta demolizione; nello stesso senso, 3, n. 16035 del 26/02/2014, COGNOME, Rv. 259802 – 01; Sez. 3, n. 45848 del 01/10/201 COGNOME, Rv. 277266 – 01).
Più ampiamente, a fronte di questo evidente quanto tendenzialmente inossidabile rapporto tra ordine di demolizione e res abusiva, deve ribadirsi che la giurisprudenza (cfr. tra l anche in motivazione, Sez. 3, n. 47281 del 2009 e da ultimo Sez. 3 – n. 16470 del 28/03/2024 Cc. (dep. 19/04/2024) Rv. 286151 – 01), con riferimento alla posizione del soggetto proprietar dell’immobile, terzo rispetto al reato, è costantemente orientata, condivisibilmente, nel s che le sanzioni ripristinatorie sono legittimamente eseguite nei confronti degli attuali prop dell’immobile, indipendentemente dall’essere stati o meno questi ultimi gli autori dell’ab salva la loro facoltà di fare valere, sul piano civile, la responsabilità, contr extracontrattuale, del dante causa (cfr. anche v. Cons. Stato, Sez. 5, 1.3.1993, n. 308; Ca Sez. 3, 5.11.1998, Frati; Sez. 3, 24.11.1999, COGNOME; Sez. 3,24.4.2001, n. 35525, Cunsolo, m. 220191; Sez. 3, 13.10.2005, n. 37120, COGNOME; Sez. 3, 10.5.2006, n. 15954, COGNOME; Sez. 3, 29.3.2007, n. 22853, Coluzzi, m. 236880).
Tale principio deve valere anche nei confronti del comproprietario estraneo al reato, che av anch’egli la facoltà di far valere sul piano civile la responsabilità del comproprietario dell’illecito per i danni che l’esecuzione della demolizione potrà arrecare alla sua orig proprietà (e non ovviamente all’immobile abusivo la cui demolizione non può evidentemente comportare un danno risarcibile).
L’ordine di demolizione contiene, infatti, una statuizione di natura reale, che, co corrispondente ordine di rimessione in pristino dello stato dei luoghi, produce i suoi effet confronti di tutti i soggetti che, a qualsiasi titolo, siano o diventino proprietari del b esso incide (Sez. 3, 5.3.2009, n. 16687, Romano, m. 243405).
L’interesse dell’ordinamento, dunque, è nel senso che l’immobile abusivamente realizzato venga abbattuto, con conseguente eliminazione della lesione arrecata al bene protetto e, se s accedesse alla tesi dell’impossibilità di irrogare la sanzione ripristinatoria nei confr proprietario non responsabile dell’abuso, basterebbe una semplice alienazione (reale o simulata per vanificare l’anzidetta fondamentale funzione (in tal senso, già Sez. 3, 13.7.2009, n. 393 Berardi).
L’irrilevanza del regime proprietario dell’immobile abusivo oggetto dell’ordine di demolizi si armonizza poi, come pure è stato perspicuamente già osservato da questa Corte, con la
disciplina della responsabilità solidale del proprietario estraneo all’illecito, posta in m sanzioni amministrative, dalla L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 6.
L’irrilevanza è anche confermata dalla previsione del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 3 comma 2, secondo il quale l’ingiunzione a demolire deve essere disposta dalla autorità comunale anche quando il proprietario del bene non si identifichi con il responsabile dell’abuso (Sez 13.7.2009, n. 39322, Berardi).
Va anche ricordata, siccome pertinente al tema, la giurisprudenza della Corte costituzional che ha escluso – perché in contrasto con gli artt. 3 e 42 Cost. – la possibilità di di l’acquisizione gratuita dell’area di sedime del manufatto abusivo nei confronti del propriet che sia estraneo all’abuso (cfr. ord. n. 82 del 1991 e sent. n. 345 del 1991). La Corte, in dopo avere rilevato che l’acquisizione rappresenta una sanzione autonoma per l’inottemperanza all’ingiunzione a demolire e si giustifica proprio per la coazione psicologica che è in gra esercitare nei confronti del proprietario responsabile al fine di ottenere quel risultato, h anche espressamente specificato che “non per questo viene meno la possibilità di ripristino in quanto, in tale ipotesi, la funzione ripristinatoria dell’interesse pubblico violato dall’a pure ristretta alla sola possibilità di demolizione, rimane affidata al potere-dovere degli comunali di darvi attuazione di ufficio, in forza del principio di esecutorietà, senza che a sia necessaria l’acquisizione dell’area che, se di proprietà di soggetto estraneo all’abuso, rimanere nella titolarità di questi, anche dopo eseguita d’ufficio la demolizione”.
Questa stessa Corte ha anche osservato che, a ben vedere, “il proprietario o comproprietario (non committente rispetto all’abuso) non ha interesse giuridicamente protetto ad oppor all’esecuzione dell’ordine di ripristino. Se l’abuso è avvenuto senza o contro la sua volontà, non può che trarre vantaggio dal ripristino della legalità. Se l’abuso è avvenuto con il conc della sua volontà, il fatto di avere evitato il procedimento penale non costituisce una v ragione perché egli si arricchisca del frutto di un abuso debitamente accertato” (Sez. 3, 14.5.1999, n. 1879, COGNOME, punto 13).
La circostanza che l’ordine di demolizione ha carattere reale e ricade direttamente sul sogget che è in rapporto con il bene, indipendentemente dalla sua partecipazione all’abuso, poi manifestamente non si pone in contrasto con i principi costituzionali ed in particolare col prin di responsabilità personale (cfr. Sez. 3, 24.4.2001, n. 35525, Cunsolo).
Innanzitutto, infatti, tali principi valgono solo per le sanzioni penali e per quelle ammini aventi carattere punitivo e non anche quando, come nella specie, la sanzione è chiamata ad un ruolo di carattere oggettivamente riparatorio, ossia l’eliminazione della causa della lesione.
In secondo luogo, le opere realizzate senza la necessaria concessione edilizia sono di per s illecite – indipendentemente dal titolo di proprietà, di possesso o di detenzione – e devono es eliminate nella loro realtà fisica, chiunque ne sia il proprietario o l’occupante.
In terzo luogo, il titolare del bene o di diritti minori sullo stesso bene potrà usare gli s privatistici per addossare ai soggetti responsabili dell’attività abusiva gli effetti soppor pubblicistica, secondo le norme di diritto comune.
Va dunque preliminarmente ribadito il carattere doveroso dell’ordine di demolizione tendenzialmente operativo, con le precisazioni di seguito riportate, adottato dal giudice pen a seguito di una condanna.
3. L’esercizio del potere demolitorio a fronte dell’opera abusiva, consacrato in sede pena con il presupposto contestuale della sentenza di condanna, è del resto vincolato anche in sede amministrativa (in ciò rinvenendosi un punto di contatto tra ordine demolitorio giudizia amministrativo), come riconosciuto anche dalla giurisprudenza amministrativa, laddove è stato stabilito che “il provvedimento con cui viene in giunta, sia pure tardivamente, la demolizione un immobile abusivo e giammai assistito da alcun titolo, per la sua natura vincolata e rigidamen ancorata al ricorrere dei relativi presupposti in fatto e in diritto, non richiede motiva ordine alle ragioni di pubblico interesse (diverse da quelle inerenti al ripristino della le violata) che impongono la rimozione dell’abuso anche nell’ipotesi in cui l’ingiunzion demolizione intervenga a distanza di tempo dalla realizzazione dell’abuso, il titolare attuale sia responsabile dell’abuso e il trasferimento non denoti intenti elusivi dell’onere di rip (CdS, Ad. Plen., 9/2017 Cons. di St., 5/12/2024 n. 10000).
Nel medesimo senso, quanto alla vincolatività del potere demolitorio, quale che sia l’Autor a ciò legittimata, lo si ribadisce, si è espressa questa Corte, che ha ribadito più volte demolizione ordinata dal giudice penale costituisce atto dovuto, esplicazione di un pote autonomo e non alternativo a quello dell’autorità amministrativa, con il quale può esse coordinato nella fase di esecuzione (cfr. Sez. 3, n. 3685 del 11/12/2013, dep. 2014, Russo, Rv 258518; Sez.3, n.37906 del 22/5/2012, COGNOME ed altro, non massimata; Sez. 6, n. 6337 del 10/3/1994, COGNOME Rv. 198511; cfr., altresì, Sez. U, n. 15 del 19/6/1996, RM. in pr COGNOME, Rv. 205336; Sez. U, n. 714 del 20/11/1996 (dep.1997), COGNOME, Rv. 206659), un potere che si pone a chiusura del sistema sanzionatorio amministrativo (cfr. Corte Cost. Ord. 3 del 18/1/1990; ord. 308 del 9/7/1998; Cass. Sez. F, n. 14665 del 30/8/1990, COGNOME, Rv. 185699).
L’unico profilo in cui sembra venire in rilievo la possibilità che attraverso una valuta discrezionale, ma non giudiziaria, si escluda, definitivamente, la demolizione dell’opera abusi appare fornito dalla previsione di cui all’art. 31 comma 5 del DPR 380/01 laddove prevede che “L’opera acquisita è demolita con ordinanza del dirigente o del responsabile del competente ufficio comunale a spese dei responsabili dell’abuso, salvo che con deliberazione consiliare no si dichiari l’esistenza di prevalenti interessi pubblici e sempre che l’opera non contras rilevanti interessi urbanistici, culturali, paesaggistici, ambientali o di rispetto d idrogeologico previa acquisizione degli assensi, concerti o nulla osta comunque denominati delle amministrazioni competenti ai sensi dell’articolo 17-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241. casi in cui l’opera non contrasti con rilevanti interessi urbanistici, culturali, paesa ambientali o di rispetto dell’assetto idrogeologico, il comune, previa acquisizione degli ass concerti o nulla osta comunque denominati delle amministrazioni competenti ai sensi dell’articol
17-bis della legge n. 241 del 1990, può, altresì, provvedere all’alienazione del bene e dell’ di sedime determinata ai sensi del comma 3, nel rispetto delle disposizioni di cui all’articol comma 2, della legge 15 maggio 1997, n. 127, condizionando sospensivamente il contratto alla effettiva rimozione delle opere abusive da parte dell’acquirente
Trattasi di ipotesi eccezionale, di stretta interpretazione, che comunque conferma la assolu vincolatività dell’ordine di demolizione per il giudice penale.
Altri casi sono pur previsti quali circostanze ostative alla demolizione contestual intervenuta condanna, ma sono sottratti ad ogni valutazione e potere del giudice penale ( conferma della vincolatività del suo ordine demolitorio) e, piuttosto, affidati all’ente competente – seppur comunque mediante esercizio di discrezionalità tecnica, come tale sottratta ad ogni libera valutazione della Pubblica Amministrazione -, oltre che evidentemente rilevan nella fase giudiziaria della esecuzione (altrimenti la portata estintiva del reato di fattispecie, appresso indicate, escluderebbe in origine la condanna): si tratta del condono e de rilascio di permesso in sanatoria ex art. 36 DPR 380/01.
