Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 7736 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 7736 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 27/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME NOMECOGNOME nato a Cava dei Tirreni il 04/03/1934; avverso l’ordinanza del 26/04/2024 del Tribunale di Salerno; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha concluso chiedendo che il ricorso sia rigettato.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 26 aprile 2024, il Tribunale di Salerno, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato la richiesta di revoca dell’ordine di demolizione disposto con sentenza di condanna dello stesso Tribunale del 25 gennaio 2007, irrevocabile il 10 maggio 2007, relativa ad abuso edilizio.
2. Avverso l’ordinanza, l’interessato, tramite il difensore, ha proposto ricorso per cassazione, lamentando, con un unico motivo di doglianza, il mancato esame delle censure difensive e il difetto assoluto di motivazione. Si ricorda, in particolare, che la difesa aveva dedotto la violazione dell’art. 8 Cedu, quanto all’affidamento della parte sulla mancata esecuzione della demolizione, vista la distanza di tempo dalla condanna definitiva e vista la sua sproporzione rispetto alla condizione dell’esecutato. In secondo luogo, si era lamentata la violazione del principio del ne bis in idem sul rilievo che, qualora siano state irrogate sanzioni amministrative divenute definitive, non può essere avviato un processo penale. In terzo luogo, si denuncia l’illegittimità della procedura esecutiva, per violazione degli artt. 31 e 63 del d.lgs. n. 50 del 2016 e per violazione del principio del giusto procedimento, in relazione all’affidamento della demolizione a un’impresa privata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile, in quanto rappresenta la mera riproposizione di doglianze già presentate al giudice dell’esecuzione in forma astratta, attraverso la citazione di norme e principi giurisprudenziali la cui attinenza al caso di specie non è compiutamente prospettata dalla difesa. Nessuna mancanza di motivazione è, dunque, ravvisabile nel provvedimento impugnato, a fronte del richiamo a principi che appaiono sganciati dalla fattispecie in esame e la cui portata concreta non è stata chiarita neanche con il ricorso per cassazione.
Correttamente il giudice dell’esecuzione ha evidenziato come, nel caso in esame, non siano intervenuti atti amministrativi incompatibili con l’esecuzione dell’ordine di demolizione e come non sia concretamente prevedibile l’emissione di un provvedimento di sanatoria in un tempo prossimo; mentre le doglianze articolate dal ricorrente appaiono irrilevanti, in quanto improntate a contestare la legittimità dell’ordine di demolizione, ormai definitivo, essendo contenuto in sentenza passà in giudicato; legittimità rispetto alla quale il giudice dell’esecuzione non ha alcun potere di sindacato.
Anche a prescindere da tali assorbenti considerazioni, deve ribadirsi come la censura riferita alla proporzionalità e all’affidamento del privato nella non esecuzione della demolizione sia priva di agganci alla fattispecie concreta.
Trova dunque applicazione il principio, costantemente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui, in tema di reati edilizi, l’Autorità giudiziaria, nel dare esecuzione all’ordine di demolizione di un immobile abusivo costituente l’unica abitazione familiare, è tenuta a rispettare il principio di proporzionalità enunciato dalla giurisprudenza convenzionale nelle sentenze della Corte EDU, 21/04/2016, COGNOME e COGNOME c. Bulgaria, e della Corte EDU,
04/08/2020, COGNOME c. Lituania, a condizione che chi intenda avvalersene si faccia carico di allegare, in modo puntuale, i fatti addotti a sostegno del suo rispetto (ex plurimis, Sez. 3, n. 21198 del 15/02/2023, Rv. 284627). Né, come affermato da Cons. St., Ad. Plen., n. 9 del 17/10/2017, può rilevare l’affidamento che il titolare del bene da demolire possa fare sull’inerzia della AG: il decorso del tempo, lungi dal radicare in qualche misura la posizione giuridica dell’interessato, rafforza piuttosto il carattere abusivo dell’intervento (v., di recente, Sez. 3, n. 38502 del 14/06/2024, non mass.).
Quanto alla censura riferita alla violazione del principio del ne bis in idem, deve rilevarsi che la stessa non denuncia un’effettiva duplicazione di sanzioni riscontrabile nel caso di specie, ma si basa sulla citazione di principi tanto noti quanto irrilevanti nel caso di specie. Può essere comunque richiamata la recente sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, Prima Sezione, 12 settembre 2024, COGNOME c. Italia, la quale – ponendosi in continuità con le univoche affermazioni della giurisprudenza penale, amministrativa e costituzionale in materia – ha definitivamente chiarito la natura amministrativa e non penale dell’ordine di demolizione, anche quando sia emesso dal giudice penale e non dall’autorità amministrativa. Esso ha uno scopo funzionale al ripristino del precedente stato dei luoghi e non ha, dunque, scopo punitivo; perciò, non si è in presenza di una “pena” ai sensi dell’articolo 7 della Convenzione e l’ordine di demolizione non può essere soggetto alla disciplina prevista per le sanzioni di natura penale, ad esempio quanto al regime della prescrizione. Si conferma, fra l’altro, quanto già affermato da questa Corte: in materia di reati concernenti violazioni edilizie, l’imposizione dell’ordine di demolizione di un manufatto abusivo, anche se disposta dal giudice penale ai sensi dell’art. 31, comma 9, del d.P.R. n. 380 del 2001, ha natura di sanzione amministrativa che assolve ad un’autonoma funzione ripristinatoria del bene giuridico leso e non ha finalità punitive, producendo effetti sul soggetto che è in rapporto con il bene, indipendentemente dall’essere o meno quest’ultimo l’autore dell’abuso, e non comportando la vVilazione del principio del ne bis in idem convenzionale, come interpretato dalla sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo nella causa RAGIONE_SOCIALE del 4 marzo 2014 (ex multis, Sez. 3, n. 51044 del 03/10/2018, Rv. 274128). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Del tutto inconferente è, poi, la censura riferita alle modalità di scelta dell’impresa alla quale la demolizione deve essere affidata, sia perché prescinde da riferimenti all’effettivo affidamento nel caso concreto, sia perché ha per oggetto un’attività materiale rispetto alla quale il privato destinatario della demolizione non ha alcun diretto interesse. Si è infatti affermato che, in tema di reati edilizi, i condannato che promuove incidente di esecuzione per la revoca dell’ordine di demolizione del manufatto abusivo non ha interesse a dedurre vizi del
procedimento amministrativo seguito dalla Procura della Repubblica per l’affidamento dei lavori, in quanto l’eventuale accoglimento della doglianza, pur imponendo la rinnovazione della procedura, non farebbe venir meno l’atto impugnato (Sez. 3, n. 7637 del 07/02/2023, Rv. 284153 – 01).
Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che “la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in C 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 27/11/2024.