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Ordine di demolizione: il ricorso ripetitivo è nullo

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di tre soggetti contro un ordine di demolizione per opere abusive. La Corte ha stabilito che la richiesta era una mera riproposizione di un’istanza precedente, già rigettata con provvedimento definitivo, in assenza di ‘elementi nuovi’ di fatto o di diritto. La pendenza di un ricorso al TAR, basato sugli stessi argomenti, non costituisce un elemento di novità sufficiente a sospendere l’ordine di demolizione.

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Pubblicato il 29 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ordine di demolizione: la Cassazione blocca i ricorsi ripetitivi

Quando un giudice ha già deciso su una questione, è possibile riproporre la stessa istanza? Una recente sentenza della Corte di Cassazione Penale ha fornito una risposta chiara in materia di abusi edilizi e ordine di demolizione. La Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato da tre persone contro un provvedimento di demolizione, poiché si trattava di una mera riproposizione di argomenti già esaminati e respinti in una precedente decisione, divenuta ormai definitiva. Questo caso mette in luce il principio della preclusione processuale e i limiti per contestare un provvedimento esecutivo.

I fatti del caso: un tentativo di bloccare la demolizione

I ricorrenti avevano impugnato un’ordinanza della Corte d’appello di Napoli che aveva dichiarato inammissibile la loro istanza contro un ordine di demolizione per opere abusive. La loro difesa si basava principalmente su due punti: la presunta sanabilità dei manufatti e la richiesta di sospendere la demolizione in attesa dell’esito di un ricorso pendente davanti al Tribunale Amministrativo Regionale (TAR). Essi sostenevano che gli immobili, pur riconducibili a un unico proprietario originario, fossero due fabbricati distinti e autonomi, ciascuno con una volumetria inferiore al limite di 750 m³ previsto dalla legge per il condono edilizio.

La preclusione processuale e l’ordine di demolizione

Il cuore della questione giuridica risiede nel principio della preclusione processuale, noto anche come rebus sic stantibus, sancito dall’articolo 666, comma 2, del codice di procedura penale. Tale principio stabilisce che una richiesta già rigettata con provvedimento definitivo non può essere riproposta. Tuttavia, questa preclusione non è assoluta. Opera finché la situazione di fatto e di diritto rimane invariata. È possibile presentare una nuova istanza solo se si basano su ‘elementi nuovi’, ovvero questioni giuridiche o fatti (preesistenti ma non valutati, o sopravvenuti) diversi da quelli già presi in considerazione dal giudice.

La decisione della Cassazione: nessun ‘elemento nuovo’

La Corte Suprema ha confermato la decisione della Corte d’appello, ritenendo i ricorsi manifestamente infondati. I giudici hanno sottolineato che l’istanza presentata dai ricorrenti non conteneva alcun ‘elemento nuovo’ rispetto a quella già respinta con un provvedimento divenuto irrevocabile.

Il ricorso al TAR non è un elemento di novità

La Cassazione ha chiarito che la presentazione di un ricorso al TAR non costituisce, di per sé, un ‘elemento nuovo’ capace di superare la preclusione processuale. Questo perché il ricorso amministrativo si fondava sugli stessi argomenti già valutati e ritenuti infondati dal giudice penale nella precedente decisione. Di conseguenza, non poteva giustificare una nuova valutazione né la sospensione dell’ordine di demolizione.

La valutazione del centro di interesse unico

Inoltre, la Corte ha ribadito un punto cruciale già affrontato nella precedente ordinanza: i due immobili abusivi, sebbene distinti, erano riconducibili a un ‘unico centro di interesse’, essendo stati realizzati dallo stesso soggetto su un terreno di sua proprietà. Pertanto, la loro volumetria doveva essere sommata, superando così il limite massimo consentito per il condono edilizio. Questa valutazione ha reso manifestamente infondata la richiesta di sospensione, poiché mancava la ragionevole previsione di un esito favorevole del procedimento amministrativo.

Le motivazioni

La motivazione della Corte di Cassazione si fonda sulla rigorosa applicazione del principio di preclusione processuale in fase esecutiva. I giudici hanno affermato che i ricorsi non individuavano elementi di novità capaci di scardinare la decisione precedente, ma si limitavano a riproporre le stesse argomentazioni. L’ordinanza impugnata aveva correttamente escluso che l’instaurazione di un giudizio amministrativo potesse rappresentare un ‘elemento nuovo’, essendo fondato sui medesimi presupposti già valutati. La Corte ha inoltre ricordato che l’ordine di demolizione derivante da una sentenza irrevocabile può essere sospeso solo in casi eccezionali, quando sia concretamente prevedibile un provvedimento amministrativo o giurisdizionale favorevole in tempi brevi, condizione non riscontrata nel caso di specie, data la non condonabilità degli immobili.

Le conclusioni

In conclusione, la sentenza rafforza il principio secondo cui non è possibile abusare degli strumenti processuali per ritardare l’esecuzione di un ordine di demolizione definitivo. La presentazione di istanze ripetitive, prive di reali elementi di novità, viene sanzionata con l’inammissibilità e la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. Questa decisione serve da monito: la fase esecutiva di una condanna penale è governata da regole precise che non possono essere aggirate riproponendo all’infinito questioni già decise.

È possibile presentare un nuovo ricorso contro un ordine di demolizione dopo una prima decisione negativa?
Sì, ma solo a condizione che si presentino ‘elementi nuovi’, cioè fatti o questioni giuridiche non precedentemente esaminati dal giudice. Una semplice riproposizione degli stessi argomenti, come avvenuto in questo caso, rende il ricorso inammissibile.

La pendenza di un ricorso al TAR contro il diniego di condono edilizio è sufficiente a sospendere un ordine di demolizione penale?
No. Secondo la sentenza, la mera pendenza di un ricorso amministrativo non è di per sé un motivo valido per sospendere l’ordine di demolizione. La sospensione è possibile solo se è concretamente e ragionevolmente prevedibile un esito positivo in sede amministrativa in tempi brevi.

Cosa intende la Corte per ‘unico centro di interesse’ in materia di abusi edilizi?
La Corte chiarisce che due immobili, anche se formalmente distinti, possono essere considerati un ‘unico centro di interesse’ se realizzati dallo stesso soggetto su un suolo di sua proprietà. In tal caso, la loro volumetria totale va sommata per verificare il rispetto dei limiti di legge per il condono edilizio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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