In tal senso si è espressa la consolidata giurisprudenza di legittimità, secondo la qual tema di reati edilizi, l’ordine di demolizione impartito dal giudice con la sentenza di cond per la sua natura di sanzione amministrativa applicata dall’autorità giudiziaria, non è suscett di passare in giudicato essendone sempre possibile la revoca quando esso risulti assolutamente incompatibile con í provvedimenti della P.A. che abbiano conferito all’immobile una diver destinazione o ne abbiano sanato l’abusività (Sez. 3, n. 3456 del 21/11/2012 (dep. 23/01/2013) Rv. 254426 – 01), e può essere sospeso solo qualora sia ragionevolmente prevedibile, sulla base di elementi concreti, che in un breve lasso di tempo sia adottato dall’autorità amministrati giurisdizionale un provvedimento che si ponga in insanabile contrasto con detto ordine demolizione, non essendo invece sufficiente una mera possibilità del tutto ipotetica che potrebbe verificare in un futuro lontano o comunque entro un tempo non prevedibile ed in particolare la semplice pendenza della procedura amministrativa o giurisdizionale, in difett ulteriori concomitanti elementi che consentano di fondare positivamente la valutazion prognostica (ex plurimis, Sez. 3, 17 ottobre 2007, n. 42978, COGNOME, m. 238145; Sez. 3, 5.3.200 n. 16686, Marano, m. 243463; Sez. 3, 30 marzo 2000, Ciconte, m. 216.071; Sez. 3, 30 gennaio 2003, COGNOME, m. 224.347; Sez. 3, 16 aprile 2004, Cena, m. 228.691; Sez. 3, 30 settembre 2004, Cacciatore, m. 230.308). Ancora, in tema di reati edilizi, l’ordine di demolizione impa dal giudice con la sentenza di condanna è suscettibile di revoca quando risulti assolutament incompatibile con atti amministrativi della competente autorità, che abbiano confer all’immobile una diversa destinazione o ne abbiano sanato l’abusività, fermo restando il poter dovere del giudice dell’esecuzione di verificare la legittimità dell’atto concessorio sotto il profilo della sussistenza dei presupposti per la sua emanazione e dei requisiti di forma sostanza richiesti dalla legge per il corretto esercizio del potere di rilascio (Sez. 3, n. 4 21/10/2014 Cc. (dep. 18/11/2014) Rv. 260972 – 01).
Tali approdi interpretativi non risultano incompatibili con la sentenza della Corte costituzi (n. 160 del 3/10/2024) che ha a oggetto la confisca e l’esigenza di salvaguardia, rispetto a ultima misura, del creditore ipotecario, non responsabile dell’abuso edilizio, in data anterior trascrizione nei registri immobiliari dell’atto di accertamento dell’inottemperanza alla ingiun a demolire, nei confronti del Comune divenuto titolare dell’area di sedime a seguito dell’omes demolizione del manufatto abusivo. La Corte se da una parte ha precisato che “posto che l’ordinamento giuridico accorda normalmente tutela al creditore che acquista l’ipoteca su immobile già abusivo, non vi è ragione per cui quel medesimo creditore ipotecario, non responsabile dell’abuso edilizio, debba essere pregiudicato solo perché l’immobile abusivo viene confiscato dal comune per effetto di una sanzione inflitta per l’inottemperanza a un ordine demolizione, di cui altri devono rispondere”, ha precisato che i relativi interessi di costui, tuttavi non possono mettere in discussione il “potere -dovere” degli organi comunali di dare esecuzione d’ufficio all’ordine di demolizione, benché l’abbattimento comporti un evidente pregiudizi creditore in buona fede.
Dunque, in estrema sintesi, l’ordine di demolizione impartito dal giudice a seguito sentenza di condanna è: doveroso, incide, quale misura amministrativa ripristinatoria, sulla abusiva e che sia ancora tale, senza che alcun rilievo possa assumere la posizione di terzi no responsabili dell’abuso, ed in fase di esecuzione esso è passibile di revoca quando risu assolutamente incompatibile con i provvedimenti della P.A. che abbiano conferito all’immobil una diversa destinazione o ne abbiano sanato l’abusività.
Da quanto sinora osservato già consegue il superamento di quanto sostenuto in via prospettica con l’ordinanza impugnata (cfr. pag. 10), in ragione della “natura ‘personalista’ della nostra Carta”, quanto al carattere recessivo dell’interesse pubblico al ripristino della situaz di fatto anteriore alla realizzazione dell’opera abusiva, rispetto ad interessi di natura per in caso di pregiudizio irreparabile cagionato dalla demolizione in ordine a diritti di un s che abbia “il rapporto reale con l’opera abusiva” oppure anche in ordine ad interessi di nat patrimoniale in caso di impossibilità di risarcimento del danno patrimoniale nei confr dell’autore dell’abuso o del comune che abbia rilasciato titoli in sanatoria illegittimi ( 10).
invero, posto che va sottolineata la portata ben più complessa della Carta costituziona rispetto ad una sua prospettiva meramente “personalista”, che tenda come tale a trascurare maniera aprioristica, come sembra emergere dalla ordinanza impugnata, la rilevan interessi pubblici rispetto ad interessi privati – a partire dal diritto di proprie costituisce un bene che incontra plurimi richiami costituzionali al suo contemperamento con interessi pubblici, affidato alla ragionevole valutazione del Leg deve evidenziarsi, altresì, che la stessa giurisprudenza convenzionale ha più volte ri diritto degli Stati «di emanare leggi da essi ritenute necessarie per disciplinare l’uso dei beni
modo conforme all’interesse generale » e si è anche precisato, in particolare, che nessuno può contestare la legittimità delle politiche statali a favore della tutela ambientale, perché in si garantiscono e si difendono anche il benessere e la salute delle persone (Depalle c. Franc , n. 34044/02, § 84, CEDU 2010, e Brosset-Triboulet e altri c. Francia , n. 34078/02 § 87, 29 marzo 2010).
Da quanto sinora esaminato poi, la scelta legislativa, di corredare la condanna penale pe opere abusive di un ordine di demolizione, esprime una valutazione che appare frutto sia di un assicurata tutela degli interessi di parte in contraddittorio, sia di una particolare conside dell’esigenza, pubblica, di preservare il territorio, pur con la costante preoccupazio assicurare che il ripristino riguardi opere persistentemente abusive, così da lasciare sp comunque alla rilevanza di provvedimenti sopravvenuti che ne escludano tale carattere. Del resto, già questa Corte ha osservato come, con la sentenza della Corte EDU del 20 gennaio 2009, Sud Fondi (cfr. in motivazione Sez. 3, n. 47281 del 2009) si sia ritenuto giustificato e conf anche alle norme della CEDU, un ordine di demolizione delle opere abusive incompatibili con le disposizioni degli strumenti urbanistici, eventualmente accompagnato da una dichiarazione di inefficacia dei titoli abilitativi illegittimi (par. 140: “Sarebbe stato ampiamente sufficiente prevedere la demolizione delle opere incompatibili con le disposizioni pertinenti e dichia inefficace il progetto di lottizzazione”): così da potersi reputare implicitamente ammesso, anche a livello convenzionale, che una tale sanzione ripristinatoria possa considerarsi giustif rispetto allo scopo, perseguito dalle norme interne, di assicurare una ordinata programmazione e gestione degli interventi edilizi.
Da questa impostazione, che guarda alla collocazione sistematica ed a più livelli, dell’ord di demolizione ed alla ratio e valutazione di interessi ad essa sottesa, discende il rigore quale l’interprete deve accostarsi nell’esaminare eventuali limiti, in fase esecutiva esecuzione dell’ordine stesso.
Seguendo allora il dipanarsi delle specifiche ragioni poste a base della articolata ordin impugnata e le correlate argomentazioni esposte in ricorso, occorre rilevare come la valutazio in ordine alla legittimità del titolo rilasciato in sanatoria (cd. condono), formulata da dell’esecuzione, confligga con gli approdi cui questa Corte è pervenuta nell’interpretazi dell’art. 39, comma 1, L. n. 724 del 1994, essendo stato più volte precisato che, benché n sussista “alcun divieto al frazionamento ovvero all’accorpamento di unità immobiliari, tuttav tali operazioni possono configurare ipotesi elusive dei limiti legali di consistenza degli im sicché ogni edificio deve intendersi come un complesso unitario facente capo ad un unico soggetto legittimato e le relative istanze di oblazione eventualmente presentate in relazione singole unità che compongono tale edificio devono essere riferite ad una unica concessione in sanatoria, la quale dovrà riguardare lo stesso nella sua totalità. La regola è, pert rappresentata dalla unicità della concessione edilizia per tutte le opere riguardanti un edif
un complesso unitario, escludendosi la possibilità per lo stesso soggetto legittimato di servi separate domande di sanatoria per aggirare il limite legale volumetrico, con la sola eccezio della consentita presentazione di una serie di istanze da parte di quanti sono i proprieta soggetti aventi titolo al momento della domanda, che abbia ad oggetto le sole porzioni appartenenza, anche se comprese in una unica costruzione unitaria” ( Sez. 4, n. 10017 del 3/3/2021, COGNOME, Rv. 280700). Analogo orientamento si rinviene nella giurisprudenza amministrativa, che ritiene illegittimo l’inoltro di diverse domande tutte imputabili ad un centro sostanziale di interesse, in quanto tale espediente rappresenta un evidente tentativo aggirare i limiti consentiti per il condono, relativamente al calcolo della volumetria cons ·(cfr. Cons. Stato, sez. VI, 5 settembre 2018, n. 5211; Cons. Stato, Sez. VI, 23 luglio 2018 4483; Cons. Stato, Sez. VI, 05/09/2012 n. 4711).
Non è quindi in discussione che, in linea di principio, fra i soggetti legittimati ad avan richiesta di condono, vi sia anche il promissario acquirente dell’immobile in virtù di un con preliminare stipulato con il proprietario autore dell’abuso (Cons. St., Sez. IV, n. 65 27/10/2009; TAR Campania, Napoli, Sez. IV, 19/1/2016, n. 255); piuttosto, viene in discussione se, nel caso dell’immobile abusivo realizzato da COGNOME COGNOME, le plurime domande di sanatoria depositate corrispondessero ad altrettanti validi titoli per l’avvio di altrettante procedure di condono, ovvero fossero da ricondurre a un unico centro di interessi, rappresentato da COGNOME NOMECOGNOME che del terreno e dell’immobile era l’indiscusso proprietario.
In proposito, in via preliminare devono operarsi talune premesse e richiamarsi alcuni princi Va precisato, pur con le specificazioni di seguito poi riportate, che secondo questa Corte particolare, come si vedrà, ai fini penali e quindi di estinzione del reato, in tema di c edilizio, in forza degli artt. 6 e 38, comma quinto, della legge 28 febbraio 1985, n.47 – rich dall’art.39, comma 6, della legge 23 dicembre 1994, n.724 – legittimati alla presentazi dell’istanza di concessione in sanatoria sono il proprietario della costruzione abusiva, il t della concessione edilizia, il committente delle opere, il costruttore ed il direttore de (Nella fattispecie la Corte di cassazione ha escluso che i figli del proprietario siano legit presentare detta istanza) (Sez. 3, n. 30059 del 16/05/2018 Rv. 273760 – 01.). Consegue che la domanda di condono da parte di un privato, che non risulti, proprietario né rientri tra le categorie ammesse, esclude la legittimità del rilasciato provvedimento di condono stante presentazione della domanda da parte di soggetto non legittimato.
A tale ultimo riguardo è utile comunque fornire talune precisazioni, alla luce del caso di spe circa la tematica specifica della rilevanza del preliminare rispetto alla legittimazione ad av istanza di condono.
In proposito, si rappresenta che la sanatoria, ovvero nel caso in esame quella specifica s forma costituita dal condono, consente, a date condizioni, la estinzione del reato oltre regolarizzazione amministrativa dell’immobile.
In proposito, questa Corte (Sez. 3, n. 11624 del 04/11/1997 Rv. 209707 – 01) ha precisato che l’oblazione (in cui si articola nella sostanza il condono, sul piano penale), in base all’
cod. pen., è causa d’estinzione del reato, che – come le altre – ha effetto soltanto per col quali si riferisce. La sua estensione a soggetti diversi deve essere espressamente stabilita materia, la legge 28 febbraio 1985, n.47 (che per questa parte non ha subito modifiche con l sopravvenuta disciplina del c.d. condono) prevede all’art. 38 soltanto il caso dei compropriet statuendo che il versamento eseguito da uno di essi giova anche agli altri per l’evidente uni della posizione. Dispone ancora che i soggetti indicati nell’art. 6 (titolare della conces committente, costruttore e direttore dei lavori) devono, invece, per fruire dei benefici, prese autonoma domanda e versare il trenta per cento della somma applicabile al proprietario.
L’art. 31 della stessa legge statuisce, inoltre, che alla richiesta di sanatoria adempimenti relativi possono provvedere coloro che hanno titolo ai sensi della legge n. 10 de 1977 nonché ogni altro soggetto “interessato” al conseguimento della sanatoria medesima.
E’ allora necessario tenere distinti i vari profili collegati con la sanatoria edilizia: essi atteng ai settori amministrativo, penale e tributario, che tra loro non sempre coincidono.
In questa sede occorre in particolare differenziare il campo amministrativo da quello penale
Quello amministrativo, ha una rilevanza oggettiva ed attiene all’immobile, sanabile da og soggetto “interessato” e a ciò legittimato.
Quello penale, presenta un riferimento soggettivo e concerne il singolo imputato, il quale, p ottenere la declaratoria d’estinzione dei reati di cui all’art. 38, deve corrispondere l’ob personalmente, senza potersi giovare del procedimento e del pagamento posti in essere da altri (con l’unica eccezione legislativa – si ripete – dei comproprietari).
Nella specie, dunque, il tema dei beneficiari della ordinanza impugnata quali “interessati non imputati, impone la verifica del fondamento, necessario, di un tale interesse, che non pu certamente prescindere da una cornice giuridica e dunque non piò fondarsi solo su meri dati d fatto.
In particolare, il giudice ha individuato tale interesse in un intervenuto contratto preli Al di là della assenza di ogni specifica, analitica descrizione dell’atto, nel caso di specie verificare se in astratto un contratto preliminare possa fondare un interesse a presentare ista di condono da parte del promittente acquirente.
In proposito, questa Corte ha osservato che la nullità prevista dall’art. 40 della leg febbraio 1985, n. 47 con riferimento a vicende negoziali relative ad immobili privi d necessaria concessione edificatoria deve ritenersi limitata ai trasferimenti aventi effetto re non estesa ai contratti ad efficacia meramente obbligatoria, come il preliminare di vendita (S 2, Sentenza n. 2204 del 30/01/2013, Rv. 625151 – 01).
Quindi, escluso che l’abusività di un immobile possa costituire un ostacolo alla astra rilevanza di un preliminare di vendita rispetto al condono di un’opera abusiva, occorre rilev come non appaia affatto secondario, nel caso in esame, anche stabilire se un contratto preliminare di vendita di un’opera abusiva possa fondare, di per sé, “l’interesse” giuridicame rilevante del promissario acquirente a presentare istanza di condono per l’immobile d riferimento, quale “legittimato” a tale istanza.
La risposta è nel senso della necessità di talune concrete condizioni perché sussista l’interes in parola.
Questa Corte, come in precedenza accennato, ha già stabilito (Sez. 3 – n. 39602 del 03/10/2024) Rv. 287019 – 01) che legittimato a chiedere il cd. condono ai sensi degli artt. legge n. 724 del 1994, e 31, commi primo e terzo, legge n. 47 del 1985 (con principio valevol per tutte le tre diverse discipline di condono succedutesi nel tempo), è il proprietario no «ogni altro soggetto interessato al conseguimento della sanatoria».
Tuttavia, come anticipato, si tratta di un interesse che deve risultare giuridicam qualificato e non di fatto (cfr. amplius anche Sez. 3 -n. 39602 del 03/10/2024) Rv. 287019 01). Di contro, quindi, può già evidenziarsi che non è legittimato a presentare domanda d condono chi non ha alcuna relazione, qualificata, con il bene.
Da tale impostazione, consegue che in giurisprudenza si è specificato che legittimato presentare domanda di condono è sia l’autore dell’abuso (Cons. St., Sez. 6, n. 3587 de 07/04/2023; Cons. St., Sez. VI, n. 7061 del 16/11/2020), sia persino il promissario acquiren dell’immobile in virtù di un contratto preliminare stipulato con il proprietario autore del (Cons. St., Sez. IV, n. 6545 del 27/10/2009). In tale ultimo caso esaminato dal Consiglio Stato, va precisato, in virtù del contratto preliminare il richiedente era stato immess possesso dell’immobile da anni.
Tale ultimo requisito, della peculiare “qualificazione” della concreta posiz dell'”interessato” e quindi, quanto al caso di specie, del promissario acquirente, impone dunq di considerare e approfondire un dato normativo che qui appare rilevante, di cui all’art. commi primo e terzo, legge n. 47 del 1985, che attribuisce la legittimazione a presenta domanda di sanatoria ovvero di condono al proprietario e a coloro che, ai sensi dell’odierno a 11 d.P.R. n. 380 del 2001, hanno titolo per chiedere il permesso di costruire.
Va premesso che la giurisprudenza amministrativa ha chiarito che il permesso di costruire quale titolo edilizio la cui citazione appare in questa sede congrua pur venendo qui in esame distinto ma analogo titolo edilizio costituito dal condono -, può essere rilasciato non s proprietario dell’immobile, ma a chiunque abbia titolo per richiederlo (così come previsto dall 11, co. 1, D.P.R. n. 380/2001), e che tale ultima espressione va intesa nel senso più ampio una legittima disponibilità dell’area, in base ad una relazione qualificata con il bene, sia natura reale, o anche solo obbligatoria.
In tale prospettiva interpretativa, relativa al tema dei requisiti di legittimazione r provvedimenti edilizi e amministrativi, appare condivisibile allora, quanto al tema in es l’indirizzo della giurisprudenza amministrativa (cfr. Consiglio di Stato in sede giurisdizio Sezione Sesta – del 10.2.2022, sul ricorso numero di registro generale 8177 del 2021) secondo cui la posizione di pronnissario acquirente, in quanto tale, non è idonea a fondare la legittimaz a ricorrere. Già da tempo il Consiglio di Stato (sez. IV, 12/04/2011, n. 2275) ha afferma principio secondo il quale non può ritenersi legittimato ad impugnare il provvedimento con quale un Comune ha annullato in autotutela un piano di lottizzazione, il promissario acquiren
del terreno interessato dal medesimo piano di lottizzazione, ove questi, nonostante la stipula contratto preliminare di compravendita dell’area, non abbia acquisito la effettiva e mater disponibilità del terreno stesso, che si potrebbe configurare in caso di preliminare cd. ad effetti anticipati, con il quale quantomeno si anticipa l’effetto della consegna dell’immobile.
In altri termini, la situazione giuridica soggettiva qualificata in astratto da una norma, la legittimazione a ricorrere, deve discendere dalla speciale posizione qualificata del sogg che lo distingue dal quísque de populo rispetto all’esercizio del potere amministrativo (Cons. St., ad. plen, 25 febbraio 2014, n. 9, in Foro it., 2014, III, 429 ss.).
Chi non abbia mai acquistato il possesso o la detenzione o, ancora, la materiale disponibil del bene, non ha in capo alcuna posizione giuridica diversa dall’interesse di mero fatto (cf proposito Cons. St., sez. VI, 14 marzo 2022, n. 1768).
Il Consiglio di Stato ha anche da ultimo condivisibilmente chiarito la reale situazione rico dal promissario acquirente in quanto tale, (cfr. sentenza n. 6961 del 14 ottobre 2019) precisan che “rispetto agli interessi pretensivi, il potere di conformazione e di autorizzazione e investe (..) in via diretta ed esclusiva il proprietario della res, in capo al quale l’i appunta, mentre il vincolo obbligatorio che si instaura tra il promittente venditore promissario acquirente fa sì che le modalità di esercizio del potere riverberino, sulla posi del secondo, effetti solo indiretti relegando la posizione di quest’ultimo, nell’ambit relazione pubblicistica, a quella di titolare di un mero interesse di fatto. Tali effet rilevano invece sul piano civilistico dell’esatto adempimento e quindi nell’ambito della rela contrattuale, giammai in seno alla relazione procedimentale dove il proprietario res l’interlocutore esclusivo della vicenda dinamica del potere”. In tale quadro, in altri termini, il promissario acquirente è in questa sua qualità “privo di una situazione giuridica soggettiva idonea a differenziarne la posizione e quindi a radicarne la legittimazione, non potendosi riten idoneo a tale scopo il mero vincolo obbligatorio che ha ad oggetto la prestazione (nella spe del consenso richiesto per il perfezionamento del contratto) non l’esercizio di un potere”.
In linea con quanto sopra precisato e illustrato, dunque, questa Corte ritiene che la posizione soggettiva del promissario acquirente, non qualificata da altri dati fondanti un inte reale, meritevole di tutela anche sul piano della procedura amministrativa di sanatoria, a par dalla concreta quanto costante e conclamata disponibilità del bene, come evidenziato talvolta giurisprudenza, non radica un interesse qualificato: tanto più ove si consideri la disciplina p del contratto preliminare, che non preclude la possibilità della mancata conclusione del contra definitivo non solo da parte del promissario alienante, ma anche ad opera del promissari acquirente né tantomeno garantisce sine die le garanzie del regime delle trascrizioni ex art. 2645 bis cod. civ., con possibile rilevanza e prevalenza di posizioni di terzi rispetto al prom acquirente. Con la possibilità, quindi, che, innescata una procedura di condono da parte quest’ultimo, la stessa proceda e venga definita, anche positivamente, formalmente a suo favore, tuttavia in assenza di una stipula del contratto definitivo e, in ultima analisi, a formale di un soggetto non più “interessato”, come pure richiesto per legge. Un tale esito appa
e
allora compatibile nel sistema normativo vigente, civilistico e amministrativo, solo in pres di un previo interesse qualificato, serio, nei termini suddetti, del promissario acquirente.
Nel medesimo senso, seppure sul diverso piano della impugnazione di provvedimenti di sanatoria della Pubblica Amministrazione, si è evidenziato che “il promissario acquirente dell’immobile confinante con quello dei controinteressati, non ha veste giuridica per l’eser dell’azione impugnatoria, posto che è titolare di rapporto obbligatorio non idoneo a fondare q rapporto di stabile collegamento con i luoghi interessati dai provvedimenti asseritamen illegittimi, sicché non può predicarsi in capo a tale soggetto l’esistenza di una posizi interesse legittimo che sia stata lesa da un provvedimento di sanatoria, bensì di un interesse mero fatto eventuale e certamente non attuale potendo venire meno anche sulla base della semplice rinuncia ad effettuare l’acquisto con la stipula del contratto definitivo” ( cfr. TAR Sicilia (CT) Sez.II n. 992 del 3 maggio 2019).
Del resto tale impostazione, nella misura in cui esprime la necessità di interessi concre ben delineati alla base, in generale, della legittimazione a chiedere il condono, trova espress persino su altro piano, ben più consolidato giurisprudenzialmente rispetto a quello qui in esam quale quello dei rapporti tra comproprietari: in proposito, rileva la precisazione per cui, di procedimento per rilascio di titolo edilizio in sanatoria, deve formare oggetto di valuta da parte del Comune, la sussistenza di tutti i presupposti cui la legge condiziona il sudd rilascio e, fra essi, anche la circostanza che l’istanza di sanatoria provenga da un sogg qualificabile come proprietario dell’edificio oggetto degli interventi della cui sanatoria giu tratti e che abbia l’intera proprietà del bene, e non solo una parte o quota di esso. Non invece riconoscersi la legittimazione al semplice proprietario pro-quota ovvero al comproprieta di un immobile, atteso che il contegno tenuto da quest’ultimo potrebbe pregiudicare i diritti interessi qualificati dei soggetti con cui condivida la propria posizione giuridica sul bene o di provvedimento; di conseguenza, in caso di pluralità di proprietari del medesimo immobile, domanda di rilascio di titolo edilizio, sia esso o non titolo in sanatoria di interventi già deve necessariamente provenire congiuntamente da tutti i soggetti con un diritto di proprie sull’immobile, potendosi ritenere legittimato alla presentazione della domanda il sing comproprietario solo ed esclusivamente nel caso in cui la situazione di fatto esistente sul b consenta di supporre l’esistenza di una sorta di cd. pactum fiduciae intercorrente tra i vari comproprietari (Cons. St., Sez. 2, n. 1766 del 12/03/2020; Cons. St., Sez. 6, n. 1563 16/02/2024). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Va dunque ribadito che hanno titolo a richiedere il permesso di costruire tutti coloro dimostrino di trovarsi con il bene in una relazione qualificata, non necessariamente connessa a un diritto reale ma derivante anche da rapporto giuridico ad effetti obbligatori.
Rispetto al caso in esame questo profilo appare estremamente carente.
Come si evince dallo stesso provvedimento impugnato, COGNOME NOME era – subentrato” in tutte le istanze di condono presentati da soggetti qualificatisi come promissari acquirenti, risult risolti i contratti preliminari.
Dunque, non emerge una analisi dei profili di validità del condono, e in primo luogo frazionamento dell’edificio, da operarsi alla luce dei principi immediatamente prima richiam ed in presenza, piuttosto, di una acritica sussunzione del mero dato formale di una presentazion di singole domande da parte di autoqualificati promissari acquirenti (per i vari appartame dell’unico immobile), di cui si trascura l’univoco quanto ingiustificato abbandono del vin negoziale, né si coglie alcun qualificato rapporto con la res, con tutte le relative conseguenz concreto quanto legittimo svolgimento della procedura di sanatoria e dei suoi adempimenti anche in termini soggettivi ( imputabili piuttosto al Fusco), e a fronte peraltro della assenza reazione, con appositi strumenti civilistici, da parte del Fusco medesimo, nei confronti promissari acquirenti venuti meno.
Cosicchè, piuttosto, paiono emergere una pluralità di elementi con cui doversi confrontare sintomatici, allo stato degli atti qui disponibili, della non peregrina ipotesi del ricorren natura fraudolenta del frazionamento procedimentale del manufatto, ai fini del rilascio provvedimenti sananti; ipotesi che già il Comune (oltre poi al giudice) avrebbe dovuto verifica gravando sull’ente l’obbligo di accertare, prima di rilasciare il titolo, se l’istante sia il dell’immobile oggetto dell’intervento costruttivo o che, comunque, ne abbia un titol disponibilità sufficiente per eseguire l’attività edificatoria (Cons. St., Sez. H, dell’11/09/2024; Cons. St., Sez. IV, n. 1827 del 15/03/2022; Cons. St., Sez. VI, n. 3048 22/05/2018; Sez. U, civ., n. 23317 del 04/11/2009, Rv. 609701 – 01).
E invero, le allarmanti anomalie delle pratiche di sanatoria inoltrate per l’immobile abusi esame, risultano ignorate non soltanto dal Comune, che ha rilasciato i provvedimenti i sanatoria, ma anche dal Tribunale, che non ha dato alcun rilievo al fatto che i provvedimen sananti che andavano a legittimare una volumetria di oltre 20.000 mc. accoglievano istanze inoltrate da soggetti che, per quanto emerge dagli atti disponibili per questa Corte, non aveva al momento della domanda e ancor più della successiva decisione sanante (per “silenzio” e per “conferma”, secondo la ordinanza impugnata), alcun rapporto – serio e reale – con le res, co da poter apparire, piuttosto, autori di forme negoziali simulate, al solo fine di eludere volumetrici imposti dalla legge 724/1994.
Ma vi è di più. Il paragrafo 5 dell’ordinanza, relativo alla legittimità del titolo di c sofferma sulla legittimazione dei promissari acquirenti a presentare la domanda di condono, assume che “l’interesse al condono è collegato alla singola richiesta” (pag. 12) ma poi non spieg come quella di Fusco, accolta dal permesso di costruire n. 397 che aveva sanato una volumetria di mc. 3231,00, sia compatibile con l’art. 39 I. 724/94, ripetutamente richiamato dal Tribun che prevede un limite di cubatura per singola richiesta di concessione in sanatoria di mc. 750
Con evidente , incidenza negativa sulla invocata buona fede del terzo qui ricorrente, in sed esecutiva, circa la abusività delle opere, posto anche che, giova sottolinearlo, l’orig acquisto appare per giunta anteriore al momento di ritenuta definizione del condono. Così ch non emerge neppure un ipotetico affidamento, comunque irrilevante per quanto detto e si dirà ai fini della revoca della demolizione, in anteriori e formali condotte sananti della P.A.
v
A fronte dunque di un’argomentazione sviluppata dall’Ufficio di Procura, che rappresentava che le istanze di sanatoria “”accolte” – in quanto relative a un complesso immobiliare per il q non soltanto non era stato costituito (né emerge diversamente in ordinanza o altri a disponibili), un distinto diritto di proprietà su porzioni dello stesso, ma addirittura avevano perso, subito dopo la presentazione della domanda, ogni interesse all’esito dell medesima – erano espressione di un frazionamento artificioso della domanda di condono, e quindi da imputare ad un unico centro sostanziale di interesse che si era avvalso di t stratagemma per eludere il limite legale di volumetria, il Tribunale fornisce una risposta del apparente, che si esaurisce nel ribadire che anche i promissari acquirenti erano legittimati presentazione della domanda di condono, senza confrontarsi con le peculiarità della vicenda, come ricostruita da una delle parti del procedimento. Addirittura, ignorato risulta il rilie il superamento del limite di volumetria della domanda di condono prot. 2452 depositata da Fusco il 10/2/1995.
Strettamente connessa a questa prima questione, è la possibilità del giudice dell’esecuzion di sindacare il provvedimento sanante intervenuto, al fine di verificarne la legittimità in r alla richiesta revoca dell’ordine di demolizione.
E’ sufficiente qui ricordare che costituisce espressione di un orientamento consolidato questa Corte, il principio secondo cui è da riconoscersi al giudice un potere-dovere di valutazi del titolo abilitativo finalizzato, non tanto ad una valutazione di legittimità pro all’eventuale disapplicazione, quanto piuttosto, e precipuamente, ad una verifica de sussistenza effettiva dei presupposti, di fatto e di diritto, dai quali dipende l’estinzione (fra le tante Sez. 3, n. 27977de1 4/4/2019, Caputo; Sez. 3, n. 46477 del 13/7/2017, COGNOME, Rv. 273218; Sez. 3, n. 26144 del 22/4/2008. Papa, Rv. 240728; Sez. 3 n. 23080 del 16/4/2008, COGNOME). Si è altresì evidenziato, in particolare (Sez. 3, n. 38071 del 19/09/2007) Rv. 237 01), che in tema di condono edilizio, il giudice ha il potere – dovere di controllare la sussi delle condizioni di applicabilità del condono in quanto si tratta di un potere di co strettamente connesso all’esercizio della giurisdizione, il cui mancato esercizio determ inevitabilmente ed inutilmente la dilatazione dei tempi del processo. (In motivazione la Cor nell’enunciare il predetto principio, ha poi esemplificato ciò che deve costituire oggett controllo giudiziale: a) data di esecuzione delle opere; b) rispetto dei limiti volumet eventuali esclusioni oggettive della tipologia d’intervento dalla sanatoria; d) tempestività presentazione, da parte di soggetti legittimati, di una domanda di sanatoria riferita alle abusive contestate nel capo di imputazione).
In tale prospettiva, è opportuno ribadire il tema della unitarietà o meno del cent interessi cui può essere ricondotta, o possono essere ricondotte, una o più domande di sanatoria.
In altri termini, è tendenzialmente unico il centro di imputazione della domanda di condo di un immobile abusivo e in tal caso all’unica domanda e all’unitario immobile vanno rapportat requisiti volumetrici del condono. Nel contempo, un frazionamento dell’immobile con correlat possibilità di presentare distinte e plurime domande è possibile, ma solo in limitate e pre ipotesi: allorquando sussistano distinti titoli di legittimazione prima della domanda, c potersi individuare distinti legittimati per distinte quanto autonome unità immobiliari. In plurimi proprietari ovvero promissari acquirenti, per quanto qui interessa, è necessario ch monte emergano distinti titoli di proprietà per ogni negozio e distinte unità immobi autonome.
In proposito, rileva quanto precisato dalla Corte Costituzionale che, nel dichiarare non fond la questione di legittimità costituzionale dell’art. 39, comma 1, legge n. 724, cit., sulla pr che «il limite di “750 metri cubi” trova un temperamento nelle nuove costruzioni (e solo queste), anche perché per i nuovi edifici non è possibile un raffronto con una costruzi originaria», ha spiegato che la possibilità (definita “derogatoria e, come tale, di st interpretazione’) di calcolare la volumetria per singola richiesta di concessione edili sanatoria, presuppone ipotesi di legittima ed ammissibile scissione della domanda di san per effetto della suddivisione della costruzione o limitazione quantitativa del titolo che abilita la presentazione della domanda di sanatoria. «I casi afferma la Corte possono essere molteplici: proprietà di parte della costruzione a seguito di alienazione o di singole opere da sanare ( 31, primo comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47) o titolarità di diritto di usufrut abitazione (ad es. limitata a singola porzione di immobile), titolarità di diritto pers godimento, quando la legge o il contratto abiliti a fare le opere (art. 31, terzo comma, legge n. 47 del 1985, in relazione all’art. 4 della legge 28 gennaio 1977, n. 10) o ogni soggetto interessato al conseguimento della sanatoria (art. 31, terzo comma, della legge n. 4 del 1985), come l’istituto di credito mutuario, con ipoteca su singola porzione di immobi locatario o altri aventi titolo a godere della porzione di immobile. Ciascuno dei soggetti, sopra specificati, può presentare la domanda di sanatoria per le porzioni di immobile per le qu è legittimato, ed è questa l’unica possibilità, cui logicamente può riferirsi la deroga, in q concessione edilizia deve essere necessariamente unica per tutte le opere riguardanti un edifici o un complesso unitario, quando si riferisce a nuova costruzione, e solo eccezionalmente può operarsi una scissione quando esiste una norma che legittima in maniera differenziata soggett diversi dal costruttore. Di conseguenza uno stesso soggetto legittimato non può utilizza separate domande di sanatoria per aggirare il limite di volumetria previsto dall’art. 39, comma, della legge n. 724 del 1994, dovendosi, in tal caso, necessariamente unificare l richieste quando si tratti della medesima nuova costruzione da considerarsi in senso unitari Potranno, invece, (ed è questa la previsione mirata dal legislatore) aversi, una serie di is quanti sono i proprietari o i soggetti aventi titolo al momento della domanda, relative per cia richiedente alle porzioni di appartenenza anche se comprese in una unica costruzione unitaria Corte di Cassazione – copia non ufficiale
la volumetria dovrà essere calcolata rispetto a ciascuna separata domanda di sanatoria, riunificando, tuttavia, le porzioni dello stesso titolare» (Sentenza n. 302 del 1996).
Coniugando allora il principio della tendenziale unitarietà della pratica di condono con qua esposto in tema di astratta quanto eccezionale possibilità di individuare distinti sog legittimati a chiedere il condono medesimo, tra cui, alle condizioni suindicate, i promi acquirenti, viene altresì in rilievo anche il dato non solo della necessaria sussistenza – ai una valida procedura di condono – di un interesse serio e reale in capo a costoro, per la l concreta legittimazione, come sopra esposto, ma anche quello, praticamente simultaneo, della esistenza di reciproche promesse di acquisto e vendita che abbiano ad oggetto diritti di proprie previamente distinti rispetto all’unico complesso edilizio, così che, al contrario, la stipu preliminari aventi ad oggetto quote indistinte dell’unico diritto di proprietà facente capo al proprietario, inficia anche essa la legittimazione dei predetti “promissari”. La neces unitarietà del condono oltre a investire l’unitario immobile, seppure con le eventuali dero prima precisate, si riverbera anche nella necessaria incidenza del condono sull’intero immobil di modo che non appare possibile sanare, ovvero condonare, solo parti del medesimo edificio, così da lasciarne altre in perenne stato di abusività, di fatto ancora una volta separando esclusivi fini personali, parti dello stesso immobile.
Anche questi profili non paiono scandagliati sub specie di una previa verifica di legittimaz dei soggetti richiedenti.
10. Quanto poi alla tesi del giudice, secondo la quale la formazione del titolo sanante, sia il decorso del termine in assenza di provvedimenti dell’autorità amministrativa, sia per il ri successivo del formale provvedimento di condono, determinerebbe la caducazione dell’ordine di demolizione, senza la possibilità per il giudice penale di sindacare la legittimità del tito ribadirsi in via generale l’indirizzo per cui il legislatore ha accolto la tesi seco provvedimento formatosi per silenzio assenso postula la liquidazione definitiva, da parte d Comune, dell’oblazione e l’accertamento della possibilità dell’opera di conseguire la sanato (cfr. in motivazione, Sez. 3, Sentenza n. 4749 del 13/12/2007 (dep. 30/01/2008 ) Rv. 238787 – 01). Analogamente, quanto al cd. terzo condono, e con principio che deve ritenersi valevole via generale, si è stabilito che il silenzio-assenso, ai fini della condonabilità de abusivamente realizzata ex art. 32, comma 37, d.l. 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, in legge 24 novembre 2003, n. 326, si forma a condizione che vi sia rispondenza della domanda di condono edilizio ai requisiti previsti dalla legge per il prodursi dell’ sanante. (Sez. 3, n. 727 del 25/10/2022, dep. 2023, Caponera, Rv. 284055 – 01).
Dall’altro canto, si osserva, altresì, che la predetta tesi di cui alla ordinanza, circa la formazione del silenzio assenso in sede di condono e la non disapplicabilità di taler atto, fi per riproporre posizioni ancorate ai principi della Sezioni Unite Giordano (n. 3 del 31/1/1 Rv. 175115) che da decenni la giurisprudenza ordinaria e amministrativa ha abbandonato, rilevando invece che l’incidenza del provvedimento amministrativo su un reato già commesso
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impone al giudice penale di “controllare, pieno iure, la sussistenza dei presupposti per la sua emanazione e dei requisiti di forma e di sostanza richiesti dalla legge per il corretto eserciz potere di rilascio” ( Sez. 3, n. 9331 del 21/11/2023, Di Miglio).
In altri termini, la tesi di cui alla ordinanza, della avvenuta quanto insuperabile matura del silenzio assenso, accompagnato poi anche da un provvedimento comunale formale di condono, interpretabile come conferma del silenzio assenso già formatosi, appare fuorviante ed eccentrica rispetto alla consolidata giurisprudenza di legittimità, secondo cui le verific giudice penale in materia di consumazione di reati edilizi come anche della loro eventual estinzione per sanatoria, non implicano anche la potenziale “disapplicazione” degli eventuali ti amministrativi intervenuti ab origine rispetto all’edificazione ovvero sopravvenuti poi “a sanatoria”, bensì impongono un più ampio e complesso vaglio di conformità della fattispecie concreta rispetto ai requisiti urbanistici e/o di sanatoria stessa; cosicchè, l’esito negativ accertamenti non determina, anche in presenza di provvedimenti autorizzativi o di sanatoria rilasciati (tantomeno per silenzio assenso), la loro “disapplicazione” ma un più generale giudi negativo sulla sussistenza dei requisiti di legge per la realizzazione dell’opera o per la sua s sanatoria. Con l’ulteriore conseguenza per cui non osta alla predetta verifica del giudice pen ogni disquisizione – pur proposta in ordinanza anche con note argomentazioni relative all portata, tra gli altri, dell’art. 21 nonies L. 241/1990 -, circa la persistente efficacia, f un eventuale successivo annullamento, dell’atto formatosi per silenzio assenso, una volta decorsi i termini previsti dalla domanda, ancorchè in assenza dei requisiti di legge.
Deve altresì aggiungersi, peraltro, che nel caso concreto, ed alla luce di quanto sino osservato in termini di legittimazione alla istanza di condono, l’assenza della stessa, come p potersi prefigurare in capo ai sedicenti promissari acquirenti, nonché il superamento del li di volumetria per singola domanda implicano la mancanza di requisiti essenziali dell’atto, c ostano comunque alla formazione del cd. silenzio assenso anche a voler seguire la impostazione propugnata in ordinanza.
E invero, secondo quello stesso orientamento della giurisprudenza amministrativa, come ripreso dal giudice dell’esecuzione, che sostiene la possibile formazione del silenzio assen anche in mancanza di requisiti di legge previsti per il rilascio formale del provvedimento, che il relativo difetto non impedirebbe il perfezionarsi della fattispecie provvedimental distinta l’ipotesi della “radicale ‘inconfigurabilità’ giuridica dell’istanza: quest’ultima, cioè potere innescare il meccanismo di formazione silenziosa dell’atto, deve essere quantomeno aderente al ‘modello normativo astratto’ prefigurato dal legislatore” (cfr. per tutte al riguardo Cons. St., sez. VI, 8 luglio 2022, n. 5746). Con la conseguenza per cui la mancanza d legittimazione in capo all’autore della domanda di condono (i promissari acquirenti, nel caso esame) o la palese non conformità della medesima alla previsione normativa in relazione al limit massimo di volumetria sanabile, comunque, impedirebbero la formazione del silenzio assenso
11. Quanto poi all’ulteriore rilievo formulato dal giudice, per cui l’ordine di demoliz revocato perché “..non sussiste all’attualità l’interesse dello Stato al ripristino…”, a fronte di un PUC che avrebbe mutato la destinazione dell’area di interesse, trasformandola in zona residenziale, per cui l’ordine di demolizione non perseguirebbe più la finalità” di far rispet natura industriale della zona”, si tratta di affermazione distonica rispetto ai principi e premessa circa la natura, i limiti e la ratio dell’ordine di demolizione.
Innanzitutto, l’affermazione è deficitaria già sul piano concreto, atteso che la mera adoz di un Puc che cambi destinazione di zona non implica di per sé, anche solo in astratto, la pie conformità urbanistica di una preesistente opera, atteso che essa dipende, pur sempre, anche da ulteriori specifiche previsionali, relative alla ubicazione, all’indice di edificabilità altro aspetto che disciplina, pur in una data zona d’uso astrattamente conforme alla tipolo dell’opera, la concreta edificazione.
Sul piano giuridico, poi, trascura le disposizioni di sistema, che nell’imporre, da una pa rilascio di titoli abilitativi alla edificazione, (in particolare, per quanto qui di interesse di costruire), e nel prevedere, dall’altra, la sanabilità sopravvenuta dell’opera abusiva in pr solo di una sanatoria che si avvalga, in questo caso ex art. 36 del DPR 380/01, del requisito d doppia conformità (laddove le recenti novelle che escludono la necessità di questo requisit “doppio” attengono solo a casi, qui non rilevanti, di parziale difformità o di variazioni esse sanciscono il persistere della abusività del manufatto anche in presenza di nuove disposizio rispetto alle quali l’intervento edile illecito dovesse, in via sopravvenuta, corrispondere che persiste, senza alcuna deroga in casi del genere, ancorché persino eventualmente emersi prima della adozione della sentenza di condanna, la previsione legislativa impositiva de adozione dell’ordine di demolizione.
Di cui, dunque, va riaffermata, altresì, la natura vincolata, già ampiamente evidenziat precedenza, frutto di una complessiva quanto ragionevole valutazione del Legislatore, che l’ordinanza trascura, rappresentando un non previsto potere del giudice addirittura di revoca definitivamente l’ordine di demolizione, previa sua personale valutazione di attuale ( e pregressa) conformità, sopravvenuta, dell’opera abusiva. E’ sufficiente qui ricordare quan sostenuto dalla Corte Costituzionale con la citata sentenza n. 146 del 2021, laddov nell’escludere la possibilità, paventata dal remittente, che il giudice sostituisca alla confi più mite misura maggiormente adeguata allo stato urbanistico dei luoghi, ha precisato, tra l’a e per quanto qui di interesse, che «il giudice penale non ha competenza “istituzionale” per compiere l’accertamento di conformità delle opere agli strumenti urbanistici» (sentenza n. 370 del 1988; analogamente, sentenza n. 196 del 2004). Accertamento che, lo si ripete, appare prefigurato, nell’ordinanza impugnata, in funzione di una non prevista revoca – conseguente un tale vaglio – dell’ordine di demolizione.
Come accennato, poi, e va qui ribadito, una tale non condivisibile impostazione dovrebbe portare ad escludere, a rigore, anche la stessa adozione ab origine dell’ordine di demolizione in caso di sopravvenuta conformità, prima della sentenza di condanna, del nuovo assetto
urbanistico di zona all’opera abusiva, in contrasto, invero, con l’ispirazione di fondo dell’i giurisprudenziale per cui, in tema di reati urbanistici, la sanatoria degli abusi edilizi i estinguere il reato di cui all’art. 44 d.P.R. n. 380 del 2001 ( e quindi ad escludere il c ordine di demolizione per le tipologie di abuso per cui è previsto) può essere conseguita s qualora, ai sensi dall’art. 36 d.P.R. citato, ricorra la conformità delle opere alla d urbanistica vigente sia al momento della realizzazione del manufatto che al momento della presentazione della domanda di sanatoria, dovendo, invece, escludersi la possibilità di un legittimazione postuma di opere originariamente abusive che, successivamente, siano divenute conformi alle norme edilizie ovvero agli strumenti di pianificazione urbanistica. (Sez. 3, n. del 14/12/2022, dep. 2023, Casa’, Rv. 284058 – 03). In altri termini, l’assenza di estinzion reato per sanatoria “giurisprudenziale” non potrebbe far vivere, comunque, una sorta d “sanatoria”, come in sostanza prospettata in ordinanza, sul piano della adozione ed esecuzione dell’ordine di demolizione. E più in generale, occorre notare che la tesi qui in esame finisce a col contrastare col dato di sistema per cui integra reato, con tutte le relative conseguenze, a in tema di demolizione, persino la realizzazione di un’opera priva di titolo abilitativo, conforme, al momento della sua realizzazione, alla disciplina urbanistica vigente.
Invero, il principio di proporzionalità invocato dal giudice per sostenere la scelta valutazione, di revocare l’ordine di demolizione non appare applicabile – alla luce dei ri sistema qui semplificati e della correlata vincolatività dell’ordine di demolizione in prece illustrata – in sede di adozione e tantomeno di esecuzione dell’ordine medesimo, se applica nel quadro di una nuova rivisitazione dell’opera abusiva rispetto ad un contesto urbanist rinnovato: il giudizio sull’opera, sulla relativa responsabilità, e sul suo assetto urbani affidato al processo ed al suo contraddittorio, di cui l’ordine di demolizione costituisce un po esito obbligatorio, senza alcuna possibilità di successivo riesame di tali parametri di giudizi in quanto tali definiscono profili e presupposti intangibili del titolo esecutivo.
12. Non trova fondamento neppure la ulteriore tesi della revoca dell’ordine di demolizione ragione di un principio di un “proporzionalità in senso stretto” che impedirebbe la demolizi dell’opera abusiva per evitare il pregiudizio agli interessi del ricorrente agente in quel esecutiva ( sub specie del diritto all’attività d’impresa), siccome soggetto estraneo all’auto reato che avrebbe confidato sulla legittimità del condono formatosi per silentlum e poi “confermato”, così da avere anche impegnato risorse finanziarie nell’acquisto, facendo in modo affidamento sulla legittimità dell’opera e rischiando di essere altresì pregiudicato in di natura personale quali la libertà di autodeterminazione.
In proposito, vanno ribadite le osservazioni formulate nel ricostruire la natura e l dell’ordine di demolizione.
Va ribadito che il provvedimento che ordina la demolizione è rivolto al ripristino dell’as urbanistico e territoriale violato, in una prospettiva di restaurazione dell’interesse p compromesso dall’abuso, e tale natura esclude che allo stesso possano applicarsi i principi prop
del sistema sanzionatorio penale relativi al carattere personale della pena. In altri termini è correlato alla res e non trova limiti nei soggetti che con essa abbiano rapporti, anco estranei al reato e in buona fede rispetto all’abusività stessa dell’opera (quale non è comunq il caso di specie).
Da ciò discende, giova sottolinearlo, una stretta correlazione di tale istituto con il seq delle opere abusive, atteso che oggetto del sequestro preventivo di cui all’art. 321 c.p.p., com 1, può essere qualsiasi bene – a chiunque appartenente e, quindi, anche a persona estranea al reato – purché esso sia, anche indirettamente, collegato al reato edilizio e, ove lasciato in disponibilità, idoneo a costituire pericolo di aggravamento o di protrazione delle conseguenze d reato ovvero di agevolazione della commissione di ulteriori fatti penalmente rilevanti (v. C n. 37033/2006, n. 24685/2005, n. 38728/2004, n. 1246/2003, n. 29797/2001, n. 4496/1999, n. 1565/1997, n. 156/1993, n. 2296/1992, e da ultimo Sez. 3, 17 marzo 2009, n. 17865, Quarta, m. 243751; Sez. 3, 13 luglio 2009, n. 39322, COGNOME) e, correlativamente, anche la demolizion dell’opera abusiva deve essere eseguita nei confronti di chiunque si trovi nel possess dell’immobile, essendo irrilevante la circostanza che il proprietario (o comproprietario) del sia persona diversa dall’autore dell’illecito.
Per questa ragione la giurisprudenza, già in precedenza citata (Sez. 3, n. 47281 del 2009) con riferimento alla posizione del soggetto proprietario dell’immobile, terzo rispetto al re costantemente orientata nel senso che le sanzioni ripristinatorie sono legittimamente esegui nei confronti degli attuali proprietari dell’immobile, indipendentemente dall’essere stati o questi ultimi gli autori dell’abuso, salva la loro facoltà di fare valere, sul piano responsabilità, contrattuale o extracontrattuale, del dante causa. Il titolare del bene o d minori sullo stesso bene potrà usare gli strumenti privatistici per addossare ai sogg responsabili dell’attività abusiva gli effetti sopportati in via pubblicistica, non ponendosi i la circostanza che il soggetto incolpevole abbia diritto di rivalersi, per il danno subito, le norme di diritto comune.
Tale principio deve valere anche nei confronti del comproprietario estraneo al reato, che av anch’egli la facoltà di far valere sul piano civile la responsabilità del comproprietario dell’illecito per i danni che l’esecuzione della demolizione potrà arrecare alla sua orig proprietà (e non ovviamente all’immobile abusivo la cui demolizione non può evidentemente comportare un danno risarcibile).
L’ordine di demolizione, lo si ribadisce, contiene infatti una statuizione di natura reale come il corrispondente ordine di rimessione in pristino dello stato dei luoghi, produce i suoi nei confronti di tutti i soggetti che, a qualsiasi titolo, siano o diventino proprietari d cui esso incide (Sez. 3, 5.3.2009, n. 16687, Romano, m. 243405). Il terzo acquirent dell’immobile potrà rivalersi nei confronti del venditore a seguito dell’avvenuta demolizione ( stesso senso, Sez. 3, n. 16035 del 26/02/2014, COGNOME, Rv. 259802 – 01; Sez. 3, n. 45848 d 01/10/2019, COGNOME, Rv. 277266 – 01). Significativo nel quadro in esame, è tra l’altro il per cui l’ordine demolitorio, diversamente dalla pena, oltre che per il decorso del tempo no
estingue nemmeno per morte del reo sopravvenuta alla irrevocabilità della sentenza (Sez. 3, n. 3861 del 18/1/2011, COGNOME, Rv. 249317; Sez. 3, n. 3720 del 24/11/1999 – dep. 2000, COGNOME, Rv. 215601), ma si trasmette agli eredi del responsabile (v., ad es., Consiglio Stato, Sez. 6, n. 3206 del 30/05/2011) e dei suoi aventi causa che a lui subentrino ne disponibilità del bene (v., ad es., Cons. St., Sez. 4, n.2266 del 12/04/2011; Cons. St., Se n. 6554 del 24/12/2008). Conserva la sua efficacia nei confronti di chiunque vanti su di esso diritto reale o personale di godimento, potendo essere revocato solo nel caso in cui sia emanati, dall’ente pubblico cui è affidato il governo del territorio, provvedimenti amminist con esso assolutamente incompatibili (Sez. 3, n. 42699 del 07/07/2015, COGNOME, Rv. 265193 01; Sez. 3, n. 16035 del 26/02/2014, COGNOME, Rv. 259802 – 01; Sez. 3, n. 801 del 02/12/201 dep. 2011, COGNOME, Rv. 249129 – 01; Sez. 3, n. 47281 del 21/10/2009, COGNOME, Rv. 245403 01; Sez. 3, n. 39322 del 13/07/2009, COGNOME, Rv. 244612 – 01).
E’ inevitabile osservare, e va qui riaffermato, che se si accedesse alla tesi dell’impossibi irrogare la sanzione ripristinatoria nei confronti del proprietario non responsabile dell’a basterebbe una semplice alienazione (reale o simulata) per vanificare l’anzidetta fondamentale funzione (Sez. 3, 13.7.2009, n. 39322, COGNOME). Egualmente va nuovamente ricordato quanto già osservato da questa Corte per cui, l’irrilevanza del regime proprietario dell’immobile abus oggetto dell’ordine di demolizione si armonizza con la disciplina della responsabilità solidal proprietario estraneo all’illecito posta, in materia di sanzioni amministrative, dall novembre 1981, n. 689, art. 6.
In altri termini, anche ove emergesse il ruolo di un attuale proprietario del bene abusivo sia in buona fede, va rimarcato che la relativa tutela non può rinvenirsi in una retrocessio una misura, l’ordine di demolizione (come anche, del resto, del sequestro), che il legislatore, quadro delle condizioni e garanzie prima esposte e delineate, e dell’esercizio di un pote normativo in materia che sia la Corte Costituzionale che la giurisprudenza convenzionale gl riconosce, ha già valutato come necessaria e incidente sulla res, come tale prevalente sul diri di proprietà dell’autore dell’abuso come anche di un proprietario ad esso estraneo.
In tal senso è altresì utile anche esaminare la normativa al riguardo, con riferimento all’o di demolizione anche impartito dalla autorità amministrativa.
L’art. 31, commi 2, 3, 4, 4-bis, 5 e 9 d.P.R. n. 380 del 2001, così recita:
«2. Il dirigente o 11 responsabile del competente ufficio comunale, accertata l’esecuzione interventi in assenza di permesso, in totale difformità dal medesimo, ovvero con variazi essenziali (..) ingiunge al proprietario e al responsabile dell’abuso la rimozione o la demoliz indicando nel provvedimento l’area che viene acquisita di diritto, ai sensi del comma 3.
Se il responsabile dell’abuso non provvede alla demolizione e al ripristino dello stat luoghi nel termine di novanta giorni dall’ingiunzione, il bene e l’area di sedime, nonché qu necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analogh quelle abusive sono acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio del comune. L’area acqui
non può comunque essere superiore a dieci volte la complessiva superficie utile abusivamente costruita.
L’accertamento dell’inottemperanza alla ingiunzione a demolire, nel termine di cui precedente comma 3, previa notifica all’interessato, costituisce titolo per l’immission possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari, che deve essere eseguita gratuitament
4-bis. L’autorità competente, constatata l’inottemperanza, irroga una sanzion amministrativa pecuniaria di importo compreso tra 2.000 euro e 20.000 euro, salva l’applicazione di altre misure e sanzioni previste da norme vigenti (…)
L’opera acquisita è demolita con ordinanza del dirigente o del responsabile del competente ufficio comunale a spese dei responsabili dell’abuso, salvo che con deliberazione consiliare no si dichiari l’esistenza di prevalenti interessi pubblici e sempre che l’opera non contras rilevanti interessi urbanistici, ambientali o di rispetto dell’assetto idrogeologico.
Per le opere abusive di cui al presente articolo, il giudice ; con la sentenza di condann il reato di cui all’articolo 44, ordina la demolizione delle opere stesse se ancora non sia altrimenti eseguita».
Il tenore letterale del secondo comma dell’art. 31, cit., è chiaro nella parte in cui fa ob dirigente o al responsabile del competente ufficio comunale di ingiungere la rimozione o demolizione sia al responsabile dell’abuso che al proprietario, logicamente presupponendo, l norma, la dissociazione, al momento della emissione dell’ingiunzione, tra l’autore dell’abus l’attuale titolare di una situazione giuridica soggettiva attiva sul bene da demolire.
Il legislatore, però, individua quale soggetto obbligato all’esecuzione della rimozio demolizione (tenuto, dunque, ad un facere) il solo “responsabile dell’abuso” (comma 3), a spese del quale l’opera può essere demolita ove questi non vi provveda nel termine di novanta giorn dalla notificazione dell’ingiunzione (comma 5).
Ciò nondimeno, l’accertamento della inottemperanza a demolire, poiché costituisce titolo pe l’immissione nel possesso del bene acquisito gratuitamente al patrimonio del Comune, deve essere notificato (anche) all’interessato, dovendosi intendere per tale la persona la cui situa giuridica soggettiva attiva sul bene è concretamente pregiudicata dalle conseguenze della omessa demolizione.
Dunque, non v’è dubbio che l’ingiunzione a demolire debba essere notificata anche al proprietario del bene, quand’anche non autore dell’abuso.
La giurisprudenza amministrativa spiega che la demolizione può essere ingiunta al proprietario dell’immobile oggetto di abuso edilizio non in forza di una sua responsabilità eff o presunta nella commissione dell’illecito edilizio (che ricade sui soggetti di cui all’art. 2 n. 380 del 2001) ma in ragione del suo rapporto materiale con la res che lo rende, agli occhi legislatore, responsabile della eliminazione dell’abuso commesso da altri. A tale titolo e investito di situazioni giuridiche passive di tipo sussidiario consistenti in un pati (non po opporre alla demolizione di quanto abusivamente realizzato) e in obblighi di collaborazione att da adempiersi mediante iniziative dirette, come la rimozione dell’abuso a spese dei responsabil
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o indirette, come diffide di carattere ultimativo rivolte verso eventuali soggetti te detengano l’immobile (Cons. St., Sez. 7, n. 109 del 03/01/2023).
Il proprietario assume, dunque, una responsabilità di tipo “sussidiario”, nel senso che, quando non sia responsabile dell’abuso, è tenuto a dare esecuzione all’ordine di demolizione sol quando ciò sia per lo stesso materialmente possibile (Cons. St., Sez. 6, n. 3391 del 10/07/2017 Cons. Stato, Sez. 6, n. 2211 del 04/05/2015); si sostiene, al riguardo, che il perseguime dell’interesse pubblico urbanistico è interesse pubblico di carattere preminente e, dunq l’ordinamento vuole che la legalità violata sia ripristinata anche dal proprietario. Tanto dis anche dalla natura “reale” dell’illecito e della sanzione urbanistica, i quali sono riferibi abusiva e, dunque, il ripristino dell’equilibrio urbanistico violato viene a fare carico an proprietario. Nulla quaestio nel caso in cui egli sia soggetto connivente, ma nel caso in cui l stesso non risulti responsabile dell’abuso né sia nella disponibilità e nel possesso del bene, r evidente che l’ordine non può produrre effetti nei suoi confronti se non quando egli ne riacqu la disponibilità e il possesso e, dunque, sia nella materiale possibilità di dare corso all’esec dell’ordine demolitorio (così, in motivazione, Cons. St. Sez. 6, n. 3391 del 2017, cit.).
In tale quadro normativo, indirizzare il provvedimento monitorio anche al comproprietari dell’immobile costituisce una garanzia per lo stesso, visto che quest’ultimo potrà attivars ottenere la demolizione delle opere abusive al fine di non vedersi spogliato della propr dell’area in caso di inottemperanza ai sensi dell’art. 31, comma 3, D.P.R. n. 380 del 2001 (Cons Stato, sez. Il, 13 novembre 2020 n. 7008)» (così, da ultimo, Cons. St., Sez. 6, n. 2898 22/03/2023).
Nel contempo, e tale essendo il quadro giuridico già in sede amministrativa, anche Inordine di demolizione emesso dal giudice penale può e deve essere eseguito nei confronti di chiunque si trovi in un rapporto qualificato con la res da demolire, non esistendo ragione alcuna per affermare il contrario. Bisognerebbe altrimenti spiegare perché l’ingiunzione emessa dall’autori amministrativa debba essere notificata al proprietario non responsabile dell’abuso e no altrettanto possa fare il pubblico ministero che ponga in esecuzione l’ordine impartito co sentenza di condanna. Nemmeno il tenore letterale dell’art. 31, comma 9, cit. os all’interpretazione qui elaborata, posto che la norma non fa riferimento ad un ord specificamente diretto al condannato, bensì ad un ordine di natura oggettiva, rivolto a chiunq sia in rapporto qualificato con il bene, anche se non responsabile dell’abuso. Anche il normativo, impone e conferma, sul piano tanto amministrativo quanto giurisdizionale, la non sottraibilità del terzo proprietario all’ordine di demolizione.
Non sussiste quindi ragione per cui il terzo possa (e debba) essere destinatario dell’ordin demolizione se impartito dalla pubblica amministrazione e addirittura, ove connivente o in ma fede (per avere, per esempio, lucrato sul prezzo dell’acquisto), essere destinatario della sanzi amministrativa prevista in caso di inottemperanza dell’ordine (comma 4-bis dell’art. 31 supportare i costi della demolizione, e non possa-invece essere destinatario dell’ordine impart dal giudice che, come detto, pur esplicazione di un potere autonomo e non alternativo a quell
dell’autorità amministrativa, si pone comunque a chiusura del sistema sanzionatorio amministrativo. Non si comprendono le ragioni per le quali gli interessi pubblici che giustifi la attribuzione al proprietario di una responsabilità (almeno) sussidiaria e spiegano la n reale dell’obbligo (che segue la res e non le persone) dovrebbero svanire in presenza dell’ordi di demolizione giudiziario. La diversità dei rimedi e delle giurisdizioni non annulla l’identi interessi perseguiti; la natura giudiziaria dell’ordine disposto dal giudice non ne limita la dovendosi altrimenti ammettere che il sistema sanzionatorio a cui completamento esso si pone conosce una falla (cfr. in tal senso in motivazione Sez. 3, n. 17809 del 18/01/2024, Pmt, 286308 – 01).
Il sistema delineato, in conclusione, affida le tutele del terzo proprietario di buon dell’opera abusiva agli strumenti civilistici, lasciando fermo l’ordine di demolizio consentendone un esame alla luce del principio di proporzionalità, che tuttavia non è destina ad inficiarlo in via definitiva.
Ed invero, anche gli indirizzi di legittimità, al riguardo, nel prospettare la valutaz predetto principio di proporzionalità in rapporto al diritto all’abitazione, da una parte prospettano una revoca definitiva ( incompatibile con il quadro normativo e giurisprudenzia sopra delineato) bensì, al più, una ‘sospensione, in sede esecutiva, e dall’altra non definis diritti, tantomeno alla abitazione, di assoluta prevalenza rispetto alla demolizione.
In proposito (cfr. Sez. 3, n. 48021 dell’11/09/2019, Rv. 277994 – 01) questa Corte precisato che il diritto all’abitazione, riconducibile agli artt. 2 e 3 Cost. e all’art. 8 C tutelato in termini assoluti, ma è contemperato con altri valori di pari rango costituzionale, l’ordinato sviluppo del territorio e la salvaguardia dell’ambiente, che giustificano, secondo i della necessità, sufficienza e proporzionalità, l’esecuzione dell’ordine di demolizione immobile abusivo, sempre che tale provvedimento si riveli proporzionato rispetto allo scopo ch la normativa edilizia intende perseguire, rappresentato dal ripristino dello status preesisten territorio. Va precisato, al riguardo, che l’esecuzione dell’ordine di demolizione di un imm abusivo neppure contrasta con il diritto al rispetto della vita privata e familiare e del dom cui all’art. 8 Conv. EDU , posto che, non essendo desumibile da tale norma la sussistenza di alcun diritto “assoluto” ad occupare un immobile, anche se abusivo, solo perché casa familiare il predetto ordine non viola in astratto il diritto individuale a vivere nel proprio legittim ma afferma in concreto il diritto della collettività a rimuovere la lesione di un bene o in costituzionalmente tutelato ed a ripristinare l’equilibrio urbanistico-edilizio violato (S 24882 del 26/04/2018, COGNOME, Rv. 273368 – 01; Sez. 3, n. 18949 del 10/0372016, Contadini, 267024; Sez. 3, n. 3704 del 09/11/2022, dep. 2023, n.m.; Sez 3, n. 1668 del 29/09/2022, n.m.). E’ di tutta evidenza che tali principi operano con ancor maggior evidenza nel caso in si ritenga, così come prospettato nella sentenza CEDU richiamata nella memoria a firma dell’avv.to NOME COGNOME, che nella nozione di “vita privata” debba includere anche le “at professionali”, risultando l’attività commerciale esercitata da Cerbone non indissolubilm connessa con l’immobile abusivo in cui ha sede.
In tale quadro, in tema di reati edilizi, il giudice, nel dare attuazione all’ordine di dem di un immobile abusivo adibito ad abituale abitazione di una persona è tenuto a rispettare principio di proporzionalità come elaborato dalla giurisprudenza convenzionale nelle sentenz Corte EDU, 21/04/2016, COGNOME e COGNOME c. Bulgaria, e Corte EDU, 04/08/2020, COGNOME c. Lituania, considerando l’esigenza di garantire il rispetto della vita privata e familia domicilio, di cui all’art. 8 della Convenzione EDU, e valutando, nel contempo, la eventu consapevolezza della violazione della legge da parte dell’interessato, per non incoraggiare azio illegali in contrasto con la protezione dell’ambiente, nonché i tempi a disposizione del medesi dopo l’irrevocabilità della sentenza ‘di condanna, per conseguire, se possibile, la sanat dell’immobile ovvero per risolvere le proprie esigenze abitative (così Sez. 3, n. 423 14/12/2020, dep. 2021, Rv. 280270 – 01).
Le linea guida individuate dalla giurisprudenza di legittimità e da quella convenzionale debbono orientare il test di proporzionalità devoluto al giudice in fase esecutiva, al f valutare se sia giustificata la immediata esecuzione del provvedimento di demolizione, alla lu delle peculiarità del singolo caso, che è onere di chi intende avvelarsene allegare in m puntuale, possono essere sintetizzate nei termini di seguito indicati:
è necessario che l’esecuzione dell’ordine di demolizione incida sul diritto al rispetto del privata e familiare e del domicilio di una persona tutelato dall’art. 8 della CEDU, per cui l’es di procedere al bilanciamento dei contrapposti interessi sussiste solo nel caso di demolizione un manufatto adibito ad abituale residenza mentre non si pone nel caso venga opposto il diritt alla tutela della proprietà ( Sez. 3, n. 2532 del 12/1/2022, COGNOME; Sez. 3, n. 42 14/12/2020 (dep. 2021), COGNOME, Rv. 280270; Sez. 3, n. 47693 del 4/10/2023, Russo);
assumono rilevo la consapevolezza da parte dell’interessato dell’illiceità dell’intervento ed che ha originato l’ordine di demolizione, la gravità dell’illecito, da valutarsi a considerazione delle disposizioni normative violate, e la tipologia dell’abuso, se di dimensioni da farlo ritenere di necessità (Sez. 3, n. 2532 del 12/1/2022, COGNOME; Sez. 3, n. 423 14/12/2020 (dep. 2021) COGNOME, Rv. 280270; Sez. 3, n. 5822 del 18/1/2022, COGNOME; Sez. 3, n 7412 del 10/11/2020 (dep. 2021), COGNOME; Sez. 3, 47693 del 4/10/2023, Russo);
è necessario che sia trascorso un arco temporale ragionevole fra l’accertamento del reato e l’attivazione del procedura esecutiva, così da consentire al destinatario dell’ordine di demoli di “legalizzare” l’immobile, se possibile, o di esperire i mezzi di tutela dei propri interes dall’ordinamento e di reperire nuove soluzioni abitative ( Sez. 3, n. 2532 del 12/1/20 Esposito; Sez. 3, n. 423 del 14/12/2020 (dep. 2021) COGNOME, Rv. 280270; Sez. 3, n. 869 de 14/12/2023 n. 869, COGNOME, Rv. 285733; Sez. 4, n. 2770 del 5/10/2023 (dep. 2024), COGNOME; Sez. 3, n. 5822 del 18/1/2022, COGNOME, Rv 282950);
assumono rilievo le condizioni personali dell’interessato, quali l’età avanzata, le condizi salute e il basso reddito con la precisazione però che tali condizioni, di per sé sole, non assumere importanza decisiva dovendo essere valutate congiuntamente con la consapevolezza dell’illiceità dell’intervento edilizio e con l’arco temporale decorso dall’accertamento dell’a
e
fine di verificare se l’interessato abbia avuto la posizione di legalizzare il manufatto e di un alloggio alternativo (Sez. 3, n. 7127 del 19/1/2022, COGNOME; Sez.3, n. 46199 d 17/10/2023, COGNOME; Sez. 3, n. 48934 del 15/12/2022, COGNOME; Sez. 3, n. 5822 del 18/1/2022, COGNOME, Rv. 282950);
assume rilevo che vi sia stata per l’interessato la possibilità di poter far valere le sue davanti a un organo indipendente (Sez.3, n. 46199 del 17/10/2023, COGNOME; Sez. 3, n. 5822 del 18/1/2022, COGNOME, Rv. 282950);
è necessario che non sussistano ragioni particolari che impongano di differir temporaneamente la demolizione per limitarne l’impatto nella sfera del privato ( Sez.3, n. 4619 del 17/10/2023, COGNOME; Sez. 3, n. 5822 del 18/1/2022, COGNOME, Rv 282950);
è necessario che i fatti allegati dall’autore dell’abuso per contrastare l’esecuzione dell’ di demolizione non siano dipendenti dalla sua inerzia o, comunque, dalla sua volontà, non potendo il condannato lucrare sulle conseguenze derivate dal suo inadempimento a un dovere imposto da una sentenza divenuta irrevocabile (Sez. 3, n. 21198 del 15/2/2023, COGNOME; Sez. 3, n. 48820 del 2/11/2023, F.; Sez.3, n. 46199 del 17/10/2023, COGNOME).
Il principio di proporzionalità, dunque, presuppone la cogenza dell’ordine di demolizio dell’opera abusivamente realizzata e la sua inderogabile funzione ripristinatoria di un “or urbanistico” tuttora violato, non potendo essere utilizzato per eludere tale funzione con il r di legittimare ‘ex post’, nei fatti, condotte costituenti reato e di consolidarne i prodotto/profitto. Esso si frappone all’esecuzione dell’ordine di demolizione per ragioni estra alla adozione dell’ordine stesso; esso non incide nella fase deliberativa dell’ordine, bensì in esecutiva. Per questo i fatti addotti a sostegno del rispetto del principio di proporzionalità essere allegati (e accertati) in modo rigoroso, dovendosene far carico (quantomeno sul piano dell’allegazione) chi intende avvalersene per paralizzare (per vero comunque temporaneamente dovendosi escludere una revoca definitiva per quanto sinora osservato) il ripristino di un ord violato.
In altri termini (cfr. Sez. 3, n. 48021 dell’11/09/2019, Rv. 277994 – 01 cit.) il pri proporzionalità non può essere indiscriminatamente e genericamente dedotto e utilizzato per legittimare la violazione dell’ordine di demolizione irrevocabilmente e necessariamente impart dal giudice, poiché a tanto si arriverebbe opponendo sempre e comunque la violazione del domicilio o di altri diritti o interessi personali.
Nel caso in esame, la motivazione sul punto non appare in linea con i principi espost affermando una necessità di revoca dell’ordine, ritenuto in sé illegittimo solo perché inerent un terzo estraneo al reato, e sviluppando l’invocazione della tutela di interessi o scelte per e patrimoniali in termini assolutamente generici, che in tal modo, per quanto detto, non appaio in grado di incidere, neppure nella fase esecutiva, sulla sospensione dell’ordine di demolizio atteso che il pregiudizio economico e le connesse scelte personali di acquisto trovano, com detto, eventuale tutela, in strumenti civilistici, senza che possa obiettarsi un ipotetico astratto e aprioristico esito negativo dei medesimi; ed anche il rimando alla sfera persona
alla libertà di autodeterminazione appare essere fondato sia su un criterio di
affidamento che,
‘ per quanto sopra esposto, non appare né comunque in sé impeditivo, lo si ripete, dell demolizione né concretamente allegato nè validamente scandagliato secondo i principi sopra
affermati – a partire, giova sottolinearlo alla luce di quanto sul punto già osservato, dalla as di una seria prospettabilità, da parte dell’attuale proprietario, dell’intervenuta sanato
condono -; sia eccentrico, siccome sviluppato in termini assoluti e privi di ogni considerazi del complessivo sistema di valori e normativo, con la peculiare rilevanza sopra pure evidenziata
nel settore in esame, degli interessi pubblici e del correlato ordine di demolizione.
Del tutto fuorviante è poi il richiamo, per giustificare di converso la contestata revoc criteri che devono presiedere (rispetto al ritenuto provvedimento di condono) all’esercizio in
amministrativa del potere di autotutela, mediante annullamento, da parte della P.A., post quanto rilevato circa la assoluta vincolatività e doverosità dell’ordine di demolizione, non so
sede giurisdizionale ma anche in quella amministrativa, e considerata, peraltro e in ogni caso, diversa natura dell’azione amministrativa e di quella del giudice penale ordinario (come t
sottratte ad arditi paralleli); con quest’ultimo chiamato necessariamente a imporre – all’esi un processo svoltosi in contraddittorio – la demolizione ove già non intervenuta, nel quadro una naturale e insuperabile chiusura del sistema.
Può dirsi, quindi, che fondate risultano anche le censure mosse dal ricorrente alla afferma portata, in ordinanza, del principio di proporzionalità, quale canone di legittimità dell’u potere di demolizione e parametro incidente quasi di per sé, purchè meramente collegato a diritt personali o patrimoniali, sull’ordine di demolizione.
L’ordinanza va pertanto annullata con rinvio al Tribunale di Napoli in diversa persona fisica
P.Q.M.
annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Napoli.
Così deciso il 28/5/2025